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I profughi ebrei nei “campi per indesiderabili”

Le Displaced Persons ebree e la società italiana

III.3 I profughi ebrei nei “campi per indesiderabili”

Nei primi mesi del 1946, alcune centinaia di ebrei stranieri -ma è molto difficile stabilirne il numero preciso – furono classificati come ―indesiderabili‖ ed inviati in strutture che non erano gestite né dall‘UNRRA né dall‘IRO, né da altri enti nazionali o internazionali ebraici. Si trattava di ―centri di raccolta per profughi stranieri‖, in alcuni casi indicati nella documentazione ufficiale con la formula ―campi di concentramento per stranieri indesiderabili‖137. Venivano considerati ―indesiderabili‖: «gli stranieri che si erano compromessi con i passati regimi, quelli che avevano commesso reati, quelli che, senza documenti, vagavano per il Paese e avevano cercato di entrarvi clandestinamente»138. In un primo momento, essi furono gestiti dalla ―Sottocommissione di Pubblica Sicurezza (PS)‖ e quella per i profughi e rimpatri139; a partire dal 1946, gli ―indesiderabili‖ cominciarono però

136 Si veda anche Kokkonen, op. cit., cap. 8. 137

Si veda: C. Di Sante , Stranieri indesiderabili, op. cit., soprattutto p. 39-42.; Pe un ulteriore approfondimento, si vedano anche: M. Sanfilippo, Per una storia dei profughi stranieri nei campi di accoglienza e di reclusione nell‟Italia del secondo dopoguerra, in ―Studi Emigrazione‖, a. XLIII, 164, 2006, pp. 835-856; C. Di Sante, I Campi profughi in Italia (1943-1947), in G. Crainz, R. Pupo, S. Salvatici ( a cura di), Naufraghi della Pace, op. cit.,pp. 143-156.

138 C. Di Sante, op. cit., p. 40. 139

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ad essere inviati nei campi gestiti dalle autorità italiane; essi «rimasero a disposizione della ―Commissione Alleata‖ che ne poteva decidere il possibile rimpatrio o l‘emigrazione, mentre spettava al governo italiano garantirne la vigilanza e la sussistenza fino a dicembre dello stesso anno […] quando la giurisdizione passò interamente sotto la responsabilità del Ministero dell‘Interno»140

. Da questi luoghi, deputati alla reclusione degli stranieri considerati pericolosi per la pubblica sicurezza, non si poteva uscire se non a fronte di particolari permessi o del rilascio definitivo, concesso solo in caso di rimpatrio. Le condizioni all‘interno di queste strutture erano a dir poco precarie; la mancanza di beni di prima necessità, la diffusione di diverse malattie ed un‘assenza totale di assistenza sociale, economica e culturale rendevano la vita quotidiana delle persone costrette a rimanere all‘interno di queste strutture particolarmente difficile.

Le ragioni per cui, tra gli ―indesiderabili‖ inviati in queste strutture, finirono anche centinaia di ebrei stranieri potevano essere differenti: errori, mancanza di informazioni corrette141, reati non gravi come l‘attraversamento illegale della frontiera, l‘assenza o uso di documenti falsi e, in alcuni casi, l‘accusa di pratica della ―borsa nera‖, che era un‘attività, come noto, assai diffusa nel dopoguerra. I fermi avvennero soprattutto tra la primavera del 1946 e l‘autunno del 1947. In quel periodo infatti i sospetti nei confronti dei profughi ebrei presenti in Italia e la percezione della loro pericolosità sociale e politica aumentarono sempre di più142; la situazione si complicò ulteriormente soprattutto in seguito all‘attentato all‘ambasciata inglese a Roma, avvenuto il 31 ottobre del 1946143. Tra l‘estate del 1945 e quella del 1946, le conseguenze delle tensioni in Palestina si fecero sentire anche in Italia; le nuove misure restrittive imposte dal ministro degli Esteri Bevin esacerbarono sia gli animi

140 Ibidem.

141 Ivi, p. 39.

142Si vedano i documenti in (a cura di) Caridi et alii, 1946-1947, Documenti per la storia, Fiap, Roma, 1987, pp. 55- 71.

