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La Direttiva quadro e la Direttiva alluvioni creano un quadro norma- tivo complesso in cui gli obiettivi sono fissati a livello europeo e l’azio- ne concreta è demandata agli Stati membri e alle autorità da essi desi- gnate. In effetti, districarsi tra i molteplici obblighi derivanti dalle due direttive non è un esercizio di poco momento e sembra legittimo chie- dersi, come alcuni autori fanno, se l’intento di semplificazione normati-

75 Tali meccanismi prevedono, in breve, che qualora lo Stato parte di un trattato in

materia ambientale non abbia realizzato gli obblighi contratti, il meccanismo di monito- raggio previsto dal trattato in questione non si limiti ad accertare l’inadempimento ma proponga misure di assistenza. Sul tema, v. T. TREVES ET AL. (a cura di), Non-Compli-

ance Mechanisms and Procedures and the Effectiveness of International Environmental Agreements, The Hague, 2009.

76 M. B

AKKER ET AL., op. cit., sembrano presumere che sia applicabile solo ai pro-

blemi di natura transfrontaliera, p. 21.

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va inaugurato con la Direttiva quadro non sia poi stato vanificato dalla

parallela adozione di direttive figlie, compresa la Direttiva alluvioni78.

Nel caso della Direttiva alluvioni, la risposta va probabilmente tro- vata in una molteplicità di fattori. In primo luogo, bisogna considerare che un intervento europeo in materia di alluvioni non era originaria- mente previsto dal momento che esso non sembra soddisfare i criteri di necessità e proporzionalità connessi al principio di sussidiarietà. In se- condo luogo, è opportuno rilevare come nonostante le due direttive in- sistano entrambe sulla corretta gestione del patrimonio idrico, i loro obiettivi sono non del tutto o non sempre coincidenti. Sembra anzi che siano immaginabili conflitti per cui il raggiungimento di un elevato li- vello di qualità dei bacini idrici andrebbe a scapito della prevenzione

delle alluvioni e/o viceversa79. In terzo luogo, vale la pena di riflettere

sul fatto che, forse proprio a fronte della diversità degli obiettivi perse- guiti, le autorità statali e locali responsabili per la prevenzione e la mi- tigazione delle alluvioni prima dell’adozione della Direttiva alluvioni non coincidevano con le autorità designate per la tutela e gestione del patrimonio idrico. In tal senso, la Direttiva alluvioni, come già illustra- to, garantisce flessibilità da questo punto di vista, rendendo possibile la creazione di autorità di gestione separate e la delimitazione di unità di

gestione diverse dai distretti individuati ai fini della Direttiva quadro80.

Nonostante ciò, l’auspicio è chiaramente quello di evitare, per quan- to possibile, la proliferazione dei soggetti istituzionali dedicati all’attua- zione delle direttive. Del resto, il tentativo di evitare la duplicazione degli organi – a livello non più di Stati membri bensì europeo – informa anche l’articolo 12 della Direttiva alluvioni, che prevede che la Com- missione sia assistita, nel suo lavoro di supervisione dell’attuazione

78 Ibidem, p. 18.

79 Su questo punto, si veda ibidem, p. 20. Misure per fronteggiare alluvioni potreb-

bero essere dannose per gli obiettivi ambientali dei piani ai sensi della Direttiva quadro o, viceversa, misure di protezione ambientale potrebbero aumentare il rischio di allu- vioni. Nel primo caso, c’è la possibilità che le esenzioni di cui alla Direttiva quadro permettano l’assunzione di misure per contrastare le alluvioni. Sulle eccezioni e le de- roghe possibili, v. Preambolo par. 32 e art. 4(3)-(7) Direttiva quadro. V. infra in questo paragrafo.

80 Preambolo, par. 17 e art. 3(2) Direttiva alluvioni. V. anche il paragrafo 2.3 di

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della direttiva stessa, dal Comitato appositamente istituito, con funzioni analoghe ma riguardanti la Direttiva quadro sulle acque, dall’artico- lo 21 di quest’ultima. In base all’articolo 19 della Direttiva 2000/60 la Commissione deve informare il Comitato, su base annuale, del piano indicativo di misure che essa intende proporre nell’immediato futuro e che potrebbero avere un impatto sulla legislazione riguardante le acque. Nonostante l’assenza di una disposizione analoga nella Direttiva allu- vioni, la presenza di un riferimento al Comitato al già citato articolo 12 della stessa e l’espressione decisamente ampia utilizzata nell’artico- lo 19 della Direttiva quadro (“water legislation”) fanno pensare che le misure cui quest’ultimo si riferisce siano tutte quelle che possono avere un impatto non solo sulla Direttiva 2000/60 ma anche su tutte quelle che le sono “figlie”, ivi compresa, naturalmente, la Direttiva alluvioni.

