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CAPITOLO 2 – IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NEL SISTEMA AGRICOLO E VITIVINICOLO: impatti e adattamenti

2.2 I cambiamenti climatici e il sistema vitivinicolo

2.2.3 Impatti sul Terroir

Numerosi studi volti alla valutazione degli impatti del cambiamento climatico sul settore vitivinicolo sono stati condotti attraverso l’utilizzo di modelli climatici globali o regionali, con l’obiettivo di descrivere gli scenari climatici futuri in particolari regioni a vocazione vinicola. Tali scenari descrivono l’esposizione di specifiche regioni al cambiamento climatico e, anche attraverso l’utilizzo di appropriati modelli fenologici e fisiologici (Stock et al., 2005). Il cambiamento climatico impone verifiche sollecite dei modelli climatici che determinano l'idoneità delle zone di produzione di specifiche tipologie di vino (Kenny & Harrison, 1992).

Nella classificazione climatica (semplificata) di Koppen-Geiger, i vitigni nel mondo si collocano in zone dal clima temperato (mediterraneo, umido ed oceanico subtropicale) ed umido continentale. In ogni caso, a prescindere da certe località estreme, la vite preferisce crescere solamente in alcune aree del mondo (dai 30 ai 50° di latitudine nell’Emisfero Nord e dai 30 ai 40° nell’Emisfero Sud) (Amerine et al., 1980). Risulta quindi legittimo porsi la domanda se un considerevole cambiamento climatico modificherà e in che misura le condizioni per la coltivazione, soprattutto in riferimento alla distribuzione dei vigneti ed alle caratteristiche del vino.

L’estensione attuale della viticoltura, calcolata come temperatura media durante la stagione di crescita, è meglio rappresentato tra i limiti dell’isoterma dal 12-13° ai 22-24° (Figura 8; aprile- ottobre nell’Emisfero settentrionale e Ottobre-Aprile nell'emisfero sud) (Jones et al., 2005; Jones & Webb, 2010). Le proiezioni al 2100 sono calcolate tramite lo scenario A1B (Schultz & Jones, 2010).

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Figura 8 Mappa delle temperature durante le staagioni di crescita della aree vitivinicole derivante dall’osservazione e dai modelli sviluppati da Community Climate System Model (CCSM)

Per classificare l'idoneità climatica di una località vinicola, sono stati sviluppati vari indici di accumulo termico, basati sul calcolo di somme termiche delle temperature medie giornaliere dell’aria superiori a 10 °C, limite al di sotto del quale lo sviluppo vegetativo risulterebbe inibito. Quello più comunemente usato è l'indice Winkler, sviluppato da Amerine & Winkler (1944). L’indice di Winkler è la somma delle temperature medie giornaliere dell’aria al di sopra dei 50 °F (10 °C), calcolata dal 1°di aprile al 31 ottobre nell’emisfero Nord la classificazione si basa su dati provenienti da una serie davvero notevole di esperimenti sul campo in regioni di coltivazione di uva della California. Amerine e Winkler hanno prodotti e analizzato più di 3.000 vini, quindi hanno definito cinque regioni distinte in gradi-giorno (regioni Winkler) ed hanno valutato l'idoneità di ogni varietà per ciascuna regione. Queste regioni sono distinte dalle seguenti soglie di gradi-giorno:

Regione I 2.500 gradi-giorno o meno

Regione II 2.501-3.000 gradi-giorno

Regione III 3.001-3.500 gradi-giorno

Regione IV 3.501-4.000 gradi-giorno

Regione V oltre 4.000 gradi-giorno

L’indice Winkler rappresenta l’indice climatico che registra la maggiore diffusione nella letteratura scientifica ed è ampiamente utilizzato dai climatologi di tutto il mondo.

Nonostante questo, l’indice di Winkler ha il difetto di annullare il contributo delle giornate con temperatura media inferiore a 10°C, anche nel caso in cui la temperatura massima superasse questo valore. Per questo motivo sono state proposte alcune modifiche. Gladstones (1992) calcola un indice simile di gradi-giorno ma con l'inserimento di un limite massimo di 19°C sulle temperature

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medie e di fattori correttivi per la latitudine (radiazione solare) e la variazione di temperatura mensile.

