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I racconti dell'Epoché: l'opera allo specchio

Capitolo 7. L'Epoché

7.2 I racconti dell'Epoché: l'opera allo specchio

Spostandosi da una stanza all'altra, Carlo si allontana dal brulichio politico e si ritrova in una sala insieme ad alcuni invitati che non avevano "nulla in comune con gli invitati qui sopra descritti"215. Si tratta di un gruppo di letterati che, per passare il tempo, si intrattengono raccontandosi delle storie.

Questi racconti occupano le successiva quaranta pagine di

Petrolio, anche se non è sempre facile individuare il senso simbolico

di queste storie, possiamo provare ad evidenziarne due aspetti comuni: innanzi tutto, come ci informa l'ultimo dei racconti "Storia delle stragi", questi brani vogliono rappresentare un'unica storia: "La storia di un colpo di stato fallito". Ma se questa linea interpretativa sembra funzionare per l'ultimo racconto presentato, dei precedenti, invece, risulta piuttosto difficile comprenderne il valore simbolico. Inoltre possiamo vedere come in questi racconti il narratore che di volta in volta si succede insista preliminarmente, in una sorta di preambolo, sul ruolo del narratore in rapporto alla "forma che egli crea", cioè alla propria opera. Così nel primo racconto "Storia di un uomo e del suo corpo", leggiamo:

-La mia non è una storia ma una parabola- cominciò il simpatico grillo parlante -e siccome il senso di questa parabola è appunto il rapporto di un autore con la forma che egli crea, mi sembra perfettamente inutile fare qualsiasi preambolo su ciò che sto per raccontare.

O ancora, nel terzo racconto proposto, vediamo problematizzato dal narratore il presupposto del realismo in questi termini:

[...]tutto ciò che io vi riferirò, non è apparso nel teatro del mondo ma nel teatro della mia testa, non si è svolto nello spazio della realtà ma nello spazio della mia immaginazione, non si è, infine, concluso secondo le regole contraddittorie del gioco dell'esistenza, ma si è concluso secondo le regole contraddittorie del gioco della mia ragione216

Questo brano è invece tratto dal preambolo del quinto racconto: [...]il raccontare mette a repentaglio, e quindi a soqquadro, l'essere. Il soggetto narrante, di fronte alla propria fase fondatrice, entra in stato di crisi. E si tratta della vera e propria crisi tipica del rapporto col sacro. Il racconto è nel recinto del sacro.217

Possiamo allora dire che, prima di iniziare il racconto, il narratore di turno puntualizza, metanarrativamente, alcuni aspetti afferenti all'arte narrativa in generale; queste puntualizzazioni critiche sembrano però riconducibili anche alla particolare scrittura o forma di

Petrolio. In questi racconti si parla di personaggi divisi in due per

esigenze "formali" (come accade per la scissione del protagonista del romanzo), si tocca il tema dell'impossibilità di sintesi tra istanze contraddittorie in una prospettiva antihegeliana (e non è questo il nucleo poetico di un autore che ha fatto della sineciosi la propria figura privilegiata?) si parla di un'umanità nuova nata letteralmente dalla merda dove le differenze di classe sono azzerate al punto che i due bambini-merda, nati da un ricco borghese ed un povero proletario vengono addirittura scambiati (e i temi dell'omologazione di classe e di una società mutata sono al centro della visione, nomen omen, del Merda). Ma si parla anche di intrighi addirittura cosmici tra servizi

216 Ivi, p. 442 217 Ivi, p.459

segreti doppiogiochisti e poteri che apparentemente collaborano allo stesso obiettivo, ma che nell'ombra sono in aperto contrasto; o, ancora, di colpi di stato minuziosamente concepiti financo nel loro calcolato fallimento. In questa direzione, il più esplicito dei racconti dell'epoché risulta essere l'ultimo, Storia delle stragi:

-Se ho capito bene- disse quello che doveva essere il quarto narratore, accingendosi a versare il suo bicchiere di ciceone- in tutte queste storie, esplicita o mascherata, si ripete sempre la stessa storia, che ne è lo schema, il paradigma, o, se vogliamo, il 'dromenon reale, storico, a cui queste storie di finzione, legòmena, danno una veste simbolica, e ad esso rimandano. Tale 'storia prima' mi sembra che potrebbe essere intitolata: "Storia di un colpo di Stato fallito".218

