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12. Principali risultati dello studio esplorativo

12.1. Il commissariamento come modalità di governo feudale

Il commissariamento è stato definito finora come una sostituzione temporanea dell’amministrazione ordinaria decisa in modo centralistico e discrezionale e caratterizzata da una retorica dell’emergenza e della crisi. Sulla base dei dati raccolti si vuole ora completare la definizione dell’intervento aggiungendo due ulteriori caratteristiche emerse nel corso dello studio. Questo permetterà poi di riflettere su una delle prime criticità di questa modalità di intervento.

Grazie all’analisi effettuata sui casi studio si è notato come i commissariamenti siano caratterizzati in generale da obiettivi vaghi e ambigui. Si pensi ad esempio alle ordinanze di Protezione Civile, che affidano al Commissario il compito di svolgere “ogni intervento necessario per il superamento dell’emergenza”, o alla normativa sulle Fondazioni Lirico Sinfoniche, secondo la quale l’obiettivo del Commissario è quello di “riportare [il Teatro] alla buona gestione”, senza specificare ulteriormente i passaggi da seguire o eventuali dimensioni di “buona gestione” da perseguire (finanziaria, artistica, ecc.).

In secondo luogo si è osservato come, a fronte dell’ambiguità degli obiettivi, le azioni dei commissari risultino essere fortemente discrezionali. Nei casi di Pompei e Roma le ordinanze di Protezione Civile demandano al Commissario ogni decisione relativa agli interventi da attuare, allo staff da coinvolgere, ai rapporti da tenere con l’ordinario e all’utilizzo delle deroghe. Nei Teatri Lirici la discrezionalità richiesta al Commissario è forse maggiore, poiché a chi è nominato è richiesto di provvedere, genericamente, “alla gestione della fondazione”, sostituendo il consiglio di amministrazione in tutte le sue funzioni. Non vi è quindi solo una discrezionalità forte nella decisione che porta al commissariamento una data istituzione, ma anche un elevato margine di discrezionalità nelle azioni del Commissario.

Dato il quadro tracciato sopra, si può affermare che nel corso di un intervento commissariale il Ministro o il Presidente del Consiglio dei Ministri delega al Commissario la facoltà di intervenire ovunque egli ritenga necessario per risolvere un problema che chi nomina non riesce a dominare e quindi a definire ex ante. In una situazione di questo tipo il processo più importante e cruciale

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appare allora essere quello che porta alla nomina di una determinata persona come Commissario: è da questa scelta infatti che dipende, data l’ambiguità degli obiettivi e la discrezionalità affidata al Commissario, buona parte dell’esito dell’intervento. In questo senso i commissariamenti di Pompei o Roma sono particolarmente significativi poiché in entrambi i casi il cambio del Commissario ha segnato una svolta rilevante nello sviluppo delle vicende.

