I FONDI INTERPROFESSIONALI PER LA FORMAZIONE CONTINUA: I QUINDICI ANNI DI UN ITER LEGISLATIVO
2.3. I Fondi Interprofessionali nel decreto 150/
Successivamente alla Riforma Fornero, l'intervento legislativo più recente riguardo il sistema nazionale della formazione continua e, nello specifico, i Fondi Paritetici Interprofessionali, è rappresentato senza dubbio dal decreto d'attuazione della legge n. 183/2014, ossia il decreto n. 150/2015, denominato Disposizioni per il riordino della
normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Il testo legislativo approvato ha subito importanti modificazioni rispetto alla Bozza di decreto, nella quale veniva palesata la volontà del soggetto pubblico ad attuare un
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Ivi p. 388.
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Si veda in tal senso quanto disposto dalle normative emanate a partire dal 2009, le quali hanno determinato un accrescimento delle loro funzioni.
controllo capillare sui Fondi, andando a limitare fortemente la loro autonomia sia di indirizzo sia gestionale e vincolandone l'azione alla rispondenza ai medesimi requisiti previsti per i servizi pubblici.
Le criticità presenti nello Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il
riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e politiche attive, eliminate
nel decreto n. 150/2015, afferivano agli articoli 1, 3, 9 e 15 43:
• all'articolo 1, comma 2, allo scopo di sottolineare la diversità dei Fondi rispetto ad altri soggetti, sono stati introdotti i termini “soggetti, pubblici o privati” per indicare i soggetti facenti parte della Rete per le politiche attive del lavoro44;
• nell'articolo 3, comma 3, è stata eliminata l'indicazione per cui la funzione di indirizzo del Ministero del Lavoro debba essere svolta sui singoli Fondi, disposizione che avrebbe sollecitato possibilità di diretto intervento del Ministero nella governance dei Fondi, restringendone l'autonomia negoziale che li caratterizza;
• all'articolo 9, comma 1, lettera n), ad essere eliminata è la funzione di controllo che l'ANPAL avrebbe dovuto esercitare sui Fondi, annullando di conseguenza un potere di intervento sulle scelte gestionali dei Fondi;
• l'articolo 15, commi 2 e 4, conteneva previsioni importanti che tuttavia sono state eliminate nel testo definitivo in quanto foriere di consistenti polemiche e capaci di impattare sulle modalità di funzionamento di alcuni Fondi.
Mentre il comma 2 includeva i Fondi Interprofessionali tra i soggetti che potevano beneficiare di contributi pubblici per la formazione, facendo riemergere il dibattito sulla natura pubblica o privata delle risorse amministrate dai Fondi, il quarto comma disponeva il divieto di finanziare interventi erogati da enti non accreditati all'Albo nazionale.
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Comunicazione emanata da CGIL, CILS e UIL il 7 settembre 2015.
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Se, infatti, sulla natura delle risorse amministrate dai Fondi Interprofessionali esiste incertezza, ciò non vale per la natura dei Fondi stessi che è senza dubbio privata.
La decisione di istituire l'accreditamento nazionale avrebbe con molta probabilità costituito un “elemento di rigidità del sistema”45, ponendosi in contrasto con pratiche
consolidate e diffuse nell'ambito dei Fondi: in primis, la scelta degli organismi attuatori degli interventi di formazione viene realizzata, per tradizione, prendendo a riferimento i regolamenti interni agli stessi; secondariamente, la maggior parte dei Fondi preferisce stilare elenchi controllati di fornitori oppure dare la possibilità alle imprese di scegliere liberamente gli enti attuatori.
Questo passaggio viene chiaramente spiegato da Casano:
“(…) l'accreditamento regionale degli enti di formazione è stato generalmente ritenuto un requisito sufficiente (ma non necessario) per operare nel sistema; pochi Fondi hanno istituito procedure di accreditamento specifiche, volte ad offrire maggiori garanzie di qualità dell'offerta formativa ma anche a formalizzare una prassi generalizzata di costruzione di rapporti privilegiati con enti di formazione spesso vicini al mondo associativo di cui il FPI era espressione”46.
Giunti a tal punto, pare doveroso, non solo presentare la versione “definitiva” degli articoli sopra richiamati, ma indicare, per completezza, tutti quegli articoli in cui sono presenti importanti disposizioni riguardanti i Fondi Interprofessionali per la formazione continua, trattandone i contenuti. Il decreto legge n. 150/2015 si articola di conseguenza:
• l'articolo 1, denominato Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, dispone che tra i soggetti pubblici o privati entrino a far parte della Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro anche “i fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388” (comma 2, lettera f);
• l'articolo 3, Competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in
materia di politiche attive del lavoro, attribuisce al Ministero la competenza di
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CASANO L., Jobs Act e Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua, in Bollettino ADAPT, 2015, n. 25.
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imprimere il proprio indirizzo sul “sistema della formazione professionale continua, ivi compresa quella finanziata dai fondi interprofessionali di cui all'articolo 118 della legge n. 388 del 2000” (comma 3, lettera c);
• l'articolo 9, Funzioni e compiti dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del
Lavoro, demanda all'ANPAL la funzione di vigilanza sui Fondi Paritetici
Interprofessionali (comma 1, lettera n);
• l'articolo 15, Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di
formazione professionale e sistema informativo della formazione professionale,
conferisce all'ANPAL il compito di realizzare un sistema informativo della formazione professionale, ove siano registrati i percorsi formativi svolti dai soggetti residenti in Italia, finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche, chiamando in causa i Fondi Interprofessionali.