La storia che viene raccontata non è una parabola e non vuole essere allusiva come le precedenti, "essa non rimanda alla 'storia del colpo di Stato fallito', ma lo è". Il racconto in questione è stato riferito direttamente al quarto narratore da un uomo direttamente colluso con la mafia, trovato in fin di vita a Katmandu, in Nepal. Purtroppo l'appunto risulta sviluppato solo nella sua prima parte (l'incontro del narratore con il morente), ma della storia 'riferita' rimane solo una didascalia e una nota d'autore che vale la pena riportare perché potrebbe illuminare il senso di questo 'colpo di Stato fallito':

[il racconto del morente è in rima persona: lunga storia che comincia in America – omicidio Kennedy – arrivo in Grecia – fascisti italiani ecc.

Il morente racconta ciò che sa: ma anche ciò che è venuto a sapere da altri morenti (tre o quattro)(1) i quali a loro volta, prima di morire, raccontano a lui ciò che sanno.

Il morente del Nepal è dunque l'ultimo in ordine di tempo. Sospetto che non sia stato ammazzato dai buoni nepalesi. Comunque egli (metalinguisticamente) insiste a dire che due sono le fasi delle stragi, due, e il narratore lo

ripete ai suoi ascoltatori: Due solo le fasi, due]219

Poco prima di questa didascalia, il narratore precisa così l'arco cronologico che il racconto del morente avrebbe coperto:

Ciò che egli mi raccontò è un breve periodo della recente storia italiana (esattamente sei anni).220

Come è noto, l'omicidio del presidente degli Stati Uniti John Kennedy è avvenuto nel novembre del 1963, incrociando questa informazione con la precedente sappiamo che il racconto sarebbe arrivato sino al 1969, anno della strage di piazza Fontana. Il tragico evento interessò profondamente Pasolini, tanto da dedicare una poesia alle vittime dell'attentato e un documentario221, in un'inedita collaborazione con Lotta Continua, che mirava, tra le altre cose, a ricostruire la misteriosa morte dell'anarchico Pinelli, "volato" dal quarto piano degli uffici della questura di Milano ove era stato condotto in seguito al suo arrresto per la presunta parteipazione alla strage. La nota d'autore è riferita ad altri 'morenti' che prima del mafioso avevano confessato parti di questa storia, e recita:

Uno di questi cade davanti ai suoi piedi di notte dal quarto piano di una clinica (D'Ambrosio). Uno muore cadendo nella tromba dell'ascensore222

Si tratta ancora di morti misteriose, ma qui troviamo anche due elementi che sembrano corroborare l'ipotesi che in questo racconto l'autore stia alludendo proprio alla strage di piazza Fontana e alla morte 'accidentale' dell'anarchico Pinelli: il testimone cade da un

219 Ivi, p.483 220 Ibidem

221 12 dicembre di G. Bonfanti (Italia, 1972) 222 Petrolio, p.483

quarto piano e in parentesi tonde troviamo un nome, D'Ambrosio, che coincide con quello del magistrato che archiviò nel '75 la morte del ferroviere, assolvendo dalle accuse Calabresi e altri uomini della questura.

Se così stanno le cose, Pasolini sta, ancora una volta, facendo ciò che reputava essere il compito dell'intellettuale davanti ai 'misteri' che tra la fine degli anni Sessanta e per quasi tutto il decennio successivo hanno segnato un'epoca, sta, cioè, "mettendo insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico". Questa volta, però, non lo avrebbe fatto da intellettuale o da giornalista, ma direttamente dall'interno di una sua produzione artistica avrebbe descritto il meccanismo stragista, il disegno politico, il calcolo dei golpe e i due 'momenti', ossessivamente ripetuti, che strutturavano la strategia della tensione al fine di destabilizzare per stabilizzare: depotenziare gli opposti estremismi (di destra e di sinistra) sino ad appiattire verso il centro le parabole ideologiche che tra il finire degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta hanno rischiato di destabilizzare realmente il granitico dominio della classe dirigente.