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Le problematiche giuridiche, che nel corso degli anni si sono svi- luppate intorno a questo tema, sono tali da da rendere quasi irricono- scibile il problema originario. Se inizialmente la questione poteva es- sere affrontata e risolta tutta sul versante della legislazione interna, con l’evolvere dei rapporti tra le attività e gli interessi tra i vari paesi, l’attenzione si è più che altro focalizzata più su profili giuslavoristici e del ricongiungimento familiare, anche se, come vedremo nel corso della trattazione vengono coinvolti altri diritti ed interessi.

Un primo problema che la dottrina si è posta riguarda, appunto, il rapporto della libertà di circolazione con la libertà individuale, cer- cando di tracciare l’esatto confine tra l’una e l’altra. 31

Il dibattito intorno a tali rapporti era ancora vivacissimo negli anni ’70. Si 31

veda per tutti G. Amato, sub art. 16, in Commentario della Costituzione a cura di G.

Branca, Bologna, 1977, pag. 114 e ss. Infatti, nello Statuto Albertino libertà di circo-

lazione e libertà individuale erano disciplinate congiuntamente, scelta che non viene riproposta nella Costituzione. Tuttavia, si tenga presente che le origini del diritto alla circolazione affondano le loro radici nella Magna Charta, non si tratta di un’innova- zione né dell’epoca liberale né dell’avvento della Repubblica. Certamente in que- st’ultima fase si sono riaccese delle questioni accantonate nel periodo fascista caratte- rizzato da stringenti limiti circa la libertà di circolazione.

Il tema si è posto in relazione, ad esempio, alla disciplina delle pa- tenti di guida. In tal caso la Corte si è espressa risolvendo l’identifica- zione delle sanzioni combinabili ai titolari delle patenti, ritenendo che esse non incidano sulla libertà di circolazione - intesa come possibili- tà, opportunità di potersi spostare da un luogo ad un altro- , ma quel- lo di condurre un veicolo a motore che “non è assicurato indistinta- mente a tutti i cittadini da una norma costituzionale, ma solo a coloro che abbiano certi requisiti fissati dalla legge ordinaria» . Qui è evi32 - dente che non solo non vi è una compressione del diritto previsto dal- l’art. 16 se l’autorità pubblica preveda delle modalità di attuazione dello stesso qualora vengano utilizzati dei mezzi di trasporto median- te la previsione di un attestato di idoneità come la patente di guida. Ciò rientra nel normale esercizio del potere discrezionale dello stato e dell’amministrazione pubblica di prevedere delle modalità attraverso le quali tale libertà possa essere esercitata, senza che ciò possa incide- re sull’effettività del diritto. Ciò anche in virtù del fatto che l’eserci- zio della libertà di circolazione mediante l’utilizzo di un mezzo ha la capacità di incidere su altri diritti , come quello della sicurezza nella circolazione e l’integrità degli altri soggetti, che richiedono un bilan- ciamento di interessi possibile solo dallo Stato.

Sent. 14 febbraio 1962, n. 6 (Giur. Cost., 1962, 59) 32

Relativamente poi alla possibilità di comminare le sanzioni am- ministrative della sospensione o del ritiro della patente di guida, non viene compromessa la libertà di circolazione, potendosi la stessa esplicare mediante l’utilizzo di altri mezzi diversi da quelli per i 33 quali la licenza di guida era concessa. In tal senso esemplare è la sentenza n. 6 del 1962 citata, che, relativamente al provvedimento del prefetto di sospensione della patente, dichiara infondata la questione sollevata innanzi alla stessa per le seguenti motivazioni: “Le due

norme, secondo cui nel caso di investimento il Prefetto sospende l'esercizio del diritto di guida o ritira la patente, violerebbero, a giu- dizio delle ordinanze di rinvio, l'art. 13 o l'art. 27, secondo comma, della Costituzione. Sennonché anche a un rapido esame é subito ma- nifesto come l'art. 13 sia stato male addotto. Il provvedimento di so- spensione o quello di ritiro della patente non violano né menomano in alcun modo la libertà personale qual é tutelata in quell'articolo: essi si limitano a togliere o a sospendere l'esercizio del diritto di guidare autoveicoli e perciò non colpiscono, almeno in via diretta, la persona fisica del conducente, come invece accadrebbe, per esempio, con l’arresto. E se si volesse esaminare il problema in riferimento allo stesso art. 16 della Costituzione, inteso quale proiezione del citato art. 13, il discorso non assumerebbe una piega diversa. Infatti, non la libertà di circolare, cioè di portarsi da un luogo ad un altro con un qualunque mezzo di trasporto, apparisce colpita dalle norme denun- ciate, ma più semplicemente il diritto di guidare un autoveicolo; e poiché nessuna norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i cittadini il diritto di guidare veicoli a motore, non viola la Costituzio- ne la legge ordinaria che consente l'esercizio del diritto solo a chi

anche se in qualche maniera viene ridotta l’ampia possibilità di scelta del modo in cui la 33

abbia certi requisiti: di modo che la patente, come é concessa caso per caso in applicazione d'una norma di legge ordinaria, così può essere tolta, in virtù di un'altra norma di legge ordinaria, senza che ne soffra la libertà di circolazione costituzionalmente garantita”.

