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2. Le direttive nella giurisprudenza europea

2.1. La Direttiva quadro

2.1.1. I ricorsi per inadempimento

Se si analizzano i ricorsi per inadempimento relativi alla direttiva di- stinguendo per Stato membro convenuto, si può notare che, dei sedici ricorsi accolti dalla Corte, tre ricorsi concernono la Spagna; due l’Italia; due il Belgio; due la Grecia; due il Portogallo; uno la Danimarca; uno la

Germania; uno il Lussemburgo; uno Malta; e uno la Polonia60. I due

ricorsi respinti riguardano invece la Germania e l’Austria61.

59 I ricorsi per inadempimento sono i seguenti: Corte giust. 2011, C-597/10, Com-

missione c. Francia; Corte giust. 2011, C-20/11, Commissione c. Polonia.

60 Spagna: C-516/07; C-403/11; C-151/12. Italia: C-85/05; C-85/07. Belgio: C-

33/05; C-366/11. Grecia: C-264/07; C-297/11. Portogallo: C-118/05; C-223/11. Dani- marca: C-190/14. Germania: C-525-12. Lussemburgo: C-32/05. Malta: C-351/09. Po- lonia: C-648/13.

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Ponendo invece l’attenzione sulle singole disposizioni della direttiva che sono state oggetto dei vari ricorsi, si nota che l’articolo 15 risulta essere la disposizione maggiormente violata, con ben otto casi di ina- dempimento. Scendendo la classifica, troviamo che l’articolo 24 è stato violato in sei casi; l’articolo 13 in cinque casi; l’articolo 14 in quattro casi; l’articolo 8 in tre casi; e gli articoli 5 e 10 in due casi. Gli artico- li 2, 3, 4, 7, 9 e 11, infine, sono stati violati in una sola occasione.

Le prime cinque sentenze per inadempimento relative alla Direttiva quadro sono state emanate negli anni 2005-2006 e hanno avuto come oggetto una violazione dell’articolo 24, spesso dovuta alla mancata adozione da parte degli Stati membri delle disposizioni legislative, re- golamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva e, nel caso in cui tali disposizioni fossero state emanate, alla mancata

comunicazione delle stesse alla Commissione62.

I ricorsi per inadempimento relativi all’articolo 15, che, come già detto, risulta essere quello maggiormente violato, hanno avuto luogo dal 2007 al 2014. Ai fini dell’analisi di questi ricorsi occorre però di- stinguere tra violazioni dell’articolo 15(1) e violazioni dell’artico- lo 15(2). Il primo richiede l’invio di una copia dei piani di gestione dei bacini idrografici alla Commissione e agli Stati membri interessati entro

tre mesi dalla pubblicazione, ed è stato violato in cinque casi63. In tutti,

la Corte ha rilevato anche una violazione dell’articolo 13, a causa di omissioni nella predisposizione dei piani di gestione o della mancata pubblicazione degli stessi da parte degli Stati membri. Inoltre, in quat- tro dei cinque casi, le violazioni degli articoli 13 e 15(1) sono state ac- compagnate anche da violazioni dell’articolo 14(1)(c), secondo cui co-

62 Conformemente all’art. 24(1) della direttiva in esame: “gli Stati membri mettono

in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per con- formarsi alla presente direttiva entro il 22 dicembre 2003. Essi ne informano immedia- tamente la Commissione”. Ricorsi per inadempimento relativi all’art. 24: Commissione

c. Lussemburgo, C-32/05, cit.; Commissione c. Belgio, C-33/05, cit.; Commissione c. Germania, C-67/05, cit.; Commissione c. Italia, C-85/05, cit.; Commissione c. Porto- gallo, C-118/05, cit.; Commissione c. Polonia, C-648/13, cit.

63 Commissione c. Portogallo, C-223/11, cit. (art. 13(6)); Commissione c. Grecia,

C-297/11, cit. (art. 13(1)-(3) e (6)); Commissione c. Belgio, C-366/11, cit. (art. 13(2), (3) e (6)); Commissione c. Spagna, C-403/11, cit. (art. 13(1)-(3) e (6)); Commissione

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pie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico devono essere pubblicate e rese disponibili per eventuali osservazioni del pub- blico “almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si rife-

risce”64. L’articolo 15(2) disciplina invece la presentazione alla Com-

missione di relazioni sintetiche concernenti le diverse analisi richieste dall’articolo 5 – le analisi, cioè, delle caratteristiche del distretto idro- grafico e dell’impatto delle attività umane su di esso, nonché le analisi economiche sull’uso delle acque – e dei programmi di monitoraggio di

cui all’articolo 8, ed è stato violato in tre casi65. In due di essi (quelli

riguardanti l’Italia e la Grecia) le violazioni dell’articolo 15(2) sono state accompagnate dall’inosservanza dell’articolo 5(1), laddove nel caso rimanente (concernente Malta) si è sommata una violazione diretta dell’articolo 8.

