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Il recentissimo caso dell’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma

E’ giunto adesso il momento di esaminare un ulteriore caso, l’ultimo da un punto di vista cronologico, che sottolinea come la Regione Lazio, ancora una volta, abbia tentato di contenere gli effetti pregiudizievoli sull’accesso all’IVG provocati dall’ingente esercizio dell’obiezione di coscienza39 (il numero dei medici obiettori sfiora l’80% nel Lazio) e conclusosi con l’indizione

di un bando finalizzato all’assunzione di medici non obiettori in quanto destinati a svolgere interventi interruttivi di gravidanza.

Il massiccio ricorso all’obiezione di coscienza da parte del personale amministrativo, cui è riconosciuto l’importante diritto, può comportare effetti disfunzionali notevoli40.

L’art. 9 comma 4 stabilisce infatti che se al personale medico è riconosciuto il diritto di obiezione di coscienza, è imposto altresì alle strutture sanitarie e alle Regioni di organizzarsi in modo tale da assicurare in ogni casi l’accesso al servizio.

Il diritto all’obiezione così costruito non solo non ammette alcun tipo si esenzione collettiva per le strutture sanitarie (divieto di obiezione di struttura), ma alle stesse impone l’obbligo inderogabile di provvedere all’erogazione delle prestazioni previste dalla legge; infatti il comma 4 prescrive espressamente che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in

ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti”, assegnando alle Regioni il compito

di controllarne e garantirne l’attuazione.

Il dettato legislativo si mostra piuttosto laconico quando si tratta di specificare con quali mezzi le amministrazioni ospedaliere e le Regioni possano soddisfare i compiti cui sono onerate ex

lege, stabilendo obblighi organizzativi e doveri, da intendersi certamente come indispensabili

per la composizione del bilanciamento cui si aspira (diritto della donna ad accedere alla prestazione in condizioni di certezza e sicurezza e il diritto dei medici obiettori a non prendere parte all’intervento abortivo), eppure non sostenuti da alcuno strumento, se non risolutivo, quantomeno utile alla propria realizzazione41.

Ripercorriamo adesso brevemente tutte le tappe della vicenda romana, soffermandoci proprio sulla soluzione adottata dalla Regione Lazio (concorso riservato) per tentare di arginare la carenza di personale deputato a svolgere interventi interruttivi di gravidanza presso l’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, mettendone in luce gli aspetti più problematici e dibattuti.

39 C. B. Ceffa, Gli irrisolti profili di sostenibilità sociale dell’obiezione di coscienza all’aborto a quasi quarant’anni dall’approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, cit., p. 3. 40 L. Viola, Obiezione di coscienza “di massa” e diritto amministrativo, in Federalismi.it n. 10/2014. 41 A. Arcuri, Il diritto ai tempo dell’obiezione di coscienza. Il caso San Camillo, in Federalismi.it, 12 luglio 2017, p. 6 ss.

4.2. Il “caso San Camillo”: la vicenda.

Sul finire dell’estate 201442, il Direttore Generale dell’A.O. San Camillo Forlanini di Roma

informa la Regione Lazio della grave insufficienza di personale per le prestazioni d’interruzione volontaria della gravidanza presso la sua struttura.

Di fronte alla preoccupante carenza di organico rappresentatale, la Regione ha invitato la struttura sanitaria ad utilizzare personale medico in convenzione43.

Il Direttore generale del San Camillo ha rilevato però come, nonostante l’utilizzo di tutti i ginecologi a contratto a disposizione, le risorse rimanessero inadatte a garantire la continuità delle prestazioni, procedendo così a inoltrare al Commissario ad Acta richiesta di autorizzazione all’indizione di un concorso pubblico per l’assunzione di un dirigente medico (successivamente aumentati a due) da adibire al servizio44.

Il 13 maggio 2015 la proposta di decreto di autorizzazione viene presentata al Comitato della legislazione della Regione Lazio, il quale si è pronunciato positivamente circa l’opportunità di procedere in questo senso, suggerendo però un’integrazione in punto di motivazione, onde contenere i profili di censurabilità in cui sarebbe potuta incorrere laddove priva di un apparato giustificativo sufficientemente puntuale45.

