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I) MATERIALITÀ DELL’ANIMA E ANTIDETERMINISMO

ANTIPROVVIDENZIALISMO DELLA NATURA E BEATITUDINE DIVINA

4. I) MATERIALITÀ DELL’ANIMA E ANTIDETERMINISMO

Non la natura (fu/sij), che è invero unica per tutti, ci ha fatto nobili o plebei, ma le azioni (pra/ceij) e la disposizione intima (diaqe/seij).

(Diogene di Enoanda, fr. 105 (Casanova))

Al materialismo epicureo non si sottrae la composizione dell’anima: essa è un’entità corporea583 (composta di atomi), poiché non è concepibile per sé (ossia staccata dal corpo) e possiede le proprietà accidentali di agire e di patire, che appartengono agli esseri corporei584. L’anima infatti nasce insieme al corpo e si dissolve con esso585, e quindi è mortale, non sopravvivendo alla disgregazione dell’aggregato psicofisico. Epicuro descrive l’anima come avente una struttura atomica molto fina, costituita dalla mescolanza di tre tipi di atomi586 (quattro nelle testimonianze di Lucrezio, Aezio e Plutarco) che si distinguono per la loro leggerezza: atomi di fuoco, atomi di vento (ai quali Lucrezio, Aezio e Plutarco aggiungono atomi di aria587) e un tipo di atomi ancora più leggeri, che Epicuro chiama toì me/roj588 e

che le testimonianze di Aezio e di Lucrezio indicano rispettivamente come l’“elemento senza nome” e l’anima dell’intera anima (anima est animae proporro

583 Epistola ad Erodoto, 63 (LS 14A1) e De rerum natura, III, 161-162 (LS 14B3)

584 L’unico incorporeo nella dottrina epicurea infatti è il vuoto, che può essere concepito per sé e non

può agire né patire: non può “agire” sui corpi (ai quali fornisce solamente la possibilità di muoversi) e non può essere “modificato” da alcun corpo: cfr. Epistola a Erodoto 67 (LS 14A7).

585 De rerum natura III, 417-462 (LS 14F) 586 Epistola a Erodoto, 63 (LS 14A1)

587 Lucrezio, De rerum natura, III, 275 (LS 14D2), Aezio, 4, 3, 11 (LS 14C) e Plutarco, Adversus

Coloten, 1118e (Usener 314) parlano di quattro elementi che costituiscono l’anima, distinguendo rispetto ad Epicuro tra l’elemento dell’aria e quello del vento: probabilmente però (Long-Sedley (1987), p. 142, n. 4) si tratta del medesimo elemento, pensato come fermo (aria) o in movimento (vento). Kerferd (1971) sostiene che non si possa parlare di elementi distinti dell’anima: l’anima, secondo la testimonianza di Aezio, 4, 3, 11 su Epicuro, sarebbe un tutto unitario, un kra=ma, ossia non la giustapposizione di quattro elementi tra loro distinti, bensì la loro mescolanza attraverso ricombinazione atomica in un tutto unitario. Corrobora questa interpretazione il passo di Lucrezio, De

rerum natura III, 262-272 (LS 14D1).

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totius ipsa)589. I testi attribuiscono a quest’ultimo elemento dell’anima delle priorità rispetto agli altri con i quali è mescolato: esso è il principio del movimento (initum

motus590), ciò che ne fa il responsabile della sensazione591, ossia della trasmissione agli altri atomi dell’anima dei movimenti che portano la sensazione in tutto il corpo592. In virtù della presenza di questo tipo di atomi la yuxh/ è la causa preponderante (thìn plei/sthn ai)ti/an) della sensazione593: l’estrema finezza del

suo componente senza nome fa di esso il principale fautore del legame tra corpo e anima (esso è la parte dell’anima che entra più in profondità nel corpo594) e quindi della loro stretta interdipendenza nel provare “sensazioni” (data la capacità di questo elemento di essere sumpaqe/j con il resto dell’aggregato595). La sensazione infatti è

possibile solo nell’unione di anima e corpo596: il corpo può provare sensazioni solo in virtù dell’estensione dell’anima attraverso tutte le sue membra; ma l’anima da sola non può “sentire”, poiché per farlo deve essere unita al corpo597.