Per ciò che concerne le violazioni degli articoli 3, 4, 7 e 10, queste sono state commesse dalla Spagna e sanzionate in due diverse sentenze. La prima, del 2009, ha visto la Spagna violare l’articolo 3(2), (7) e (8), per non aver individuato e designato le autorità competenti in applica- zione della disposizione citata, relativamente alle Comunità Autonome

della Galizia, dei Paesi Baschi, della Andalusia e delle Canarie66. La

seconda sentenza, del 2013, riguarda invece la mancata adozione di tutte le misure necessarie ai fini della trasposizione degli articoli 4(8) in materia di “obiettivi ambientali”; 7(2) sul conseguimento di questi obiettivi specificamente per i corpi idrici utilizzati per l’estrazione di acqua potabile; 10(1) e (2), che dispone controlli ambientali relativi agli scarichi nelle acque superficiali; nonché di alcune parti dell’Allegato V in materia di monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque

superficiali, cui l’articolo 8(2) rinvia67.

64 Così è successo nelle quattro sentenze del 2012: Commissione c. Portogallo, C-

223/11, cit.; Commissione c. Grecia, C-297/11, cit.; Commissione c. Belgio, C-366/11, cit.; Commissione c. Spagna, C-403/11, cit. Non è stato così nel caso Commissione

c. Danimarca, C-190/14, cit.

65 Commissione c. Italia, C-85/07, cit.; Commissione c. Grecia, C-264/07, cit.;

Commissione c. Malta, C-351/09, cit.

66 Commissione c. Spagna, C-516/07, cit.

67 Nello specifico, la Spagna è stata trovata in violazione degli articoli 4(8); 7(2);

10(1) e (2); e di alcune parti dell’Allegato V, in relazione ai bacini idrografici intraco- munitari situati fuori dalla Catalogna. Mentre è stata trovata in violazione dei soli arti-

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Infine, i casi isolati di violazione degli articoli 2, 9 e 11, accompa- gnati da violazioni degli articoli 8, 10 e 24, sono stati commessi dalla Polonia, condannata con sentenza del 30 giugno 2016. In essa, la Corte ha rilevato la mancata trasposizione da parte della Polonia di alcune definizioni contenute nell’articolo 2 della Direttiva; dell’articolo 8(1), per quanto riguarda il monitoraggio delle aree protette; dell’artico- lo 9(2), che impone agli Stati membri di includere, nei piani di gestione dei bacini idrografici, le misure previste per attuare il principio del re- cupero dei costi dei servizi idrici, tenendo conto del contributo dei vari settori di impiego dell’acqua; dell’articolo 10(3), in materia di controlli sulle emissioni; dell’articolo 11(5), che richiede l’adozione di eventuali misure supplementari qualora il raggiungimento degli obiettivi ambien- tali risulti improbabile; nonché dei punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’Allegato V, e della parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’Allegato VII

della direttiva68.

Concludendo con un breve riferimento ai due ricorsi respinti, il pri- mo riguarda la Germania ed è stato rigettato con sentenza del settem- bre 2014, mentre il secondo concerne l’Austria ed è stato respinto con sentenza del maggio 2016. Nel primo caso, la Commissione europea chiedeva alla Corte di dichiarare che, escludendo taluni servizi (segna- tamente, l’arginamento ai fini della produzione di energia idroelettrica, di navigazione e della protezione dalle inondazioni, l’estrazione ai fini di irrigazione e a fini industriali, nonché l’uso privato) dalla nozione di “servizi idrici”, la Germania fosse venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza dell’articolo 2(38), in cui si fornisce la definizione di “servizi idrici”, e dell’articolo 9, in materia di recupero dei costi dei

servizi idrici69. Su questo caso si tornerà più avanti in questo stesso ca-

pitolo70.

Nel secondo caso, la Commissione chiedeva alla Corte di dichiarare che, non avendo applicato correttamente le disposizioni dell’artico-

coli 7(2) e 10(1) e (2) relativamente ai bacini idrografici intracomunitari situati in Cata- logna: Commissione c. Spagna, C-151/12, cit.

68 Commissione c. Polonia, C-648/13, cit. 69 Commissione c. Germania, C-525-12, cit.

70 Si veda, infra, il paragrafo 3.2, dedicato appunto al recupero dei costi dei servizi

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lo 4(1) (che stabilisce gli “obiettivi ambientali”), congiuntamente al

paragrafo 7 dello stesso articolo71, l’Austria fosse venuta meno agli ob-

blighi derivanti dal combinato disposto dell’articolo 4(3) TUE e dell’ar-

ticolo 288 TFUE72. Nello specifico, secondo il ricorso della Commis-

sione, l’Austria avrebbe cercato di eludere il divieto di deterioramento previsto dall’articolo 4(1) della Direttiva quadro sulle acque, modifi- cando, in sede di autorizzazione della costruzione di una centrale idroe- lettrica, la classificazione delle analisi delle acque del fiume Schwarze Sulm (e violando pertanto i requisiti necessari ai fini di un’esenzione ex articolo 4(7)). La Commissione chiedeva dunque al giudice di dichiara- re che lo Stato convenuto avesse violato gli obblighi su di esso incom- benti in forza dell’articolo 4(3) TUE, in combinato disposto con l’arti- colo 288 TFUE, che, stando alla giurisprudenza della Corte, obblighe- rebbe gli Stati membri ad astenersi, in pendenza del termine di recepi- mento della direttiva, dall’adottare disposizioni atte a compromettere seriamente il raggiungimento degli obiettivi di quest’ultima.

71 Il paragrafo 7 riguarda la possibilità di invocare deroghe, ciò di cui si parla infra,

paragrafo 3.3.

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