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I commissariamenti nelle Fondazioni Liriche: un confronto

E’ indubbio che le vicende del Carlo Felice di Genova e dell’Arena di Verona abbiano caratteristiche e sviluppi profondamente diversi.

Nel caso del Teatro Carlo Felice si assiste fin dal 2003 ad un crescendo esponenziale della crisi e del conflitto. In ordine temporale si verificano prima gli scioperi ed un’accesa conflittualità sindacale, poi il fallimento del fondo pensione e la sentenza di condanna per la Fondazione, successivamente si verifica una crisi economico-finanziaria che sfocia nella minaccia di cassa integrazione per i dipendenti e nel rischio di liquidazione coatta del Teatro, evitata all’ultimo grazie ai contratti di solidarietà. Il Commissario si trova ad affrontare le questioni nominate in precedenza in una situazione dove ogni singolo passaggio è caratterizzato dallo scontro e dal conflitto: tra sindacati autonomi e dirigenza, tra Sindaco e Commissario, tra Commissario e dirigenza, tra Sindaco e Ministero, senza che si raggiunga una riappacificazione né durante né dopo il commissariamento.

In confronto, il caso dell’Arena di Verona appare più lineare. Mettendo tra parentesi le letture politiche sul periodo che precede il commissariamento, all’Arena si verifica una crisi patrimoniale di fronte alla quale il Ministero interviene per legge. Al suo arrivo il Commissario trova in realtà una Fondazione dove sono già stati presi dei provvedimenti per via ordinaria, attraverso la sostituzione del Sovrintendente, la riduzione dei costi del Teatro e l’avvio di una procedura di ripatrimonializzazione. Il Commissario resta solo quattro mesi duranti i quali nomina il nuovo Sovrintendente appena decaduto come suo assistente e porta a termine la creazione di una società per la gestione degli eventi non lirici nell’anfiteatro (Arena Extra). I bilanci del 2009 e del 2010 testimoniano una situazione risanata sia dal punto di vista patrimoniale che del conto economico, soprattutto grazie ad una maggiore generosità degli sponsor pubblici.

Siamo di fronte quindi a due casi completamente diversi, afflitti da problematiche diversificate in coincidenza delle quali l’intervento ministeriale è però univoco: lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e la nomina di un Commissario straordinario. Ciò fa sì che i due casi, seppur diversi nel loro sviluppo, abbiamo anche degli aspetti in comune, riconducibili alle caratteristiche di fondo dell’intervento commissariale.

Per legge, il mandato di un Commissario nelle Fondazioni è finalizzato alla “gestione della Fondazione; ad accertare e rimuovere le irregolarità; a promuovere le soluzioni utili al perseguimento dei fini istituzionali”. In nessuno dei due casi si assiste tuttavia ad una ridefinizione o una maggiore specificazione dell’ambito di intervento commissariale volto a restringere la

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vaghezza della norma. All’Arena di Verona l’indeterminatezza del mandato commissariale rende possibile la creazione di Arena Extra, dove il problema dell’operazione non sta tanto nella scelta del Commissario, che risulta esercitare legittimamente la sua discrezionalità, quanto nella scarsa trasparenza dell’operazione. A Genova il Commissario si trova a dover gestire nel corso del suo mandato problematiche diverse rispetto a quelle che avevano portato alla sua nomina e nei confronti delle quali la soluzione commissariale risulta essere inadatta. Ammettendo infatti per un attimo che la presenza di un ‘uomo forte’ potesse avere senso per la gestione delle relazioni sindacali, quando si tratta di far fronte all’assenza di fondi e alla ricerca di sponsor privati per la stagione 2010, la gestione commissariale – temporalmente limitata e peraltro in scadenza di mandato - dimostra tutti i suoi limiti, soprattutto in una situazione di rapporti con il Sindaco già compromessi. In entrambi i casi l’intervento commissariale sembra quindi richiamare l’immagine di una scatola vuota, dove il contenuto dipende o dagli eventi che vengono a verificarsi durante il mandato o dalle decisioni discrezionali del Commissario, non accompagnate tuttavia da un livello adeguato di trasparenza.

Un secondo aspetto che emerge dalle vicende di Verona e Genova riguarda la centralità del rapporto tra Commissario e Sindaco/Presidente della Fondazione al fine di determinare lo sviluppo e l’esito delle amministrazioni straordinarie.

Nel caso di Verona, il Commissario si inserisce in un contesto dove il conflitto di tipo politico che coinvolge la Fondazione è stato risolto dal Sindaco prima del commissariamento attraverso il cambio del Sovrintendente. Una volta insediatosi, il Commissario avvalla la scelta del Sindaco nominando come suo assistente il Sovrintendente appena nominato ma già decaduto e non interferendo nel corso delle azioni di risanamento già impostate. Nel caso di Genova invece la gestione commissariale, soprattutto dopo il secondo rinnovo, è caratterizzata da un rapporto conflittuale tra il Commissario e Sindaco, letta da alcuni all’interno di un confronto più strettamente politico. Paradossalmente a Genova lo stesso Sindaco che si era appellato al Ministero per ottenere la nomina di un Commissario rimane poi escluso dalla gestione del Teatro, finendo per contestarne la presenza. Il fatto che il commissariamento possa essere utilizzato “per fronteggiare situazioni di varia natura” (TAR 2009) senza la necessità di specificare il mandato del Commissario rappresenta quindi un’arma a doppio taglio: se da un lato consente una certa facilità nell’impiego dello strumento, dall’altro rende possibile che l’intervento possa percorrere strade diverse rispetto a quelle previste inizialmente, come in un esperimento che sfugge al controllo dello scienziato. L’intervento commissariale a Genova si sviluppa quindi al di fuori di un raccordo con la governance ordinaria portando a decisioni di breve periodo (il Commissario ad esempio programma la stagione solo fino al termine del suo mandato) e a vuoti di responsabilità alla fine

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dell’amministrazione straordinaria (si pensi al rischio di liquidazione coatta alla fine della gestione straordinaria).

In generale quanto appena esposto sul rapporto Commissario-Sindaco porta a fare due tipi di riflessioni. Da un lato evidenzia come l’istituto del commissariamento non si ponga di per sé il problema del raccordo con la governance ordinaria, lasciando ancora una volta la regolazione di questo processo alla discrezionalità del Commissario. Quanto più questo opta per una separazione completa (vedi Genova), tanto più il ritorno all’ordinario risulta critico e conflittuale.

In secondo luogo la centralità del rapporto Sindaco-Commissario pone in risalto l’elevato l’intreccio delle vicende di commissariamento con le dinamiche politiche a livello locale. Il fatto che Sindaco sia al tempo stesso Presidente della Fondazione espone infatti quest’ultima a processi decisionali che sono solo parzialmente spiegabili facendo riferimento a logiche gestionali di tipo manageriale. Rispetto a questo non sembra l’arrivo del Commissario coincida con un’uscita dalla sfera della politica. Anzi, se possibile questa dimensione viene ulteriormente esaltata e resa più complessa e conflittuale.

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