Secondo lo scolio a Epistola a Erodoto 66598, Epicuro distinse la parte dell’anima a)/logon, sparsa in tutto il corpo, dalla parte logiko/n, con sede nel petto. La distinzione è parallela a quella che si ritrova in Lucrezio: all’interno dell’anima egli distingue lo spirito (animum mentemque)599, che – benché strettamente legato all’anima e composto dei medesimi atomi600 – ne è la parte dominante, in quanto dotato della capacità deliberativa (consilium)601, che gli permette di comandare sul resto dell’anima. L’animus è la sede di pensieri e di emozioni: fo/boj e xara/ nello

589 Aezio, 4, 3, 11 (LS 14C) e Lucrezio, De rerum natura III, 275 (LS 14D2) 590 De rerum natura III, 271 (LS 14D1)

591 Aezio, 4, 3, 11 (LS 14C)

592 De reum natura III, 271-272 (LS 14D1). Cfr. De rerum natura, II, 261-262 (LS 20F2): è la voluntas

che trasmette il movimento attraverso le membra (hinc motus per membra rigantur).

593 Epistola a Erodoto, 63 (LS 14A3) 594 De reum natura III, 273-275 (LS 14D2) 595 Epistola a Erodoto, 63 (LS 14A1) 596 Epistola a Erodoto, 64-66 (LS 14A3-6)

597 Sul corpo come componente necessaria dell’identità personale secondo l’epicureismo vedi Alberti

(1990), p. 192 sgg: il “criterio corporeo” è condizione necessaria di identità personale (anche se l’anima sussistesse dopo la morte, senza il proprio corpo una persona x non sarebbe più se stessa); il “criterio psicologico” (l’identità personale richiede la continuità psicologica nel tempo: se dopo la morte di una persona x o in un mondo gemello nascesse una persona y con una composizione atomica identica a quella, le due persone sarebbero diverse a causa della discontinuità della coscienza) è condizione necessaria ma non sufficiente di identità personale. Si veda infra, paragrafo 4. VII.

598 LS14i

599 De rerum natura III, 139. La relazione tra animus e anima è stata oggetto di molteplici

interpretazioni differenti, che sono riportate da Kerferd (1971).

600 De rerum natura III, 288 sgg. (LS 14D4) 601 De rerum natura III, 139 (LS 14B1)

117 scolio, nei versi di Lucrezio pavor ac metus e laetitia602, dalla cui esistenza deduciamo appunto la presenza dell’animus nel petto. L’indipendenza dell’animus o elemento logiko/n dal resto dell’anima appare dal fatto che esso è in grado di provare sofferenza o gioia anche senza che vi sia stata una previa stimolazione dell’anima da parte del corpo603. Questo non inficia tuttavia lo stretto legame di sumpa/qeia tra l’animus, l’anima e il resto del corpo, sia per quanto riguarda la sensazione (l’anima soffre per i dolori del corpo604), che l’emozione (le emozioni dell’animus si trasmettono all’anima e di conseguenza traspaiono nel corpo, che ne subisce gli stati emotivi positivi o negativi605).

