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La Parte Terza, intitolata “Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di

gestione delle risorse idriche”, del d.lgs. n. 152 del 200627, meglio co-

nosciuto come Codice dell’ambiente, recepisce la Direttiva quadro in materia di acque e abroga quasi tutta la legislazione precedente in mate- ria di acque, comprese le leggi nn. 183 del 1989 e 36 del 1994 e il d.lgs. 152 del 1999. Il Codice dell’ambiente si pone in linea con gli obiettivi ambientali previsti dalla direttiva stessa, stabilendo analoghi

obiettivi di qualità28. A complemento della Direttiva quadro, il Codice

dell’ambiente specifica, oltre al generale obiettivo del buono stato per le acque superficiali e sotterranee, gli standard di qualità per ecosistemi individuati e usi specifici.

Alcune differenze possono però rilevarsi in ambiti individuati. La trattazione che segue approfondisce il contenuto della disciplina italiana con riferimento ai seguenti aspetti correlati tra loro: l’istituzione dei distretti idrografici, l’attività di pianificazione, l’istituzione e il ruolo delle Autorità di bacino, il ruolo delle Regioni e dello Stato e la rego- lamentazione dei servizi idrici.

In ottemperanza alla Direttiva quadro, il Codice dell’ambiente ha ri- partito il territorio italiano e le relative risorse idriche in otto distretti idrografici – il Distretto idrografico delle Alpi Orientali, il Distretto idrografico Padano, il Distretto idrografico dell’Appennino settentrio- nale, il Distretto idrografico pilota del Serchio, il Distretto idrografico dell’Appennino centrale, il Distretto idrografico dell’Appennino meri- dionale, il Distretto idrografico della Sardegna e il Distretto idrografico

della Sicilia29 – poi divenuti sette con l’adozione della legge 28 dicem-

27 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”, pubblicato

nella G.U. 14 aprile 2006, n. 88 - s.o. n. 96. Il Decreto è stato oggetto di numerosi in- terventi di modifica.

28 V. artt. 76-94 d.lgs. 152/2006.

29 Art. 64 d.lgs. 152/2006. Lo stesso articolo elenca anche i bacini inclusi in ogni

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bre 2015, n. 22130 (si vedano le figure qui sotto). In linea con lo spirito

della Direttiva quadro, dunque, il Codice dell’ambiente adotta un ap- proccio ecosistemico, che supera i confini amministrativi regionali e locali e ricomprende invece l’intero patrimonio idrico relativo alla me- desima foce.

30 Legge 28 dicembre 2015, n. 221 recante “Disposizioni in materia ambientale per

promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risor- se naturali”, pubblicata in G.U. n. 13 del 18 gennaio 2016.

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Fonte: <http://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/idro/UoM_CA.html>

La gestione è poi affidata ad apposite Autorità di bacino, di cui si parlerà più approfonditamente nel prosieguo della trattazione. Basti sapere in questa sede che tali autorità realizzano gli obblighi della Di- rettiva quadro in materia di pianificazione poiché sono responsabili del-

l’adozione dei piani previsti dal Codice dell’ambiente31. In parziale

contrasto con quest’ultima, l’attività di pianificazione ai sensi del Codi-

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ce dell’ambiente si esplica in maniera tutt’altro che unitaria, tanto che si possono individuare tre tipologie di piani previsti dal Codice ambienta- le, a fronte invece dell’unitarietà del Piano di gestione del bacino idro-

grafico previsto dalla Direttiva quadro32: (1) Piano di bacino/di gestio-

ne, (2) Piano di tutela e (3) Piano d’ambito33.

