• Non ci sono risultati.

A conclusione della trattazione dedicata a un inquadramento generale dell’obiezione di coscienza merita fare un accenno ai limiti opponibili all’obiezione di coscienza ossia a quella

delicata opera del legislatore diretta a bilanciare l’obiezione di coscienza con contrastanti doveri o beni di rilievo costituzionale e a graduarne la possibilità di realizzazione in modo da non arrecare pregiudizio al buon funzionamento delle strutture organizzative e dei servizi di interesse generale57.

La Corte Costituzionale ha previsto in linea generale tre tipologie di limiti58:

1) lo status del soggetto che invoca l’obiezione;

2) l’adempimento dei doveri costituzionalmente inderogabili;

3) la necessità di bilanciare la libertà di coscienza con altri beni parimenti garantiti in Costituzione.

Esaminiamo brevemente il contenuto di questi limiti.

Per quanto concerne lo status del soggetto che invoca l’obiezione è necessario vedere la posizione che tale soggetto ricopre: coloro che, per il loro status, risultano titolari di funzioni costituzionali giudicate, per i beni essenziali da esse garantite, prevalenti sulla libertà di coscienza, non possono esercitare l’obiezione.

57 Corte Costituzionale, sentenza n. 467/1991.

La questione è stata in particolare trattata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 196/1987. La Corte in questa sentenza è stata chiamata a valutare se la mancata previsione di obiettare per il giudice tutelare ( cui spetta autorizzare la minore ad accedere all’interruzione volontaria della gravidanza ex art. 12 L. 194/1978) violi l’art. 3 Cost. in relazione alla facoltà legislativamente riconosciuta invece al personale sanitario di rifiutare la propria prestazione a interventi abortivi. Nell’ordinanza di rinvio si afferma che le libertà fondanti il diritto di obiettare ad un obbligo giuridicamente imposto devono essere riconosciute al giudice tutelare al pari di qualsiasi altro cittadino.

Nel giudicare infondata la quaestio la Corte qualifica l’attività del giudice tutelare come meramente integrativa della volontà della minore, attributiva cioè della sua facoltà di decidere, e non direttamente volta all’interruzione della gravidanza.

La Corte giunge pertanto alla conclusione che l’eventuale contrasto che il giudice tutelare avverte all’interno della propria coscienza ha altre forme di ricomposizione ma non può passare attraverso il riconoscimento all’obiezione.

Con riguardo invece all’adempimento di doveri costituzionalmente inderogabili è diffusa l’affermazione che l’obiezione di coscienza non può esentare dall’adempiere doveri costituzionalmente inderogabili. In presenza di questa situazione, l’obiezione di coscienza o non si giustifica oppure per essere giustificata deve obbligare a una diversa prestazione personale comunque satisfattiva del dovere inderogabile59.

Quanto invece al necessario bilanciamento tra il diritto all’obiezione di coscienza e altri beni di rilievo parimenti costituzionali, soprattutto laddove tra questi ci sia una situazione di collisione, il legislatore deve effettuare un bilanciamento tra essi e può restringere il contenuto del diritto di comportarsi secondo coscienza ma solo nei limiti strettamente necessari alla protezione dell’interesse pubblico sottostante al dovere costituzionale contrapposto60.

Parte Seconda: l’obiezione di coscienza all’interruzione volontaria

della gravidanza: l’articolo 9 della L. 194/1978.

7. L’articolo 9 della legge 194/1978: l’obiezione di coscienza all’IVG. Un sabotaggio della Legge?

Ecco arrivato il momento di addentrarci nel contenuto del più volte richiamato articolo 9 cercando di metterne in luce i vari aspetti e le problematiche che ha sollevato fin dalla sua

59 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, cit., p. 258. 60 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, cit., p. 259-260.

approvazione, concentrandoci successivamente anche sui casi giurisprudenziali cui ha dato causa.

L’alto ricorso alla scelta obiettoria tra i medici e il personale sanitario ha spinto parte della dottrina a pensare che tale articolo sia stato inserito appositamente per aggirare il contenuto della legge e limitarne così il suo campo di applicazione ma procediamo con ordine e analizziamo innanzitutto il contenuto di tale articolo.

