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Il rapporto tra l’obiezione di coscienza e l’obbligo giuridico a cui si vuole

E’ arrivato adesso il momento di andare a precisare quali sono i requisiti strutturali che fanno di una scelta obiettante un effettivo esercizio di obiezione di coscienza49.

L’obiezione di coscienza consiste in un rifiuto a) pubblico; b) individuale; c) personale; d) di un obbligo giuridico; e) di fare.

Analizziamone le caratteristiche:

A) Il carattere pubblico consiste nell’estrinsecare la propria obiezione per denunciare l’iniquità dell’obbligo che si rifiuta e manifestare così la necessità di una differente soluzione normativa;

47 Corte Costituzionale, sentenza n. 196/1987.

48 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, cit., p. 247 e ss. 49 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, p. 250 e ss.

B) Il carattere individuale indica il conflitto interno alla singola coscienza dell’individuo tra legge statale imperativa e legge della coscienza;

C) Il carattere personale indica la sfera giuridica all’interno della quale ricadono gli immediati effetti della scelta obiettante;

D) La prestazione personale rifiutata deve essere sempre imposta da un obbligo giuridico; solo la natura obbligatoria della condotta rende il contrasto tra giurisdizione di foro esterno e imperativo di coscienza davvero insanabile;

E) La prestazione che si rifiuta deve concretarsi in un facere così che la condotta obiettante deve essere necessariamente astensiva mai invece commissiva in contrasto con un divieto statale.

Inoltre tra la condotta richiesta al soggetto obiettante e il prodursi dell’atto che ripugna alla sua coscienza deve esistere un nesso causale50 che deve avere le seguenti caratteristiche:

A) deve essere certo: ossia la condotta dell’agente deve contribuire a produrre lo stato di cose contrario ai convincimenti dell’agente stesso, non in modo potenziale ma con un apporto determinante;

B) deve essere diretto: ossia coinvolgimento personale dell’agente nella causazione dell’evento non mediato o vanificabile da altri soggetti;

C) deve essere necessario: ossia la condotta dell’agente non deve essere eliminabile all’interno della catena causale che produce l’evento indesiderato;

D) deve essere specifico: ossia la condotta deve essere teleologicamente diretta alla causazione dell’evento a cui l’agente non vuole contribuire.

Se queste sono le caratteristiche generali che l’obiezione di coscienza deve presentare per essere considerata tale, è possibile inoltre distinguere due species di tale facoltà: l’obiezione di coscienza negativa, che qui maggiormente ci interessa visto che in questa categoria rientra l’obiezione del medico e del personale sanitario di fronte a un’interruzione volontaria della gravidanza, e l’obiezione di coscienza positiva51 .

L’obiezione di coscienza negativa consiste nella facoltà attribuita al singolo che sia destinatario di un obbligo giuridico positivo di sottrarsi dall’adempimento di tale obbligo omettendo la condotta prescritta per ragioni di coscienza. Siamo di fronte a un obbligo giuridico positivo e perfetto di prestare un servizio o fornire una prestazione personale e un dovere morale negativo in capo al soggetto destinatario dell’obbligo giuridico positivo perfetto. Tra le due situazioni insorge un conflitto e si configura una lesione del diritto fondamentale della libertà di coscienza in caso di preminenza dell’obbligo giuridico sul dovere morale. Inoltre nell’ammettere un’ipotesi di esercizio di obiezione si configura una lesione di altri principi o

50 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, ragioni tutele e limiti dell’obiezione di coscienza, cit., p. 131. 51 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, cit. p. 116.

diritti fondamentali alla cui tutela è funzionale l’obbligo giuridico positivo perfetto; nel caso di nostro interesse è palese come fenomeni obiettori quantitativamente significativi alla richiesta di praticare interruzioni della gravidanza possono creare e, nella pratica creano, una lesione della salute psico-fisica della donna nonchè disagi e difficoltà per le stesse donne che vogliono accedere a tali pratiche peraltro espressamente previste dalla legge.

Alla luce di queste considerazioni è comunque necessario eseguire un giudizio di bilanciamento che finirà per assegnare la preminenza alla tutela del diritto alla libertà di coscienza rispetto agli altri diritti e principi che giustificano l’imposizione dell’obbligo giuridico positivo perfetto52.

L’obiezione di coscienza positiva53 può consistere o nella facoltà attribuita al singolo, che sia

destinatario di un obbligo giuridico negativo, di sottrarsi all’osservanza di tale obbligo, ponendo così in essere la condotta vietata per motivi di coscienza; o nel potere attribuito al singolo, che sia destinatario di una norma generale d’inabilitazione, di formare validamente gli atti giuridici preclusi, per ragioni di coscienza. In questo caso dunque siamo di fronte a un obbligo giuridico negativo perfetto di formare validamente determinati atti giuridici o di tenere una determinata condotta e un dovere morale positivo in capo al soggetto destinatario del divieto che si tradurrebbe in una condotta illecita rispetto all’obbligo giuridico negativo e l’insorgenza allora di una situazione di conflitto tra obbligo giuridico negativo e dovere morale positivo. Si viene a configurare una lesione del diritto fondamentale della libertà di coscienza in caso di preminenza dell’obbligo giuridico sul dovere morale ma anche una lesione di altri principi o diritti fondamentali alla cui tutela è funzionale l’obbligo giuridico negativo nel caso in cui si vada ad ammettere un’ipotesi di esercizio del diritto di obiezione positiva. Si rende allora necessario un giudizio di bilanciamento che assegnerà la preminenza alla tutela del diritto alla libertà di coscienza nonostante i costi oggettivi e soggettivi connessi e il configurarsi del diritto all’obiezione di coscienza positiva come facoltà di sottrarsi a un obbligo giuridico negativo e potere di formare atti giuridici altrimenti preclusi.

