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IL DIRITTO ALLA MOBILITÀ E LE POLITICHE PER LA MOBILITÀ

3. I limiti dell’ordine pubblico e la pubblica sicurezza.

Invero, è il Trattato di Lisbona ad aver sancito il carattere vincolante della Carta che a tutti gli 71

effetti oggi deve essere rispettata. Si vedano le sentenze del 18-6-1991, 260/89, ERT, Racc., I-2925, punto 43; del 26-6-1997, C-368/95, Familiapress, Racc., I-3689, punto 24; dell'11-7-2002, C-60/00, Carpenter, Racc., I-6279 ss., punto 40; del 29-4-2004, C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e

Oliveri, Racc., I-5257, punto 97 e del 27-4-2006, C-441/02, Commissione c. Germania, Racc., I-3449,

Si sono richiamati più volte il limiti dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza senza però darne un’esplicita definizione. La diffi- coltà di attribuire un significato a queste due espressioni, che ne ri- comprenda i vari fattori in cui si concretizzano, è legata a diversi or- dini di ragioni. Una prima ravvisabile nella connessione tra questa e altre molteplici libertà protette dai Trattati . Il vero nodo della que72 - stione è legato alla mancanza di una disposizione tanto di tipo interno quanto direttamente prevista dall’Unione che renda in qualche modo pacifici i concetti da un lato di sicurezza e dall’altro di ordine pubbli- co. A tutt’oggi non è ravvisabile un contributo chiarificatore né da

Al riguardo si vedano, in particolare, le sentenze del 12-6-2003, Schmidberge; del 13-12-2007, 72

Commissione c. Italia, cit.; dell'8-9-2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional, e del 3-6-2010, Lad- brokes Betting & Gaming Ltd.

parte della dottrina che si è a lungo interrogata sulla portata di queste clausole generali presenti all’interno dell’ordinamento . 73

«Chi volesse tradurre il ruolo svolto dall’ordine pubblico come limite 73

dell’autonomia negoziale in una definizione universale e costante e utilizzare poi questa come medio logico per la soluzione dei casi concreti si troverebbe in grave imbarazzo di fronte alla polifonia della dottrina (definizioni tautologiche, definizioni contenutistiche con contenuti a loro volta differenti); definizioni “appiattenti” per cui l’ordine pubblico è identificato con le norme inderogabili o col buon costume, e defi- nizioni che esaltano l’autonomia dell’ordine pubblico e dalle norme inderogabili e dal buon costume; definizioni con o senza esempi ad esse concordi, definizioni con esempi ad essi discordi, definizioni de jure condito e definizioni-proposte de jure condendo; e alla scarsa e incoerente giurisprudenza» (A. Guarneri, voce Ordine pub- blico, in Dig. disc. priv., sez. civ., 155.

«Occorre, invece, abbandonare definitivamente l’“illusione concettuale” che ci fa pensare all’ordine pubblico come a un quid esistente in rerum natura e ci fa credere che compito dell’interprete sia quello di dare l’esatta definizione del concetto capace di “scoprire la vera natura di quanto definito”. E così, superati i condiziona- menti che ancora oggi ci vengono dal criptogiusnaturalismo e dal neorazionalismo derivante ancora dalla Pandettistica, consapevoli della assoluta necessità di una pro- spettiva storica e quindi convinti che l'ordine pubblico altro non è se non ciò che è stato, non possiamo non recepire l’aureo insegnamento metodologico di Giorgi. Que- sti, dopo aver manifestato i suoi dubbi circa l’utilità pratica di una definizione del- l’ordine pubblico con cui non si uscirebbe dal vago e dall’indefinito e non si farebbe che esporre con altri vocaboli qualcosa di per sé apertissimo all’intelligenza di tutti, afferma che “apparirà facilmente come il metodo più sicuro per fissare l’idea delle prestazioni contrarie ai buoni costumi e all’ordine pubblico sia quello di scendere nella materialità; ed astenendosi da precetti teorici, che qui non troverebbero luogo opportuno, esaminare le fattispecie più notevoli, dove la dottrina e la giurisprudenza hanno ravvisato la prestazione illecita» (A. Guarneri, op. cit., 155). Un’altra parte della dottrina ritiene che, «per quanto riguarda la nozione di ordine pubblico, occorre in primo luogo ricordare la fondamentale distinzione tra ordine pubblico c.d. “ammi- nistrativo”, relativo allo Stato-persona a cui spettano i compiti di polizia e di garanzia di sicurezza interna e l’ordine pubblico c.d. “normativo”, relativo allo Stato-ordina- mento inteso come sistema armonico ed organico di valori e di principi. La prima nozione è rintracciabile nell’ambito del diritto pubblico, mentre la seconda è rintrac- ciabile nell’ambito del diritto privato […]. L’ordine pubblico c.d. “amministrativo” può essere considerato strumentale e non certo indipendente o antitetico rispetto al-

