COSA SERVE PER INIZIARE
3.6 A PPROCCI , METODI E TECNICHE
Le metodologie e le tecniche, che possono essere diverse in un unico procedimento inclusivo, abbracciano una fase delicata, rappresentata dal passaggio dalla conoscenza alle azioni e costituiscono un quadro teorico ed empirico che, definito da diverse esperienze possono essere applicate in altre circostanze, venendo ad esplicitarsi in incontri tra i soggetti coinvolti, in campagne informative, in sessioni di presentazione di risultati parziali o anche, semplicemente, nell’apertura di uno sportello online per l’interazione tra i soggetti.
Con la seguente trattazione, non ho la pretesa di rappresentare in modo esaustivo tutte le tecniche applicative esistenti data la molteplicità e la natura delle tecniche stesse, in continua trasformazione230. Mi limiterò a tracciare delle indicazioni relative a tecniche interattive, che
attraverso procedure di visualizzazione e di costruzione di scenari futuri, presentano degli
230 Solo Nick Wates ne ha citato 53 nel suo libro “The Community Planning Handbook: How People
68 approcci ovviamente non determinanti, ma utili in base alle circostanze in cui l’amministrazione deve scegliere tra diverse strategie in relazione agli obiettivi prefissati231.
Tuttavia nella fase preliminare assumono un ruolo fondamentale, le tecniche d’ascolto attivo che possono manifestarsi attraverso i brainstorming, i focus group, l’outreach, iniziative di animazione territoriale, punti o sportelli232, o attraverso l’unione di questi approcci. Tutti i
processi inclusivi potrebbero riuscire meglio se emerge subito quali sono le problematiche importanti da sottoporre e quali interlocutori appartenenti alla comunità sono interessati ai processi di trasformazione del territorio233.
Le tecniche interattive sono metodi che favoriscono forme di pianificazione bottom-up e portano al dialogo, dove l’informazione prevede anche reazioni (feedback) nei partecipanti. Il reperimento e l’analisi di tali risposte (commenti, opinioni, integrazioni informative) e lo scambio di informazioni tra i vari attori consentono la formazione di scenari futuri condivisi mediante processi di apprendimento corale tra tecnici e cittadini234.
L’approccio che rispecchia più fedelmente questo paradigma è dato dall’unione delle tecniche che consentano l’utilizzo di sistemi che supportino le decisioni, l’attività di trasformazione e di controllo del territorio, sintetizzando le informazioni in modo interattivo con l’utente attivando con esso nuovi processi anche attraverso strumenti informatici innovativi ed user friendly. Tra tali tecniche è necessario annoverare lo Strategic Choice235, una procedura ciclica di tipo
incrementale e continua dove gli attori si riuniscono “per decidere in condizioni d’incertezza, di urgenza, di carenza di risorse e di conflitti d’interessi”236. In essa le scelte di trasformazione del
territorio vengono preparati e valutati in seguito all’analisi delle diverse opzioni riscontrate
231 Bobbio L., (a cura di, 2004), “A più voci - Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e
cittadini nei processi decisionali inclusivi. Analisi e strumenti per l’innovazione. I manuali”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, p. 55
232 Per un’analisi più dettagliata su queste tipologie, vedi Mela A., (2000), Op. cit., pp. 118-119;
Bobbio L., (a cura di, 2004), Op. cit., pp. 66-75; Sclavi M., Romano I., Guercio S., Pillon A., Robiglio M., Toussaint I., (2002), “AVVENTURE URBANE, progettare la città con gli abitanti”, Editrice Elèuthera
233 Bobbio L., (a cura di, 2004), Op. cit., p. 76 234 Bobbio L., (a cura di, 2004), Op. cit., pp. 77-79
235 Tale approccio è stato fondato a Londra nel 1963 da alcuni ricercatori dell'Institute for Operational
Research (IOR), successivamente è stato sviluppato fino a divenire un metodo di pianificazione, che ha visto numerose applicazioni in Gran Bretagna e in Olanda. In Italia il metodo è stato sviluppato in particolare dal Prof. Alessandro Giangande del Dipartimento di Progettazione e Scienza dell’Architettura (Università Roma Tre)
236 Giangrande A., (2005), “Un contributo critico alle proposte preliminari di regolamento e normativa”
in Scandurra E., Modigliani D., “Metodi e procedure di partecipazione alle trasformazioni e alle scelte urbanistiche”, Università di Roma La Sapienza e Comune di Roma, Roma, p. 102
69 puntualizzando la flessibilità che la scelta adottata deve avere nel caso si riscontrino conflittualità.
