Gioco e spettacolo nel Medioevo: problemi e difficoltà per una ricostruzione storica e iconografica
2.6 I regolamenti cittadini sugli spettacoli circens
Abbiamo già accennato all'inizio di questo capitolo come il gioco abbia sempre suscitato l'interesse delle istituzioni civili e religiose. In particolar modo, ciò che destava maggiormente la preoccupazione era l'ordine pubblico, spesso alterato con atteggiamenti immorali da parte di coloro che giocavano, presi dall'ira o dall'esaltazione. Vorrei ricordare a tal proposito cosa accadde a Venezia con il gioco d'azzardo. Nel 1172, dopo che Nicolò Barattieri si mise in moto per far rialzare le due maestose colonne in Piazza San Marco, venne permesso che tra queste si potesse giocare.194 Tale libertà ebbe vita breve, dal momento che il doge Gritti non si fece scrupoli a toglierla. Ma il gioco d'azzardo continuò proprio in quel punto, e in numerosi altri luoghi della città.
L'evento ci fa riflettere su più punti, dal momento che se il gioco in generale, non
193 Ivi, pag. 34.
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solo l'azzardo, suscitava disprezzo da parte delle autorità, probabilmente gli statuti cittadini medievali si espressero anche per ciò che concerne lo spettacolo dei giullari. D'altra parte, essi furono oggetto di condanna da parte delle istituzioni ecclesiastiche e, nella maggior parte dei casi, potere civile e religioso aprirono un dialogo assieme per attuare dei provvedimenti contro i giochi immorali. Nel caso degli spettacoli circensi questo non avvenne. Anzi, ci troviamo di fronte a situazioni contrastanti, dal momento che gli stessi statuti cittadini in molti casi li promossero, in molti meno li condannarono. Questo, probabilmente, per due ragioni fondamentali. Gli spettacoli giullareschi nelle piazze non erano caotici come le battagliole e i tornei, quindi non vi era motivo per regolamentarli. Secondariamente, i caratteri immorali erano meno evidenti, perchè tali giochi non provocavano ire e bestemmie. Anzi, il pubblico assisteva passivamente, non vi era nè un vincitore, nè un vinto, di conseguenza non esisteva ragione per creare risse.
Gli spettacoli, poi, non erano cruenti e avevano il solo scopo di divertire i passanti e intrattenere le folle. Ciò è confermato dagli statuti di alcune città, che esaltarono tali attività. Lo Statuto di Bassano del Grappa del 1259 sanciva l'indispensabilità della presenza dei giullari durante le feste collettive, come la Pasqua o il Natale.195 Addirittura gli Statuti di Verona del 1276 esentavano i giullari della città al pagamento dei tributi.196 Il loro spettacolo risulta avere un ruolo indispensabile per il pubblico divertimento, quindi, andava assolutamente incentivata la loro presenza. Naturalmente, la legislazione non fu favorevole in tutti i luoghi e in tutte le città. Elasticità mentale e dinamismo furono caratteristiche portanti di Federico II e del suo Impero, eppure egli non ne volle sapere di spettacoli circensi.
195 Saffioti T., I giullari in Italia, op cit., pag. 86. 196 Ibidem.
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Nel 1312, infatti, fece emanare una legge che vietava la presenza dei giullari durante i matrimoni, a meno che non venissero pagati pesanti tributi.197
Abbiamo più volte visto come i giullari facessero parte del gradino più basso della scala sociale, a causa della loro vita nomade che li conduceva a spostarsi continuamente a cercare fonti di guadagno. La loro reputazione era così infima che venivano posti sullo stesso piano delle prostitute, come si legge nella legislazione di Chivasso risalente al 1306, la quale sanciva che qualsiasi persona fosse stata offesa, in qualunque maniera, da un giullare o da una prostituta, potesse liberamente picchiarli a sangue.198
Il successo dei giullari raggiunse altissimi livelli, tanto che il loro intrattenimento era diventato una variante fondamentale per principi e cittadini. Nel Medioevo, come ringraziamento a tanta gioiosità, era diventata cosa comune donare qualcosa ai giullari, come tessuti e gioielli, e ciò non potè passare inosservato da parte dei legislatori. Un capitolare siciliano del 1308 vietò tale usanza, sancendo che non era possibile donare più di un'onza.199
Come possiamo notare, quindi, l'atteggiamento dei legislatori nei confronti degli intrattenitori fu sempre molto personale e soggettivo, e non ebbe mai carattere unitario. D'altra parte, i giullari furono tanto amati quanto odiati, ma si può osservare tranquillamente che da parte delle istituzioni civili prevalse una certa tolleranza, se non una grande approvazione. Le cose iniziarono a cambiare al tramontare del Medioevo, quando i poteri civili iniziarono a guardare con sospetto tutte le festività popolari, a cui i giullari presero parte costantemente, anzi, l'intera popolazione
197 Ivi, pag. 87. 198 Ivi, pag. 88. 199 Ivi, pag. 98.
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diventava essa stessa espressione giullaresca, non più semplicemente spettatrice. A Lille, ad esempio, fu vietata nel 1382 la semplice usanza di radunarsi a Maggio in danze attorno ad un albero come rito propiziatorio.200
Ciò, però, che veniva guardato con tanta preoccupazione erano le numerose feste dei folli,201 troppo eccessive e vivaci. Anche se i provvedimenti più rigidi furono assunti dalle autorità ecclesiastiche, i regolamenti civili aiutarono a placare certe usanze. Dal momento che la caratteristica fondamentale di tali feste era il travestimento e la maschera, essi cercarono di vietare proprio queste cose. Sia a Rouen che a Parigi, agli inizi del XVI secolo, veniva viatata la vendita delle maschere, così come accadde a Langres qualche anno prima.202 Ad ogni modo, nemmeno queste prese di posizione possono considerarsi un fenomeno unitario. Lorenzo il Magnifico, infatti, fece del carnevale «uno strumento al servizio della sua politica».203
Non è possibile, quindi, generalizzare troppo sull'argomento. L'eccessività degli spettacoli venne senz'altro vista come ostacolo alla moralità da parte del clero che, infatti, vi scagliò contro una lunga condanna, di cui parleremo nell'ultimo capitolo. Ma gli statuti cittadini si mostrarono il più delle volte indifferenti, probabilmente perchè l'ordine pubblico non era poi così violato e lo spettacolo non troppo brutto da vedere, come, invece, quello di rissa e bestemmia dei giocatori d'azzardo. Tale ambiguità risulta fondamentale, poichè un divieto assoluto avrebbe provocato la totale scomparsa dei nostri spettacoli circensi.
200 Minois G., Storia del riso e della derisione, op cit., pag. 317.
201 Dal momento che queste feste nacquero negli ambienti ecclesiastici, per poi assumere caratteri
profani, ne parlerò più approfonditamente nel quinto capitolo, relativo all'atteggiamento assunto dal clero nei confronti di feste e spettacoli.
202 Minois G., Storia del riso e della derisione, op cit., pag. 320. 203 Ivi, pag. 318.
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