Posto quindi che uno dei processi più rilevanti degli episodi di commissariamento è quello che porta alla scelta di un determinato Commissario, viene spontaneo interrogarsi su quali siano i criteri che guidano la selezione e la nomina. Purtroppo l’indagine volta ad esplorare la relazione tra Ministero e Commissario, e quindi interessata ad indagare le basi di questo rapporto, è stata caratterizzata dall’inaccessibilità delle informazioni o comunque da una difficoltà nel comprenderne i meccanismi sottostanti. Le ragioni che stanno alla base della nomina dei primi commissari a Roma (Commissario Bertolaso) e a Pompei (Commissario Profili) non vengono infatti esplicitate in modo trasparente da parte del Ministero. In particolare nel caso di Roma la nomina del capo della Protezione Civile è giustificata dal contesto emergenziale, contingenza che, come si è avuto modo di argomentare, risulta poco verosimile o addirittura “pretestuosa”, come direbbero alcuni informatori. La sostituzione del primo Commissario a Pompei avviene poi improvvisamente e in assenza di adeguate giustificazioni sulla rimozione. Di fronte all’assenza di documentazione ufficiale, i vari interlocutori intervistati hanno descritto la sostituzione del Commissario a Pompei o come un fatto inspiegabile o come una scelta collegata ai cambiamenti negli equilibri politici della Regione Campania. A Roma il cambio del Commissario è legato ad un evento del tutto casuale, ovvero al terremoto dell’Aquila che costrinse Bertolaso a lasciare l’incarico. Nel caso di Genova non è chiaro perché il commissariamento venga rinnovato la terza volta, evento che provoca, come si è visto, l’esplosione del dibattito a livello politico, dove il Sindaco interpreta la scelta del Ministero come un atto ostile verso un Comune amministrato da una coalizione opposta a quella del governo centrale. A Verona infine la relazione tra Ministero e Commissario è stata impossibile da esplorare a causa dell’assenza di rapporti scritti accessibili pubblicamente e della mancata partecipazione al progetto di ricerca del Commissario - che allo stesso tempo era capo di gabinetto del Ministero e Direttore del dipartimento dello spettacolo, incarnando quindi allo stesso tempo la figura del nominante e del nominato.

Va riconosciuto che ambiguità degli obiettivi e discrezionalità degli interventi non sono caratteristiche negative in sé: l’ambiguità degli obiettivi viene ritenuta da diversi autori come una condizione strutturale del settore pubblico (Ring & Perry 1985) utile per creare consenso e stimolare la creatività (Eisenberg & Witten 1987); l’utilizzo della discrezionalità può essere

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esplicitamente richiesto ai manager e risulta inoltre essere centrale nei processi organizzativi (Thompson 1967). Nel caso del commissariamento il problema centrale risiede tuttavia nel fatto che a fronte di un’elevata ambiguità e discrezionalità non si assiste ad un’effettiva e parallela trasparenza nei processi di nomina, proroga ed eventuale sostituzione delle persone incaricate. Al contrario questi processi si giocano soprattutto ad un livello personale più vicino a logiche di spoil system non trasparente che non di merit system. Il fatto che la raccolta dati si sia dovuta basare principalmente su interviste e non su documenti – assenti o non disponibili – unita alla rilevante perdita di informazioni che si è verificata quando una singola persona ha rifiutato l’intervista, testimonia inoltre come i processi decisionali relativi ai commissariamento coinvolgano un numero relativamente esiguo di soggetti che intrattengono tra loro relazioni personali fondate soprattutto sullo scambio orale piuttosto che su sistemi di reporting codificati.

Tra le varie modalità di governo delle relazioni, quella che si sviluppa tra Ministro o Presidente del Consiglio e Commissario può essere definita, secondo una classificazione proposta da Boisot e Child (1988: 508), di tipo ‘feudale’, richiamando quindi un rapporto caratterizzato da “small numbers, hierarchically structured through face-to-face and personalized power relationships that often have to be charismatically legitimated”. Il ‘feudo’ è una delle quattro tipologie di governo delle transazioni individuate da Boisot e Child (1988) estendendo il framework basato sulla dicotomia mercato-gerarchia proposto da Williamson (1975) e quello basato sulla tripartizione tra mercato, burocrazia e clan descritto da Ouchi (1980). La sistematizzazione delle modalità di governo proposta da Boisot e Child tiene in considerazione due principali dimensioni culturali: il grado di codifica dell’informazione e il suo grado di diffusione (vedi Tab. 25). In questo senso, il mercato e la burocrazia si basano entrambi su informazioni codificate, dove tuttavia nel primo caso le informazioni sono disponibili a tutti gli attori coinvolti (il compratore e il venditore non devono conoscersi per interagire) mentre nel secondo caso una delle parti acquista un vantaggio rispetto all’altra: nella burocrazia le relazioni rimangono infatti impersonali ma si distinguono per la loro asimmetria. Quando invece la conoscenza non è codificata, le transazioni diventano più personali. In assenza di codifica le informazioni sono infatti molto più difficili da trasmettere al di fuori di rapporti ‘faccia a faccia’. In questo senso il numero di persone che può partecipare alla transazione risulta di fatto limitato. La scarsa strutturazione dell’informazione aumenta inoltre il rischio e l’incertezza legati alla transazione rendendo quindi fondamentale un livello elevato di fiducia tra le parti. Queste transazioni sono quindi possibili solo tra persone che condividano valori e prospettive, aspetto che può richiedere tempo per essere costruito e affinato. A parità di scarsa