143 Come noto, quest‘ultimo s‘inserì in un climax di violenze che erano avvenute in Palestina nei mesi precedenti, all‘interno di un delicatissimo scenario politico internazionale. Le elezioni politiche del luglio del 1945 in Gran Bretagna, che avevano portato alla vittoria un governo laburista, si rivelarono, contrariamente alle aspettative, una grande delusione per la leadership sionista. La linea del Ministro degli Esteri Bevin sulla questione palestinese fu molto dura, contraddistinta dal mantenimento del blocco degli ingressi, così come previsto dal Libro Bianco del 1939, e dal rafforzamento della presenza militare nell‘area. La situazione politica in Palestina divenne sempre più incandescente, esasperata anche da una serie di attentati contro il contingente militare britannico; il picco più alto venne raggiunto il 22 luglio 1946 con esplosione all‘hotel King David di Gerusalemme, che causò la morte di 91 persone. Si veda M. Toscano, op. cit., pp. 103-148, A. Villa, op. cit., pp. 238-248. Per un approfondimento: B. Morris, Vittime, BUR, Milano, 2001, pp. 225-226.

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delle DPs che quelli di molti ebrei italiani. Un‘edizione straordinaria di Israel, datata 2 luglio 1946, intitolava ―Brutali ed inique misure repressive in Palestina‖144

e definiva un ―tragico errore‖, una ―prepotenza in atto‖ i nuovi provvedimenti imposti dagli inglesi agli ebrei che vivevano in Palestina. Sempre secondo Israel, la gravità della situazione suscitò in quei giorni «la più vivace reazione negli ambienti ebraici più disparati e segnatamente tra i sionisti ed i profughi» 145, ovvero:

Nelle riunioni convocate d‘urgenza dalla Unione delle Comunità, dalla Federazione Sionistica Italiana e dall‘Organizzazione dei Profughi Ebrei in Italia è apparso subito opportuno dar corso ad espressioni di protesta e conviene coordinare l‘azione dei vari enti. Pertanto fin dalle ore antimeridiane di domenica, in una seduta comune convocata presso la Sede dell‘Unione della Comunità, veniva costituito un ―Comitato di Emergenza‖ composto dai presidenti dei tre enti che rappresentano autorevolmente e al completo gli ebrei in Italia e cioè del Rag. Raffaele Cantoni, dell‘Avv. C.A. Viterbo e Presidente della F.SS. e del Dr. Garfunkel Presidente dell‘organizzazione dei Profughi Ebrei in Italia. […] In accoglienza delle richieste pervenute da più parti e in conformità di accordi presi perché la manifestazioni avvengano simultaneamente in tutta Europa […]. Le manifestazioni consisteranno soprattutto in un digiuno dall‘alba al tramonto […]. Tale espressione di dolore e di solidarietà con gli Ebrei Palestinesi sarà accompagnata dalla sospensione di ogni lavoro ebraico dalle ore 10 alle ore 12 della stesso martedì 2 luglio. (…) Infine è disposto che in ogni grande comunità si organizzino riunioni all‘aperto o in locali pubblici, con largo invito ad ebrei e a non ebrei […]146

.

La manifestazione romana del 2 luglio si svolse fuori del recinto del Foro Romano, nelle immediate vicinanze dell‘Arco di Tito; quel giorno intervennero l‘Avv. Viterbo, Raffaele Cantoni, Garfunkel, con un discorso in yiddish, l‘on. Grisolia del Partito Repubblicano Italiano, il chaver Berì, a nome dell‘He-Chaluz e il prof. Ugo della Seta. Al termine degli interventi, l‘Avv. Viterbo diede una triplice lettura - in italiano, yiddish e inglese - di una mozione in cui si condannava fortemente la politica del governo britannico e si chiedeva l‘apertura immediata delle porte della Palestina agli ebrei147

. Contestuali manifestazioni

144 ―Brutali ed inique misure repressive in Palestina‖, Israel, anno XXXI, n. 42, Roma, 2 luglio 1946. 145 ―La vivace reazione in Italia‖, in ibidem.

