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I pronomi clitici nei college statunitens

Capitolo 5 ANALISI DEI DAT

4 I pronomi clitici nei college statunitens

In questa sezione analizzeremo i sillabi dei corsi di italiano offerti dal College of the Holy Cross e il libro di testo adottato, per indagare sullo studio della lingua italiana e, più specificatamente, dei pronomi clitici nei college statunitensi.

Iniziamo la nostra analisi, riflettendo sulle caratteristiche del sillabo: ad ogni data del semestre si associano strutture della lingua. Diamo un esempio per esemplificare: in data 5 ottobre del sillabo di italiano 101 troviamo «dire, uscire, venire» e «pronomi di oggetto diretto»; in data 16 ottobre, «vocabolario capitolo 6» e «pronomi di oggetto indiretto»; in data 30 gennaio, nel sillabo di italiano 102, troviamo «usi di ne» e «vocabolario del capitolo 11»; in data 1 febbraio troviamo «usi di ci». Risulta chiaro che il sillabo rimandi al libro di testo e che, in prima analisi, ricalchi una certa tradizione di stampo tradizionale: l’obiettivo primario di questi sillabi è indicare la struttura grammaticale e una certa area lessicale che l’apprendente si troverà ad affrontare con l’aiuto dell’instructor.

Ma passiamo ad una analisi del libro di testo.

Il libro di testo adottato a Holy Cross nell’anno accademico 2007/8, piuttosto diffuso negli Stati Uniti d’America, e piuttosto conforme alla media dei testi, è Prego! An

Invitation to Italian. Seguendo le indicazioni di Semplici (2001), diamo una analisi puntuale del materiale didattico iniziando dall’indice. Ogni capitolo è composto da un titolo («Prendiamo un caffè», «Mi sveglio alle 8.00») e da 5 sezioni (talvolta se ne aggiunge una sesta che prende il nome di «Flash culturali»): «Vocabolario preliminare», «Grammatica», «Invito alla lettura», «Videoteca», «Parole da ricordare». Se da un lato, l’indice pone molta attenzione sul tipo di lessico presentato in ogni unità («I passatempi e il tempo libero», «Lo sport e altri passatempi», «Il tempo»), o sugli eventuali ampliamenti socio-culturali («Le nuove passioni sportive degli italiani»), nonché sugli aspetti più specificatamente grammaticali («Presente dei verbi in -ere e -ire», «Dovere, potere e volere; dire, uscire e

venire», «Pronomi di oggetto diretto», «L’ora», «Piccolo ripasso»), poco spazio è dato alle

128 Questa analisi, sebbene si concentri sul College of the Holy Cross, Worcester (Mass.), si affianca all’analisi di altre esperienze di insegnamento della lingua italiana negli Stati Uniti: Boston College, Boston (Mass.) e Assumption College, Worcester (Mass.). A questo proposito, vogliamo ringraziare le prof.sse Susan Amatangelo (College of the Holy Cross), Lucia Ducci (Bston College, College of the Holy Cross) e Rose Mambert (Assumption College, College of the Holy Cross) per l’attenzione dedicataci.

195 indicazioni delle abilità e delle funzioni della lingua che l’apprendente andrà a sviluppare. Un breve confronto con l’indice del libro di testo Quaderno per ascoltare, capire, parlare,

leggere e scrivere in Italiano (Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira”, Firenze) chiarirà il nostro punto. L’indice del testo di cui sopra è composto da 4 sezioni: «Funzione comunicativa», «Scheda Quaderno Conversazione», «Elementi Grammaticali», «Schede Quaderno Grammatica». Prendiamo ad esempio l’unità di lavoro/apprendimento relativa all’elemento grammaticale dei pronomi diretti: sotto «Funzione comunicativa» troviamo «Raccontare, descrivere cambiamenti, leggere e comporre un annuncio immobiliare»; sotto «Scheda Quaderno Conversazione», il numero della scheda di riferimento ed il titolo della medesima «36. Comprare casa. Annunci immobiliari»; sotto «Elementi Grammaticali», «I pronomi diretti»; infine sotto «Schede Quaderno Grammatica», gli autori danno delle corrispondenze tra il Quaderno per ascoltare, capire, parlare, leggere e scrivere in Italiano e il Quaderno di appunti e spunti di grammatica italiana.

Veniamo adesso ad un punto cruciale dell’analisi dei materiali didattici: la presentazione della grammatica. Andiamo al capitolo di presentazione dei pronomi diretti (Lazzarino et al.: 103). Il titolo della sezione è il seguente: «Pronomi di oggetto diretto». L’indicazione di un titolo inequivocabilmente formale rimanda ad una tradizione di tipo grammaticale. La spiegazione esplicita grammaticale avviene dopo un testo che però risulta ad hoc e non autentico. Non solo, il testo è evidentemente poco naturale ed artificioso. Diamo, di seguito, il dialogo presentato all’inizio della sezione.

«ANNAMARIA: Mi inviti alla festa?

CLARA: Certo che ti invito!

ANNAMARIA: Inviti anche Mario?

CLARA: Certo che lo invito!

ANNAMARIA: E Maria?

CLARA: Certo che la invito!

ANNAMARIA: Compri le pizze e le bibite?

CLARA: Certo che le compro!

ANNAMARIA: Prepari panini per tutti?

