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Principio della capacità contributiva e i principi del sacrificio

Capitolo Secondo: Il principio della capacità contributiva e la progressività delle imposte

2.1. Elementi costitutivi dell’imposta e i criteri di ripartizione del carico tributario

2.1.2. Principio della capacità contributiva e i principi del sacrificio

Il principio della capacità contributiva non stabilisce un collegamento diretto fra imposte subite dal soggetto e vantaggi che egli riceve dallo Stato. Scopo delle imposte non è soltanto quello di finanziare la produzione pubblica di beni e servizi, ma anche di finanziare l’attività di redistribuzione del reddito e della ricchezza. Secondo questo principio, la ripartizione delle imposte deve essere realizzata in modo equo e l’equità è garantita se l’imposta è commisurata alla capacità contributiva dei soggetti o, in altre parole, la loro capacità di pagarla (ability to pay).

Il principio della capacità contributiva si articola in tre assunti fondamentali (BOSI, 2015, p. 159):

a) Equità orizzontale (EO): individui con uguale capacità contributiva, misurata dal reddito o da altre caratteristiche, devono pagare la stessa imposta.

b) Equità verticale (EV): individui con maggiore capacità contributiva devono pagare maggiori imposte. Non si intende con ciò che l’imposta sia progressiva, ma che cresca al crescere della capacità contributiva.

c) Preclusione di un’aliquota marginale maggiore all’unità: non si devono invertire le posizioni relative dei contribuenti nella scala distributiva.

Come possiamo osservare, l’equità del sistema di prelievo è valutata indipendentemente dalla distribuzione dei benefici della spesa pubblica.

In merito al principio di equità orizzontale è necessario specificare che esso deriva dalla presunzione che tutti gli individui abbiano le stesse preferenze nell’utilizzo del bene pubblico e vengono, quindi, trattati nello stesso modo secondo il principio di uguaglianza.

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Questo non esclude che esistano differenze nelle preferenze che, in quanto ritenute meritevoli di considerazione, portano ad una diversità di trattamento. La definizione di possibili differenze meritevoli potrà mutare nel tempo e nello spazio in relazione alla diversa sensibilità espressa dalla collettività a livello politico. (BOSI, 2015, p. 159) Nel caso non esistano requisiti socialmente meritevoli che giustifichino un diverso trattamento dei contribuenti, il parametro più adatto per valutare l’equità di un’imposta è l’indice di capacità contributiva.

In generale, l’utilizzo dei due principi di equità definisce un sistema tributario in cui una maggiore capacità contributiva genera un maggior prelievo in valore assoluto. È impossibile, invece, trarre conclusioni circa il grado di progressività che il sistema tributario dovrebbe avere. Nel caso in cui l’imposta cresca meno che proporzionalmente al cresce della capacità contributiva, l’equità verticale verrebbe rispettata, ma l’imposta risulterebbe regressiva e non progressiva. Ne consegue che il principio di progressività è aggiuntivo rispetto al principio di capacità contributiva e quindi deve essere esplicitamente previsto per poter essere considerato nei sistemi tributari.

Sotto il profilo applicativo il principio di capacità contributiva richiede due passaggi. Per prima cosa è necessario definire cosa si intende per capacità contributiva. In secondo luogo, occorre specificare come deve essere ripartito fra i contribuenti l’onere dell’imposta. (BOSI, 2015, p. 160)

L’onere sopportato dal contribuente è stato tradizionalmente identificato nel sacrificio di utilità che deriva dal pagamento dell’imposta: per questo il principio della capacità contributiva è stato denominato “principio del sacrificio”. Si assume poi il presupposto che i contribuenti debbano sopportare lo stesso livello di sacrificio. A tal fine si sono individuati tre definizioni di sacrificio: il sacrificio assoluto, il sacrificio proporzionale e il sacrificio marginale, e sulla base di queste, tre diversi principi su cui fondare l’uguaglianza del sacrificio richiesto ai contribuenti. Questi tre principi sono formulati a partire dalle seguenti ipotesi: l’unica determinante dell’utilità è il reddito, il reddito prima delle imposte è un dato, gli individui hanno uguali preferenze e quindi uguale funzione di utilità e l’utilità marginale del reddito è decrescente.

Limitiamo poi l’analisi a due individui, uno povero, P, e uno ricco, R. L’andamento dell’utilità marginale del reddito di questi due individui è rappresentato in figura 1. (BOSI, 2015, p. 160)

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Il reddito prima dell’imposta di P è pari a 0Y1, quello di R è pari a 0Y2.