Per certi versi, dunque, si può dire che la Direttiva quadro rappre- senta la disciplina di riferimento nel cui alveo gli altri interventi europei in materia di acque vanno ricondotti, assicurando dunque la coerenza normativa fra i diversi interventi. Il Preambolo della direttiva enuncia chiaramente tale principio:

La Comunità dovrebbe fornire principi comuni e il quadro globale in cui inserire gli interventi. La presente direttiva dovrebbe fornire tale quadro e coordinare, integrare e, nel lungo periodo, sviluppare ulte- riormente i principi e le strutture generali idonei a garantire la prote- zione e un utilizzo sostenibile delle acque comunitarie81.

Anche se la Direttiva quadro non tratta esplicitamente del rischio di alluvioni, ricomprende fra i propri obiettivi quello di “mitigare gli effet-

ti delle inondazioni e della siccità”82. La Direttiva alluvioni riconosce

poi esplicitamente che i Piani di gestione ai sensi della Direttiva quadro e i Piani di gestione del rischio alluvioni “rientrano nella gestione inte-

grata dei bacini idrografici”83. Il distretto idrografico rappresenta dun-

81 Preambolo, par. 18 Direttiva quadro, corsivo aggiunto. Si veda anche il par. 23,

che sottolinea come i principi comuni posti dalla direttiva siano funzionali, tra le altre cose, “al controllo dei problemi delle acque di rilevanza transfrontaliera”.

82 Art. 1(e) Direttiva quadro.

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que la medesima unità geografica di base su cui entrambe le direttive insistono con i propri strumenti di pianificazione decentralizzati.

Da parte sua, la Direttiva alluvioni parla anche più esplicitamente del rapporto ideale tra i due strumenti normativi. Sul punto, vale la pena di citare per esteso il Paragrafo 4 del Preambolo:

La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in mate- ria di acque, introduce l’obbligo di predisporre Piani di gestione dei ba- cini idrografici per tutti i distretti idrografici al fine di realizzare un buono stato ecologico e chimico delle acque e contribuirà a mitigare gli effetti delle alluvioni. La riduzione del rischio di alluvioni non figura, tuttavia, tra gli obiettivi principali di tale direttiva, né questa tiene conto dei futuri mutamenti dei rischi di alluvioni derivanti dai cambiamenti climatici.

Si rende chiaro, dunque, che molta attenzione va prestata al clima – in particolare, al rischio di aumento di fenomeni estremi, quali le ab- bondanti precipitazioni – e ciò distingue le due direttive: se la 2000/60 s’inquadra in un contesto prevalentemente statico, ove la principale va- riabile è la salute dei bacini idrografici, strettamente dipendente dalle misure messe in atto dagli Stati membri per migliorarla, la 2007/60 adotta un approccio diacronico, che aggiunge la variabile dei cambia- menti climatici e richiede che le misure di cui si è detto tengano conto di questi ultimi.

Anche entrando nel merito degli obblighi posti in capo agli Stati membri, si conferma l’idea dell’applicazione se non integrata, almeno coordinata, delle due direttive. Per esempio, le mappe del rischio elabora- te ai sensi della Direttiva 2007/60 devono indicare, ex articolo 6(5)(c), le possibili conseguenze negative delle alluvioni, espresse secondo vari parametri e, tra essi, quei danni agli impianti di prevenzione e riduzione dell’inquinamento che potrebbero avere ripercussioni su alcune delle aree protette stabilite in virtù dell’articolo 6 della Direttiva quadro. Inoltre, molto significativamente, l’articolo 7(5) della Direttiva alluvio- ni richiede che i Piani di gestione del rischio tengano conto, tra le altre cose, degli obiettivi ambientali posti dalla Direttiva quadro.