In ambito europeo, parte di questa definizione può essere rintraccia- ta nella direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consi- glio, del 12-12-2006, relativa ai servizi nel mercato interno . In parti74 - colare, il considerando 41 della predetta direttiva si sofferma sul con- cetto di «ordine pubblico», che secondo quanto correttamente afferma- to dalla giurisprudenza consiste in un pericolo attuale o potenziale – a condizione che presenti determinate caratteristiche – nei confronti del- l’interesse della popolazione di riferimento. Inoltre, i concetti di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica sono delineati, alla luce dell'art. 4 (definizioni) della direttiva n. 2006/123/CE, in un elenco che ha valore esemplificativo: «il mantenimento dell'equilibrio finanziario

del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destina- tari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica socia- le e di politica culturale».

Direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12-12-2006, relativa ai 74

servizi nel mercato interno, in GUCE L 376 del 27-12-2006, 36. Per un commento alla direttiva n. 2006/123/CE, cfr., in particolare, Bestagno & Radicati di Brozolo (ed.), Il mercato unico dei Servizi, Mi- lano, 2007; Derruine, De la proposition Bolkestein à directive service, in Courrier hebdomadaire du CRI- SP 1962-1963, 2007,17; Pelkmans, The Internal Service Market: Between Economics and Political Eco-

nomy, EIPAscope 2, 2007, 9 e Nascimbene, The Legal Profession in the European Union (with the colla- boration of Bergamini), Alphen aan den Rijn, Kluwer, 2009, spec. 26.

Quanto alla definizione che si rintraccia nelle disposizioni della Corte di Giustizia, questa omette di pronunciarsi con un’affermazione netta. In altri termini, la Corte tenendo conto delle variegate possibilità che possono svilupparsi nei vari Stati non dice mai cosa sia tanto l’or- dine pubblico quanto la pubblica sicurezza. Non si ravvisa un’afferma- zione positiva in tal senso, tuttavia stante la numerosissima giurispru- denza esistono dei criteri su cui basare e sviluppare il ragionamento giuridico.

La Corte è consapevole dell’impossibilità di trovare una definizio- ne univoca su questi punti, poiché «varia da un Paese all'altro, da un’epoca all’altra» . 75

Il fatto che manchi una definizione comune non deve indurre a ri- tenere che ravvisare l’una o l’altra ipotesi possa avvenire senza con- trollo, pertanto è necessario il coinvolgimento delle istituzioni deputa- te a ciò.

La Corte ha, in proposito, affermato che, «se è vero che gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali (...) le esigenze dell'ordine pubblico e del- la pubblica sicurezza, resta il fatto che, nel contesto comunitario, spe- cie in quanto autorizzino una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, tali esigenze devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere deter- minata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’[Unione]» . 76

Cfr. le sentenze del 4-12-1974, Van Duyn, cit., spec. punto 18 e del 28-10-1975, 36/75, Rutili, in 75

Racc. 1219, spec. punto 26.

Cfr. la sentenza del 10-7-2008, Jipa, cit., punto 23 76

Nella sentenza Jipa, (10.7.2008, C-30/07) la Corte ha concluso che, «la nozione di ordine pubblico presuppone, in ogni caso, oltre

alla perturbazione dell'ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l'esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemen- te grave nei confronti di un interesse fondamentale della società».

