• Non ci sono risultati.

I NCLUSIVITÀ ED ESCLUSIVITÀ ; T OP DOWN E BOTTOM UP

RELAZIONI Autoritativo Stato Procedurale Delega Finanziamento pubblico Razionalità tecnica Regolamentazione

3.2 I NCLUSIVITÀ ED ESCLUSIVITÀ ; T OP DOWN E BOTTOM UP

I processi partecipativi possono essere analizzati assumendo come criterio valutativo “[…] la capacità e la volontà [dei sostenitori del procedimento di] riconoscere i diversi attori nella realtà economica e sociale in cui si trovano ad operare e di considerare le loro istanze all’interno del processo”182.

In tal senso si possono determinare sia atteggiamenti di tipo esclusivo, in cui partecipano al processo gli attori che possiedono quelle risorse decisive per la messa in opera di un intervento (stockholder), dall’altro quello inclusivo, in cui viene ampliato il potere decisionale, ossia vengono coinvolti tutti gli attori, compresi quelli “deboli”, che anche non possedendo le risorse, possono influire sugli esiti finali del processo pianificatorio perché possiedono altre capacità (stakeholder).

Non c’è sempre la consapevolezza di voler adottare un approccio esclusivo piuttosto che inclusivo, in ogni caso, la decisione cosciente di allargare o restringere il ventaglio dei soggetti o delle opinioni è giustificata da una analisi dei contributi delle positività e negatività che si ritiene andranno ad influenzare l’iter del processo.

L’approccio esclusivo utilizza una strategia operativa che seguendo il processo ciclico “decisione – annuncio – difesa”183, si fonda sulla riservatezza, garantisce in tal senso l’accesso al processo

decisionale al minor numero possibile di attori e la diffusione dell’informazione verificandosi alla fine del processo privilegia la qualità tecnica del progetto.

La strategia inclusiva prevede al contrario, fin dalle prime fasi, la comunicazione completa e tempestiva dell’informazione, privilegiando in prima istanza la qualità dell’adesione al progetto, non ostacolando l’accesso agli attori interessati e volendo far emergere azioni conflittuali in una fase in cui è ancora possibile affrontarli e risolverli attraverso la ridefinizione del problema mediante la scelta partecipata di alternative diverse.

L’efficacia di tale strategia impone che non sussista un confronto diretto tra gli attori, ma prevede dei riscontri tra gruppi di interesse, che considerino i suggerimenti degli altri gruppi e riformulano le proprie proposte a partire da quelle degli altri.

Un’altra sostanziale differenza riguarda la diversa considerazione dei fattori costi e tempo, infatti nell’approccio esclusivo tendono ad essere tagliati nelle prime fasi, basandosi esclusivamente su principi efficaci provenienti da conoscenze tecnico-scientifiche dell’amministrazione, mentre nell’approccio inclusivo, in genere, ciò non avviene, perché si

182 Ecosfera, (2001), Op. cit., p. 70 183 Ecosfera, (2001), Op. cit., p. 74

49 tende ad un reciproco adattamento delle diverse visioni future, che impegna vaste risorse temporali ed economiche.

Tuttavia, l’approccio inclusivo coinvolge la maggior parte dei depositari d’interesse, agevolando l’interazione tra le diverse parti e definendo, nelle prime fasi del processo di trasformazione del territorio, scadenze temporali compatibili con quelle burocratiche, riducendo così i conflitti e le opposizioni che eventualmente potranno sorgere durante il percorso decisionale.

In tal senso l’approccio inclusivo si manifesta più valido nell’utilizzare minor tempo, energie e risorse finanziarie nella risoluzione di conflitti inutili e situazioni che impediscono il completamento del processo di trasformazione del territorio.

Un processo partecipativo, però non ha senso se il suo obiettivo primario è costruire un consenso manipolato, essenzialmente retorico e volto alla costruzione del consenso e della legittimazione a buon mercato per il potere decisionale184, acquisisce invece legittimità se la

definizione contestuale degli obiettivi e delle strategie offrono la possibilità di risolvere le problematiche per le pubbliche amministrazioni, consentendo alla comunità di percepire e capire i risultati portati avanti dalle stesse istituzioni.

Tuttavia l’approccio top – down, tipico delle amministrazioni che vogliono conservare e difendere una struttura decisionale di tipo piramidale, prevale sulle pratiche inclusive.

