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CAPITOLO 4. PROBLEMATICHE OSTACOLI DIVERGENZE

6. I meccanismi di armonizzazione

6.1 Il diritto internazionale

Quanto alla determinazione dei meccanismi di armonizzazione in tema di diritto contrattuale, occorre partire dalla legislazione esistente sia a livello di norme di diritto internazionale, sia a livello di norme del diritto comunitario.

Posto infatti che esistono disposizioni di diritto internazionale privato che regolano la materia contrattuale per quanto riguarda i rapporti transfrontalieri la prima opzione da valutare nell’ambito di un’armonizzazione è di verificare l’opportunità o la fattibilità di un intervento su dette norme.

Due principali normative vengono prese in considerazione.

Innanzitutto la normativa relativa alla legislazione applicabile al contratto data dalla Convenzione di Roma del 1980, ratificata da tutti gli Stati membri.

Le norme della Convenzione di Roma si applicano agli obblighi contrattuali in ogni situazione che prevede una scelta fra gli ordinamenti dei diversi paesi14 e stabiliscono che le parti possano concordare quale disciplina nazionale applicare. La Convenzione però limita la scelta dell’ordinamento applicabile e stabilisce quale si applichi nel caso non sia operata alcuna scelta. Inoltre, le sue norme non si applicano ai settori indicati all’articolo 1 della Convenzione stessa (quali le questioni di stato o di capacità giuridica delle persone fisiche o i contratti di assicurazione per la copertura di rischi localizzati nei territori degli Stati membri della Comunità europea).

La seconda normativa di riferimento attiene al diritto contrattuale sostanziale ed è data dalle norme della Convenzione delle Nazioni Unite del 1980 riguardante i contratti di vendita internazionale di merci (CISG), adottata da tutti gli Stati membri ad eccezione di Regno Unito, Portogallo e Irlanda.

Questa stabilisce norme uniformi per la vendita internazionale di merci, applicabili ai contratti di vendita in assenza di decisione diversa delle parti. Alcuni settori sono esclusi

dall’ambito della Convenzione, come la vendita di merci acquistate per uso personale, familiare o domestico e la vendita di valori mobiliari, effetti commerciali e valute.

La Convenzione contiene disposizioni relative alla formazione di un contratto (offerta e sua accettazione) e ai diritti e doveri di venditore e compratore, e non regola la validità del contratto, di nessuna delle sue clausole, né gli effetti che il contratto può avere sulla proprietà delle merci vendute. Infine, la Convenzione non si applica alla responsabilità del venditore al di là del contratto.

Andrebbe quindi considerala la possibilità di estendere l’ambito oggettivo delle normative stesse, nonché provvedere strumenti che le rendano uniformemente applicabili e le eleggano a paradigma di un diritto internazionale contrattuale armonizzato.

6.2. Soft Law o Hard Law

Quanto al diritto comunitario esistente, si può affermare che la legislazione europea intervenuta fino ad ora ha avuto un ruolo importante per rompere alcune barriere economiche al mercato unico, create da regole divergenti.

Numerosi atti comunitari vigenti comprendono disposizioni per l’armonizzazione di vari aspetti del diritto privato. Alcune direttive definiscono norme specifiche sulla conclusione di un contratto, sulla forma e il contenuto di un’offerta e la sua accettazione nonché sull’esecuzione di un contratto, cioè sugli obblighi delle parti contraenti. Numerose direttive specificano anche nel dettaglio il contenuto delle informazioni fornite dalle parti nelle diverse fasi, in particolare nella fase precedente la conclusione del contratto. Alcune direttive poi fissano diritti e doveri delle parti contraenti per quanto riguarda l’esecuzione di un contratto, compresi i casi in cui l’esecuzione sia insufficiente o non avvenga.

Tuttavia vi sono molti problemi che riguardano aspetti da tenere presenti ai fini di una corretta procedura di armonizzazione, poiché l’approccio gradualistico all’armonizzazione seguito dal legislatore comunitario nel settore del diritto dei contratti, combinato con evoluzioni del mercato impreviste, potrebbe essere causa di disomogeneità nell’applicazione del diritto comunitario.

Va quindi verificato il grado di coerenza delle normative sin qui adottate, procedere alla loro semplificazione, riesaminare il livello di settorializzazione sin qui seguito, constatare e risolvere le divergenze sorte in seguito all’applicazione delle normative costituite da direttive nel diritto dei rispettivi Stati membri. Ai fini di una aggiornamento della normativa comunitaria esistente, bisogna inoltre tenere conto degli sviluppi tecnologici nel frattempo intervenuti, delle possibilità offerte da Internet per il commercio elettronico, e delle modifiche al regime regolativi degli scambi a seguito dell’introduzione dell’euro.

Connesso a tale aspetto vi è poi quello di valutare la forza dell’intervento di armonizzazione, vale a dire stabilire se sia ottimale provvedere con una serie di norme imperative che abbiano diretta incidenza sul diritto degli Stati membri ovvero, tenendo conto del carattere dispositivo del diritto contrattuale, adottare provvedimenti o misure di carattere non legislativo o opzionali, ovvero se sia possibile attuare un mix di entrambe le soluzioni.

Di solito nelle transazioni transfrontaliere le parti possono decidere a quale ordinamento sottoporre il contratto. Scegliendo una normativa nazionale, le parti ne accettano tutte le norme imperative, nonché le norme non imperative che non decidano di sostituire con termini contrattuali differenti.

Possono però sorgere conflitti tra le norme imperative di un paese e quelle di un altro, conflitti che potrebbero avere un effetto negativo sulle transazioni transfrontaliere.

Anche se non previste dalle normative nazionali, alcune clausole possono essere inserite nei contratti per via della prassi comune invalsa in un determinato Stato membro, soprattutto quando tale prassi sia stata formalizzata da contratti tipo, con ciò ponendosi tali clausole, di fatto, come imperative. In tal caso potrebbe essere difficile concludere un contratto contenente termini e condizioni difformi da quelli generalmente applicati in quello Stato membro.

Inoltre, la difformità delle normative nazionali può aumentare i costi delle transazioni, soprattutto per quanto riguarda l’informazione e gli eventuali litigi, il che vale in generale per le imprese e in particolare per le PMI e i consumatori.

Al di là della tipologia dello strumento, l’intento dell’Unione europea di uniformare il diritto contrattuale risponde ad esigenze di superamento della divergenza e del raggiungimento di un grado di coerenza di coerenza del corpus normativo comunitario.

La scelta di un modello basato sulla soft Law piuttosto che uno basato sulla hard law, sembra al momento lasciare il posto ad un approccio graduale passante per uno strumento ibrido applicabile al diritto europeo contrattuale.

Ciò nel senso che mentre è riconosciuto il ruolo del hard law quale strumento insostituibile per ottenere un’unità coerente per realizzare un mercato unico, è ugualmente riconosciuto il ruolo del soft law per coordinare il processo legislativo in atto e aumentare la condivisione fra gli Stati membri, senza sembrare una imposizione dall’alto, in modo da costruire una cultura contrattuale europea consapevole e quindi accettata.

I lavori della Commissione europea in materia di diritto contrattuale indicano quanto sia importante preparare una base per l’accettabilità e la coerenza di un’eventuale legislazione uniformata. Pertanto se è vero che la convergenza e l’unità del diritto contrattuale europeo è desiderabile, lo strumento o la strada attraverso cui ciò diviene realizzabile non potrà che essere individuato nel corso dell’iniziativa.