In modo tale che ciò si realizzi, il Legislatore sottolinea la necessaria “cooperazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l'ISFOL ed i fondi interprofessionali per la formazione continua”.
• l'articolo 17, Fondi interprofessionali per la formazione continua, modifica ulteriormente l'articolo istitutivo dei Fondi, stabilendo, specificamente, la riformulazione dei primi due periodi dell'articolo 118, comma 2, della legge n. 388 del 2000. Per cui, “l'attivazione dei Fondi è subordinata al rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica della conformità alle finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione delle strutture di funzionamento dei fondi medesimi, della professionalità dei gestori, nonché dell'adozione di criteri di gestione improntati al principio di trasparenza. La vigilanza sulla gestione dei fondi è esercitata dall'ANPAL, istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, che ne riferisce gli esiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali”;
delle prestazioni relative ai beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, prevede il coinvolgimento dei Fondi
Interprofessionali nella stipula del patto di servizio personalizzato, istituito dall'articolo 20 del decreto in commento.
Secondo quanto disposto dal comma 2, al fine di mantenere o sviluppare le competenze in vista del termine della procedura di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, ed in relazione alla domanda di lavoro territoriale, il patto di servizio personalizzato può essere stipulato sentito il datore di lavoro anche con la partecipazione dei Fondi Interprofessionali.
Dalla precisa disamina appena proposta, risulta evidente come il decreto legge 150/2015 abbia apportato significative novità nel sistema nazionale della formazione continua, riformulando contestualmente il ruolo attribuito ai Fondi Interprofessionali.
Nonostante il decreto approvato e pubblicato in Gazzetta sia stato epurato da elementi di forte centralismo, in realtà una serie di disposizioni minano l'autonomia dei Fondi.
A dimostrare il permanere dell'originaria tendenza centralistica, è in primo luogo l'articolo 1, nel momento in cui chiama i Fondi a far parte della Rete Nazionale, l'organismo di cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, assieme alle Regioni e Province Autonome, si serve per esercitare il proprio ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive per il lavoro. In virtù del loro inserimento nella Rete e in quanto sottoposti al potere di indirizzo del Ministero del Lavoro, i Fondi Interprofessionali saranno destinatari di linee di indirizzo di durata triennale ed obiettivi annuali in materia di politiche attive del lavoro, emanati dallo stesso Ministero dopo il confronto e l'intesa in conferenza Stato-Regioni.
Questo passaggio risulta cruciale in quanto la programmazione delle attività dei Fondi, da sempre luogo privilegiato dell'iniziativa tra le Parti sociali, vedrà un intervento sempre più consistente del soggetto pubblico. I motivi di un crescente ed incisivo protagonismo dello Stato sono da attribuire alla scarsa capacità di innovazione dimostrata da molteplici Fondi, che ha spinto il Legislatore a reagire in tal senso.
momento in cui dispone che le risorse versate all'INPS e non assegnate ai Fondi Interprofessionali vadano a confluire nei bacini di finanziamento dell'ANPAL, originando una potenziale concorrenza, a livello della gestione delle risorse derivanti dal contributo integrativo della legge n. 845/1978, soggetto pubblico e Fondi Paritetici Interprofessionali.
Il medesimo legame viene richiamato dall'articolo 15, il quale, pur essendo l'articolo che più di tutti ha subito importanti modificazioni, contiene in sé il collegamento tra Fondi e formazione professionale finanziata da risorse pubbliche, nel momento in cui gli organismi paritetici vengono coinvolti nella costruzione di “un sistema informativo della formazione professionale, ove siano registrati i percorsi formativi svolti dai soggetti residenti in Italia, finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche”.
Infine, ad assumere particolare rilievo nell'ambito del decreto n. 150/2015 è il nuovo ruolo riconosciuto ai Fondi Interprofessionali, ai quali, per la prima volta ed in qualità di parte integrante della rete dei servizi per il lavoro, viene affidato il compito di gestire le politiche attive e non più esclusivamente di amministrare ed erogare le risorse per gli interventi formativi. A fianco dei servizi pubblici per l'impiego, ai Fondi si riconosce la possibilità di erogare servizi propedeutici alla eventuale azione di riqualificazione per i percettori di forme di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro.
Già nel contesto della crisi, i Fondi sono stati chiamati a finanziare interventi di riqualificazione di lavoratori che percepivano gli ammortizzatori sociali, ciò che cambia oggi è il loro coinvolgimento nella stipula del patto di servizio personalizzato e più in generale nel rafforzamento dei meccanismi di condizionalità. Tuttavia, il rischio è che i Fondi non riescano ad implementare e a recepire adeguatamente le opportunità loro offerte, a causa della mancanza di strutture organizzative idonee, ma anche di una tradizione volta alla cooperazione con i servizi pubblici per l'impiego.
Per concludere, alla luce delle riflessioni svolte, si può affermare che la sfiducia nei confronti dei Fondi Interprofessionali, già manifestata dalla Legge Fornero venga riconfermata dal decreto legge 150/2015, il quale con lo scopo (dichiarato, ma non perseguito) di snellire il mercato del lavoro opta invece per una soluzione centralistica che già in passato ha dimostrato limiti e criticità.
Tab. 1. Principali sviluppi dell'iter legislativo dei Fondi Interprofessionali
Articolo 118 (Legge finanziaria 2001) - Istituzione Fondi Interprofessionali
Articolo 48 (Legge finanziaria 2003) - Introduzione piani formativi individuali