Perciò, se la direttiva “figlia” non può prescindere dalla direttiva “madre”, nasce l’esigenza di coordinamento tra le due, sancita ed espli-

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citamente regolata dall’articolo 9 della Direttiva alluvioni. Le disposi- zioni sono però piuttosto scarne poiché la direttiva rimanda agli Stati membri il compito di realizzare il suddetto coordinamento “mirando a migliorare l’efficacia, lo scambio di informazioni ed a realizzare siner- gie e vantaggi comuni”. L’articolo 9 prescrive anche tre adempimenti puntuali: (1) le informazioni contenute nelle mappe devono essere “coerenti con le pertinenti informazioni presentate” in conformità al-

l’articolo 5 della Direttiva quadro84; (2) i Piani di gestione del rischio di

alluvioni devono essere elaborati “in coordinamento con i riesami dei Piani di gestione dei bacini idrografici” ai sensi dell’articolo 13(7) della Direttiva quadro, quindi nel 2015; (3) la partecipazione del pubblico di cui all’articolo 10 della Direttiva alluvioni deve essere coordinata con gli obblighi di partecipazione di cui all’articolo 14 della Direttiva qua- dro.

La questione principale dunque è quella di tradurre questi obblighi in azioni concrete a livello nazionale e di bacino idrografico. Nonostante l’iniziativa sia del tutto rimessa agli Stati membri, la Commissione eu- ropea ha elaborato una Strategia comune di implementazione per faci- litare l’attuazione della Direttiva quadro e le direttive figlie, compresa la Direttiva alluvioni. Tale strategia, tuttavia, non contiene quasi nessuna indicazione concreta sul coordinamento degli obblighi derivanti dalle due direttive oggetto del presente studio, a parte la ribadita necessità di coor-

dinare l’attività di pianificazione85. La strategia inoltre affida il mo-

nitoraggio di tale coordinamento e l’individuazione di nuove necessità a

dei Working groups tematici, tra cui quello sulle alluvioni (Floods)86. Il

gruppo si occupa principalmente di tenere i contatti con gli Stati in re-

84 L’art. 5 Direttiva quadro prevede l’elaborazione, secondo specifiche tecniche di

matrice europea, di “un’analisi delle caratteristiche del distretto; un esame dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee; un’analisi economica dell’utilizzo idrico”.

85 C

OMMISSIONE EUROPEA, Common Implementation Strategy for the Water Frame-

work Directive (2000/60/EC) and the Floods Directive, Work Programme 2013-2015, Strengthening the implementation of EU water policy through the second river basin management plans, p. 2.

86 Ibidem, pp. 4 e 14. I Working groups sono anche raggruppati in clusters. Floods

fa parte del cluster Water Management insieme a Programme of Measures e Agricul-

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lazione alla suddetta Strategia comune di implementazione, nonché di creare una piattaforma comune per esperti europei, decisori nazionali e

burocrazia europea87; uno dei suoi principali risultati è la pubblicazione

di un documento sulle sinergie tra la Direttiva quadro e la Direttiva al-

luvioni88. Il lavoro dei Working groups confluisce infine negli incontri

dello Strategic Coordination Group, che è l’organo di interfaccia fra la Commissione e gli Stati.

In termini concreti e dati gli obblighi di cui all’articolo 9 della Diret- tiva alluvioni, un primo fronte di intervento potrebbe riguardare il coor- dinamento fra l’adozione e l’aggiornamento delle mappe di rischio con l’aggiornamento dell’analisi degli impatti umani e l’analisi economica

previsti nella Direttiva quadro89. L’aggiornamento delle mappe avverrà

in effetti nel 2019 in coincidenza con la terza tornata del processo di caratterizzazione delle acque previsto dall’articolo 5 della Direttiva quadro. Tale coordinamento comporta che se le autorità competenti per i compiti citati fossero diverse, le varie autorità responsabili dovrebbero provvedere allo scambio delle informazioni necessarie ad assicurare la conformità dei dati richiesta dalla Direttiva alluvioni. In tal senso, si- nergie potrebbero essere sfruttate anche ricavando alcune delle infor- mazioni necessarie per la stesura delle mappe, come ad esempio alcuni dati idromorfologici, dalla caratterizzazione delle acque portata a ter-

mine nel periodo precedente90.

Un altro fronte di necessaria interazione delle due direttive è quello del coordinamento tra i Piani di gestione dei bacini idrografici e i Piani

di gestione del rischio di alluvioni91. Anche in questo caso, la scadenza

per il completamento dei secondi coincideva con la scadenza per la re-

visione dei primi92. Allo stesso modo, le successive revisioni di entram-

87 M. B

AKKER ET AL., op. cit., p. 17.

88 V. C

OMMISSIONE EUROPEA, Links between the Floods Directive (FD 2007/60/EC)

and Water Framework Directive (WFD 2000/60/EC), Technical Report, 2014.