L’autorizzazione è stata decretata il mese successivo46 e il concorso è stato indetto il 21 ottobre

del 201547 e la relativa graduatoria approvata il 23 febbraio 2017, con conseguente stipula dei

contratti ed entrata in ruolo dei due medici “vincitori” il marzo successivo.

Il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini ha proceduto dunque all’assunzione di due dirigenti medici da dedicare “alle prestazioni assistenziali rese dalla

UOSD DHl Day Surgery; Centro di riferimento regionale per la Legge 194/1978”, avendo

quindi escluso dalla selezione tutti quei medici che ritenevano tali interventi incompatibili con i dettami della propria coscienza. All’interno del bando pubblico si trova infatti la specifica indicazione delle funzioni da svolgere, consistenti appunto proprio nel compimento di interruzioni volontarie della gravidanza a norma di legge, con evidente esclusione “de facto” dei candidati obiettori di coscienza48.

Il bando, tuttavia, non esclude espressamente dalla partecipazione chi ha già esercitato il diritto all’obiezione di coscienza, ma si limita a specificare che il vincitore verrà assegnato al menzionato settore per l’applicazione della Legge 194 e richiede, nella domanda di

42 Con le note protocollata nn. 206/Dg del 19/08/2014 e n. 258IDG del 23/09/2014. 43 Con la nota protocollata 510229 del 16/09/2014.

44 Con la nota protocollata 11898 del 23/09/2014.

45 A. Arcuri, Il diritto ai tempo dell’obiezione di coscienza. Il caso San Camillo, cit., p. 3. 46 Decreto del Commissario ad acta 8 giugno 2015, n. U00227.

47 Con delibera 1159 del 2015; il bando di concorso è consultabile al sito

http://www.scamilloforlanini.rm.it/concorsi/allegati/c000109/1%20bando.pdf

48 C. B. Ceffa, Gli irrisolti profili di sostenibilità sociale dell’obiezione di coscienza all’aborto a quasi quarant’anni dall’approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, cit., p. 3.

partecipazione, di dichiarare la propria disponibilità a prestare servizio presso tale settore. Si richiede, in sostanza, che il vincitore non presenti dichiarazione di obiezione di coscienza oppure revochi la dichiarazione già presentata49.

Nel bando non viene però specificato a quali conseguenze vada incontro il medico assunto qualora successivamente presenti dichiarazione di obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 comma 2 Legge 194 (obiezione tardiva).

A questo punto riemerge il mai sopito dibattito, come abbiamo visto affrontando i casi giurisprudenziali di cui sopra, sui limiti al diritto all’obiezione di coscienza che ha trovato, in questa vicenda, il proprio perno in due argomenti particolarmente divisivi50.

Il primo problema che la vicenda ha posto riguarda la legittimità dei bandi che precludono, direttamente o indirettamente, la partecipazione a candidati obiettori di coscienza.

Il secondo, investe il tema degli strumenti che un’amministrazione può validamente porre come argine e rimedio alle difficoltà organizzative create dalle “obiezioni tardive”, comunque insindacabili, dei medici assunti in virtù di tali concorsi51.

Prima di affrontare nel dettaglio queste due questioni, è bene precisare che l’obiezione di coscienza secundum legem, quale è quella sancita nell’ art. 9 della legge 194, non è, e non può essere, uno strumento per consentire di ostacolare l’attuazione di una legge non condivisa. Essa è piuttosto uno strumento a difesa del pluralismo che mira a tutelare contemporaneamente le ragioni della legge e quella della coscienza.

Resta perciò compito del legislatore, nel momento in cui sceglie di riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza, predisporre contestualmente strumenti adeguati per far sì che la legge cui si consente di obiettare possa comunque trovare attuazione nonostante l’obiezione di coscienza52.

4.3. Bandi di concorso riservati e principio di uguaglianza.

Il bando di concorso di cui si discute non può definirsi propriamente “riservato” in quanto non contiene una clausola di esplicita riserva per non obiettori.

La “riserva” risulta indirettamente dal bando, che è espressamente destinato al reclutamento di personale da dedicare al servizio di interruzione volontaria della gravidanza e che per ciò stesso incide sulla libertà di accedere al concorso da parte di chi ritenga tale pratica inconciliabile con le ragioni della propria coscienza53.