Pierre Huglin (1978) introduce un indice, l’indice di Huglin (IH) che introduce appunto nella sommatoria anche la temperatura massima giornaliera. Inoltre, in base al principio che le temperature notturne non hanno alcun effetto sull’attività fotosintetica, quest’indice prende in considerazione solamente le sommatorie delle temperature attive durante il periodo giornaliero, quando cioè la fotosintesi clorofilliana ha effettivamente luogo, per questo l’indice di Huglin è anche chiamato indice “eliotermico”. Tale indice è ritenuto particolarmente idoneo alla descrizione delle zone collinari, caratterizzate da forti escursioni giornaliere, in quanto le sole temperature medie non tengono conto completamente delle effettive ore di attività fotosintetica della vite. I limiti per la viticoltura si collocano, secondo l’autore, tra valori 1400 e 2400 gradi-giorno.

Negli ultimi anni, altri indici sono stati proposti sulla base di analoghe considerazioni, cercando di adattare le relazioni fra clima e viticoltura ai diversi ambienti di produzione (Fregoni et al., 2002). Ancora, Jones (2006) suggerisce un indice semplice di crescita media stagionale e definisce un range climatico per le varietà di vini di qualità premium coltivati in climi freddi, intermedi caldi e molto caldi (Figura 9), analizzando le temperature medie stagionali di crescita. I range climatici proposti da Jones si basano sulle relazioni tra i requisiti fenologiche e il clima per la produzione di vini di alta qualità nelle regioni di produzione di riferimento al mondo per ciascuna varietà. Ad esempio, il Cabernet Sauvignon è coltivato in regioni che si estendono da climi intermedi a caldi con stagioni di crescita che vanno da circa 16,5-19,5 ° C (ad esempio Bordeaux o Napa Valley). Le varietà climatiche adatte a climi più freddi come il Pinot Noir, sono coltivate in genere in regioni che si estendono da climi freddi a intermedi con stagioni di crescita che vanno da circa 14,0-16,0 °C (ad esempio del Nord Oregon o Borgogna). Il Sangiovese, invece, si adatta bene in regioni calde che presentano una temperatura durante la stagione di crescita tra i 17°C e oltre i 19°C. Risulta chiaro, quindi, che un aumento della temperatura maggiore di 2°C potrebbe far slittare una regione da una zona climatica all’altra (ad esempio, da intermedia a calda), rendendo la varietà idonee alla zona iniziale non più adatta a produrre vini di alta qualità.

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Figura 9: Range climatici in relazione ai requisiti fenologici e al clima per la produzione di vini di alta qualità nelle regioni di produzione di riferimento al mondo per ciascuna varietà14

Dall’elaborazione dei dati ottenuti tramite l’utilizzo di alcuni modelli climatici, è, infatti, emerso che in Europa, l'impatto del riscaldamento globale sulle regioni vitivinicole potrebbe essere imponente. Ruml et al. (2012) hanno dimostrato che le temperature nelle regioni viticole della Serbia stanno aumentando in maniera considerevole e, verso la fine del 21° secolo, potrebbero diventare zone aride, perdendo di conseguenza la vocazione viticola che le contraddistingue.

14La linea tratteggiata alla fine delle barre indica che alcuni aggiustamenti possono verificarsi quando maggiori dati saranno

disponibili, ma variazioni di più di +/- 0,2-0,6 ° C sono comunque altamente improbabile. La figura e la ricerca ad essa collegata sono un work in progress (Jones, 2006)

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L’aumento delle temperature nell’emisfero Nord implicherebbe un probabile spostamento verso Nord delle coltivazioni con introduzione di varietà medio-tardive sino alle latitudini maggiori (50 °N). Rochard et al. (2006) hanno calcolato che la vendemmia in Francia negli ultimi 50 si è fatta più precoce di un mese; Jones et al., (2005) hanno evidenziato che la vendemmia in Europa avviene 17 giorni prima. Webb et al. ,(2007) usando il modello (VineLOGIC) prevede che nella regione della Coonawarra (Australia) nel 2050 la stagione vegetative sarà più corta di 37 giorni e con minor sensibilità delle varietà precoci. Ramos et al., (2008) in Spagna prevedono che l’invaiatura della varietà Parellada si anticiperà di 4.1 giorni per ogni °C di incremento della temperatura minima rispetto alla media attuale.