La composizione materiale dell’anima (la prw/th su/stasij606 o h( e)c a)rxh=j

su/stasij607 o fu/sij608), ossia la quantità di ciascuno dei differenti tipi di atomi

che la costituiscono, è un fattore che riceviamo alla nascita e che è impossibile mutare. Essa è dunque una componente determinante dell’indole individuale, nel senso che il tipo di atomi predominanti nell’anima determina le differenti tipologie caratteriali: la prevalenza di atomi di fuoco comporta delle indoli irascibili, mentre i caratteri calmi rivelano la maggioranza dell’elemento aereo e quelli timorosi dell’elemento ventoso; la mescolanza in diverse proporzioni di questi elementi dà origine ad un’ampia gamma caratteriale609. L’anima è composta di spe/rmata610 differenti: il termine spe/rmata è qui da intendersi come potenzialità611 che potrebbero realizzarsi in azioni (pra/[c]ewn), pensieri (dianoh/sewn) e disposizioni

602 De rerum natura III, 141-142 (LS 14B1) 603 De reum natura III, 145-151 (LS 14B2) 604 De reum natura III, 168-176 (LS 14B3) 605 De reum natura III, 152-160 (LS 14B2)

606 Cfr. ad esempio Periì fu/sewj, 34. 21, 16. Sono d’accordo con Masi (2005), pp. 182-183, sul fatto

che la su/stasij indica la “complessiva struttura atomica psicofisica” ricevuta alla nascita e sull’identità tra su/stasij e fu/sij.

607 Periì fu/sewj 34. 27 (LS 20C2)

608 Si veda ad esempio Periì fu/sewj, 34. 33; cfr. Diogene di Enoanda, fr. 105 (Casanova). 609 Lucrezio, De rerum natura III 288-309 (LS 14D4-5)

610 Periì fu/sewj 34. 26 (LS 20C1)

611 LS 20C1: Long-Sedley (1987), p. 211, n. 4, affermano che le occorrenze di spe/rmata in Epicuro

non permettono di fare un parallelo tra l’uso del termine greco e quello dell’equivalente latino semina, con cui Lucrezio si riferisce agli atomi (cfr. anche Sedley (1983), p. 23, n. 15). Concordiamo tuttavia con Masi (2005), p. 192, secondo la quale il termine spe/rmata si può intendere insieme come potenzialità, ma anche come atomi o aggregati di atomi: è infatti la costituzione atomica ricevuta alla nascita che contiene in potenza i tipi di carattere che potrebbero svilupparsi in seguito.

118 caratteriali (diaqe/[se]wn) di un certo tipo o del tipo contrario612: l’anima cioè

contiene in potenza diverse “nature”, ciascuna delle quali potrebbe svilupparsi nel tempo nel carattere o disposizione stabile del soggetto.

Secondo Epicuro lo sviluppo di queste potenzialità in un determinato tipo di carattere o nel suo opposto non è “necessitato”. Una smentita al determinismo del comportamento individuale deriva dall’esperienza quotidiana: nella vita di ogni giorno riceviamo lodi o rimproveri per i nostri comportamenti e le nostre opinioni, dimostrando così di considerarci a vicenda come responsabili613. L’esistenza della responsabilità individuale è una verità evidente, empirica: essa infatti è oggetto di pro/lhyij614. Epicuro critica il determinismo come posizione che si auto-confuta (o(

toiou=toj lo/goj tre/petai)615 proprio perché conferma la nozione di responsabilità

individuale. Continuando a sostenere la propria posizione e accusando di errore chi ne sostiene una contraria alla sua, il determinista mostra di considerare l’avversario responsabile della propria opinione, ossia libero di sostenerla e comportandosi così non fa che confermare la prolessi di responsabilità individuale che egli vuole negare616: soltanto chi è libero di avere una certa opinione infatti può essere accusato di errore.

Epicuro afferma che il saggio è colui che sa distinguere a(ì meìn kat’a)na/gkhn, a(ì deì a)poì tu/xhj e a(ì deì par’h(ma=j617. Mentre l’a)na/gkh è a)nupeu/qunon

(irresponsabile) e la tu/xh è a)/staton (instabile), la responsabilità individuale è a)de/spoton (senza padrone). La necessità cioè impedisce la responsabilità morale,

612 Periì fu/sewj 34. 26 (LS 20C1)

613 Periì fu/sewj 34. 27 (LS 20C2). Anche Lucrezio, De rerum natura II, 257 (LS 2F1) considera la

fatis avulsa voluntas come un dato di fatto. Cfr. Diogene di Enoanda, fr. 40 (Casanova): se si crede nell’esistenza dell’ei)marme/nh, si toglie ogni biasimo.