La ciclicità dell’approccio ideale dello Strategic Choice237 è fondata sull’interrelazione tra le
seguenti procedure: Visioning, Strategic Choice e Pattern Language.
La prima di esse, il Visioning, prevede l’invito degli attori interessati alla partecipazione in workshops, esposizioni, seminari con l’intento di decidere coralmente nuovi scenari futuri. Abdul Khakee238 individua tre famiglie di scenari (scenari esperti239, ibridi240 e partecipati per lo
sviluppo sostenibile) e tenta di rispondere alla domanda su che cosa possa garantire il successo agli ultimi “essendo noto quello limitato delle precedenti generazioni”. Gli sforzi disciplinari sono sempre più tesi all’aumento della componente democratica, intesa spesso come aumento della possibilità partecipativa nei contesti d’azione.
Gli scenari ai quali si riferisce Khakee, o ai quali ci si riferisce generalmente nel discorso disciplinare, non sono semplicemente delle rappresentazioni o delle immagini spaziali. Essi comprendono molteplici aspetti del possibile futuro. Qui si affronta nello specifico il problema
237 Per approfondimenti vedi il testo di Friend J. K., Hickling A. (2004), “Planning under Pressure: the
Strategic Choice Approach” (terza edizione), Elsevier, Oxford
238 Per approfondimenti vedi i testi Khakee A., (1999), “Scenari partecipativi per lo sviluppo
sostenibile: temi metodologici”, Urbanistica n° 112, pp. 161-169; Khakee A., (2000) “Alternative scenarios for sustainable development: some methodological issues”, in Maciocco G., Marchi G. (a cura di), "Dimensione ecologica e sviluppo locale: problemi di valutazione", Franco Angeli Editore, Milano, pp. 65-72
239 Tali scenari costituiscono la prima generazione e si son stati sviluppati durante gli anni cinquanta e
sessanta. Le sue basi metodologie sono basate su: 1) un approccio di tipo top-down in cui sussiste una considerevole libertà per gli esperti nella risoluzione di problemi; 2) una generazione di conoscenza comprensiva; 3) analisi degli ambiti sviluppati da esperti che rappresentano le varie discipline (anche se poi il potere decisionale spettava ad un solo esperto o un unico gruppo di esperti). Negli anni settanta si manifesta la consapevolezza che in tal senso non vengono soddisfatte le aspettative di vari gruppi di interesse.. Khakee A., (2000), Op. cit., pp. 67-69
240 Tali scenari costituiscono la seconda generazione e derivano da una generalità di incertezza
"quantitativa" e "qualitativa" che richiede una gestione dell’incertezza piuttosto che una decisione di incertezza. Si iniziano a ipotizzare nuove relazioni e negoziazioni bilaterali tra settore pubblico e privato. Le sue basi metodologie sono basate su un approccio metodologico caratterizzato da giudizi ragionati volti ad analizzare le probabilità di specifici problemi. Ma nonostante la diversità con gli scenari esperti, gli scenari ibridi presentano delle problematiche comuni, quali ad esempio una limitazione della partecipazione pubblica. In questo contesto la conoscenza scientifica, che ha priorità sulla conoscenza intuitiva, non è in grado di prevedere l'impatto della globalizzazione. Negli scenari ibridi così come negli scenari esperti, essenzialmente gestiti dallo stato, non è prevista nessuna valutazione sugli esiti dei processi decisionali. (Khakee, 1988). Op. cit., pp. 68-69
70 della loro rappresentazione spaziale o visualizzazione e in particolare del tentativo di condivisione di questa rappresentazione241.
Formare scenari futuri significa quindi ottenere predizioni scrupolose, che consentono una “conoscenza essenziale, [che] nel caso degli scenari partecipativi, [è in grado di] esplorare le conseguenze di specifiche decisioni e azioni al fine di [garantire alla popolazione la possibilità di procedere] verso un futuro preferibile”242.
La seconda procedura, Strategic Choice, la cui efficacia consiste essenzialmente nell’agevolare le scelte, adatta le trasformazioni determinate da scelte decisionali in modo tale che si abbia la competenza necessaria per gestire l’incertezza, intrinseca a ogni processo decisionale. L’ultima procedura, la Pattern Language243, definisce invece, un linguaggio comune per progettisti ed
abitanti che definisca opzioni che garantiscano non solo condivisione della proposta progettuale, ma anche qualità e coerenza con il tessuto urbano.
Tra le altre tecniche di interazione si possono annoverare anche l’EASW, l’Action Planning, e genericamente le tecniche di visualizzazione.