In Europa settentrionale sono state osservate modifiche delle zone agro-climatiche adatte alla produzione di vino in generale e per le varietà con esigenze termiche più elevate (Kenny & Shao, 1992). La perdita della Corrente del Golfo potrebbe raffreddare Bordeaux e parte della Spagna, costringendo le imprese vitivinicole ad un reimpianto di uve adatte a climi più freschi. Tuttavia, altre regioni potrebbero riscaldarsi notevolmente. Vaste porzioni d'Europa sulla costa mediterranea, in particolare l'Italia, la Grecia e la Francia, potrebbero diventare nel 2050 completamente inospitali per la produzione di uva (Lallanilla, 2013), mentre aree non tradizionalmente vocate alla produzione vitivinicola potrebbero diventarlo. L'estensione della superficie vitata in Inghilterra (Palutikof et al., 2002) ha permesso di produrre la prima annata danese (2001) sul mercato (BBC News Venerdì 28 giugno 2002) e tentativi riusciti di coltivare varietà rosse anche nelle regioni settentrionali tedesche sono evidenti testimonianze di queste tendenze.

Ancora, White et al. (2006) sostengono che mentre l’aumento delle temperature comporterà una modifica delle varietà meglio adattabili, un calo nella qualità dei vini prodotti aumenta e una riduzione delle gelate infernale, l’aumento nella frequenza di giornate di calore (> 35 ° C) durante la stagione di crescita comporteranno la perdita della produzione di uva da vino in molte aree degli Stati Uniti .

Un'analisi di Nemani et al. (2001) suggerisce, invece, che i cambiamenti climatici nella zona costiera della California dal 1951 al 1997 potrebbero aver favorito il settore vino di qualità, come si è visto effettivamente nel miglioramento dei vini di qualità superiore e nelle maggiori rese delle uve. L’incremento termico osservato non è risultato omogeneo, evidenziandosi principalmente di notte e in primavera. Il riscaldamento è stato associato a forti aumenti delle temperature superficiali del Pacifico orientale (SST) e delle quantità di vapore acqueo atmosferico. Anche se il riscaldamento medio annuale è stato modesto (1.13ºC/47 anni), si sono registrati 20 eventi in meno di gelate e un aumento di 65 giorni della stagione vegetativa senza gelo. Nelle valli Napa e Sonoma le temperature invernali e primaverili più alte hanno anticipato l'inizio della stagione vegetativa da 18 a 24 giorni mentre la maggiore quantità di vapore acqueo atmosferico ha ridotto del 7% la traspirazione. Un altro aspetto del cambiamento climatico che potrebbe implicare conseguenze drammatiche per i territori produttori di vino è l’innalzamento dei mari. Negli ultimi quattro decenni, il riscaldamento globale ha comportato una rapida accelerazione dello scioglimento dei ghiacci polari, della calotta glaciale della Groenlandia e dei ghiacciai continentali (Tate 2001; Venkataramanan & Smitha 2011; IPCC 2013). Anche se la proiezione originale dell’IPCC ha previsto solo un incremento di 0,5 m del livello dei mari, i nuovi dati dimostrano una significativa variazione rispetto a tale valutazione

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originale (Tate, 2001). La varianza corrente oscilla da 0,2 m a 2,0 m con alcune evidenze che suggeriscono incrementi fino a 4 m (Tate, 2001; IPPC, 2013). Secondo Tate (2001) un aumento di cinque metri del livello del mare potrebbe inondare alcuni dei più grandi vigneti ed intere regioni produttrici di vino. Potrebbero essere interessate porzioni di Bordeaux, del Portogallo, della Nuova Zelanda, dell’Australia e della California. Oltre alle inondazioni costiere, numerosi vigneti diffusi nei territori interni potrebbero subire danni alla produzione a causa dell’aumento del livello di salinità nelle acque sotterranee. Un’altra grave minaccia sono i terremoti che potrebbero essere innescati dall'innalzamento del livello del mare. In tal senso, le regioni a vocazione vitivinicola potenzialmente a rischio sono Oregon, Washington, British Columbia, Cile, Argentina e Nuova Zelanda (Tate, 2001).