49 D. Paris, Sui bandi di concorso per medici non obiettori: portata dell’obiezione di coscienza e problemi di attuazione della legge, in Quaderni costituzionali 37/2 p. 353-357 (2017).

50 A. Arcuri, Il diritto ai tempo dell’obiezione di coscienza. Il caso San Camillo,cit., p. 3. 51 A. Arcuri, Il diritto ai tempo dell’obiezione di coscienza. Il caso San Camillo, cit., p. 3. 52 D. Paris, Sui bandi di concorso per medici non obiettori, cit.

La domanda che viene da porsi, alla luce delle considerazioni fatte, è se la procedura avviata per la selezione di personale da dedicare al servizio di interruzione di gravidanza sia o meno lesiva del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. visto che il personale obiettore, in ragione di una scelta legata alla propria coscienza (e normativamente tutelata), si vedrebbe precluso il diritto alla partecipazione54.

L’aspetto più rilevante non è tanto la discussione generata sulla presunta discriminazione a danno degli obiettori, quanto proprio la struttura della delibera che, per evitare di apparire discriminatoria, riserva le posizioni richieste ai medici “disposti ad applicare integralmente la legge 194/1978”55.

Come già accennato in precedenza, la Costituzione italiana non fa menzione espressa dell’obiezione di coscienza, a differenza dell’esperienza costituzionale di altri Paesi come l’Austria (art. 9 comma 3 Cost.), i Paesi Bassi (art. 99 Cost.), il Portogallo (art. 41 comma 5 Cost.) e la Spagna (art. 30 commi 2 e 3 Cost.).

Le formule concorsuali, come quella adottata dall’A.O. San Camillo di Roma, sono, secondo la dottrina, strumenti di necessaria tutela contro il rischio che “il funzionamento di una legge […] sia condizionato dall’accettazione di una ristrettissima categoria professionale, dotata di particolari capacità tecniche (ostetrici e ginecologi)”56.

Queste soluzioni adottate dalle Regioni, a supplenza dell’assenza di valide misure di garanzia, sono diventate un passaggio imprescindibile nella composizione a livello applicativo di un bilanciamento nato fragile in sede legislativa.

La legge 194 instaura un rapporto di preferenza tra la finalità di garantire il diritto all’interruzione della gravidanza della donna e la possibilità del medico di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza; la subordinazione della tutela dell’obiezione di coscienza rispetto alla tutela del diritto alla salute della donna è evidente in particolare nell’art. 9, che dopo aver ammesso il diritto all’obiezione di coscienza precisa che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare […] l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti”57.

Nella Regione Lazio, in particolare, è emersa, sempre più in modo crescente, una difficoltà nell’accedere ai servizi di interruzione della gravidanza a causa del numero sempre più elevato di medici obiettori e ciò può determinare ostacoli insuperabili all’esercizio del diritto, specie per quelle donne che si trovano in condizioni disagiate; il massiccio ricorso all’obiezione di

54 S. Talini, Interruzione di gravidanza, obiezione di coscienza e diritto di accesso alle prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento, in Rivista AIC n. 2/2017, data pubblicazione 19/05/2017.

55 M. D’Amico, Sui bandi di concorso per medici non obiettori: l’obiezione di coscienza è regola o eccezione in uno stato laico?, Quaderni Costituzionali, 2017.

56 A. Pugiotto, Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, Digesto delle Discipline Pubblicistiche, X, Torino, 1995, p. 254.

57 A. Buratti, Sui bandi di concorso per medici non obiettori: problemi applicativi e ricadute sul rapporto di lavoro, Quaderni Costituzionali, 2/2017.

coscienza da parte dei medici elude la ratio della norma di legge che ha sì istituito il diritto all’obiezione di coscienza ma all’interno di un sistema legislativo mirato a garantire anzitutto il diritto all’interruzione della gravidanza seppure a determinate condizioni.

L’utilizzo di concorsi riservati, almeno laddove siano necessari al buon funzionamento del servizio, è dunque uno strumento legittimo; la struttura del bando determina un preclusione soggettiva alla partecipazione al concorso e una compressione del diritto all’obiezione di coscienza, ma, nonostante questo, tale distinzione risulta ragionevole e conforme a Costituzione e rispettosa dello spirito della legge, in quanto volta alla tutela di un diritto fondamentale (il diritto della donna di accedere ai servizi interruttivi di gravidanza e conseguentemente il suo diritto alla salute ex art. 32 Cost.) che, alla luce del contesto sociale, merita una protezione privilegiata58.