614 Periì fu/sewj 34. 27-28 (LS 20C4 e C8)

615 Periì fu/sewj 34. 28 (LS 20C5); cfr. anche Sentenze vaticane, 40 (LS 20D): “Chi dice che tutto

avviene per necessità non ha niente da rimproverare a chi nega che tutto avviene per necessità: anche questo infatti dice che avviene per necessità”. Secondo Sedley (1983), pp. 31-33 la critica epicurea al determinismo è rivolta ai democritei del IV secolo (Anassarco, Metrodoro di Chio e lo stesso maestro di Epicuro Nausifane), il cui atomismo riduzionista li portava allo scetticismo, ovvero alla considerazione dei fenomeni come apparenze, non verità. Sul rovesciamento della confutazione dello scettico – paragonabile a quella del determinista – contro se stesso, si veda anche Lucrezio, De rerum

natura, IV, 469-472 (LS 16A1): lo scettico, che dice che niente può essere conosciuto, capite ipse suo

in statuit vestigia sese, poiché in realtà afferma che quello che egli sostiene può essere conosciuto; e Diogene di Enoanda, fr. 6 (Casanova): lo scettico distingue il bianco dal nero, quindi ne conosce la natura.

616 Periì fu/sewj 34. 27-28 (LS 20C4-6) 617 Epistola a Meneceo, 133 (LS 10A1)

119 non rendendo conto dell’evidenza delle lodi e dei rimproveri di cui le azioni individuali sono oggetto (mentre la tu/xh può fornire beni o mali, ma proprio per la sua instabilità, su essa non si può fondare la felicità umana).

Epicuro critica il determinismo sia nella forma della necessità interna, che secondo un determinista sarebbe causata dalla h( e)c a)rxh=j su/stasij di un individuo, sia in quella della necessità esterna che deriverebbe invece dall’azione sull’anima degli ei)dw/la provenienti dall’ambiente circostante (e)n th=i to[u= p]erie/xontoj kaiì e)peisio/ntoj k[at]aì toì au)to/ma[ton a])n[a/g]k[hi)618. Egli

sostiene infatti che: a) la struttura atomica dell’anima non sia immutabile ovvero che il carattere non sia qualcosa di dato alla nascita; b) il soggetto agente possa rendersi indipendente dagli influssi esterni.

Saranno analizzate in primo luogo le ragioni della critica alla necessità interna. Nel corso della crescita del composto psicofisico, dalla struttura atomica si sviluppano certe proprietà accidentali (perché tutte le proprietà dei composti atomici lo sono619): gli a)pogegennhme/na620 (o a)pogennh/qen o a)pogennw/menon)621. Tali proprietà

618 Periì fu/sewj, 34. 27, 5-10 (= LS 20C2). Sulla kataì toì au)to/maton a)na/gkh si veda il

paragrafo 3. I, p. 66, n. 340.

619 Cfr. Epistola a Erodoto, 64 (LS 14A3): anche la sensazione è una proprietà accidentale

(su/mptwma) del composto psicofisico.

620 Secondo Sedley (1988) queste proprietà accidentali non si riducono a composti atomici. La sua

interpretazione anti-riduzionista è fondata su un’analisi delle testimonianze epicuree sulla differenza tra sumbebhko/ta e sumptw/mata. L’interpretazione tradizionale basata su Epistola a Erodoto, 40 (dove Epicuro pone una distinzione tra le realtà esistenti per sé, corpi e vuoto, e le loro proprietà, a loro volta distinte in sumptw/mata e sumbebhko/ta) fa dei sumbebhko/ta le proprietà essenziali di una cosa, opposte ai sumptw/mata o proprietà accidentali (interpretazione che pare trovare supporto in De rerum natura I, 449-458, dove è tracciata una distinzione tra coniuncta, attributi tanto essenziali che se tolti alterano l’identità del corpo cui ineriscono, ed eventa, attributi accidentali il cui mutamento non altera l’identità del corpo cui appartengono). Sedley propone un’altra interpretazione, che tiene conto della testimonianza dell’epicureo Demetrio Lacone riportata da Sesto Emprico (Adversus