Quanto al significato di «motivi imperativi di pubblica sicurezza», si è affermato che essa «comprende, altresì, i gravi pregiudizi arrecati a un interesse fondamentale della società quali i valori essenziali di protezione dei suoi cittadini, che tale Stato individua tramite le fatti- specie di violazione che esso prevede a tutela dei propri cittadini» . 77

Pertanto, atteso che risulta impossibile ravvisare una definizione univoca di tali concetti tra i vari Stati, spetta al giudice interno il com- pito di individuare il contemperamento di interessi che rende legittima la deroga alla libertà di circolazione.

In primo luogo, il giudice deve verificare il rispetto del principio di proporzionalità – tenendo conto del significato che esso assume in questa particolare materia –, procedendo alla valutazione della condot- ta tenuta dalla parte destinataria del provvedimento, l’effettività della minaccia ravvisabile nella condotta che deve consistere in minaccia reale, attuale e sufficientemente grave.

I parametri richiamati, non sono altro che quelli contemplati dal- l’art. 27, par. 2, direttiva n. 2004/38/CE e non derogabili.

La disposizione de quo pone particolare attenzione al destinatario del provvedimento nella valutazione della condotta, giacché prevede una compressione della libertà personale.

Si vedano sul punto le conclusioni dell’avvocato generale Bot, nella causa C-145/09, Tsa

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Sin dalla sentenza Bonsignore (26.2.1975), la Corte ha posto parti- colare attenzione alla valutazione del comportamento del singolo caso concreto, ricordando che un provvedimento che incide sulla libertà personale del singolo non ha la funzione di “pena esemplare” . La 78 valutazione deve essere fatta caso per caso prendendo come riferimen- to le singole circostanze, senza che nella valutazione possano inficiare di per sé le condanne penali.

La minaccia dell’ordine pubblico e della sicurezza come detto de- vono possedere il requisito dell’attualità, ed infatti, tale principio è co- dificato nell’art. 33, par. 2, direttiva n. 2004/38/CE. Tale disposizione prevede che nell’ipotesi in cui il provvedimento di allontanamento venga eseguito oltre due anni dopo la sua adozione lo Stato membro deve accertare l’attualità della minaccia, prendendo in considerazione l’«eventuale mutamento obiettivo delle circostanze intervenuto succes- sivamente».

Quanto alla sussistenza delle condanne penali, di per sé sole queste non legittimano un’automatica ed immediata espulsione, ma possono avere rilevanza al riguardo.

Non è una valutazione sulla personalità del reo ad essere richiamata, né sull’inclinazione alla recidiva, ma riguarda il coinvolgimento nel fatto criminoso, le modalità di esecuzione del fatto di reato, la partico- lar gravità del fatto, le circostanze aggravanti . 79

In merito alla condotta individuale ai fini della disposizione dell’al- lontanamento essa deve consistere nella potenziale lesione di «un inte- resse fondamentale della società» (art. 27, par. 2, direttiva n. 2004/38/ CE).

Cfr. le sentenze del 26-2-1975, Bonsignore, cit., punto 7; del 10-2-2000, Nazli e a., 78

C-340/97, Racc., I-957, punto 59 e del 27-4-2006, Commissione c. Germania, cit., punto 93. Cfr. la sentenza del 27-10-1977, Bouchereau, cit., punto 29.

Peraltro, il comportamento è rilevante nel momento in cui all’interno dello Sta- to in cui si è verificato sussista un divieto concernente o in una misura repressiva oppure in altri provvedimenti concreti, «benché il diritto comunitario non vincoli gli Stati membri ad osservare una scala uniforme di valori in merito alla valuta- zione dei comportamenti che possono considerarsi contrari all'ordine pubblico» . 80

In tale valutazione assume particolare rilievo il principio di pro- porzionalità che, in pratica segue la struttura applicativa che si riferi- sce; occorre verificare che non ci sia un altro provvedimento idoneo a realizzare l’obiettivo che l’ordinamento interno coerentemente a quanto prefisso dall’Unione ambisce, avendo riguardo alla concretez- za della minaccia e alla necessità del provvedimento restrittivo e al- l’assenza di un provvedimento meno invasivo.