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Capitolo quarto: Funzione redistributiva, la teoria della tassazione ottimale e proposte d

4.1. I fondamenti della tassazione redistributiva del reddito

Il prelievo fiscale è sempre stato oggetto di studio quale strumento utilizzato per ridurre le disuguaglianze economiche e redistribuire i redditi in modo equo. La teoria economica ha ideato ed elaborato vari strumenti per studiare i principi e gli effetti della tassazione redistributiva. Spesso però teoria e pratica hanno dovuto sopportare i rispettivi limiti e i sistemi fiscali realizzati sono nati da teorie prive di un semplice riferimento pratico perché composte da modelli troppo astratti o che si prestavano ad ampie interpretazioni.

Il riferimento più adatto alla teoria economica della tassazione redistributiva, da un punto di vista applicativo, è dato dai modelli di tassazione progressiva dei redditi. “Un sistema progressivo è considerato redistributivo in quanto preleva imposte proporzionalmente maggiori sui redditi lordi dei più ricchi, consentendo di realizzare trasferimenti di reddito netto ai soggetti più poveri”71. Per essere progressivo un sistema dipende dall’andamento

dell’aliquota media, mentre il grado di progressività dipende dall’andamento dell’aliquota marginale. Da un punto di vista strettamente matematico, più elevata è l’aliquota marginale, maggiore è il grado di progressività del sistema tributario. Questo giudizio deve, però, essere riconsiderato in funzione del fatto che “quando aumenta l’aliquota marginale sul reddito percepito da un soggetto, come un lavoratore, al netto dell’impatto dell’aliquota media, si crea un disincentivo per quel lavoratore a lavorare di più, perché su ogni euro in più di guadagno dovrà pagare maggiori imposte”72. (BERNASCONI &

MARENZI, 2013, p. 28)

71M. Bernasconi e A. Marenzi, Redistribuzione e prelievo fiscale: evoluzione di una teoria, in

Evoluzione e riforma dell’intervento pubblico, cit, p.28. 72 Ibidem.

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Per definire una buona struttura di aliquote marginali vanno presi in considerazione gli effetti che vengono prodotti dalla tassazione sull’offerta di lavoro e sul reddito nazionale. Nel Regno Unito nella prima metà del XIX secolo si sviluppa ad opera di Jeremy Bentham e James Mill73 l’utilitarismo morale che attribuisce un valore intrinseco alla felicità

generale. L’utilità è usata come unità di misura della felicità dell’individuo e della comunità a cui questo appartiene. Questa visione porta nuovi stimoli alle teorie sull’equità della tassazione collegata al concetto di capacità contributiva.

L’utilitarismo si basa su alcuni postulati fondamentali (BERNASCONI & MARENZI, 2013, pp. 29-30):

- L’utilità è misurabile per ogni individuo su scala cardinale e confrontabile; - L’utilità dipende dal reddito di ogni individuo;

- L’utilità cresce con il reddito, ma con una utilità marginale positiva decrescente; - La funzione di utilità è la stessa per tutti gli individui;

- Il benessere complessivo della società è dato dalla somma dell’utilità di ciascun individuo.

Da tali principi deriva che il benessere totale cresce tanto più la ricchezza è ugualmente distribuita tra i membri della società. Imponendo un sacrificio complessivo minimo di utilità sottratta dalle imposte sul reddito si può raggiungere l’obiettivo utilitarista della massima felicità generale, solo nel caso in cui il sacrificio individuale sia uguale per tutti i soggetti.

Il problema si pone però nel mettere in relazione la nozione di sacrificio minimo complessivo e quella di sacrificio individuale uguale. Questa questione fu affrontata dall’economista F. Y. Edgeworth74 che capì come l’obiettivo di minimizzare il sacrificio

collettivo per il pagamento delle imposte richieda l’uguaglianza dei sacrifici marginali individuali. Premesso che la funzione di utilità è la stessa per tutti, per ottenere l’uguaglianza dei sacrifici marginali è necessario che sia uguale per ogni individuo l’utilità ottenuta sull’ultima unità di reddito netto dopo aver pagato le imposte.

Minimizzare il sacrificio collettivo per il pagamento delle imposte e massimizzare il benessere collettivo sono necessariamente collegati con il ruolo redistributivo delle

73 Jeremy Bentham (1748 - 1842) filosofo inglese e James Mill (1773 – 1836) filosofo ed

economista inglese.

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imposte. In teoria la soluzione potrebbe essere tassare il più ricco per il beneficio del più povero fino ad ottenere un’uguaglianza completa dei redditi. Tecnicamente questo si può attuare attraverso aliquote marginali crescenti, che partendo da 0% per i redditi più bassi raggiungono il 100% per i redditi superiori. (BERNASCONI & MARENZI, 2013, p. 30) L’uguaglianza dei redditi dopo la tassazione presenta, però, diversi problemi politici ed etici, oltre a provocare, con livelli eccessivi di redistribuzione, disincentivi alla produzione e alla crescita.

Con il proseguire degli anni, le ipotesi utilitariste vennero criticate ed abbandonate, ma la tassazione progressiva è ancora alla base dei sistemi di imposizione personale sui redditi. I nuovi sistemi si fondano sulla presenza di scaglioni di reddito su cui vengono applicate aliquote diverse ottenendo una struttura non lineare del prelievo. Un sistema non lineare è caratterizzato dal fatto che le aliquote marginali effettive sono differenti da quelle nominali dopo che sono state applicate detrazioni, deduzioni e benefici che modificano la base imponibile o le imposte da pagare. Aggiustamenti, questi, che sono necessari per caratterizzare meglio il prelievo in base alla capacità contributiva dei contribuenti. Una critica ai sistemi di aliquote marginali crescenti fu fatta da economisti liberali americani intorno al 196075, che proposero un modello alternativo di tassazione

progressiva: l’imposta negativa sul reddito. Questa prevede una tassazione lineare in cui il prelievo sul reddito (z) si calcola secondo la funzione:

( ) = ∗ −

in cui G è un trasferimento fisso con cui il settore pubblico finanza i soggetti più svantaggiati. Il settore pubblico realizza in questo modo un’immediata attività di redistribuzione del reddito in applicazione al principio di equità verticale. Rispetto al sistema con tassazione progressiva un modello con tassazione lineare presenta meno disincentivi al lavoro per gli individui con redditi elevati. Di contro, il sistema dei sussidi può provocare elevati disincentivi al lavoro per gli individui con fasce di reddito più basso.

Negli anni ’80 questi modelli di tassazione hanno interessato numerosi studiosi che, da una parte, hanno affrontato il potenziale ruolo sociale del sussidio fisso con la previsione di un reddito minimo garantito, e dall’altra, hanno ritenuto il sussidio non necessario in presenza di un’aliquota unica bassa. (BERNASCONI & MARENZI, 2013, pp. 32-33)

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