2. La Direttiva alluvioni
2.3. Strumenti, attori e scadenze
Come già sottolineato, la gestione dei rischi da alluvioni deve avve- nire a livello di bacino idrografico. Il presupposto per l’applicazione della Direttiva alluvioni quindi è la costituzione dei distretti ai sensi della Direttiva quadro. In effetti, l’articolo 3(1) della Direttiva alluvioni fa espresso riferimento alle disposizioni della Direttiva quadro che ob- bligano gli Stati membri a individuare i distretti idrografici – anche in-
ternazionali – e le autorità competenti41. Viene fatta salva la possibilità
per gli Stati membri di individuare come autorità competenti per la ge- stione dei rischi derivanti dalle alluvioni soggetti diversi dalle autorità
di bacino previste dalla Direttiva quadro42. Allo stesso modo, gli Stati
membri sono liberi di affidare determinati corpi idrici o zone costiere a distretti idrografici diversi rispetto a quelli individuati ai fini della Di-
rettiva quadro43.
Il processo di prevenzione dei rischi e mitigazione delle conseguen- ze delle alluvioni avviene poi nelle tre fasi menzionate nella sezione precedente, ovverosia valutazione preliminare, mappatura ed elabora- zione dei piani.
In una prima fase, già portata a termine da tutti gli Stati membri44,
questi ultimi hanno effettuato ai sensi degli articoli 4 e 5 una valutazio- ne preliminare del rischio di alluvioni. Tale valutazione è strumentale all’individuazione di eventuali rischi significativi, sulla base dei quali gli Stati hanno, come si vedrà, ulteriori obblighi di mappatura e pianifi-
cazione45. La valutazione è dunque una fase essenziale, non solo perché
permette di individuare potenziali aree di rischio, ma anche perché chiarisce gli ulteriori obblighi degli Stati. Solo in presenza di rischi si-
41 L’art. 3(1) della Direttiva alluvioni richiama a tal fine l’art. 3(1), (2), (3), (5) e (6)
della Direttiva quadro.
42 V. art. 3(2)(a) Direttiva alluvioni. 43 Art. 3(2)(b) Direttiva alluvioni.
44 La scadenza prevista dalla direttiva era il 22 dicembre 2011. V. art. 4(4) Direttiva
alluvioni. L’art. 14(1) prevede poi che la valutazione preliminare sia riesaminata e ag- giornata entro il 22 dicembre 2018. Dopo questa data, la revisione dovrà avvenire ogni sei anni.
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gnificativi, infatti, questi ultimi dovranno proseguire con la mappatura e la pianificazione.
Nonostante questo ruolo fondamentale, è la stessa direttiva a sminui- re la portata di questa valutazione, dal momento che gli Stati devono redigere le proprie valutazioni solo “[s]ulla base delle informazioni di-
sponibili o di quelle facili da ottenere”46. Tale valutazione sommaria
rischia di tralasciare notevoli zone di rischio che in passato non hanno
subito alluvioni47. Essa comprende comunque come minimo le mappe
del distretto idrografico, la descrizione delle alluvioni passate che ab- biano avuto “notevoli conseguenze negative”, le alluvioni passate signi- ficative le cui implicazioni possano ripresentarsi in futuro in circostanze simili e “una valutazione delle potenziali conseguenze negative di futu-
re alluvioni”48.
Tale approccio minimalista, pur correndo il rischio di un’eccessiva differenziazione fra gli Stati e, all’interno degli stessi, tra i diversi di- stretti idrografici, assicura quel livello di flessibilità più in linea con la varietà dei problemi all’interno dei distretti e le capacità dei singoli Sta- ti. In linea con questa flessibilità, l’articolo 13(1) della Direttiva allu- vioni prevede delle eccezioni all’obbligo di effettuare la valutazione preliminare nel caso in cui gli Stati abbiano già accertato un rischio si- gnificativo o già deciso di elaborare mappe della pericolosità prima del 22 dicembre 2010. L’eccezione, dunque, non fa altro che premiare gli Stati particolarmente proattivi che abbiano già perseguito strategie di prevenzione a prescindere dagli obblighi previsti dalla Direttiva allu- vioni e in anticipo rispetto alle scadenze previste dalla stessa. L’obietti- vo è anche quello di evitare di duplicare gli sforzi, in sostanziale con- trotendenza con la consueta burocratizzazione dell’azione europea.