7.1. Contenuto dell’art. 9 della L. 194/1978.

Il legislatore del 1978, certo che la legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza avrebbe potuto sconvolgere le coscienze di molti, considerato che l’aborto era un reato previsto dal Codice Rocco fino all’entrata in vigore della legge 194, ha previsto la possibilità per il personale medico-sanitario e ausiliario di sollevare obiezione di coscienza riguardo la procedura interruttiva di gravidanza, salvo però la previsione di alcune contromisure atte a garantirne la continuità del servizio e la salute della gestante.

Dunque l’introduzione dell’obiezione di coscienza, in relazione a un diritto di nuova generazione come l’interruzione volontaria della gravidanza, rappresenta quasi un passaggio obbligato dalla percezione dell’aborto come reato alla sua elevazione a diritto.

L’ordinamento giuridico italiano con la legge 22 maggio 1978, n. 194, all’art. 9 comma 1 riconosce all’operatore sanitario la possibilità, attraverso una formale dichiarazione di obiezione di coscienza, di non prendere parte alle procedure e alle attività “specificamente e

necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”61. Il rifiuto di eseguire

tali pratiche è motivato dalla convinzione che tale comportamento costituisca una grave infrazione della legge morale, delle norme deontologiche e/o di quelle religiose62. Tale

obiezione è mossa dal personale medico e paramedico al quale è richiesto di collaborare attivamente o di eseguire direttamente interventi di interruzione di gravidanza.

All’obiettore basta dunque comunicare all’autorità sanitaria competente, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a praticare l’aborto, una dichiarazione con la quale comunica l’obiezione di coscienza (art. 9 comma 1).

61 Art. 9 legge 194/1978 comma 1: “Il personale sanitario e esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione volontaria della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell’ospedale o della casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.”

62 V. Turchi, Ragioni laiche e religiose dell’obiezione ci coscienza, in “Archivio giuridico Filippo Serafini”, vol. CCXVI, 1996, p. 338 e ss.

La dichiarazione, una volta effettuata, ha effetto immediato e qualora l’obiettore cambi idea, può essere revocata in ogni momento (art. 9 comma 2).

Il medico e il personale sanitario possono inoltre presentare obiezione anche successivamente rispetto al termine sancito nel comma 1, ma in tal caso la dichiarazione produce i suoi effetti dopo un mese dalla presentazione della stessa al medico provinciale63. Si parla in questo caso di

“obiezione sopravvenuta”.

“L’obiezione di coscienza (…) esonera dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, ma non

dall’assistenza precedente e conseguente all’intervento” (art. 9 comma 3) quindi la legge 194 sancisce un obbligo di continuità del servizio da parte del personale medico e sanitario. La dichiarazione di obiezione di coscienza non può dunque esonerare l’obiettore dal compiere attività di tipo assistenziale e diagnostico precedenti e successive all’intervento di interruzione della gravidanza64.

Segue al comma 5, “L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale

sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.

Al riguardo è doveroso citare la sentenza della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 14979/201365.

Il caso vede un medico, a seguito di una specifica richiesta di intervento nei confronti di una paziente, sottoposta ad una operazione di interruzione di gravidanza mediante somministrazione farmacologica, rifiutarsi di visitare e assistere quest’ultima in quanto obiettore di coscienza, nonostante le varie richieste di intervento, che hanno costretto, alla fine, il primario a recarsi in ospedale per intervenire d’urgenza.

Per tale motivo, la Corte di Appello di Trieste, confermando la sentenza del Tribunale di Pordenone, condanna il medico, in servizio presso il presidio ospedaliero, ad un anno di reclusione per il reato di cui all’articolo 328 C.p.66 con sospensione condizionale della pena e

63 Art. 9 Legge 194/1978 comma 2: “L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tal caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.”

64 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, cit., p. 142.

65 Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, 2 aprile 2013, n. 14979.