mathematicos, X 219-227 (LS 7C)), con la quale a suo parere concorderebbe Epistola a Erodoto, 68- 71. Sedley avanza l’idea che sumptw/mata sia il nome usato per indicare in generale le proprietà di ciò che esiste per sé (e le cose che esistono per sé nella fisica epicurea sono: il vuoto; gli atomi; e i composti di atomi, i corpi); a differenza dei corpi e degli atomi, le proprietà non esistono per sé, ma solo in relazione agli atomi o ai corpi stessi. All’interno dei sumbebhko/ta sarebbero comprese da una parte le proprietà inseparabili o permanenti dei corpi (alle quali non sarebbe attribuito un nome specifico, ma chiamate solo a)i/dion sumbebhko/ta o sumbebhko/ta a)xw/rista), dall’altra le proprietà separabili o accidentali dei corpi, i sumptw/mata. Mentre le proprietà essenziali, quali il peso, la forma, la grandezza, il colore (sull’identità tra xrw=ma e superficie si veda infra, paragrafo 2. I), appartengono sia agli atomi sia ai corpi, i sumptw/mata hanno esistenza esclusivamente a livello fenomenico, ma non a livello atomico, anche perché gli atomi sono immutabili e quindi ad essi non ineriscono proprietà accidentali. Le proprietà accidentali secondo Sedley non sarebbero però riducibili a stati atomici. Sulla base di questa analisi Sedley, pp. 354 e 357, afferma che la volontà – al pari di tutti gli stati di coscienza, a partire dalla sensazione – in quanto proprietà accidentale di un composto

120 acquisiscono una differenza (dia/lhyij) dagli atomi “soggiacenti” (lamba/non [ti]na£ [e(]tero/th[ta tw=n] a)to/[m]wn kata/ tina tro/pon dialhptiko/n)622

tanto da diventarne autonome, indipendenti. Attraverso questi sviluppi l’individuo acquisisce una responsabilità che dipende da lui stesso (thìn e)c e(au[tou=] ai)ti/an)623, cioè diventa responsabile delle sue azioni e del suo carattere, che non

dipendono perciò in nessun modo dal tipo di atomi ricevuti alla nascita: ou)qeìn gaìr au)toi=j sunh/rghken ei)j e)/nia e)/rga te kaiì mege/qh e)/rgwn kaiì diaqe/sewn h( tw=n a)to/mwn fu/sij a)ll’au)taì taì a)pogegennhme/na thìn pa=sa[n h)ì] thìn ple[i/s]thn ke/[kt]ht[ai] ai)ti/an tw=nde/ [ti]nwn (“infatti la natura degli atomi non ha collaborato affatto con loro [gli a)pogegennhme/na] né alla realizzazione di alcune azioni, né al grado delle azioni e delle disposizioni; sono invece gli stessi a)pogegennhme/na che possiedono tutto il potere causale, o il potere causale più rilevante, di queste determinate cose”)624.

La natura atomica prima è pura potenzialità: l’a)pogegennhme/non “si sviluppa necessariamente a partire da tali elementi fino al punto, da una parte, di diventare un’anima (yuxh/), o anche un’anima che ha una certa disposizione e un certo moto, ma, d’altra parte, tale [prodotto] non si sviluppa necessariamente fino al punto di

atomico (l’animus), non è riducibile alla materia. Sedley (1988) intende tale differenziazione come