89 Ibidem, p. 15.

90 Ibidem, p. 20, fornisce un elenco di dati che possono essere usati ai fini di en-

trambe le direttive.

91 V. M. B

AKKER ET AL., op. cit., pp. iv e 18. Gli autori fanno l’esempio di un buon

coordinamento in tal senso nell’esperienza del Regno Unito e dell’Olanda.

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bi i piani sono scadenzate ogni sei anni93. L’articolo 7(3) della Direttiva

alluvioni prevede inoltre che i Piani di rischio tengano conto degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della Direttiva quadro. Infine, il Piano di gestione del rischio di alluvioni deve contenere, ai sensi del- l’Allegato A della Direttiva alluvioni, oltre all’elenco delle autorità competenti, una “descrizione del processo di coordinamento messo in atto all’interno di un distretto idrografico internazionale e del processo di coordinamento con la direttiva 2000/60/CE”. In questo senso, dun- que, il coordinamento tra le due attività di pianificazione non è solo auspicabile per il raggiungimento degli obiettivi di entrambe le diretti- ve, ma anche un atto obbligatorio.

L’attuazione di tale obbligo può, tuttavia, essere concretamente compromessa dalla frammentazione amministrativa presente a livello nazionale e locale, peraltro avallata dalla possibilità più volte ricordata

di nominare autorità competenti differenti per i due piani94. A tal propo-

sito, la Commissione suggerisce che le difficoltà di implementazione da questo punto di vista possano essere colmate attraverso una precisa pre- scrizione legislativa che imponga obblighi di cooperazione alle autorità

competenti95. Come si vedrà nella Sezione 5 del Capitolo terzo, tale

cooperazione è esplicitamente prevista nella normativa nazionale italia- na solo in riferimento alle autorità coinvolte nella gestione di distretti transfrontalieri.

Sinergie potrebbero essere trovate anche nel quadro dei processi partecipativi previsti da entrambe le direttive. Da questo punto di vista, è importante segnalare come la disciplina della Direttiva alluvioni sia in realtà molto più scarna di quella, già limitata, prevista dalla Direttiva

quadro96. Cominciando dalle similitudini tra le due direttive, dubbi rile-

93 V. art. 14(3) Direttiva alluvioni e art. 13(7) Direttiva quadro.

94 Questa questione è approfondita nel Capitolo terzo, e, specificamente, nel suo pa-

ragrafo 6.

95 C

OMMISSIONE EUROPEA, Links between the Floods Directive (FD 2007/60/EC),

cit., p. 12.

96 V. J. N

EWIG ET AL., What Role for Public Participation in Implementing the EU

Floods Directive? A Comparison with the Water Framework Directive, Early Evidence from Germany, and a Research Agenda, in Environmental Policy and Governance,

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vanti permangono sull’identificazione delle parti interessate, anche se un discorso analogo a quello fatto per la Direttiva quadro potrebbe ap-

plicarsi anche nel caso della Direttiva alluvioni97. Pare inoltre opportu-

no sottolineare che la partecipazione nell’ambito della Direttiva allu- vioni è prevista formalmente solo per quel che riguarda la formulazione dei Piani di gestione a fronte di un più generale obbligo di coinvolgi- mento attivo all’attuazione della direttiva previsto dall’articolo 14 della Direttiva quadro. In tal senso, alcuni autori sottolineano come gli obbli- ghi di informazione riguardanti la valutazione preliminare del rischio e le mappe nella Direttiva alluvioni siano in realtà obblighi ex post che

non incidono sulla preparazione dei suddetti documenti98. I requisiti

della Direttiva quadro sembrano infine più stringenti anche dal momen- to che sono previste scadenze precise per la messa a disposizione del pubblico delle informazioni rilevanti e per la presentazione di osserva-

zioni scritte da parte del pubblico99. Al contrario, la possibilità di com-

mentare per iscritto il testo dei Piani di gestione del rischio non è espli- citamente prevista dalla Direttiva alluvioni. L’articolo 14(2) della Diret- tiva quadro prevede inoltre esplicitamente la possibilità che il pubblico contribuisca con delle osservazioni scritte. Al contrario, la Direttiva alluvioni si limita a richiedere la partecipazione attiva delle parti inte- ressate con una formulazione simile a quella della Direttiva quadro, ma senza le correlate scadenze. È difficile in ogni caso fornire una valuta- zione conclusiva dell’efficacia e dei risultati dei processi partecipativi, dal momento che il primo periodo di pianificazione si è appena conclu-

so e non esistono molti dati in materia100.