66 ART. 328 Comma 1 C.p. : “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”.

Comma 2: “Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro 30 gg dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino a 1 anno e con la multa fino a 1032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta e il termine di 30 gg decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.

con l’interdizione per un anno dall’esercizio della professione medica, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile liquidati in euro 8000.

La Corte di Cassazione interviene sulla vicenda e il giudice delle leggi afferma che secondo la disciplina della legge 194/1978 l’obiezione di coscienza esonera il medico esclusivamente dal

“compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione volontaria della gravidanza”, diritto che peraltro trova il suo limite nella tutela della salute della donna, tanto è vero che il comma 5 dell’art. 9 della legge 194 esclude ogni operatività all’obiezione di coscienza nei casi in cui l’intervento del medico obiettore sia “indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.

Questo è un caso giurisprudenziale che mette in evidenza come l’obiezione di coscienza sia senz’altro una facoltà che personale medico e paramendico possono legittimamente esercitare qualora per motivi di coscienza non vogliano determinare l’interruzione della gravidanza, ma tale possibilità non può spingersi fino a permettere al medico di rifiutarsi di prestare assistenza prima o dopo ai fatti causativi dell’aborto in quanto è dovere del medico assicurare la tutela della salute e della vita della donna, anche nel corso dell’intervento di interruzione della gravidanza.

La Cassazione penale sottolinea come “la legge tutela il diritto di obiezione entro lo stretto

limite delle attività mediche dirette alla interruzione della gravidanza, esaurite le quali il medico obiettore non può opporre alcun rifiuto dal prestare assistenza alla donna”. Nel caso di

specie è chiaro che la richiesta di assistenza fatta al medico condannato ha riguardato una fase successiva all’intervento di interruzione della gravidanza; infatti trattandosi nello specifico di aborto indotto per via farmacologica le sole fasi in cui un medico può opporre l’obiezione sono soltanto quelle di predisposizione e somministrazione dei farmaci abortivi.

Continuando a esaminare il contenuto dell’articolo 9 notiamo come l’ultimo comma67 prenda

in considerazione i comportamenti successivi incompatibili con la scelta obiettoria espressa in precedenza (partecipazione a procedure abortive). Si tratta della cosiddetta “prova di coerenza” in ragione della quale l’obiezione si intende revocata con effetto immediato se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o interventi per l’IVG al di fuori del caso di pericolo per la vita della donna.

Per finire è opportuno analizzare il tralasciato comma 4 dell’art. 9: la finalità di questa disposizione sarebbe quella di garantire il servizio di interruzione della gravidanza in quanto

“Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure (…). La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche

67 Art. 9 legge 194/1978 comma 6: “L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente”.

attraverso la mobilità del personale”68. Questo principio consiste nel meccanismo della

fungibilità69 che contempla l’obbligo per gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate di

assicurare, in ogni caso, l’espletamento delle procedure di certificazione dei processi patologici propedeutici alla richiesta di IVG e l’effettuazione del relativo intervento, ponendo inoltre in capo alla Regione la responsabilità del controllo e dell’attuazione della norma anche attraverso la mobilità del personale. La funzione centrale attribuita alle Regioni nel vigilare e tutelare sull’effettiva realizzazione delle prestazioni sanitarie contenute nella legge 194 ha visto un rafforzamento nella riforma costituzionale del 2001 che ha inserito la “tutela della salute” tra le materie di legislazione concorrente (art. 117 comma 3 Cost.)70.

Le attività connesse all’IVG sono inserite in una tipica materia trasversale: a fronte del compito imposto dalla legislazione statale di garantire diritto di accesso alle tecniche abortive e obiezione di coscienza, spetta al legislatore regionale tradurre l’obbligo in effettività, non escludendosi la possibilità per lo Stato di esercitare il potere sostitutivo ai sensi dell’art. 120 comma 2 Cost. .