Nel caso di rischi transfrontalieri, l’articolo 4(3) prevede che ogni Stato faccia la propria valutazione preliminare e prescrive, allo stesso tempo, lo scambio di informazioni “tra le autorità competenti interessa-
46 Art. 4(2) Direttiva alluvioni. 47 Su questo punto, si veda A. M
URATORI, Recepita con d.lgs. n. 49/2010 la “Diret-
tiva alluvioni”, sperando che non piova..., in Ambiente & Sviluppo, 6, 2010, p. 508.
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te”. La coordinazione avviene anche nel caso di un rischio potenziale
significativo nell’ambito di un distretto idrografico internazionale49.
L’articolo 6 della Direttiva alluvioni prescrive poi l’obbligo per gli Stati membri di predisporre in una seconda fase due tipi di mappe: mappe della pericolosità da alluvione e mappe del rischio alluvioni. La differenza tra i due tipi di mappe riguarda l’oggetto della mappatura. Mentre le mappe della pericolosità richiedono la “perimetrazione delle aree geografiche che potrebbero essere interessate da alluvioni” a se- conda della probabilità dell’evento alluvione (scarsa, media o eleva-
ta)50, le mappe di rischio “indicano le potenziali conseguenze negative
derivanti dalle alluvioni”51. La direttiva inoltre fornisce criteri ed ele-
menti che devono essere inseriti obbligatoriamente all’interno delle mappe per valutare la probabilità delle alluvioni, quali la portata della piena, la profondità e il livello delle acque e la velocità del flusso delle
acque, ove opportuno52. Le potenziali conseguenze negative devono
invece essere “espresse in termini di” numero degli abitanti, attività
economiche e impianti di smaltimento di fonti di inquinamento53 che
ricadono nell’area potenzialmente colpita da alluvione54.
La scadenza per assolvere l’obbligo di elaborare mappe del 22 di- cembre 2013 è stata rispettata da quasi tutti gli Stati membri, eccetto
Bulgaria e Grecia55. Anche in questo caso, la direttiva prevede che la
49 Art. 5(2) Direttiva alluvioni.
50 Art. 6(3) Direttiva alluvioni. I commi (6) e (7) del medesimo articolo prevedono
degli obblighi ridotti in casi eccezionali in esso enumerati.
51 Art. 6(5) Direttiva alluvioni. 52 Art. 6(4) Direttiva alluvioni.
53 Ai sensi della Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla preven-
zione e la riduzione integrate dell’inquinamento, G.U.C.E. L 257/26 del 10 ottobre 1996, poi sostituita dalla Direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, G.U.U.E. L 24/8 del 29 gennaio 2008, e successivamente abrogata dalla Direttiva 2010/75/UE del Parlamento euro- peo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (rifusione), G.U.U.E. L 334/91 del 17 dicembre 2010, entrata in vigore il 6 gennaio 2011.
54 Art. 6(5) Direttiva alluvioni. La lettera (d) del suddetto articolo prevede la possi-
bilità che gli Stati includano ogni altra informazione ritenuta utile.
55 Secondo quanto riportato dalla Commissione europea: http://ec.europa.eu/envi
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revisione avvenga periodicamente ogni sei anni56. Nel caso di bacini
transfrontalieri, infine, la direttiva prevede che la creazione delle mappe sia preceduta “da uno scambio di informazioni preliminare tra gli Stati
membri interessati”57. L’obbligo di mappatura non va in ogni caso sot-
tovalutato poiché richiede attività costose quali la raccolta, gestione e valutazione dei dati. Per tali motivi, alcuni autori hanno sottolineato come la capacità concreta di far fronte a questo obbligo vari in maniera
considerevole da Stato membro a Stato membro58.
La terza fase prevede l’elaborazione dei Piani di gestione del rischio di alluvione. Anche la pianificazione ha come unità di riferimento il distretto idrografico e la direttiva promuove l’unità di gestione attraver- so l’adozione di un piano unico a livello di distretto (o unità di gestio-
ne) o di una serie di piani coordinati a livello di distretto59.
Ai sensi dell’articolo 7(1), l’elaborazione dei piani deve avvenire sulla base delle mappe, è condizionata all’esistenza di un rischio signi- ficativo risultante dalla valutazione preliminare e deve essere riferita al distretto idrografico o unità di gestione rilevante. L’esercizio di pianifi- cazione è dunque il prodotto delle due fasi descritte in precedenza e riguarda il distretto idrografico. In tal senso, il piano deve anzitutto con- tenere le conclusioni della valutazione preliminare e le mappe della pe-
ricolosità e del rischio60.