emergenza delle proprietà psichiche dalla struttura atomica soggiacente, vedendo in essa anche un riferimento a un tipo di causalità esercitata dalle proprietà sugli atomi stessi: gli a)pogegennhme/na sarebbero diversi dagli atomi dell’anima non solo nel modo in cui le proprietà fenomenali di un oggetto a causa della distanza sono percepite come qualcosa di completamente differente dalla struttura atomica soggiacente (questo secondo Long-Sedley il significato dell’espressione kataì tina tro/pon dialhptiko/n ou) toìn w(j a)f’e(te/rou d[i]asth/matoj (Periì fu/sewj, 34. 22 (LS 20B5)), ma in quanto capaci di influenzare tale struttura. Critiche nei confronti di questa interpretazione sono state sollevate da Annas (1993), pp. 58-60: Annas, pur concordando con l’interpretazione dell’epicureismo come un fiscalismo non riduzionista (p.59, n. 30), sostiene che non si può passare dall’affermazione epicurea della differenza tra gli a)pogegennhme/na e gli atomi alla conclusione che gli a)pogegennhme/na sono entità non atomiche; fa notare inoltre che nel Periì fu/sewj Epicuro attribuisce anche agli a)pogegennhme/na una costituzione primaria, cioè atomica (cfr. Periì fu/sewj, 34. 24: h( prw/th su/stasij tou= a)pogegennh/menou). Anche Grilli (1983), p. 107 parla degli a)pogegennhme/na come “composti di atomi”.

621 Masi (2005), p. 171, traduce a)pogennhqe/n con “prodotto originario”, distinguendolo da

a)pogennw/menon, “prodotto in via di sviluppo” e a)pogegennhme/non, “prodotto sviluppato”. In questa sede non sarà svolta un’analisi delle occorrenze dei termini.

622 Periì fu/sewj, 34. 22 (LS 20B5). Per l’interpretazione data da Sedley del significato

dell’espressione kata/ tina tro/pon dialhptiko/n come emergenza degli stati mentali dalla costituzione atomica, si veda sopra, n. 620.

623 Periì fu/sewj, 34. 22 (LS 20B5)

121 diventare un’anima di questo o quel tipo”625. Questi “prodotti” o proprietà dell’anima non si sviluppano in modo necessario a partire dalla su/stasij originaria. È quindi a noi stessi (par’h(ma=j)626 che può essere attribuita la responsabilità dello sviluppo di

un determinato carattere.

Gli a)pogegennhme/na non solo sono autonomi dalla struttura atomica dell’anima, ma sono anche in grado di retroagire su di essa627. La formazione del carattere corrisponde perciò all’evoluzione dell’organizzazione strutturale degli atomi dell’anima, di cui è responsabile l’a)pogegennhme/non stesso. Evolvendo autonomamente infatti, l’a)pogegennhme/non trasmette le modificazioni che ha acquisito alle sostanze prime ([pr]w/tw[n] fu/sewn) dell’anima628 (agli atomi della

su/stasij), modificandola, ovvero conferendole una certa unità629.

Anche nel caso in cui gli a)pogegennhme/na portino a realizzazione l’indole prevalente contenuta in potenza nella su/stasij, senza discostarsi da essa, non per questo essi vengono considerati non responsabili dello sviluppo acquisito, ma anzi vengono biasimati ancora di più: “anche se l’a)pogegennhme/non procede, ormai a causa propria, nella stessa direzione della costituzione originaria che è cattiva, allora lo rimproveriamo anche di più, […] e non, come [liberiamo da ogni colpa] gli animali