L’EASW (European Awareness Scenario Workshop)244 ha come obiettivo uno specifico
interesse verso lo sviluppo tecnologico, sostenendolo affinché risponda attivamente alle reali necessità sociali della popolazione. In tal senso, pone la comunità stessa a chiedersi come poter perseguire obiettivi attraverso la realizzazione di azioni indirizzate verso la tecnologia. A livello pratico l’European Awareness Scenario Workshop interessa diversi attori che appartengono alle seguenti categorie, politici – amministratori, operatori economici, tecnici – esperti, utenti – cittadini, coinvolgendoli in workshop in cui vengono focalizzate due fasi fondamentali: l’elaborazione di visioni future e l’elaborazione delle idee.
Nella prima fase, l’elaborazione di visioni future, ad ogni categoria viene richiesto l’ideazione di due immaginari scenari futuri, che però siano volti a delineare visioni catastrofiche e idilliache. Le prime devono mettere in luce situazioni critiche a forte rischio ambientale o socio culturale, le seconde invece devono prospettare obiettivi desiderabili, quasi ideali.
241 Khakee A. (1999), “Scenari partecipativi per lo sviluppo sostenibile: temi metodologici”, Urbanistica
n° 112, p. 161-169
242 Khakee in Giangrande A., (2005), Op. cit., p. 106
243 Questa procedura è stata concepita e teorizzata a partire dalla fine degli anni settanta, da
Christopher Alexander e dai suoi collaboratori
244 Le sue origini sono danesi ed è stato utilizzato ufficialmente nel 1994 dalla Direzione Ambiente
della Commissione Europea per favorire politiche mirate all’innovazione sostenibile europea. Per approfondire vedi il sito: http://cordis.europa.eu/easw/src/cookbook.htm
71 In una fase intermedia tra l’elaborazione di visioni future e l’elaborazione delle idee, vengono discussi e confrontati gli scenari proposti dalle quattro categorie individuando i quattro più rappresentativi su cui lavorare nella fase di elaborazione delle idee, dove vengono separati i gruppi per farne altri quattro misti in cui ogni attore si occupa di un argomento distinto.
Successivamente si procede con sessioni di brainstorming, dove ogni gruppo che ha elaborato diverse idee e altrettante possibili procedure per il loro svolgimento, ne sceglie massimo cinque da presentare a tutte le altre categorie.
Dopo questa fase in cui son state presentate tutte le idee, viene realizzata una votazione finale che individua le cinque idee più significanti, da tradurre in realtà “attraverso piani di azione congiunti”245.
L’Action Planning è un’altra tecniche di interazione che, una volta individuate le necessità e le problematiche da risolvere in un particolare scenario territoriale, ipotizza linee di intervento attraverso il contributo della comunità locale. Il procedimento che può durare un pomeriggio, una settimana o un mese246, è strutturato in diverse momenti in cui gli abitanti, dopo aver
costruito un’immagine del contesto in cui vivono indicando i caratteri attuali positivi e negativi, vengono invitati ad esprimere ipotetiche previsioni di cambiamento con conseguenti effetti anche qui positivi e negativi. Nella fase finale, vengono individuate linee guida che possano consentire l’attuazione degli effetti positivi prevenendo quelli negativi.
L’Action Planning è sostenuto da uno o un gruppo di moderatori che come altre procedure di progettazione partecipata costituisce una valida opzione alla canonica discussione d’assemblea, perché porta a partecipare anche a quelle persone appartenenti alla comunità che sono meno disposte o meno preparate al dibattito pubblico, consentendo loro piena libertà nel manifestare i propri ideali e le proprie proposte anonimamente247.
Le tecniche di visualizzazione rappresentano altre tecniche di interazione che consentono il passaggio dall’astratto al concreto in cui ad esempio, delle ipotesi progettuali, vengono presentate alla comunità attraverso dei percorsi in cui si uniscono i contenuti supportati da dati e tabelle di analisi, schizzi e bozzetti a mano libera, disegni tecnici e rappresentazioni tridimensionali, simulazioni e prototipi e così via.
L’agevolazione maggiore nel prospettare le informazioni attraverso la visualizzazione, che per consentire un bacino maggiore di utenze può anche essere realizzata tramite supporti online, è
245 Bobbio L., (a cura di, 2004), Op. cit., pp. 80-81
246 Wates N., (2006), “The Community Planning Handbook: How People Can Shape Their Cities,
Towns and Villages in Any Part of the World”, Earthscan Publications, London, UK, p. 24
72 data dal trasferimento delle informazioni stesse dal sistema cognitivo a quello percettivo, ma soprattutto dal fatto che il generico utente può comunque analizzare dati sui quali non possiede conoscenze specifiche, arrivando comunque all’ottenimento di risultati importanti248.