146 Ivi.

147 ―Mentre in Palestina continua la repressione spietata gli Ebrei di tutto il mondo riaffermano la loro fede nei desini d‘Israele‖, Israel, Anno XXXI, n. 63, Roma, 4 luglio 1946.

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furono organizzate anche ad Ancona, Bari, Ferrara, all‘hachshara ―Kadima‖ (Avanti!),

Firenze, Genova, Lucca, Milano, Mantova, Napoli, Torino148.

Se, in generale, la stampa guardava con favore a queste manifestazioni149, è bene tenere presente che l‘estate del ‘46, su questo fronte, fu particolarmente vivace in Italia. Vi erano diffuse preoccupazioni, da parte delle autorità italiane150, circa la presenza nella penisola di un nucleo attivo dell‘Irgun, per quanto nettamente osteggiato dai rappresentanti dell‘ebraismo italiano e dalla leadership dei profughi stranieri, ma anche i timori di disordini sociali e politici nei campi. L‘attentato del 31 ottobre, sebbene non avesse mietuto vittime, segnò un ―turning point‖ per l‘esistenza dei profughi ebrei in Italia151, poiché comportò l‘inasprimento delle misure nei loro confronti: arresti, perquisizioni ed interrogatori, che generalmente si concludevano in un nulla di fatto.

La prima struttura ad essere riutilizzata con lo scopo di concentrarvi ―stranieri

indesiderabili‖ fu quella di Fossoli. Allestito nel 1942 come campo per prigionieri di guerra,

come noto, a partire dal 1943, fu il principale campo italiano di concentramento e transito per la deportazione di oppositori politici ed ebrei (Polizei- und Durchgangslager)152. Subito dopo la Liberazione, la struttura venne riaperta come campo per detenuti fascisti internati nell‘Italia settentrionale153; successivamente, nei primi mesi del 1946, gli alleati, in collaborazione con gli organi di Polizia Italiani, decisero di inviare presso questa struttura gli stranieri ―pericolosi‖ e dunque in attesa di rimpatrio154

.

Nella primavera del 1946, la notizia della sua riapertura - ma soprattutto della presenza al suo interno di giovanissimi ebrei anche reduci dai lager- irruppe sulla stampa locale e nazionale italiana. Ad essere pubblicata fu anzitutto la notizia della fuga dal campo di Bialek

148 ―Le manifestazioni di protesta contro gli eccessi britannici in Palestina‖, Israel, Anno XXXI, n. 44, Roma, 13 luglio 1946. 149 Toscano M., op. cit., p. 106.

150 Caridi et alii, op. cit. 151 Kokkonen, op. cit. p. 68. 152

Per un excursus sulla storia di Fossoli si vedano almeno: A. M. Ori, Il Campo di Fossoli. Da campo di prigionia e deportazione a luogo di

memoria, Carpi 2004 e il recente A. Herr, The Holocaust and compensated compliance in Italy: Fossoli di Carpi, 1942-1952, Palgrave

Macmillan, 2016; si veda anche C. Di Sante, op. cit., pp. 15-35.

153 Della riapertura finalizzata a questo scopo ne diede notizia anche la stampa locale; si veda ―Il ripristino del Campo di concentramento di Fossoli‖, Unità Democratica, 5.09.1945.

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Israel, un ebreo quattordicenne originario della Costa Azzurra155, ma molte proteste furono originate pure da una lettera di lamentele inviata al Joint da Arje Barun, un altro profugo ebreo156. In seguito al diffondersi di queste notizie, nel giugno del 1946, Alessandro Teodoro Sznejberg, rappresentante dell‘Organizzazione dei profughi ebrei in Italia, ottenne il permesso di visitare il campo di Fossoli:

Il 19 giugno 1946 fui ricevuto dal Dott. Migliori, Capo Divisione di P.S. presso il Ministero dell‘Interno Italiano, al quale presentai le lettere e certificati concernenti lo scopo della mia visita a Fossoli, datami gentilmente dal dott. Levine, Direttore del Comitato Distrettuale congiunto americano Roma, dal D. H.W. De Salis, Direttore della Croce Rossa Internazionale in Italia, Roma e dal Dr. Sorrani, Unione dei Comitati ebraici in Italia, Roma. Il Dott. Migliori mi presentò il Comandante Generale della Polizia Italiana al Ministero degli Interni al quale anch‘io spiegai lo scopo della mia visita e gli chiesi di rilasciarmi il permesso per visitare il campo157.