Il Piano di bacino (definito “Piano di Distretto” solo a seguito del- l’entrata in vigore dell’articolo 51, comma 1, della legge 221 del 2015) e il Piano di gestione sono in parte coincidenti, in quanto il secondo costituisce articolazione interna del primo ai sensi dell’articolo 117(1)

del Codice dell’ambiente34. Tuttavia, mentre il Piano di bacino è uno

strumento di pianificazione generale, di carattere conoscitivo, normati-

vo e tecnico operativo35, il Piano di gestione è volto specificamente alla

tutela delle acque36. In tal senso, il contenuto del Piano di gestione ri-

calca quello previsto dall’Allegato VII alla Direttiva quadro37. Il Piano

di bacino contiene invece degli elementi ulteriori, compresa la pro-

grammazione dell’utilizzazione delle risorse idriche38.

32 V. art. 15 Direttiva quadro. V. anche i paragrafi 2.1.2 e 2.1.5.

33 La mancanza di unitarietà pianificatoria trova un possibile appiglio nella disposi-

zione di cui all’art. 13 della Direttiva acque, il quale prevede al comma 5 che “I piani di gestione dei bacini idrografici possono essere integrati da programmi e piani di gestione più dettagliati per sotto

̀ -bacini, settori, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica”. Si veda anche la sentenza della Cor- te cost. n. 254 del 23 luglio 2009.

34 L’art. 67 disciplina inoltre due categorie di piani, direttamente collegati al Piano

di bacino, che potremmo definire emergenziali. Il piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1, viene infatti adottato nelle more dell’approvazione del Piano di bacino. I piani straordinari, di cui al comma 2, possono essere adottati in deroga al requisito della valutazione ambientale strategica per “rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico”. Questi ultimi sono redatti anche per iniziativa delle Regioni.

35 Art. 65(1) d.lgs. 152/2006. 36 Titolo IV, Parte III d.lgs. 152/2006.

37 Il testo dell’Allegato VII della direttiva è trasposto nell’Allegato 4 alla Parte III

del Codice ambientale.

38 Per l’elenco completo degli elementi da includere nel Piano di bacino, v. art. 65(3)

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La procedura di approvazione del Piano di bacino è assoggettata a

valutazione ambientale strategica (VAS) ai sensi dell’articolo 6739. Il

piano riveste poi carattere immediatamente vincolante per tutti i sogget- ti pubblici, ivi comprese le Regioni che emanano le norme urbanistiche

attuative dello stesso40.

Tra gli strumenti di tutela, accanto al Piano di gestione, l’articolo 121 annovera anche il Piano di tutela delle acque, strumento volto spe-

cificamente alla “tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico”41.

Tale piano, pur rispondendo a obiettivi elaborati dalle Autorità di baci-

no42, deve essere adottato dalle Regioni e contiene, fra gli altri elementi,

anche l’analisi economica in attuazione dell’articolo 119 del Codice ambientale, che afferma il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici. Si può quindi rilevare come gli obblighi della Direttiva

39 La Valutazione Ambientale Strategica (VAS), a livello nazionale, è regolata dalla

Parte seconda del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 così come modificata e integrata dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e dal d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128. I principali soggetti coinvolti nella procedura sono: l’autorità procedente (la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma) ovvero, nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma, il proponente, sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica am- ministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma; l’autorità competen- te (la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità e l’elaborazione del parere motivato; in sede statale autorità compe- tente è il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che esprime il parere motivato di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali); la Commis- sione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (di cui all’articolo 7 del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123), che assicura al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare il supporto tecnico- scientifico per l’attuazione di quanto stabilito nel decreto; e i soggetti competenti in materia ambientale, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessati agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione dei piani e programmi.

40 Art. 65(4) e (6) d.lgs. 152/2006. 41 Art. 121(3) d.lgs. 152/2006.

42 Gli obiettivi dovrebbero essere fissati dal Piano di bacino. Tuttavia, nella pratica,

l’individuazione degli obiettivi a livello distrettuale avviene solo dopo che a livello di ciascun bacino si è proceduto alla caratterizzazione dei corpi idrici e all’individuazione degli obiettivi di qualità. La Provincia di Bolzano ha proceduto alla caratterizzazione dei corpi idrici con d.G.P. n. 1543/2009. Entro giugno 2015 si sarebbe dovuto procede- re a una nuova caratterizzazione a livello provinciale.