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codificazione, nel caso del clan si verifica però una simmetria di informazione tra i partecipanti mentre, nel caso del feudo, la simmetria svanisce, lasciando spazio ad una relazione più gerarchica.

Tab. 25: Tipologie di struttura di governo delle transazioni

C o d if ie d i n fo rm a ti o n Bureaucracies

- Information diffusion limited and under central control

- Relationships impersonal and hierarchical - Submission to superiordinate goals - Hoerarchical coordination

- No necessity to share value and beliefs

Markets

- Information widely diffused, no control - Relationships impersonal and competitive - No superordinate goals – each one for himself - Horizontal coordination through self-regulation - No necessity to share value and beliefs

U n co d if ie d i n fo rm a ti o n Fief

- Information diffusion limited by lack of codification to face to face relationships - Relationship personal and hierarchical - Submission to superordinate goals - Hierarchical coordination

- Necessity to share value and beliefs

Clans

- Information is diffused but still limited by lack of codification to face to face relationship - Relationship personal but nonhierarchical - Goals are shared through a process of

negotiation

- Horizontal coordination through negotiation - Necessity to share value and beliefs

Undiffused information Diffused information

Fonte: Boisot e Child (1996: 603)

Ritornando al commissariamento, si può affermare che una gestione del bene pubblico effettuata attraverso rapporti di tipo feudale, basata quindi su rapporti personali e gerarchici, oltre a porre problemi di accessibilità e scarsa trasparenza, fa sorgere dei seri interrogativi circa i “valori e le vedute condivise” tra chi nomina e chi è nominato. Come si è visto infatti, se il rapporto tra Ministero e Commissario rimane ancorato a rapporti non trasparenti, è facile che si crei un’apertura ad interpretazioni politiche e complottiste e che possano sorgere, legittimamente peraltro, dei dubbi circa gli intenti che vengono perseguiti attraverso il ricorso all’amministrazione straordinaria. Non solo, poiché quelle osservate sono organizzazioni professionali, si è potuto osservare come le nomine che seguano valori altri rispetto a quelli professionali tendano ad essere rifiutate ed osteggiate. Lo si vede a Roma, dove si sviluppa un rapporto conflittuale tra gli archeologi e il primo Commissario – il direttore del dipartimento della Protezione Civile. O a Pompei dove entrambi i commissari - un ex prefetto e un dirigente della Protezione Civile - vengono accusati di effettuare interventi non consoni per un sito archeologico. O ancora a Genova, dove le scelte del Commissario in termini di programmazione artistica non vengono ritenute legittime.

In questo senso, e in ottica di miglioramento del sistema attuale, una relazione personalistica tra Ministero e Commissario potrebbe rivelarsi virtuosa qualora questa si ponesse come condizione per creare, in un secondo momento, un rapporto di fiducia tra il Commissario e i professional,

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seguendo una logica di clan piuttosto che di feudo. In modo abbastanza casuale questo è avvenuto a Roma, dove, a seguito del terremoto dell’Aquila e alla successiva indisponibilità del primo Commissario, è stato nominato un architetto interno alla struttura ministeriale, il quale è riuscito a mobilitare il consenso di almeno una parte degli archeologi facendo leva proprio sulla comprensione e la condivisione delle conoscenze specifiche, tacite e invisibili che caratterizzano le organizzazioni finalizzate alla tutela del patrimonio culturale.