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Capitolo 2 – La comunicazione sociale non convenzionale

2.4 I principali limiti della comunicazione sociale non convenzionale

L’analisi fin qui effettuata pone in evidente risalto i principali vantaggi dell’applicazione del guerrilla marketing nell’ambito sociale, a spiegazione della sua crescente diffusione tra le organizzazioni non profit italiane e internazionali. Il non convenzionale si è rivelato

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una strategia vincente in quanto consente di combinare l’originalità delle nuove forme di comunicazione, l’inclinazione aggressiva e diretta del guerrilla e la diffusione delle tematiche e dei valori che intende promuovere (Peverini et al., 2009).

A fronte di tanti benefici, però, la comunicazione sociale non convenzionale porta con sé anche alcuni svantaggi e rischi. Alcuni aspetti precedentemente esposti come caratteristiche a favore dell’implementazione del non convenzionale nel sociale, possono essere visti da una differente prospettiva, che ne evidenzia invece possibili effetti negativi. In prima istanza, problema che non riguarda solo l’ambito sociale, i risultati di queste campagne, quando non si tratta di spot pubblicitari, sono spesso non facilmente determinabili. Infatti il non convenzionale non offre la stessa misurabilità della comunicazione più tradizionale, in termini ad esempio di costo-contatto o di persone raggiunte (Cova et al., 2007). Le iniziative di questo tipo non sono inoltre considerabili come un singolo evento, bensì come un processo. Per questo motivo i suoi effetti non sono individuabili immediatamente, ma potrebbe trascorrere un certo lasso di tempo (Hæreid

et al., 2015).

I canali di diffusione non convenzionali, con riguardo sia agli spazi mediali sia ai luoghi fisici, rendono complessa una ripetizione del messaggio. Le iniziative ambient sono realizzate in uno spazio e in un tempo ben precisi; nel web l’effetto virale delle notizie tende a dissolversi in tempi brevi (Peverini et al., 2009).

Al tempo stesso i mezzi e l’imprevedibilità tipica delle iniziative, comportano una notevole difficoltà nel limitare la diffusione delle notizie. Questo può rappresentare un vantaggio in molte campagne sociali, in cui ad esempio l’obiettivo è la sensibilizzazione circa un certo problema o la raccolta fondi. Talvolta, però, come visto, vi è la necessità di raggiungere un target ben preciso cui indirizzare una specifica comunicazione: in tal caso questa scarsa controllabilità può rivelarsi un problema (Hæreid et al., 2015).

Facendo ora riferimento alla natura del guerrilla marketing, abbiamo visto come la creatività e l’originalità delle sue forme siano tra le sue caratteristiche imprescindibili. È fondamentale, però, che tale creatività sia bilanciata con l’efficacia della campagna stessa, e nel caso specifico del contesto sociale, con la sua credibilità. Utilizzare toni e forme plateali, infatti, potrebbe talvolta risultare poco convincente a supporto di cause sociali. Inoltre alcune delle tecniche e dei toni tipici del guerrilla marketing risultano più

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focalizzati sull’intrattenimento che sull’informazione: nel sociale il rischio è dunque che il tema oggetto del messaggio passi in una posizione secondaria rispetto alla forma e che talvolta non rifletta la gravità del problema (Hæreid et al., 2015).

Un ulteriore limite di tale tipo di campagna riguarda i suoi possibili effetti negativi. Lo stile di comunicazione e le tecniche utilizzate nel marketing non convenzionale, infatti, portano con sé il rischio di produrre un effetto opposto a quello desiderato. L’imprevedibilità degli eventi, l’impiego di spazi pubblici, l’utilizzo di linguaggi umoristici in tematiche sensibili, possono causare disturbo e irritazione nei destinatari, e il conseguente respingimento del messaggio (Ay et al., 2010).

Il rifiuto del messaggio può dipendere anche dal fatto che i codici espressivi non convenzionali in molti casi non risultano immediati, implicando uno sforzo di comprensione e interpretazione da parte dei destinatari (Pedrini, 2006).