625 Periì fu/sewj 34. 24; traduzione italiana di Masi (2005), p. 181.

626 Il passo di Periì fusewj 34. 26 (LS 20C1) – w(/ste par’h(ma=j p[rw=ton] a(plw=j toì

a)pogegennhme/non h)/dh gei/nesqai – sembra porre una distinzione tra a)pogegennhme/na e par’h(ma=j. Annas (1993), p. 57, ritiene invece che non ci sia distinzione tra a)pogegennhme/na e soggetto agente, in quanto i primi costituiscono il soggetto agente in un certo momento del suo sviluppo. Ulteriore sostegno all’identità tra a)pogegennhme/na e soggetto agente sembrerebbe venire dal passo di Periì fu/sewj 34. 21 (LS 20B3) nel quale la responsabilità totale o principale (pa=sa[n h)ì] thìn ple[i/s]thn ke/[kt]ht[ai] ai)ti/an) di comportamenti e disposizioni è attribuita agli a)pogegennhme/na. Masi (2005), pp. 186-188, che nega l’identità tra a)pogegennhme/na e soggetto agente, ritiene invece che Epicuro in questo passo potrebbe riferirsi nello specifico alla ragione, non al soggetto agente nel suo complesso, e che in generale scopo della sua dottrina non è la modificazione dell’intero soggetto, ma di alcuni aspetti del suo carattere.

627 Sedley (1988) definisce discendente il processo causale esercitato dalle proprietà emergenti dei

composti sugli atomi (questo varrebbe non solo per l’anima, ma anche per le pietre), ascendente la causalità che lega le proprietà dei composti agli atomi che li costituiscono. Annas (1993), p. 59, n. 30, che nega che gli a)pogegennhme/na siano proprietà non atomiche, considera insostenibile la presenza all’interno della teoria epicurea di una causalità che si eserciti a partire dalla volontà – intesa appunto, come vorrebbe Sedley, come proprietà non atomica – sugli atomi, facendo notare che la fisica epicurea sostiene che la causalità si esercita “orizzontalmente” solo tra entità fisiche (Epistola a Erodoto, 67 dove è detto che l’incorporeo non può agire né patire; De rerum natura II, 161-176).

628 Periì fu/sewj 34. 22 (LS 20B6)

629 [k]an[o/na (Periì fu/sewj 34. 22 (LS 20B6)): Long-Sedley (1987) traducevano “regola”, ora

122 più selvatici, liberiamo da ogni colpa allo stesso modo questi stessi a)pogegennhme/na e la costituzione originaria, facendone una cosa sola”630. Neanche

in questo caso siamo in presenza di una forma di “sviluppo” necessitato, in quanto l’individuo ne è comunque responsabile.

L’anti-determinazione nello sviluppo delle disposizioni caratteriali è la condizione che rende possibile l’intervento della filosofia epicurea, che si propone come una medicina dell’anima. Questo non significa che la filosofia sia onnipotente: ci sono dei casi in cui raggiunto un certo grado di sviluppo infatti gli a)pogegennhme/na acquisiscono stabilità, irrigidendosi al punto che l’intervento della filosofia si rivelerebbe inutile631. È inoltre impossibile eliminare completamente l’indole predominante contenuta nella su/stasij, perché il quantitativo di atomi di un certo tipo ricevuto alla nascita è immutabile. Per lo stesso motivo ci sono delle indoli favorite per natura al raggiungimento del fine perseguito dalla filosofia (l’a)taraci/a): chi, come Epicuro, ha ricevuto una struttura atomica già “buona” è facilitato632. Tuttavia, sebbene le caratteristiche ricevute per natura non siano totalmente cancellabili, un buon uso della ragione (ratio)633 lascia delle tracce così deboli di quella che è l’indole originaria di un individuo da non impedirgli di vivere una vita degna degli dei634. L’intervento della filosofia, se avviene per tempo, ha cioè il potere di potenziare lo sviluppo indipendente dell’a)pogegennhme/non rispetto alla su/stasij.

630 Periì fu/sewj 34. 25; traduzione italiana di Masi (2005), pp. 181-182 (ho conservato il greco per

a)pogegennhme/non).

631 Cfr. Periì fu/sewj 34. 23: ou) maxo/meqa toi=j e)/q[ism]a kaiì ou) thìn a)toni/an e)/xous[in]: è

inutile dirigere esortazioni verso quegli a)pogegennhme/na che si sono ormai irrigiditi in abitudini