Le tecniche di visualizzazione a supporto dell’analisi dei dati utilizzano strumenti software consentendo l’interazione utente-calcolatore, permettendo un facile accesso a dati memorizzati in un database e mostrando in modo appropriato le informazioni ritrovate.
Lo strumento di visualizzazione fornisce all’utente una vista generale dell’informazione memorizzata nel database allo scopo di aiutarlo nell’analisi dei dati. I dati possono essere visualizzati secondo alcuni attributi principali e attraverso query dinamiche si interroga il database in modo efficiente. Gli elementi visualizzati possono essere anche ordinati e la query può essere affinata dinamicamente per la riduzione dell’insieme dei risultati e per l’aumento della significatività degli stessi.
Attraverso procedure di visualizzazione online, grazie ai principi di interrogazione diretta i responsabili del procedimento, una volta implementato il sistema di dati, possono controllare e gestire dinamicamente il carico delle informazioni, rendendo così possibile reperire all’interno di grandi spazi di dati, informazioni puntuali.
Un esempio dello sviluppo di un software di visualizzazione di database è il progetto FAIRWIS (trade FAIR Web-based Information Services)249 finanziato dalla Commissione Europea e
sviluppato in diverse università europee tra cui l’Università di Bari e la LUISS di Roma, in cui lo scopo è la costruzione di un sistema che offra servizi innovativi online per il supporto dell’organizzazione e della gestione di fiere reali e virtuali.
Il progetto FAIRWIS è rivolto a tre categorie di utenti: organizzatori di fiere, aziende espositrici e visitatori sia professionali che occasionali ed è connesso ad un database che assicura la coerenza dei dati e un loro aggiornamento continuo250.
In un contesto partecipativo, in processi di uso e trasformazione del territorio, si può trovare una valida procedura attraverso gli strumenti WebGis,, che consentono la rappresentazione cartografica online, supportata da software che fanno interagire mappe e dati gestiti da un database. Tali strumenti consentono infatti, attraverso “la scomposizione dell’ambiente [oggetto di] studio in componenti”, la visualizzazione online delle informazioni dando la
248 Buono, P., Costabile, M.F., Di Fonzo M. (2001), “Tecniche di visualizzazione a supporto dell’analisi
dei dati in FAIRWIS”, Atti del Congresso Nazionale su Human-Computer Interaction, HCITALY 2001, Firenze, 26-27 Settembre 2001., p. 2
249 Per approfondire vedi i siti reperibili in http://cersi.luiss.it/fairwis.htm, http://www.ipsi.fraunhofer.de/delite/projects/fairwis/index.html
73 possibilità all’utente remoto di poter visualizzare secondo i propri scopi facendo in tal senso diventare la consultazione interattiva, immateriale ma soprattutto user friendly251.
Il notevole impegno organizzativo richiesto da alcune di queste tecniche potrebbe indurre i partecipanti a scambiare l’informazione interattiva per consultazione. In effetti, la differenza tra le due si trova principalmente in un impegno da parte delle amministrazioni, traducibile in una garanzia da parte loro a considerare le opinioni espresse dalla comunità nel processo decisionale. Affinché i processi di uso e di trasformazione del territorio siano quindi maggiormente efficienti ed efficaci, come è stato sottolineato più volte, è necessario che si disponga di uno strumento pianificatorio flessibile, integrato e interattivo.
In tal senso gioca un ruolo importante la partecipazione indipendentemente dalla tecnica o dall’approccio utilizzato, ma solo se vengono definiti i ruoli e le strutture operative relative al processo, garantendo un’integrazione ed un’attiva comunicazione tra i diversi soggetti e le diverse competenze.
In seconda istanza, è necessario elaborare un ambiente informatico, basato sull’utilizzo di modelli che consentano un Planning Support Sistem252 multifunzionale, proponendosi di
superare la mancanza di flessibilità e interattività tipica dei classici sistemi informatici di aiuto alla pianificazione, che non sono in grado di assistere il pianificatore nella scelta e nell’implementazione dei modelli più adatti al problema specifico.
Tale configurazione concettuale permette una gestione globale dell’informazione, consentendo l’utilizzo e la valorizzazione di tutti i contributi provenienti dai diversi attori e dunque, nei fatti, l’attivazione di una reale partecipazione253.