Un cenno in questa sede deve farsi relativamente alla previsione con- tenuta nel primo comma della disposizione in esame, che prevede: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi

parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabili- sce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza». In questa

norma emerge il chiaro rifiuto dell’Assemblea costituente di con- trapporsi alla previgente dittatura , ma anche la necessità attuale allo34 - ra di coordinare tale norma con le direttive e i trattati CEE prima, ed UE. Prosegue la disposizione con il divieto di porre restrizioni alla circolazione e al soggiorno per ragioni politiche, orientamento dettato da una visione antifascista che invece incideva pesantemente su que- sto tipo di libertà.

Durante il ventennio fascista gli obiettivi raggiunti in epoca liberale sono 34

stati eliminati dall’introduzione di un’accezione negativa alla circolazione. Infatti, le limitazioni si sono tradotte in buona sostanza nel divieto di espatrio, consistendo tanto in norme quanto nell’autonomia – che in effetti si concretizzava in arbitrarietà – la- sciata alla pubblica amministrazione. Lasciare la patria per dirigersi in un'altra nazio- ne per svolgere l’attività lavorativa era considerata negativamente, giacché il popolo – come in ogni dittatura – aveva degli obblighi nei confronti del regime. L’individuo non era libero di abbandonare il luogo di origine per seguire le proprie inclinazioni e ancor meno perché contrario alla situazione politica. Ma non solo, lasciare il territorio – o anche il tentativo di trasferirsi – perché si era contrari al regime era considerato un reato, come anche il trasferimento effettuato o tentato in mancanza della prestazione militare.

L’ultimo comma affronta un ulteriore argomento delineando la li- bertà di entrare ed uscire dal territorio della Repubblica. Anche il di- ritto di espatrio ha una chiara connotazione antifascista, ricollocando- si nell’ottica di una libertà . Stabilito il contenuto della libertà di cir35 - colazione è necessario effettuare il coordinamento con la libertà di soggiorno , prevista nella sessa norma, benché tale libertà non rien36 - tri espressamente nell’oggetto del presente lavoro. Per entrambe le libertà tuttavia si prevedono le medesime previsioni normative in or- dine al loro esercizio e alla possibilità da parte dello stato e del- l’amministrazione di introdurre delle modalità di esplicazione.

Si veda, ad esempio il permesso di soggiorno per gli stranieri che richiede una procedura ad hoc ai non cittadini per l’esercizio della libertà di soggiorno, non essendone automaticamente titolari.

Con l’ordinamento fascista l’espatrio e il tentativo di questo senza passaporto 35

erano considerati reati, quindi recuperare il concetto di libertà in tale ambito fu decisamente un passo importante. Non solo. Durante il ventennio le condizioni per il rilascio e i Paesi di riferimento erano soggetti ad una pressoché totale arbitrarietà della pubblica amministra- zione. Anche la durata temporale era estremamente limitata dapprima prevista per tre anni poi ridotta a tre.

In Assemblea Costituente l’on. Tupini definì la libertà di soggiorno: «diritto del 36

cittadino a stabilirsi nei luoghi che preferisce». Ass. cost. seduta antim 11 aprile 1947, in Atti (ristampa), pag. 791.

Tuttavia, anche per i titolari dello stesso diritto, la previsione di requisiti e per il loro esercizio non contrasta con il godimento della libertà medesima. Quanto alle limitazioni, su cui si avrà modo di tornare ampiamente, conformemente al dettato normativo, le stesse possono essere introdotte con legge ordinaria (o atti ad essa equiparati) per ragioni di sanità e sicurezza . Queste ul37 - time sono le uniche cause giustificatrici espressamente previste nel testo costituzionale che legittimano una deroga alle libertà di circola- re e di soggiornare. Questi brevissimi cenni che non esauriscono l’analisi costituzionale – essendo coinvolti nella libertà di circolazio- ne anche gli articoli 35 e 120 della Carta fondamentale –, aiutano a comprenderne il ruolo di garanzia imprescindibile intorno a queste libertà fondamentali.

Per quanto riguarda la riserva di legge, cui sono subordinati i possibili limiti in

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troducibili alla libertà di circolazione, il tema è stato a lungo dibattuto. Invero, si ha riserva di legge assoluta quando la norma costituzionale impone che sia la legge a disciplinare in modo diretto tutta la materia riservata, con l’esclusione dell’intervento di fonti secondarie, ancorché di carattere meramente esecutivo; si ha, invece, riserva di legge relativa quando è consentito il ricorso anche a fonti di normazione secondaria, purché sia la legge a fissare i criteri e le direttive nel cui ambito può svolgersi l’attività esecutiva o integrativa.