Nel corso di questo incontro, dopo che Sznejberg sottopose il problema dei profughi ebrei detenuti a Fossoli e manifestò la necessità di effettuare una visita per verificare le ragioni della loro permanenza in quella struttura, gli altri due interlocutori -il Capo Divisione della Pubblica sicurezza e il Comandante generale della Polizia Italiana- espressero la loro posizione sugli ebrei relegati a Fossoli e sui profughi giunti clandestinamente sul territorio italiano, per affermare che,

Nonostante le precarie condizioni economiche in cui la popolazione italiana sta vivendo, il Governo e le Autorità d‘Italia desiderano dimostrare reale ospitalità versi i rifugiati ebrei che aspettando qui la possibilità della loro ulteriore emigrazione e loro lo fanno senza riguardo al fatto che la maggior parte di quei rifugiati vennero qui, come loro sanno, in via illegale. Loro non possono tuttavia tollerare qualsiasi abuso di quella ospitalità da parte dei rifugiati e sono obbligati ad isolare quelli tra i rifugiati ebrei che ne abusarono158.

Proseguì poi Sznejberg, nel suo resoconto di questo incontro, sottolineando che,

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A. Villa, op. cit., p. 253; Di Sante C., p. 52. 156 C. Di Sante, op. cit., p. 52-53, A. Villa, p. 253.

157 Aucei, Il fondo ―Attività dell‘UCII dal 1934″, serie: Enti assistenziali, b. 43 C, f. 43 C-31, Fossoli, Rapporti con i ministri, ―Una visita al campo di concentramento in Fossoli di Carpi, Rapporto presentato al Comitato Centrale dell‘Organizzazione dei Rifugiati Ebrei in Italia, Roma, da Alessandro-Teodoro Sznejborg‖. Documento citato anche da A. Villa, op. cit. 255; Di Sante, op. cit. p. 55.

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Alla mia domanda circa le condizioni del rilascio di quella gente, il Capo della Polizia Italiana disse che quegli uomini potrebbero essere difficilmente liberati dal campo di Fossoli finché non riceveranno i permessi di immigrazione verso qualsiasi altro paese. Le autorità italiane non intendono rimandarli al loro paese di origine, ma non sembrano di essere in condizioni di rilasciarli finché la possibilità della loro immediata emigrazione sarà garantita159.

Il Capo della Polizia accordò dunque a Sznejberg il permesso per la visita e gli affidò una lettera per il Prefetto di Modena, che questi avrebbe dovuto a sua volta consegnare al Questore il 21 giugno, data del suo arrivo in città. Nel giorno stabilito, subito dopo il suo arrivo, quest‘ultimo mise a disposizione di Sznejberg un‘auto della polizia, che lo avrebbe condotto in visita al campo. Fu presente anche il dir. Amadosi, che era stato il direttore del

campo di Fossoli nel corso del ‗44 e Commissario di Polizia della Questura di Modena160

. Dal rapporto presentato da Sznejberg, apprendiamo diverse informazioni sulle condizioni di vita all‘interno di questa struttura. Colpisce anzitutto il fatto che il campo fosse «circondato da mura e filo spinato»: si trattava infatti di un elemento che, anche visivamente, rimandava all‘idea - ed allo spazio - del campo di concentramento. Anche nel dopoguerra, gli ebrei continuavano evidentemente ad essere considerati come elementi pericolosi. All‘interno del campo vivevano «138 prigionieri, 116 uomini e 22 donne »; tra questi vi erano «8 russi, 22 greci, 8 ungheresi, 34 jugoslavi, 17 polacchi, 20 tedeschi, 7 rumeni, 1 francese, 5 albanesi, 1 svizzero, 1 birmano, 1 arabo dagli U.S.A., 2 spagnoli, 1 bulgaro, 1 americano, 1 olandese, 5 italiani non verificati». La maggior parte di essi «fu detenuta per l‘illegale passaggio della frontiera, e perché la loro posizione giuridica quali stranieri in Italia non poteva essere chiarita. I casi criminali costituiscono soltanto una piccola percentuale». Per quanto riguardava le condizioni di vita nel campo il vitto era composto da «400 grammi di pane, 100 di maccaroni, 100 di vegetali, 5 di patate, 10 di olio, 10 di cipolla, 4 di salsa di pomodoro, una volta la settimana 100 di carne». Più complessa era la situazione del vestiario:

159 Aucei, Il fondo ―Attività dell‘UCII dal 1934″, serie: Enti assistenziali, b. 43 C, f. 43 C-31, Fossoli, Rapporti con i ministri, ―Una visita al campo di concentramento in Fossoli di Carpi, Rapporto presentato al Comitato Centrale dell‘Organizzazione dei Rifugiati Ebrei in Italia, Roma, da Alessandro-Teodoro Sznejborg‖.

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[…] gli abitanti del campo non ricevono alcun capo di vestiario dalla amministrazione del campo perché l‘amministrazione non ne ha a sua disposizione. Molta gente va senza scarpe dopo che il loro unico paio che loro avevano è completamente consumato. Molta gente non ha biancheria personale e vestiti da cambiarsi e questo è, certamente, un pregiudizievole effetto sulle condizioni sanitarie nel campo161.

Per quanto riguardava invece le condizioni sanitarie:

Data l‘esistenza delle docce nel campo le condizioni sarebbero tollerabili, se la mancanza di vestiario e la totale mancanza di sapone non esistessero così deficientemente. Quella mancanza tuttavia, rende quasi impossibile ogni miglioria di condizione sanitaria. Circa le condizioni di salute, ci sono parecchi casi di malattie veneree e si fa rilevare che sia gli uomini che le donne affetti da tali malattie non sono separati dal resto della popolazione dea campo162.

Le condizioni del campo apparvero dunque piuttosto problematiche e, pur non essendo registrati problemi di convivenza tra le diverse nazionalità – almeno stando a questo report – né episodi di violenza, diverse erano le necessità che si ponevano al fine di un miglioramento delle condizioni generali di vita. Oltre a quanto emerso, vi erano altre richieste: «Loro reclamano, tuttavia, di sentire la mancanza dei libri, giornali ecc. Molti di loro desidererebbero imparare a sviluppare le loro condizioni. Si fa rilevare la percentuale degli intellettuali fra i prigionieri è considerevolissima, specialmente fra gli jugoslavi». Quanto descritto nel report valeva naturalmente anche per i 19 ebrei che in quel momento vivevano nel campo, di cui venivano fornite diverse informazioni:

[…] 12 di loro sono di origine polacca, 6 provengono dalla Romania e uno dall‘Ungheria. Io parlai a tutti loro […] e ebbi pure l‘opportunità di avere una breve conversazione privata con ognuno di loro. Come risulta dalla tabella acclusa, la maggior parte di quei rifugiati ebrei erano detenuti per passaggio illegale della frontiera, generalmente dall‘Italia alla Francia. Io chiesi loro il perché circa le loro fughe attraverso la frontiera, ricevetti sempre la stessa risposta: ―Rimasi solo di tutta la mia famiglia, perché i nazisti uccisero tutti i miei parenti, appresi che alcuno della mia famiglia era riuscito a mettersi in salvo e viveva in Francia. Non avendo più parenti nel mondo decisi di unirmi a questa sola persona che rimaneva viva della mia famiglia‖. […] Si fa rilevare che soltanto 3 di quei 19 rifugiati ebrei erano detenuti per misfatti criminale, due per

161 Aucei, Il fondo ―Attività dell‘UCII dal 1934″, serie: Enti assistenziali, b. 43 C, f. 43 C-31, Fossoli, Rapporti con i ministri, ―Una visita al campo di concentramento in Fossoli di Carpi, Rapporto presentato al Comitato Centrale dell‘Organizzazione dei Rifugiati Ebrei in Italia, Roma, da Alessandro-Teodoro Sznejborg‖.