Inoltre, il piano stabilisce gli obiettivi volti alla mitigazione delle
conseguenze negative derivanti da potenziali alluvioni61. Questo ele-
mento si pone in parziale contraddizione con il preambolo della diretti- va che definisce i piani principalmente come strumenti di prevenzio-
ne62. Al contrario, sembra in effetti che la pianificazione sia volta prin-
56 Art. 14(2) Direttiva alluvioni. 57 Art. 6(2) Direttiva alluvioni. 58 V. M. B
AKKER ET AL., op. cit., p. 11.
59 V. art. 8(1) Direttiva alluvioni. Questo obbligo riguarda il caso in cui il distretto
ricada interamente all’interno di uno Stato membro. Nel caso di distretti transnazionali, si veda infra in questo paragrafo.
60 V. Allegato A Direttiva alluvioni. 61 Art. 7(2) Direttiva alluvioni.
62 Preambolo par. 14 Direttiva alluvioni, secondo cui i piani devono essere “incen-
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cipalmente a individuare le azioni concrete che possano essere poste in essere qualora l’evento alluvione dovesse verificarsi.
In effetti, il piano deve anche contenere delle misure volte al rag- giungimento degli obiettivi di mitigazione. Una sintesi di tali misure deve essere contenuta nel piano insieme al “relativo ordine di priorità intese a raggiungere gli appropriati obiettivi della gestione del ri-
schio”63. È importante sottolineare che tali misure possano comprende-
re anche le azioni eventualmente stabilite ai sensi di altre direttive,
compresa la Direttiva quadro64.
La Direttiva alluvioni in ogni caso non dà indicazioni precise sul ti- po di misure atte al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione dei ri- schi da inondazioni. Al contrario, è il piano a dover specificare tali mi- sure e dunque sono gli Stati e in un’ultima analisi le autorità locali re- sponsabili a dover elaborare risposte soddisfacenti in linea con il prin-
cipio di sussidiarietà che permea l’azione europea65. Uno dei limiti di
questo approccio è quello che, nonostante si lasci flessibilità in modo da elaborare risposte adatte al territorio, l’individuazione dei rischi e delle relative risposte a livello locale potrebbe risultare insufficiente o generare eccessiva diversificazione tra i vari distretti, compromettendo
quindi gli obiettivi europei66.
L’altro aspetto problematico risiede nel fatto che, come specificato da alcuni autori, non è chiaro fino a che punto le misure incluse nel pia-
no siano obbligatorie67. Anche in questo caso, la natura del piano è una
decisione rimessa alla volontà degli Stati membri e, come si vedrà nella Sezione 5 del Capitolo terzo, l’Italia ha optato per la portata vincolante dei piani nei confronti delle amministrazioni pubbliche e degli enti a esse correlati.
63 Punto A(I)(4) Allegato A Direttiva alluvioni.
64 Art. 7(3) e Allegato A Punto A(I)(4) Direttiva alluvioni. 65 M. B
AKKER ET AL., op. cit., pp. 14-15.
66 V. ibidem, pp. 13-14.
67 Si sottolinea infatti l’ambiguità data dalla diversa formulazione dell’art. 7(3), che
parla di “misure per raggiungere gli obiettivi” e del Punto A(I)(4), che invece fa riferi- mento alla “sintesi delle misure e relativo ordine di priorità intese a raggiungere gli appropriati obiettivi” (corsivo aggiunto). Ibidem, p. 14.
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Il piano contiene altresì vere e proprie misure preventive quali “la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suolo, il miglioramen- to di ritenzione delle acque” e la previsione di zone predisposte per l’inondazione controllata di alcune aree per fronteggiare il rischio di
alluvioni68.
Altri elementi importanti per l’elaborazione del piano sono la valu- tazione costi-benefici, riferita anche agli effetti transnazionali delle mi-
sure previste69, e la realizzazione degli obiettivi ambientali previsti ai
sensi della Direttiva quadro. Il piano perciò dovrebbe rappresentare un anello di congiunzione tra le due direttive, anche se la concreta attua- zione di questo obiettivo è del tutto rimessa all’iniziativa degli Stati membri a dispetto della complessità di tale esercizio.