7.2. Considerazioni sull’art. 9 della legge 194/1978. I dati statistici dell’obiezione.

La regolamentazione dell’obiezione di coscienza relativamente all’IVG trova la sua giustificazione nel valore che essa intende tutelare ossia la vita umana. Infatti, oltre che nella normativa costituzionale, anche la stessa legge 194 all’art. 1 dichiara di riconoscere “il valore

sociale della maternità e di tutelare la vita umana sin dal suo inizio” e pertanto è naturale che

preveda forme di dissuasione dall’aborto e di aiuto alla maternità.

Il riconoscimento dell’obiezione di coscienza a favore del personale medico rivela come la consapevolezza dell’aborto rappresenti per il legislatore un disvalore rispetto al dettato costituzionale, i cui valori fondamentali vengono attaccati nel loro nucleo, mentre il rifiuto di praticarlo è conforme a tale dettato71.

Il diritto all’aborto non è mai stato considerato dall’ordinamento un bene giuridico da perseguire al pari di altri, ma rappresenta di fatto un’eccezione al fondamentale e costituzionalmente primario diritto alla vita di ogni essere umano72.

68 Art. 9 comma 4, legge 194/1978.

69 M. Saporiti, Se fossero tutti obiettori?, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 487.

70 S. Talini, interruzione volontaria di gravidanza, obiezione di coscienza e diritto di accesso alle prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento,

Rivista AIC n. 2/2017, data pubblicazione 19/05/2017, p. 5.

71 P. B. Helzel, L’obiezione di coscienza incontro/scontro tra diritto naturale e diritto positivo: il caso dell’interruzione volontaria della gravidanza, cit., p. 13-14.

72 Claudia Bianca Ceffa, Gli irrisolti profili di sostenibilità sociale dell’obiezione di coscienza all’aborto a quasi quarant’anni dall’approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza,

La normativa in questione non prevede condizioni che possono legittimare l’astensione dalle procedure abortive e il personale medico-sanitario non è tenuto nemmeno a menzionare le motivazioni all’origine della scelta obiettoria.

Il fatto poi che la Legge in questione non preveda prestazioni alternative per gli obiettori73 è

sicuramente un incoraggiamento all’astensione insieme all’assenza di qualsiasi ostacolo all’accettazione della domanda (definita “dichiarazione”).

Tutto questo fa pensare che non tutto il personale sanitario che solleva obiezione di coscienza lo faccia sulla base di un sincero convincimento interiore ma piuttosto sia spinto da scelte di convenienza.

Viene abbandonata così al “capriccio degli obiettori” l’erogazione del servizio74 e la libertà di

scelta della donna, il suo diritto alla salute e all’autodeterminazione riproduttiva sono fortemente minate.

Inoltre il legislatore ha consentito l’esecuzione degli interventi abortivi solo negli ospedali pubblici e nelle case di cura autorizzate dalla Regione con conseguenti effetti negativi nella quantità di offerta del servizio; infatti in alcune situazioni territoriali, a causa dell’elevato numero di obiettori, è pressoché impossibile avere accesso all’intervento abortivo con una conseguente mobilità sul territorio75.

La disciplina si è dimostrata seriamente in grado di pregiudicare il raggiungimento delle finalità proprie della legge che la prevede76; infatti il massiccio ricorso all’obiezione di

coscienza ha avuto quale principale effetto quello di depotenziare la garanzia della continuità del servizio di interruzione di gravidanza sancito dall’art. 4 della legge 194, provocando notevoli difficoltà organizzative sull’intero territorio nazionale se non addirittura veri e propri rischi di interruzione di pubblico servizio nelle Regioni con le maggiori percentuali di obiettori di coscienza.