162 Ibidem.

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misfatti amministrativi e 14 per aver tentato di attraversare la frontiera. 17 di quelle persone dissero che loro desideravano ad andare in Palestina, uno desideroso di andare negli Stati Uniti ed uno nel Belgio163.

A chiusura della relazione, Sznejborg allegò la lista dei 19 rifugiati ebrei a Fossoli al giorno 22 giugno, comprensiva di una breve scheda biografica per ognuno di essi:

1. Biedak Mones, nato a Vodzislaz (Polonia),1927.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 2. Blaze Israele, nato a Lodz (Polonia), 1930.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 3. Bialek Israel, nato a Lodz (Polonia), 1931.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 4. Szutucki Israel, nato Pietrkow (Polonia),1929.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 5. Katz Pilip, nato a Kolomyin (Polonia),1915.

Motivo dell‘arresto: abbandono campo Torino senza permesso 6. Selinger Haskiel, nato a Boryslaw (Polonia), 1914.

Motivo dell‘arresto: furto

7. Ferber Albert, nato a Lodz (Polonia), 1926.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 8. Weisberg Samuel, nato a Lodz (Polonia), 1926 (americano).

Motivo dell‘arresto: Passaggio illegale della frontiera 9. Szwerdszaft Fissel, nato a Krasnik (Polonia), 1923, (belga).

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 10. Chumbraum Arie, nato a Budapest, 1925 (ungherese).

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 11. Tlosz Jan, nato a Lublino (Polonia), 1928.

Motivo dell‘arresto: abbandono del lavoro 12. Lipszycki Janek, nato a Krosno (Polonia),1922. Motivo dell‘arresto: contrabbando sigarette 13. Haber Josef, Sedziszow, (Polonia), 1916.

Motivo dell‘arresto: avvicinatosi frontiera 14. Desider Jakob, nato a Cruj (Romania), 1923.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 15. Godhagen Paul, nato a Czernowitz (Romania), 1923.

Motivo dell‘arresto: furto

16. Rub Haskel, nato a Bacsu (Romania),1926. Motivo dell‘arresto: usava nome falso 17. Fischer Carlo, nato a Tichina (Romania),1900.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 18. Marcovici David, nato a Iasi (Romania),1925.

Motivo dell‘arresto: passaggio illegale della frontiera 19. Feldman Carol, (al presente in Ospedale a Carpi), rumeno164.

163 Ibidem.

164 Ibidem.

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Come è stato rilevato nella sua relazione, la visita di Sznejborg suscitò preoccupazioni da parte del governo italiano, soprattutto per le posizioni che le associazioni ebraiche internazionali, impressionati per le condizioni degli ebrei a Fossoli, stavano assumendo rispetto a questa questione:

Le relazioni e le proteste degli enti assistenziali ebraici avevano messo in allarme il Ministero degli affari esteri rispetto a possibili ripercussioni internazionali. Il direttore della sezioni affari politici del Ministero, conte Zoppi, preoccupato delle intenzioni delle comunità ebraiche e del Joint, che volevano denunciare ai giornali le condizioni in cui erano costretti a vivere gli ebrei internati a Fossoli, inviò una lettera ed un promemoria al capo divisione della PS. Nella missiva, si sottolineava come il governo non doveva ―sottovalutare le ragioni che consigliano di trattare gli ebrei rifugiati in Italia nel modo più benevolo possibile. Si ricordava ―l‘importanza politica che hanno le organizzazioni ebraiche nel mondo‖ e come ―l‘atteggiamento nei nostri riguardi dipenda in buona parte dal trattamento fatto ai rifugiati ebrei in Italia‖165

.

Fin dalla primavera del 1946, anche la Comunità ebraica di Modena, soprattutto attraverso il suo presidente Gino Friedmann, ebbe un ruolo fondamentale nell‘assistenza materiale e legale degli ebrei di Fossoli. In seguito ai reiterati appelli rivolti da quest‘ultimi, il 17 luglio, il rabbino di Modena Raffale Lattes, si recò in visita presso il campo. Come egli