Le modalità comunicative che contraddistinguono questa metodologia è dall’alto verso il basso, ossia unidirezionale, la comunità viene infatti informata delle politiche già predeterminate dalle istituzioni che si identificano come decisori, ossia i legittimi detentori dell’autorità e garanti del bene comune. La popolazione può essere chiamata ad esprimere il proprio assenso o dissenso, ma il suo contributo rimane comunque marginale, in tal senso la partecipazione ha come obiettivo la difesa dei principi funzionali del piano, rivelandosi ingannevole, dove chiunque si sente danneggiato dalle ipotesi di piano previste, può presentare le proprie obiezioni e controproposte ma senza ottenere esiti propositivi nel piano stesso185.

La scelta portata avanti di negare interazione e riscontro con gli abitanti informandoli solo dopo il processo decisionale, affonda le sue radici nel presupposto che solo i provvedimenti presi da esperti garantiscono la razionalità, l’efficienza e l’esito positivo del processo.

Però questa scelta porta le istituzioni a non prevedere il reale impatto che il processo di trasformazione produce nel territorio una volta coinvolta la comunità stessa, che può renderne

184 Mela A., Belloni M. C., Davico L., (2000), Op. cit., Carocci, Roma, p. 131

185 Schiavo F., (2002), "Della partecipazione. Considerazioni a margine", Archivio di studi urbani e

50 difficile l’attuazione comportandosi come figura esterna non prevista, rivelandosi molto dannosa in certe circostanze.

Coinvolgere i cittadini esclusivamente nell’ultima fase del processo decisionale vuol dire infatti, far prendere in considerazione dai cittadini idee che possono suscitare conflittualità d’ampia durata tra i due settori pubblico e privato, bloccando in tal senso il decorso progettuale del processo di trasformazione del territorio.

L’inadeguatezza di questo approccio nel mitigare le problematiche ad esso connessi, ha portato alla ricerca di un metodologia che rispondesse maggiormente alle esigenze della comunità, ossia che promuovesse la comunicazione e la cooperazione tra le diverse forze politiche sociali ed economiche che compongono la società, ci si è quindi avvicinati ad un approccio più efficace ed aperto a procedimenti più democratici in tutte le fasi del processo decisionale.

Tuttavia l’approccio bottom – up, tipico degli organi istituzionali disposti in un contesto di diversità e interdipendenza tra diversi livelli di governo o parti pubbliche e private, viene definito collaborativo, in quanto considera la partecipazione come elemento prioritario e “ […] come interazione reale tra le parti, e tra coloro i quali sono portatori di interesse, che possono muovere poteri istituzionalizzati, o cospicue risorse, e soggetti meno forti e istituzionalizzati, ma attivi nella produzione di politiche e di beni pubblici” 186.

La modalità comunicativa instaurata tra la comunità e la popolazione, che contraddistingue quest’approccio, è bidirezionale, ossia se da un lato la comunità partecipa attivamente nei processi decisionali, definendo problematiche ed obiettivi attraverso l’ideazione di strategie e ipotesi alternative, dall’altro le istituzioni si impegnano alla collaborazione seria, accettando gli esiti finali derivanti da questi processi di interrelazione.

L’ approccio bottom – up prevede una struttura partecipativa dal basso, ossia l’attuazione di una rete di relazioni in cui sussistono le conoscenze individuali confrontabili con gli interessi e prospettive dei diversi attori, che nell’ipotesi che intervengano nella ridefinizione delle proprie priorità, possono arrivare ad un esito finale congiunto e partecipato.

Tuttavia, una metodologia, affinché sia realmente condivisa, trasparente e comunicativa, è necessario che non acquisisca solo il consenso, ma diventi una garanzia che assicuri efficienza e efficacia nei processi di trasformazione del territorio, diversamente da quanto accadrebbe con un approccio top – down, perchè oltre ad aumentare la responsabilità della comunità nei confronti delle problematiche, accresce la consapevolezza di essere anch’essi soggetti delle politiche perché risultano come quegli attori sociali a cui è stato trasferito il potere pubblico (empowerment).

186 Gelli F., (2001), "Condizioni della partecipazione nelle politiche del locale. Aspetti teorici e pratici",

51 Oggi, queste politiche costruite su approcci bottom – up, che ottimizzano le diversità dei luoghi incoraggiando la costituzione di una comunità più coesa, iniziano timidamente a subentrare al posto delle strategie di salvaguardia dei principi funzionali del piano (top – down), infatti attraverso opportuni strumenti di pianificazione e tecniche partecipative, possono rafforzarsi, perché sono capaci ad unire i diversi interessi “[…] che si trovano messi in gioco nelle arene attuali delle decisioni pubbliche […]”187.