Principio del sacrificio assoluto uguale. Il principio richiede che sia eguagliata, in valore

assoluto, la perdita di utilità sopportata dai due contribuenti dopo l’introduzione dell’imposta. Indicando con CY1 l’imposta pagata dall’individuo povero e, con C’Y2,

quella pagata dall’individuo ricco, con CY1 +C’Y2 = T, dove T rappresenta il gettito che

lo stato intende ottenere. Tale principio esige che:

CY1DE = C’Y2D’E’

Questo soddisfa il criterio dell’equità orizzontale e non altera le posizioni relative dei contribuenti (0C’ > 0C).

Se l’utilità marginale fosse costante, i contribuenti dovrebbero pagare la stessa imposta. Si è ipotizzato, tuttavia, che l’utilità marginale sia decrescente, quindi il principio sarà soddisfatto solo se R viene gravato da imposte di entità maggiore, coerentemente con il criterio di equità verticale. Da ciò non si deduce che il prelievo debba essere necessariamente progressivo. Il principio del sacrificio assoluto, infatti, richiede l’utilizzo di imposte progressive solo se l’elasticità dell’utilità marginale rispetto al reddito è superiore ad uno, mentre comporterà il ricorso ad imposte proporzionali o regressive se tale elasticità è, rispettivamente, uguale o inferiore ad uno. (BOSI, 2015, p. 161)

Principio del sacrificio proporzionale uguale. Il limite del principio del sacrificio

assoluto ha come limite quello di poter divenire confiscatorio, cioè richiedere, al contribuente povero, la rinuncia integrale del proprio reddito. Questo limite è superato dal principio del sacrificio proporzionale uguale, il quale implica che il sacrificio di utilità richiesto sia una percentuale, dell’utilità complessiva, uguale per tutti i contribuenti. Con

Y2 P’ C’ F’ D’ E’ K’ G’ 0 Y M’ Y D G K E M Y1 F C P 0 U U

Contribuente povero Contribuente ricco

Fonte: P. Bosi, Corso di scienza delle finanze (2017)

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riferimento alla figura 1, se la persona povera paga PY1, sopportando una perdita di utilità

pari a PY1DK e la persona ricca paga P’Y2, sopportando una perdita di utilità pari a

P’Y2D’K’, con PY1 + P’Y2 = T, dovrà essere verificata la condizione:

PY1DK/0Y1DM = P’Y2D’K’/0’Y2D’M’

Si può notare come tale principio rispetti l’equità orizzontale, non alterando la scala distributiva, e soddisfi l’equità verticale. Non di deduce però che il prelievo debba essere progressivo, visto che tale risultato dipende sempre dalla pendenza dell’utilità marginale del reddito.

Principio del sacrificio marginale uguale (o del sacrificio minimo collettivo). In accordo

con questo principio, se P paga FY1 e R paga F’Y2 , con il vincolo che sia FY1 + F’Y2 =

T, il principio è soddisfatto se il sacrificio marginale di R è uguale al sacrificio marginale di P:

FG = F’G’

Affinché tale condizione sia rispettata è necessario che i redditi dopo l’imposta siano uguali: 0F = 0’F’.

Si tratta di un principio egualitario: solo se T > 0Y2 – 0Y1 il prelievo dopo aver gravato

sul contribuente più ricco, graverà anche sul contribuente più povero se il gettito richiesto è superiore alla differenza di reddito tra R e P. È un principio che richiede il massimo della progressività compatibile con il vincolo di non ribaltare la scala di distribuzione dei redditi.

Si possono fare importanti considerazioni nel confronto tra i tre principi del sacrificio. I principi hanno come fondamento comune l’individuare il sacrificio del contribuente come parametro idoneo a valutare l’equità delle imposte, ma non offrono alcun argomento a favore dell’adozione del principio del sacrificio assoluto, piuttosto che di quello proporzionale o marginale; inoltre solo dal terzo principio del sacrificio marginale, discende un’indicazione a favore della progressività del prelievo. Infine, i principi considerati non hanno alcuna applicabilità nella realtà economica: diversamente da quanto ipotizzato nelle condizioni iniziali, il reddito pre-imposta può cambiare, gli individui non hanno uguali preferenze, l’utilità non è misurabile e il reddito non è la sola misura dell’utilità. Non è possibile, in questo modo, fare confronti fra i sacrifici che l’imposta richiede ai contribuenti.

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Tali limiti hanno giustificato il progressivo abbandono dei principi del sacrificio assoluto e proporzionale uguale, visto che richiedono la misurabilità e la confrontabilità dell’utilità.