196 Agli apprendenti non si consiglia di lavorare sul testo: non ci sono attività di comprensione del testo, ed attività di comunicazione sul testo o dal testo. Nell’edizione per gli istruttori, compaiono soltanto delle note di suggerimenti che consigliano di far leggere il dialogo agli studenti e di chiedere loro cosa significhino mi, ti, lo, la, le, li e di creare dei dialoghi simili. Un’analisi attenta mostra come tutta quella parte globale che dovrebbe mettere in gioco l’emisfero destro del cervello e che favorendo la direzionalità porterebbe ad acquisizione (cfr. Danesi 1998, Balboni 2002) sia trascurata in questa unità di lavoro/apprendimento. La funzione del testo è soltanto quella di presentare delle strutture grammaticali.

La spiegazione grammaticale che segue il testo è puntuale e precisa (circa due pagine del libro di testo) e si concentra anche sulle numerose eccezioni e sugli usi particolari relativi ai pronomi (esiste, per esempio, tutta una sezione relativa all’uso dei pronomi con ecco, in strutture del tipo eccola!). Tutte questi usi sono assenti nel testo presentato all’inizio dell’unità.

Le attività proposte alla fine della sezione prendono il nome di «esercizi» e sono di natura decontestualizzata: scelte multiple su “improbabili” pizze o sconosciuti «Signor Costantini», lavori a coppie di tipo manipolativo («Mauro: Vedi la casa? Vincenzo: No non la vedo!»), ricerca di domande appropriate a risposte fornite dal testo. Non solo, ci sono «esercizi» che spingono gli apprendenti ad utilizzare i pronomi in modo artificioso («S1: Scrivi lettere? S2: Sì le scrivo»). Gruppi di controllo forniscono risposte diverse.

Una ulteriore critica che muoviamo a Lazzarino et al. (2004) riguarda l’utilizzo frequente della L1 degli apprendenti: le istruzioni per le attività sono sempre in inglese; i testi presentati all’inizio delle sezioni hanno sempre una traduzione a piè di pagina in inglese. Tutto il testo è pensato per lo studente anglofono. Questo, se può talvolta portare ad effetti benefici, soprattutto quando si tenti di risolvere in modo contrastivo dei nodi grammaticali o culturali complessi, spesso porta in realtà ad un abuso della L1 degli apprendenti. Ci sembra che questa sia una tendenza comune negli Stati Uniti. Analizzando l’importante contributo di Omaggio (2001) all’insegnamento delle lingue negli Stati Uniti, avvertiamo che le stesse critiche possono essere mosse al capitolo “Techniques for Teaching Reading Skills”: presentando dei modelli per sviluppare le abilità di lettura degli apprendenti, Omaggio (2001) fornisce esempi di attività da proporre in classe. Tutti questi esempi, pensati per apprendenti la cui L1 è lo spagnolo o il francese, fanno un uso della

197 lingua inglese secondo il nostro parere ingiustificato. Se vogliamo, per esempio, testare abilità di lettura e comprensione di testi, ai livelli elementari, può essere utile prevedere facili attività di VERO/FALSO o di scelta multipla nella lingua target. Non solo le istruzioni per le attività dovrebbero essere, a differenza che nelle attività presentate in Omaggio (2001), nella L2 degli apprendenti, perché fanno parte integrante dell’unità di lavoro/apprendimento. La nostra tradizione europea prevede l’utilizzo dell’imperativo o dell’infinito della lingua target degli apprendenti.

Per concludere l’analisi del libro di testo, la successione dei contenuti strutturali sembra seguire logiche non di tipo acquisizionale ma di tipo “tradizionale”, intendendo con questo termine tutta una tradizione che si rifà alla classificazione aristotelica delle parti del discorso e che pur rimandando a nozioni di semplicità elaborativa non esplicita i criteri di individuazione di tali parametri di semplicità.

La nostra conclusione riguardo ai materiali didattici nei college statunitensi è che essi siano inadeguati e soprattutto in contraddizione con gli innumerevoli richiami fatti dai laboratori didattici dei college alla competenza comunicativa e ai risultati della ricerca acquisizionale sull’apprendibilità degli indici strutturali. Partendo dalle indicazioni del

Common European Framework,129 Balboni (2002) individua quattro capacità legate al termine competenza comunicativa: «sapere la lingua» (capacità di usare le grammatiche fonologica, grafemica, lessicale, morfosintattica, testuale), «saper fare la lingua» (padroneggiare le abilità linguistiche), «saper fare con la lingua» (capacità di utilizzare la lingua come strumento di azione, competenza funzionale e pragmatica), «saper integrare la lingua con i linguaggi non verbali» (gestuali, oggettuali, prossemici, vestemici etc.). Alla luce dell’analisi dei materiali didattici di cui sopra, risulta evidente la nostra conclusione: i sillabi e i materiali didattici dei college statunitensi hanno un sapore solo vagamente comunicativo ma si affidano alla terminologia e alla pratica di tutta una tradizione glottodidattica che affonda le sue radici nel comportamentismo skinneriano, basato sullo schema stimolo-risposta. Gli effetti di questi approcci di insegnamento sull’apprendimento delle lingue ci porterebbe superficialmente a condividere certe proposte di tutta una tradizione che fa capo a Krashen: l’istruzione formale non porterebbe ad acquisizione della lingua. In realtà una riflessione attenta da parte dell’insegnante/facilitatore linguistico della

198 motivazione, dei bisogni, degli stili cognitivi degli apprendenti unita alla scelta nella prassi quotidiana di metodologie didattiche che tengano presenti certi traguardi della linguistica e della neuroscienze, porta a sicuri risultati di tendenza opposta alle conclusioni della tradizione di cui sopra.