Le selezioni pubbliche volte all’attuazione della Legge 194 nelle Aziende Ospedaliere regionali assumono la fisionomia di “bandi funzionali” diretti cioè ad individuare non una determinata figura professionale ma una serie di specifiche prestazioni lavorative funzionali all’espletamento di attività sanitarie obbligatorie. Ciò a cui l’azienda mira non è l’aumento di organico in riferimento a una categoria di personale medico, ma alla garanzia che una prestazione sanitaria obbligatoria possa essere in concreto espletata all’interno della struttura e questo, in riferimento alle attività di IVG, non può che avvenire attraverso l’assunzione di personale non obiettore, l’unico a poter garantire l’espletamento della prestazione sanitaria richiesta dalla selezione pubblica59.

Affrontando la questione dal lato dei medici e dunque dall’accesso alla professione, questi bandi non sembrano agire sulla coscienza degli obiettori, ma sembrano rivolgersi piuttosto semplicemente e legittimamente a medici disposti a fare ciò che altri liberamente rifiutano. Riservare dei ruoli per medici che realizzano prestazioni che altri non sono disposti a fare, non pare comportare un pregiudizio rilevante per le ragioni della coscienza dei secondi.

Ma anche volendo dire che l’esclusione che ne consegue possa provocare un pregiudizio in termini di paritario accesso a mansioni pubbliche, il punto determinante delle questioni riguarderebbe l’accettabilità e non l’esistenza in sé, di tale pregiudizio, avendo riguardo alla sua compatibilità rispetto alle esigenza di buon funzionamento del servizio sanitario, che nel caso di specie si può ritenere ampiamente giustificata, proporzionata e soprattutto funzionale60.

Piuttosto una nota in punto di uguaglianza andrebbe fatta invece sulla sostenibilità di un sistema che affida la propria sopravvivenza sui pochi medici non obiettori, con i relativi pregiudizi professionali e umani che ne derivano, oltreché sulla possibilità di continuare a

58 A. Buratti, Sui bandi di concorso per medici non obiettori: problemi applicativi e ricadute sul rapporto di lavoro, cit.

59 S. Talini, Interruzione di gravidanza, obiezione di coscienza e diritto di accesso alle prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento, cit.

giustificare un sistema che è ampiamente discriminatorio nell’erogazione delle prestazioni, e che continua a mostrare, ed inspiegabilmente a accettare, vere e proprie “zone d’ombra” del servizio.

Allora sarebbe necessario tentare di riorganizzare il servizio a livello regionale, garantendo la funzionalità e la continuità del sistema, in una struttura di sostegno e supporto da parte di una più incisiva regia legislativa centrale, e in attesa di un’inevitabile riforma, da un direzione statale, anche con eventuale esercizio dei poteri sostitutivi ex art. 120 Cost., laddove l’intervento regionale si dimostri inadatto.

Concludendo, il ricorso ad un bando per l’assunzione di medici da dedicare ai servizi di IVG non sembra intaccare in alcun modo il principio di uguaglianza, anche perché i bandi di concorso “con natura funzionale” non rappresentano uno strumento di assunzione del personale riferito alle sole attività connesse all’interruzione volontaria della gravidanza, essendo largamente utilizzati in diversi settori della disciplina medica senza che, in riferimento a quest’ultimi, siano sorte questioni in ordine a una loro possibile natura discriminatoria61.

Si tratta invece di rispettare un preciso obbligo normativo il cui fine non è solo la tutela del diritto a ricevere prestazioni di interruzione della gravidanza, bensì il diritto fondamentale alla salute delle donne, da intendersi in una prospettiva più ampia e garantista come diritto al benessere fisico e psichico, strumentalmente dipendente dalla certezza di poter accedere in condizioni di sicurezza al servizio, ovunque ed in ogni momento.