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quadro in materia di pianificazione siano assolti tramite l’adozione di una molteplicità di piani distinti tra loro, pur essendo il loro oggetto in parte coincidente, e tali piani siano adottati da autorità differenti quali le Autorità di bacino e le Regioni, anche se queste ultime sono in qual- che modo vincolate agli obiettivi fissati dalle prime.

Per concludere sull’attività di pianificazione, occorre citare anche l’articolo 149, ricompreso nella Sezione III del Testo unico ambientale, dedicata alla gestione delle risorse idriche. Quest’ultimo prevede l’ob-

bligo per le Autorità d’ambito, le cui attività sono oggi cessate43, di

adottare il Piano d’ambito. Esso è lo strumento centrale per la predispo- sizione del servizio idrico integrato. A tal fine, le Regioni individuano gli ATO, assicurando il corretto funzionamento del servizio, secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, e al contempo l’unità del bacino idrografico. Mentre per un’analisi più dettagliata del servizio idrico integrato e degli ATO si rimanda ai paragrafi successivi della presente sezione, si può dire in questa sede che il Piano d’ambito, pur svolgendo le funzioni di tutela dell’ambiente insite negli obiettivi cui dovrebbe essere ispirata la gestione del servizio idrico, è per lo più uno strumento operativo volto all’individuazione degli elementi infrastruttu- rali di rilievo, delle necessarie opere di manutenzione e del relativo pia- no finanziario.

Dall’analisi sugli strumenti di pianificazione emerge, dunque, che le Regioni svolgono un ruolo importante nell’attività di elaborazione dei piani e programmi relativi al bacino idrografico. Come ricordato, l’atti- vità di pianificazione delle Regioni si affianca a e deve essere coordina- ta con l’attività di pianificazione delle Autorità di bacino. È dunque opportuno analizzare il ruolo di queste ultime.

L’articolo 63 del Codice dell’ambiente dispone che in ciascun di- stretto vengano istituite, tramite decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, le Autorità di bacino distrettuale e che, contestualmente, vengano invece abolite le Autorità di bacino previste dalla legge n. 183

del 198944. La mancata istituzione delle prime nei tempi previsti dal

43 V. infra in questo paragrafo. 44 Art. 63(1)-(3) d.lgs. 152/2006.

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Codice dell’ambiente45 ha portato, tuttavia, alla reviviscenza delle se-

conde tramite decreto correttivo46.

Soltanto con l’entrata in vigore dell’articolo 51 della legge 28 di- cembre 2015, n. 221, si è provveduto a istituire l’Autorità di bacino distrettuale (di seguito denominata “Autorità di bacino”). Le disposi- zioni dell’articolo 51 hanno sostituito integralmente gli articoli 63-64 del Codice dell’ambiente, attribuendo alle Regioni il compito di istitui- re l’Autorità di bacino distrettuale, e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le funzioni di indirizzo dell’Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali.

Ai sensi di queste nuove disposizioni, sono organi dell’Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti.

Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonché il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Mini- stro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole, ali- mentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappre- sentante dell’ANBI (Associazione nazionale consorzi di gestione e tute- la del territorio e acque irrigue), per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue.

45 Art. 63(3) d.lgs. 152/2006: entro il 30 aprile 2006.

46 D.lgs. 8 novembre 2006, n. 284, “Disposizioni correttive del d.lgs. 3 aprile 2006,

n. 152, recante norme in materia ambientale”, G.U. 24 novembre 2006, n. 274. Sul punto si veda M. ALBERTON, L’attività post-mortem delle autorità di bacino: un cold

case italiano nel settore idrico alla luce dei recenti sviluppi in materia di federalismo demaniale, in Le istituzioni del federalismo, 3/4, 2010, pp. 363-384.

