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I problemi in gravidanza: l’aborto e la “nascita” del kūbu.

Corredi delle sepoltire infantil

Capitolo 2: Le prime fasi di vita del bambino.

2.1 Gravidanza, l’ingresso del bambino nella sfera di pensiero dei genitori 243

2.1.2 I problemi in gravidanza: l’aborto e la “nascita” del kūbu.

La perdita del feto era un problema molto sentito, ed escluse le cause della volontà e delle percosse, veniva attribuito alla stregoneria. Esistevano specifici rituali da effettuare per proteggere la gestante, ad esempio in un testo da Assur ―that sorcery does not come neaar to a pregnant woman (and) she not looses her foetus‖.

L‘aborto volontario è considerato un grave abominio, severamente condannato dalla legge (si veda paragrafo 4.1.1), ed in genere associato ad una diffusa degradazione sociale:

―Father Enlil, you have smitten the land until you have (completely) destroyed it. Lord of the nations, the ewe has thrown the lamb...

.... the true bearing mother has thrown her child, the wife of the warrior has thrown the little child, her child...‖250

L‘aborto è un‘eventualità discussa nei codici di leggi mesopotamici e nella legislazione biblica e ittita, quando si tratta di aborto indotto da percosse, le punizioni e le multe sono variate a seconda di quanto avanzata era la gravidanza interrotta, alle circostanze ed allo status sociale della donna. La pena di morte era prevista per la madre che si fosse auto- provocata una aborto. Nonostante ciò sono presenti dei testi medici riguardanti le tecniche e i farmaci per stimolare l‘aborto251

. Ad esempio, esisteva una pianta, dā‟iku ―the killer‖, o ―plant for not giving birth‖ che veniva probabilmente usata come contraccettivo ―del giorno dopo‖. Secondo l‘ipotesi di Lewis, la pianta potrebbe essere identificata con lo zafferano od una pianta simile, tossico in grandi quantità, che preso nella giusta dose avrebbe provocato delle contrazioni sufficienti a non uccidere la madre ma ad eliminare l‘eventuale embrione. La teoria si basa su un confronto letterario: la madre di Sargon di

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Cohen CLAM I 1988 lamentazione bilingue apud Stol 2000

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Akkad, nella leggenda, è una sacerdotessa (che non avrebbe dovuto avere figli) e vive nella città di Azupirānu che significa ―saffron‖.

L‘aborto naturale poteva anche essere causato da imprevedibili fattori esterni, come infezioni derivate dall‘alimentazione, o virali che indebolivano la donna portandola alla perdita del feto. Tra le cause naturali note oggi ci sono anche malattie dell‘utero, malformazioni congenite problemi di attecchimento della placenta ecc.... In antico nulla di tutto questo era noto e le donne con questo genere di problemi venivano classificate come incapaci di trattenere il feto, è noto un solo caso in cui sembra di intuire una malformazione uterina, in SpbTU I 43:31 è citato un ―womb that is twisted‖. In questi casi venivano usati dei rimedi di cui ci giunge documentazione da Assur: Vi sono ricette per la preparazione di medicamenti a base d‘ossa animali da introdurre nella vagina della donna con lo scopo di impedire l‘aborto. Anche nella Babilonia Seleucide si cercava di porre rimedio all‘aborto con la farmacia, con pozioni preparate con topi, minerali acqua ed olio da far bere alla donna.

Un altra possibilità di perdita del feto, che riguarda le fasi più avanzate della gravidanza, è la morte del feto nell‘utero. In questo caso, spesso dovuto ad un colpo violento preso dalla madre, o dal soffocamento del feto col cordone ombelicale, anche la vita della madre era fortemente a rischio in quanto la decomposizione del feto morto poteva provocare una grave infezione fino a portare alla morte: ―the child is dead in my belly since one month and nobody takes care of me. If it is the mood of my Lord: let me not die‖ è la preghiera di una schiava al suo padrone per poter ricevere le cure di un medico che asporti il feto morto dal suo grembo252.

La conseguenza più drammatica dell‘aborto era la perdita del bambino e quanto ne sarebbe seguito, il rischio che si trasformasse in un demone kūbu (vedere paragrafo 1.2). Vi erano diversi modi per definire il bambino abortito:

 kirṣu ―coagulo‖ il bambino abortito nel primo trimestre  nīd libbi ―what has been thrown from the belly‖

 edamukku ―product of a premature birth‖

 eṣmu ―bone‖ un altro termine figurato per feto morto

kūbu ―foetus‖ o ―colui che non ha mai succhiato dal seno della madre‖ il bambino

morto nelle fasi finali della gestazione o nato morto

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sag.itu.nu.til.la ―who does not complete the month‖ equivalente sumerico del kūbu  a.ba.gar.ra ―situated in its water‖

Il kūbu non era un embrione ma piuttosto un feto con forma umana già ben definita, quindi almeno al VI mese di gravidanza, molto vicino alla vita che aveva perso. Veniva esorcizzato con incantesimi e raffigurazioni in modo che non potesse nuocere ai vivi. ―Just as a child of a miscarrying woman does not persist, just as an abortition does not take it‘s mother breast‖ (SpbTU I 44) è un esempio degli incantesimi che venivano utilizzati. Le immagini, molto comuni per esorcizzare i demoni in generale, per quanto riguarda il kūbu sono invece molto rare, forse a causa del dolore che provocava la perdita di un figlio che perciò impediva di raffigurarlo. Tuttavia dalle poche raffigurazioni pervenute si può derivare qual era, secondo la mentalità dell‘epoca, l‘aspetto di un feto all‘interno del ventre materno (Figura 119). Vi sono degli elementi realistici: la mancanza di capelli, le coste e le vertebre ben in evidenza, la magrezza (un feto è piuttosto scheletrico fino all‘ottavo mese, in cui smette di crescere di misura ed inizia ad accumulare massa) una posizione rannicchiata che ricorda vagamente la posizione fetale. Si può pertanto presumere che chiunque abbia prodotto queste raffigurazioni ha tentato di copiare quello che era un feto abortito almeno al VI o VII mese di gestazione253.

I kūbu sono associati a divinità dell‘oltretomba, sono ―the offspring of the Queen of the Nether World‖ e hanno influenza negativa sia sugli adulti che sui bambini. La figura negativa talvolta viene però mitigata negli incantesimi: vi sono formule in cui si chiede al kūbu di prevenire l‘aborto, e in quei casi che sono stati esauditi si ringrazia il demone onorandolo nel nome del bambino, ad esempio ci sono nomi come ―Servant of the

kūbu‖, ―My kūbu is my strenght‖.

Un dramma peggiore dell‘aborto era l‘impossibilità ad avere figli. Le donne cercavano soccorso in preghiere agli dei ed incantesimi: ―grant me a child and a heir, let my womb be my

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Si tratta dell‘opinione di chi scrive in quanto né Stol né Parayre forniscono ipotesi sull‘origine dell‘iconografia. Le corrispondenze con quelle che sono le reali fattezze di un feto sono sorprendenti in un‘epoca in cui raramente le raffigurazioni erano realistiche.

Figura 119

Raffigurazione di kūbu in bronzo, da Larsa (Cincinnati Art Museum, Parayre 1997 fig. 10b)

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afterbirth‖, ma nel caso non ci fosse nulla da fare erano costrette a rinunciare alla maternità e spesso decidono col consorte per l‘adozione di un bambino.

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2.1 Il parto: l’immagine del cargo di una nave e gli incantesimi di