Sono infatti molti, forse troppi i medici e il personale sanitario che si dichiarano obiettori di coscienza e la legge 194 non può così trovare una efficace applicazione; il comportamento dei

73 Le obiezioni di coscienza espressamente previste dalla legge sono nell’ordinamento italiano quattro: 1)obiezione di coscienza al servizio militare; 2)obiezione di coscienza all’interruzione volontaria della gravidanza; 3)obiezione di coscienza alla sperimentazione animale; 4) obiezione di coscienza alla procreazione medicalmente assistita. La legge 772/1972 che disciplina l’obiezione di coscienza al servizio militare prevede l’obbligo per l’obiettore ad una prestazione personale sostitutiva del servizio di leva come forma di adempimento del dovere costituzionale di difesa e il legislatore ha previsto altresì filtri preventivi e successivi alla dichiarazione di obiezione. Tutto questo permette un maggior controllo delle obiezioni sollevate scongiurando il rischio di obiezioni di comodo e inoltre l’obiettore è sì esonerato dal dovere originariamente imposto dalla normativa positiva, ma è tenuto all’adempimento di un’altra obbligazione più gravosa quindi chi obietta è sicuramente convinto della sua azione e non lo fa per un proprio tornaconto personale.

74 S. Rodotà, Perché laico, Roma-Bari, 2009, p. 34.

75 G. Brunelli., L’interruzione volontaria della gravidanza: come si ostacola l’applicazione di una legge (a contenuto costituzionalmente vincolato), in G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi (a cura di), Scritti in onore di Lorenza Carlassare, Napoli, Jovene, 2009, p. 843-844.

76 D. Paris, L’obiezione di coscienza. Studio sull’ammissibilità di un’eccezione dal servizio militare alla bioetica, Passigli, 2011, p. 187 e ss.

medici obiettori all’interruzione volontaria della gravidanza spesso insidia l’integrità di un sistema democratico liberale esercitando una forte pressione sull’erogazione di un servizio pubblico.

Per renderci conto della vastità del fenomeno è opportuno citare alcuni dati.

Dai dati resi noti dal Ministero della salute il numero dei medici obiettori è aumentato negli ultimi anni del 12% e in alcune regioni la quasi totalità dei medici ginecologi si dichiara obiettore. I dati definitivi per gli anni 2014-2015 contenuti nella Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della Legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza del 7 dicembre 2016 indicano per l’anno 2014 su tutto il territorio nazionale la presenza di una percentuale di obiettori di coscienza all’aborto pari al 70,7% per la categoria dei ginecologi, del 48,4% per quella degli anestesisti e del 45,85% per quella del personale non medico.

In particolare, da una tabella in allegato alla relazione, mostra per l’anno 2014 una variazione delle percentuali di obiezione di coscienza tra le diverse aree regionali italiane: se difatti nell’Italia settentrionale le percentuali delle tre categorie di operatori sanitari sopra richiamate (ginecologi,anestesisti e personale non medico) si attestano su valori rispettivamente gestibili (65,1%, 39,8%, 36,3%), i dati subiscono un significativo incremento nelle regioni centrali (68,6%, 52,2%, 47,7%) fino a giungere a dei veri e propri picchi nelle regioni meridionali (80,4%, 62,7%, 70,9%) e insulari (79%, 68,8%, 52,4%)77.

Dai dati resi noti dal Ministero della Sanità nell’aprile 2016 è il Molise che detiene il primato con il 93,3% dei medici ginecologi obiettori, segue la Basilicata con il 90,2%, Sicilia 87,6%, Puglia 86,1% e a scendere le altre regioni. Il Lazio ha l’80,7% di medici obiettori, la Toscana il 56,2%. La Provincia autonoma di Bolzano ha il 92,9% di medici obiettori in controtendenza rispetto alle altre Regioni del nord Italia dove le percentuali di medici obiettori sono in generale più basse; la Valle d’Aosta ha “solo” il 13,3% di medici obiettori. Tra gli anestesisti invece il 49,3% sono obiettori. Anche in questo caso i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo di 79,2% in Sicilia, 77,2% in Calabria, 76,7% in Molise e 71,6% nel Lazio78.

I dati ministeriali andrebbero poi abbinati alle difficili stime sugli aborti clandestini, depenalizzati nel febbraio 2016 e oggi sanzionati in via pecuniaria con cifre dai 5000 ai 10000 euro a carico della donna79. L’Istituto Superiore della Sanità, nel 2012, stimava tra i 12000 e i

15000 i casi di aborti clandestini, riscontrando una sostanziale stabilizzazione del fenomeno