2.4.1 La questione etica

Nella comunicazione, e specialmente in un settore come quello sociale, risulta ancor più fondamentale rispettare i confini etici, legali e sociali, nonostante l’utilizzo di linguaggi e forme creative e non convenzionali.

L’etica è definibile come “l’insieme dei comportamenti condivisi all’interno di una determinata società, e nel contempo l’insieme delle riflessioni su tali comportamenti” (Peverini et al., 2009, p. 48). Alla luce di ciò è possibile affermare che la comunicazione sociale tratti argomenti eticamente condivisi e si proponga di diffondere l’importanza di aderire a comportamenti corretti da questo punto di vista.

Le tecniche e i linguaggi del marketing non convenzionale si scontrano talvolta con il cosiddetto “doing ethically”, ossia vengono criticate le forme di persuasione utilizzate al fine di convincere i cittadini ad assumere un certo comportamento (Peverini et al., 2009). L’ambient marketing, ad esempio, utilizzando gli spazi della città per le sue campagne, talvolta rischia di risultare come un atto di vandalismo agli occhi dei cittadini: si pensi allo stickering, che invade suoli, panchine o altri spazi pubblici. L’obiettivo di attirare l’attenzione incontra il rischio di irritare le persone, e di apparire come poco rispettoso

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verso la proprietà pubblica, andando a deturparla in modo più o meno invasivo (Ay et al., 2010).

Anche l’ambush marketing, per sua natura non legale, viene spesso etichettato come non etico. Il marketing da imboscata, infatti, rappresenta una minaccia per chi lo subisce, e spesso viola i loro diritti intellettuali, quali il copyright. Molte aziende hanno cercato di difendersi da queste azioni attuando le cosiddette “name and shame”. Si tratta di una strategia di relazioni pubbliche che nasce con lo scopo di screditare pubblicamente chi mette in atto iniziative di ambush marketing, appellandosi al loro non essere legali ed etiche. Sono numerose le denunce effettuate, tanto che i grandi eventi tendono sempre più ad adottare misure preventive e si sta sviluppando una legislazione anti-ambushing (Peverini, 2014).

Alcune tecniche possono anche risultare pericolose: si pensi ad esempio a manifesti pubblicitari affissi lungo le strade. Per loro natura risultano visibili, impattanti e difficilmente ignorabili, e come detto talvolta vengono posizionati appositamente in spazi in cui è inevitabile per le persone osservarli. Ciò, secondo alcuni autori, potrebbe distrarre i guidatori e quindi costituire fonte di pericolo pubblico (Ay et al., 2010).

Allo stesso modo l’utilizzo di un linguaggio provocatorio o umoristico associato a temi sociali, come gravi condizioni, malattie e morte, può risultare moralmente offensivo (Scott

et al., 1990). Questo è vero in particolar modo per le persone che sono coinvolte in prima

persona nella questione affrontata (Gadotti et al., 2010). Questa lettura della situazione è dovuta al pensiero comune che allontanarsi dal realismo e quindi dalla drammaticità delle tematiche sociali possa risultare poco opportuno e rispettoso verso la gravità del problema. Inoltre l’umorismo può essere considerato come un approccio superficiale alla questione, che enfatizza la costruzione della comunicazione più del messaggio stesso. Tra i principali limiti emersi dall’indagine effettuata da Pedrini (2006) sull’impatto di una comunicazione sociale umoristica nei destinatari, vi sono alcuni aspetti etici. Alcuni studenti hanno definito la pubblicità “non adatta”, “non seria”, come una “presa in giro” nei confronti del tema affrontato. Particolarmente esplicativo in tal senso risulta un commento: “non si scherza con la salute”.

Per quanto riguarda il caso specifico della pubblicità, il Codice di autodisciplina pubblicitaria ha dedicato un capitolo del proprio codice proprio alla comunicazione

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sociale. Ciò è avvenuto per le ragioni appena elencate e dunque per l’emergente necessità di regolare campagne che ormai utilizzavano sempre di più linguaggi e toni non propri del contesto sociale. In particolare si fa riferimento all’articolo 46, già precedentemente esposto.

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Capitolo 3 – La ricerca: la percezione della pubblicità