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Il segretario generale, con carica quinquennale, è nominato con de- creto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle ammi- nistrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; è convo- cata dal segretario generale che la presiede. Anche qui possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappre- sentante dell’ANBI, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue.

Da ultimo, la disciplina dell’attribuzione e del trasferimento alle Au- torità di bacino distrettuali del personale e delle risorse strumentali, comprese le sedi, e finanziarie delle Autorità di bacino, di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, è stata approvata con il Decreto 25 ottobre 2016. L’Autorità di bacino subentra così in tutti i rapporti, attivi e pas- sivi, delle Autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali di cui alla suddetta legge, territorialmente corrispondenti, relativi alle funzioni a essa attribuite. L’Autorità di bacino ha natura di ente pubblico non economico ed è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia tecnico-scientifica, organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile.

Ciò premesso, bisogna guardare alla capacità istituzionale delle Au- torità di bacino come operanti prima della legge 28 dicembre 2015, n. 221 per comprendere fino a che punto la Direttiva quadro abbia rice- vuto corretta attuazione per quanto riguarda gli aspetti istituzionali.

Le Autorità di bacino sono preposte, tra le altre cose, all’adozione

del Piano di bacino47. Tale attività è particolarmente onerosa poiché

richiede il coordinamento del Piano di bacino col Piano di gestione e di questi ultimi con il Piano di tutela predisposto dalle Regioni. A fronte dell’onerosità dell’attività di pianificazione, sembra rilevante approfon- dire la questione della capacità istituzionale di tali autorità.

Tra i fattori che determinano la capacità di un’istituzione di agire in modo pro-attivo se ne possono citare almeno due: l’autonomia organiz- zativa e finanziaria; la disponibilità di risorse economiche e umane.

47 Art. 63(5)(e) d.lgs. 152/2006.

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Il disegno istituzionale stabilito dalla legge n. 183 del 1989 ha posto parecchi vincoli rispetto ai suddetti requisiti. Le Autorità di bacino sono chiamate a svolgere l’attività di pianificazione e di programmazione dell’uso delle risorse idriche su scala di un’area idrografica vasta, supe- rando quindi i confini amministrativi e assicurando il coordinamento con gli altri strumenti disponibili in materia. Tuttavia, sia nell’organiz- zazione che nel funzionamento delle Autorità sono stati previsti alcuni meccanismi che ne hanno fortemente limitato il margine di manovra, impedendo loro di operare in modo snello ed efficace.

Per esempio, la capacità di agire del Comitato istituzionale dell’Au- torità di bacino nell’interesse dell’intera area compresa nei confini del bacino idrografico di riferimento è stata legata all’equilibrio istituziona-

le e agli interessi dei propri membri48. Esso è composto da quattro rap-

presentanti del governo centrale, ministri o sottosegretari delegati dei lavori pubblici, dell’ambiente, dell’agricoltura e dei beni culturali; dai Presidenti delle giunte (ovvero da assessori delegati) delle Regioni inte- ressate; dal Segretario generale che partecipa però solo con il voto con- sultivo. Tenendo conto dell’alto grado di competizione che, come illu- strato nei paragrafi precedenti, ha caratterizzato i rapporti Stato-Regioni riguardo alle competenze in materia di tutela e gestione delle risorse, difficilmente si poteva contare su un’azione celere e compatta di questo organo. Il consenso e l’ampia condivisione di interessi non sono infatti per nulla scontati in seno a quest’organo nemmeno tra gli attori dello stesso livello territoriale.