Due argomenti concorrono però a corroborare la necessità di coordi- nare i due processi partecipativi. Da una parte, in entrambe le direttive la partecipazione è legata all’attività di pianificazione che, come visto sopra, deve essere obbligatoriamente coordinata. In tal senso, la stessa Commissione ha sottolineato che i piani dovrebbero essere pubblicati

97 V. paragrafo 1.5 di questo capitolo. 98 Ibidem, p. 279.

99 M. B

AKKER ET AL., op. cit., pp. 18-19. V. art. 14(1)(a)-(c) Direttiva quadro e i Pa-

ragrafi 1.5 di questo capitolo e 3.1 del Capitolo secondo.

100 V. J. N

EWIG ET AL., op. cit., pp. 283-285, per una valutazione dell’attuazione dei

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insieme o in maniera coordinata ai fini della consultazione del pubbli-

co101. In secondo luogo, il coordinamento dei processi partecipativi di-

scende anche dalla necessità esaminata più sopra di rendere compatibili i dati su cui si basano i piani. In tal senso, l’articolo 9(1) della Direttiva alluvioni prevede che le mappe della pericolosità siano tracciate “in modo che le informazioni in esse contenute siano coerenti con le perti- nenti informazioni presentate a norma della direttiva 2000/60/CE”. Tale coerenza ha dunque delle ripercussioni sulla consultazione perché a fronte di dati simili è più facile che i processi partecipativi siano orga- nizzati contestualmente e su documenti coordinati per entrambe le di- rettive. Nonostante tale previsione, alcune difficoltà pratiche potrebbero sorgere dall’eventuale molteplicità delle autorità competenti a livello distrettuale, che dunque sarebbero chiamate non solo ad assicurare lo scambio di dati ma anche l’organizzazione congiunta delle procedure di consultazione.

Per fare in modo, dunque, che la consultazione sia effettuata in ma- niera congiunta, le autorità competenti per le alluvioni dovrebbero adot- tare le stesse scadenze per la pubblicazione dei propri atti di quelle pre- viste nella Direttiva quadro e accettare parimenti osservazioni scritte. In tal senso, la mancanza di dettagli della Direttiva alluvioni potrebbe es- sere compensata dalla previsione di un processo più dettagliato nella Direttiva quadro. Sembra inoltre che l’adozione delle stesse scadenze non sia corroborata solo dal fatto che la Direttiva quadro rappresenta la disciplina di riferimento per gli aspetti poco chiari delle direttive che da

essa discendono o a essa sono collegate102. La necessità di imporre sca-

denze, infatti, discende anche dal fatto che l’adozione dei piani ha delle scadenze precise e, dunque, se la partecipazione deve, come sembra, precedere l’adozione dei piani, deve essere essa stessa scadenzata.

Il coordinamento tra le due direttive deve poi senz’altro avvenire in ipotesi di conflitto tra le misure previste nei Piani di gestione del rischio di alluvioni e quelle dei Piani di gestione dei bacini idrografici. Come

101 C

OMMISSIONE EUROPEA, Links between the Floods Directive (FD 2007/60/EC)

and Water Framework Directive (WFD 2000/60/EC), cit., p. 31.

102 V. M. B

AKKER ET AL., op. cit., p. 18. Tali autori sostengono che la Direttiva qua-

dro rappresenti la disciplina di riferimento per gli aspetti poco chiari riguardanti la par- tecipazione ai sensi della Direttiva alluvioni.

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già sottolineato, la prevenzione del rischio di alluvioni non assicura automaticamente una buona qualità delle acque ai sensi della Direttiva quadro. Si pensi per esempio a interventi infrastrutturali che alterino l’ecosistema di certi bacini idrografici. È dunque importante individua- re già a livello di pianificazione potenziali conflitti e la possibilità che gli stessi vengano stemperati per assicurare il raggiungimento congiun- to degli obiettivi di prevenzione con quelli ambientali. Il coordinamento è effettuato sulla base di criteri quali la fattibilità pratica delle misure, il costo e la loro efficacia, e il livello di sinergia con gli obiettivi della

Direttiva quadro103. Qualora tale sinergia non sia possibile, l’ulteriore

valutazione da fare è quella se ci siano possibili alternative per evitare un conflitto. La strada maestra, in simili circostanze, è l’invocazione di