Non solo, dunque la procedura autorizzata dalla Regione Lazio non dovrebbe essere dubitata come discriminatoria, ma sono proprio esigenze di uguaglianza sostanziale a richiederne un uso più diffuso ed efficace per due ragioni:

1) riavvicinare al dettato costituzionale la non ulteriormente tollerabile disomogeneità dell’offerta del servizio sul territorio nazionale, e consentire agli ospedali di dotarsi personale strutturato e che permetta di allontanare i dubbi di un trattamento diseguale e dequalificante per i medici non obiettori; 2) palese irrazionalità, in termini di spesa pubblica, della soluzione contraria, laddove perseverando nella volontà di non ricorrere a procedure selettive finalizzate all’applicazione della 194 (quale quella in esame) si continuerebbe a permettere l’accesso a profili professionali diversi da quelli di cui vi è necessità, imponendo alle amministrazioni di sostenere una spesa per l’assunzione di personale cui la struttura deficitaria di medici non obiettori non ha evidentemente alcuna necessità62.

61 S. Talini, Interruzione di gravidanza, obiezione di coscienza e diritto di accesso alle prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento, cit..

4.4. Concorsi riservati: strumenti legittimi, ma non risolutivi. Il problema delle obiezioni tardive.

Anche riconoscendone la legittimità, il ricorso a procedure selettive riservate non si è dimostrato risolutivo posto che al personale sanitario, pur essendo stato assunto nei ruoli per non obiettori, non può essere negato il diritto di sollevare successivamente obiezione di coscienza.

L’art. 9 comma 2 della L. 194/1978 prevede che l’obiezione possa essere dichiarata in ogni momento, pur se con efficacia temporale differita63, e dunque non è escludibile che coloro che

risulteranno vincitori della selezione pubblica in esame possano dichiararsi obiettori in un momento successivo all’assunzione.

Il bando in esame prevede che il vincitore venga assegnato all’applicazione della Legge 194 e dunque i partecipanti alla selezione devono dichiarare la propria disponibilità a prestare servizio presso tale settore; quello che in sostanza si chiede al vincitore è di non presentare la dichiarazione di obiezione di coscienza, o, eventualmente, di ritirare quella già presentata. Questo però non esclude che i medici assunti a queste condizioni possano appellarsi all’art. 9 della legge 194; questa eventualità è concreta perché dietro a dinamiche di questo tipo potrebbero non esserci soltanto le ipotesi limite di un abuso opportunistico del diritto riconosciuto o di un genuino ripensamento dei propri riferimenti morali, ma anche soprattutto ragioni ben più concrete e perciò diffuse, legate alla “desertificazione dei reparti della 194” e alla difficoltà di perseverare nell’addossarsi un carico di lavoro ingente, a livello professionale come umano, a fronte della possibilità di liberarsene senza alcuna spiegazione ed in modo pienamente gratuito64.

Al medico non può essere imposto di svolgere interventi interruttivi di gravidanza se egli oppone l’obiezione di coscienza, pertanto è opportuno inquadrare i limiti entro cui deve muoversi la reazione pubblica, che deve però essere inevitabile se sorge una situazione di questo tipo.

A riguardo, almeno esplicitamente, il bando di concorso non dice niente, come pure gli altri documenti che lo hanno preceduto non specificano le conseguenze cui potrebbe incorrere il medico dichiaratosi obiettore in un momento successivo.

63 Art. 9 comma 2 L. n. 194/1978: “L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tal senso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.”

Certo è che il bando di concorso indica espressamente il ruolo cui sarebbero stati assegnati i soggetti vincitori, ossia applicazione della legge 19465, e i candidati selezionati, stipulando con

l’A.O. un contratto di lavoro a tempo indeterminato, hanno rinnovato la propria adesione ai termini in cui il bando era posto.

Con la stipula dei contratti peraltro, il rapporto con l’A.O. è diventato, ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Decreto Legislativo 165 del 2001, di interesse civilistico. Nell’impiego pubblico è previsto un periodo di prova obbligatorio, regolato dal decreto ora citato, che all’art. 70 comma 13, dispone che “in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina

prevista dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487”. A sua volta l’art. 17 del D.P.R. citato indica che “i candidati dichiarati vincitori sono invitati, a mezzo assicurata convenzionale, ad assumere servizio in via provvisoria, sotto riserva di accertamento del possesso dei requisiti prescritti per la nomina e sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori”.

Dunque il comportamento di chi dovesse fare obiezione nei primi sei mesi dalla stipula del contratto, difficilmente potrebbe non integrare una situazione di inadempienza rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato, con ciò legittimando il recesso dell’A.O.