In modo analogo, anche il Comitato tecnico – organo di consulenza del Comitato istituzionale – che provvede all’elaborazione del Piano di bacino avvalendosi della segreteria tecnico-operativa e, se necessario, anche di esperti esterni, è composto da funzionari designati dalle am- ministrazioni pubbliche facenti parte dell’Autorità di bacino. La nomina

48 Il disegno generale dell’Autorità di bacino prevedeva l’esistenza di un Comitato

istituzionale come principale organo decisionale, di un Comitato tecnico con funzione consultiva e operativa e di un Segretario generale con compiti quali la cura dei rapporti tra l’Autorità e le pubbliche amministrazioni interessate, l’esecuzione delle decisioni prese dal Comitato istituzionale, la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati, nonché alle risorse stanziate per le finalità del Piano di bacino.

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dei componenti del Comitato, in numero non sempre paritetico49, è ef-

fettuata dal Ministro dei lavori pubblici, anche sulla base delle indica- zioni pervenute dalle Regioni.

Infine, un organo particolarmente importante per lo svolgimento del lavoro delle Autorità è, senza dubbio, il Segretario generale, nominato dal Comitato istituzionale con mandato quinquennale, su proposta del Ministero dei lavori pubblici d’intesa con il Ministro dell’ambiente, e scelto tra i funzionari del comitato tecnico, ovvero tra esperti di com- provata qualificazione professionale nel settore disciplinato dalla legge n. 183 del 1989. Il Segretario generale è l’unico organo appartenente propriamente all’Autorità e incarna quindi l’autonomia della stessa. La capacità di agire tempestivamente, efficacemente e in modo più o meno pragmatico da parte delle Autorità è strettamente legata alle qualità per- sonali e professionali degli individui che sono stati selezionati per que- st’incarico.

La segreteria tecnico-operativa, operante sotto il diretto coordina- mento del Segretario generale, è costituita da dipendenti dell’Ammini- strazione dei lavori pubblici e da personale designato dalle Ammini- strazioni statali e dalle Regioni interessate. Essa coordina le attività di pianificazione di bacino e le attività intersettoriali in linea con gli obiet- tivi e le strategie dell’Autorità, e cura i rapporti con le Amministrazioni e gli Enti, i soggetti esterni pubblici e privati, sulla base delle direttive impartite dal Segretario Generale.

Un altro fattore fondamentale che ha determinato la capacità di azione pro-attiva da parte delle Autorità riguarda la disponibilità di ri- sorse finanziarie adeguate. Si può notare, infatti, che dopo i primi anni caratterizzati da cospicui trasferimenti, i fondi destinati al funzionamen- to delle Autorità di bacino si sono gradualmente ridotti, comportando una corrispondente diminuzione delle attività da esse realizzate, soprat-

tutto in tema di studi e d’innovazione. Il personale50, addebitato al bi-

lancio nazionale, non è stato invece toccato dai tagli degli ultimi anni.

49 La rappresentanza del governo nazionale, sia in veste di rappresentanti dei vari

ministeri, sia esperti esterni, risultava sovente predominante. I membri del Comitato tendevano peraltro a coordinarsi soprattutto con le istituzioni di riferimento.

50 Erano previsti 10 miliardi di lire per il 1989, 15 miliardi per il 1990, 25 miliardi

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Per il finanziamento delle specifiche attività, invece, sono stati pre- visti programmi triennali, anch’essi a totale carico dello Stato. Confor- memente all’articolo 21 della legge n. 183 del 1989, sono stati previsti i seguenti interventi: manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e

dei beni; svolgimento di compiti di polizia idraulica51, di navigazione

interna, di piena e di pronto intervento; compilazione e aggiornamento dei Piani di bacino; svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle mate- rie riguardanti la difesa del suolo; redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di massima ed esecutivi delle opere e degli studi di valutazione d’impatto ambientale di quelle principali.

Inoltre, la stessa legge ha autorizzato lo stanziamento di risorse ag-

giuntive52 per l’attuazione dei cosiddetti schemi revisionali e program-

matici “ai fini della definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento alla difesa del suolo e della predisposizione dei Piani di bacino, sulla base dei necessari atti di indirizzo e coordina- mento” (articolo 31). I detti schemi, elaborati dalle Autorità di bacino di