Tra l’esercizio dell’obiezione di coscienza e adempimento dell’obbligo principale stabilito ex lege esiste dunque un rapporto di reciproca esclusione: o si adempie a quest’ultimo o si obietta. L’obiezione di coscienza si traduce in un regime derogatorio rivolto a quei soggetti per i quali l’adempimento di un determinato obbligo risulta intollerabile in coscienza: perché questo avvenga è necessario che tra l’obiettore e il soggetto che non può adempiere all’obbligo imposto dalla legge per motivi di coscienza ci sia perfetta coincidenza.

La condotta principale imposta ex lege e quella scelta dall’obiettore non possono essere considerate pari ordinate altrimenti non avremmo più obiezione di coscienza ma un’obbligazione alternativa ossia una scelta che il cittadino compie circa le modalità di

52 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, cit., p. 117-118. 53 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, cit., p. 118 ss.

adempimento di un obbligo tra una pluralità di condotte alternativamente consentite e dunque si ricadrebbe nello schema dell’opzione di coscienza.

Per aversi obiezione di coscienza è necessaria un’attivazione diretta del soggetto in base a motivi di coscienza ed in riferimento a un obbligo generale al cui adempimento egli sarebbe tenuto; quindi non è una scelta ma una manifestazione di volontà di non poter eseguire l’obbligo imposto dalla legge; manifestazione che, a sua volta, deve essere tollerata dalla legge.

E’ necessario altresì che tale manifestazione di volontà non comprometta del tutto gli interessi collettivi alla cui tutela sono finalizzati gli obblighi cui si consente di derogare; l’adduzione dei motivi di coscienza non deve tradursi in una forma privilegiata di esenzione del soggetto dall’obbligo di adempimento di doveri inderogabili di solidarietà ex art. 2 Cost. pena altrimenti la violazione anche del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.54 in quanto l’esercizio

legittimo di un diritto da parte di un soggetto (l’obiettore) può nei fatti ledere e rendere impossibile il godimento del diritto imposto dalla normativa, cui l’obiettore si sottrae per ragioni legate alla propria coscienza, ad un altro individuo della collettività. Pertanto il numero degli obiettori non può essere tanto elevato da impedire il perseguimento delle finalità previste dalla legge55.

Spetta dunque al legislatore prevedere dei meccanismi volti da un lato a evitare un completo sabotaggio della legge che prevede un’ipotesi obiettoria e dall’altro lato a evitare le obiezioni di comodo ossia quelle obiezioni fatte più per ottenere un vantaggio piuttosto che in adempimento di un dovere radicato nella coscienza.

Per ottenere questi risultati sono ipotizzabili vari meccanismi tra cui56:

- esame introspettivo della coscienza realizzabile attraverso un interrogatorio dell’aspirante obiettore anche se tale meccanismo potrebbe essere accusato di un’ingiustificata ingerenza nella sfera più intima di un soggetto;

- verifica della coerenza della condotta dell’obiettore attraverso un’attenta osservazione di quelli che sono i suoi comportamenti percepibili all’esterno dopo la dichiarazione di obiettare, pur tenendo conto che l’obiettore potrà sempre mutare le sue convinzioni. Per questo la legge dovrebbe prevedere un arco temporale limitato per compiere tali valutazioni;

- previsione di un regime derogatorio maggiormente gravoso e sfavorevole per l’obiettore rispetto all’obbligazione principale obiettata proprio perché l’obiezione di coscienza non deve tradursi in una situazione di privilegio. Quindi è necessario che la legge preveda una prestazione alternativa per l’obiettore e occorre che tale prestazione sia più gravosa senza però che divenga punitiva e sproporzionata.

54 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, cit., p. 253. 55 M. Saporiti, La coscienza disubbidiente, cit., p. 125.

Queste sono solo alcune delle ipotesi prospettabili, che potrebbero comunque essere funzionali a saggiare e verificare l’autenticità della fondatezza dei motivi di coscienza addotti, per cercare di ridurre il fenomeno obiettorio che, come vedremo in seguito, nel caso che a noi qui interessa, ossia l’obiezione di coscienza all’interruzione volontaria della gravidanza, è destinato a crescere ulteriormente e che potrà in concreto limitare, se non addirittura arrivare ad annullare, il diritto delle donne ad accedere all’aborto consacrato nella legge 194/1978.

Questa situazione, come vedremo, è dovuta al fatto che la legge in questione non prevede una prestazione sostitutiva a quella rifiutata e non c’è alcun vaglio preventivo sulla dichiarazione di obiezione e viene riconosciuta altresì la possibilità di un’obiezione tardiva. La Corte Costituzionale non si è ad oggi pronunciata su queste omissioni della legge, ma gran parte della dottrina ha più volte sollevato come il legislatore dovrebbe intervenire per scongiurare la paralisi dell’impianto complessivo della normativa in materia e per evitare che una donna che voglia legittimamente ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza possa vedersi negato tale diritto o comunque sia messa in una condizione tale che accedere al servizio di IVG sia eccessivamente oneroso e difficile.