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Capitolo quarto: Funzione redistributiva, la teoria della tassazione ottimale e proposte d

4.2. La teoria dell’imposta ottimale

4.2.1. La tassazione diretta ottimale

La teoria della tassazione ottimale si pone il problema di considerare simultaneamente problemi di efficienza e problemi di equità nella distribuzione del reddito. Il principale esponente di questa teoria è l’economista inglese James Mirrlees che all’inizio del 1970 introdusse nuove considerazioni su efficienza ed equità all’interno di un unico modello strutturale di tassazione del reddito.

La moderna teoria dell’ottima tassazione può essere d’aiuto per la soluzione di problemi di politica tributaria concreti. Ad esempio: trovare qual è la struttura ottimale di un’imposta progressiva e delle relative aliquote.

Vengono introdotte diverse novità rispetto alle teorie precedenti (BOSI, 2015, pp. 216- 217):

76 Le imposte distorsive provocano attraverso l’effetto sostituzione un cambiamento delle

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- Si studiano le caratteristiche di ottimo delle imposte diverse da lump sum taxes (imposte a somma fissa) e si affronta quindi il problema degli effetti distorsivi della tassazione. Si ragiona necessariamente in condizioni di Second Best77. - Vengono affrontati come aspetto centrale i problemi di asimmetria informativa

connessi alla difficoltà, da parte dello Stato, di disporre di tutte le informazioni rilevanti per l’applicazione di imposte ottimali.

La teoria dell’ottima tassazione diretta assume come punto di partenza una nozione di capacità contributiva fondata sulla potenzialità di reddito degli individui, aspetto, questo, che non è conciliabile, ad esempio, con il principio del beneficio.

Il problema che si pone ai sostenitori della teoria è quello di individuare degli indicatori misurabili, la cui conoscenza possa essere acquisita dallo Stato, senza costi proibitivi e che siano rappresentativi delle capacità individuali, a loro volta indicative della potenzialità di reddito.

Se è vero che solo l’individuo può conoscere la propria produttività, sia potenziale che effettiva, lo Stato può ottenere informazioni solamente su: il reddito complessivo degli individui, sul sistema di preferenze degli individui e sulla distribuzione delle remunerazioni unitarie. Lo Stato, tuttavia, non riesce ad ottenere informazioni sulla produttività effettiva, non sapendo quanto tempo un individuo abbia passato a lavorare, e tanto meno, sulla produttività potenziale, non sapendo quanto tempo un individuo sia disposto o possa lavorare.

Per questo, per definire la struttura ottimale di imposte dirette è necessario tenere conto dei vincoli informativi e porre delle ipotesi semplificative che consentano di superare la mancanza di informazioni per la costruzione del modello. Le premesse del modello di Mirrlees sono le seguenti (BERNASCONI & MARENZI, 2013, p. 35):

- Sistema di economia competitiva;

- Individui diversi per abilità, e quindi per capacità di trasformare il lavoro in reddito; da ciò deriva che i soggetti abbiano un reddito lordo differente;

- Il modello considera un unico periodo in cui tutto il reddito disponibile viene consumato;

- Le preferenze individuali circa il consumo sono le stesse;

77Espressione riferita al teorema dell’economia del benessere applicato alle situazioni in cui non

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- Lo stato persegue la massimizzazione del benessere sociale sotto il vincolo di pareggio di bilancio, si ipotizza, quindi, che tutto il gettito fiscale venga redistribuito;

- Il governo non conosce né le ore di lavoro né le abilità degli individui.

Dopo aver presentato le ipotesi del modello affrontiamo, nei tratti fondamentali, il problema di definizione di imposta ottimale. Se tra due contribuenti abbiamo una persona

Abile e una Inabile, lo Stato non è in grado di conoscere quale dei due sia l’uno e quale

l’altro: lo Stato può conoscere solo il loro reddito, ma non il salario orario. In queste circostanze il soggetto abile potrebbe essere incentivato a spacciarsi per il soggetto

inabile, lavorando di meno e guadagnando un reddito non superiore all’inabile. Se la

struttura della tassazione fissata dallo Stato avesse questo effetto, si avrebbero effetti negativi sul benessere sociale, in quanto aumenterebbe l’inefficienza del sistema dovuta al fatto che gli individui più abili sarebbero disincentivati al lavoro, con una perdita complessiva di produttiva. (BOSI, 2015, p. 222)

Per quanto detto, l’imposta diretta deve avere caratteristiche tali da evitare comportamenti opportunistici, ad esempio, ponendo vincoli di compatibilità agli incentivi, che determinino la non convenienza a simulare la mancanza di abilità per trarre vantaggio dall’asimmetria informativa. Per il soggetto abile il vincolo dice che l’utilità del proprio lavoro deve essere superiore o pari a quella che avrebbe qualora producesse un reddito pari a quello dell’individuo inabile.

La soluzione per lo Stato dovrebbe essere quella di praticare un’imposta fissa all’abile che non lo invogli a mimetizzarsi da inabile e lo stimoli a produrre reddito; inoltre, dovrebbe offrire all’inabile un sussidio al reddito ma con un’imposta con effetti distorsivi. Dalle ipotesi e dall’analisi fatta è possibile derivare alcuni teoremi, che consentono di delineare alcune caratteristiche della struttura ottimale dell’imposta sul reddito. I risultati sono così sintetizzabili (BOSI, 2015, p. 223):

1. Le aliquote dell’imposta ottimale devono essere comprese tra zero e il 100%. 2. Anche prendendo in considerazione funzioni del benessere sociale che

contemplino l’avversione alla disuguaglianza, al livello più basso e, anche a quello più alto di abilità (e di reddito), l’aliquota marginale deve essere pari a zero. 3. In certe condizioni, può essere ottimale una struttura dell’imposta che comporti

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L’imposta progressiva, come è applicata concretamente nei moderni sistemi fiscali, non sembra quindi coerente con le prescrizioni della teoria della tassazione ottimale. La struttura ottimale delle aliquote marginali che deriva dal modello di Mirrlees segue un andamento a campana rispetto al reddito, aliquote marginali basse per i più poveri e per i più ricchi e più elevate per i redditi medi. L’aliquota media dovrebbe essere comunque crescente rispetto al reddito.

Il risultato che sorprende di questo modello è che l’aliquota marginale applicata al soggetto più produttivo dovrebbe essere nulla. Si può tuttavia tentare una spiegazione supponendo che il soggetto più abile sia sottoposto ad un’aliquota marginale positiva, e che il governo decisa di portare l’aliquota marginale a zero per tutte le unità di reddito superiori a quelle che il ricco sta già guadagnando: egli potrebbe reagire lavorando di più e, quindi la sua utilità aumenterebbe, mentre il gettito del governo e l’utilità degli altri non diminuirebbero. Saremmo di fronte a un miglioramento paretiano78, con la

dimostrazione che la situazione di partenza con aliquota marginale positiva sul più ricco non è quella più efficiente. (BOSI, 2015, p. 223)

La teoria dell’imposta ottima è stata derivata sotto ipotesi molto particolari. In tal senso J. Stiglitz79, uno dei principali economisti che ha contribuito all’analisi di questo campo

teorico, osserva che le proprietà qualitative delle analisi dell’imposta ottima non sono abbastanza robuste a tentativi di rendere più realistiche le ipotesi di partenza. L’estrema sensibilità dei risultati ai mutamenti delle ipotesi di partenza li rende inadatte ad essere utilizzate per le prescrizioni di politica economica.