I piani concretizzano anche il principio di solidarietà che si applica principalmente nel caso di bacini transfrontalieri quando le misure pre- se dallo Stato a monte possano aumentare il rischio di alluvioni nello Stato a valle dello stesso bacino o viceversa. Ai sensi dell’articolo 7(4) della Direttiva alluvioni, tali misure devono essere evitate a meno che non siano concordate tra gli Stati interessati. Tale coordinazione è ri- chiesta in ogni caso ai sensi dell’articolo 8(2), qualora il distretto idro- grafico sia transfrontaliero, attraverso l’elaborazione di un unico piano
internazionale o una serie di piani coordinati a livello di distretto70. La
stessa disposizione precisa tuttavia che, nel caso i singoli piani non sia- no stati elaborati in tempo per il coordinamento internazionale, perma- ne l’obbligo per i singoli Stati di elaborare un piano completo che inte- ressi “almeno le parti del distretto idrografico internazionale che rica- dano all’interno del loro territorio”. Sembra, dunque, che l’obbligo di coordinamento sia attenuato dalla parallela previsione che tale coordi- namento può essere sostituito dalla normale attività di pianificazione nazionale. Una cooperazione rafforzata può invece essere prevista fra i
68 Art. 7(3) Direttiva alluvioni.
69 Allegato A Punto A(I)(5) Direttiva alluvioni.
70 Tale articolo si applica al caso in cui il bacino transfrontaliero ricada comunque
nel territorio di Stati che siamo membri dell’UE. Un obbligo simile, anche se attenuato, esiste anche per i bacini internazionali qualora siano coinvolti Stati non membri (“gli Stati membri si adoperano per predisporre…”).
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Paesi, membri dell’UE o meno, che condividano un sottobacino attra-
verso l’elaborazione di piani più dettagliati71.
Non si hanno ancora dati definitivi sulla completezza dei piani ri- chiesti dalla direttiva, la cui elaborazione avrebbe dovuto concludersi
entro il 22 dicembre 201572. Il monitoraggio degli obblighi descritti per
le tre fasi avviene comunque per opera della Commissione che, ai sensi dell’articolo 15, riceve copie delle valutazioni, delle mappe e dei piani e che, ai sensi dell’articolo 16, prepara una relazione sull’attuazione della direttiva entro il 22 dicembre 2018.
L’allegato A della direttiva contiene, oltre ai già citati elementi ob- bligatori del piano, anche la descrizione dell’attuazione del piano. Que- sta deve contenere l’ordine di priorità delle misure previste nel piano e le modalità di monitoraggio dello stesso, la sintesi delle misure prese per assicurare la partecipazione del pubblico e l’elenco delle autorità competenti che necessitano di coordinamento all’interno del distretto, nonché le eventuali misure di coordinamento con le disposizioni di at- tuazione della Direttiva quadro. È dunque probabile che il monitoraggio da parte della Commissione avvenga anche con riferimento a questi parametri, nonostante essi, ai sensi dell’allegato, non sembrino elementi obbligatori del Piano di rischio. Il monitoraggio avrà a oggetto anche gli aggiornamenti del piano che, ai sensi dell’articolo 14(3), devono av- venire ogni sei anni. La revisione periodica avviene anche con l’obiet- tivo dichiarato di prendere atto del “probabile impatto dei cambiamenti
climatici”73. Il monitoraggio riguarderà in particolare il raggiungimento
degli obiettivi precedentemente prefissati, l’eventuale mancata attua- zione di alcune misure (che deve comunque essere giustificata), nonché
l’eventuale inclusione di misure supplementari74.
È interessante notare che la direttiva prevede un meccanismo di as- sistenza agli Stati per la gestione dei rischi che è simile ai meccanismi
71 Art. 8(4) Direttiva alluvioni.
72 Art. 7(5) Direttiva alluvioni. Il sito della Commissione succitato non presenta an-
cora dati aggiornati su questo punto.
73 Art. 14(4) Direttiva alluvioni.
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di non-compliance dei trattati internazionali in materia di ambiente75.
Ai sensi dell’articolo 8(5), infatti, qualora uno Stato abbia difficoltà nella gestione dei rischi derivanti da alluvioni, può sottoporre il pro- blema alla Commissione o agli Stati membri. Questi ultimi danno una risposta entro sei mesi dalla richiesta iniziale. Non si capisce, però, se tale opzione riguardi solo problemi che possono avere ripercussioni transfrontaliere e quale effetto le raccomandazioni degli Stati e della
Commissione possano avere sul processo di pianificazione76.
Una menzione particolare merita anche l’articolo 10 della Direttiva alluvioni che prevede obblighi relativi alla partecipazione del pubblico. Gli obblighi più stringenti sono quelli relativi alla messa a disposizione di tutti i documenti rilevanti. Gli Stati tuttavia hanno un mero obbligo di incoraggiare “la partecipazione attiva delle parti interessate all’elabo- razione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione”. Da que- sto punto di vista, quindi, la direttiva lascia un ampio margine di azione
agli Stati membri77.