2. Le direttive nella giurisprudenza europea
2.1. La Direttiva quadro
2.1.2. I rinvii pregiudiziali
Come si può notare nella Tabella 2 più sotto, ben quattro dei cinque rinvii pregiudiziali inerenti alla Direttiva quadro hanno riguardato il suo articolo 4, mentre in un’occasione il rinvio ha riguardato anche gli arti-
coli 9, 13, 14, e 2473.
Riguardo al primo rinvio, la questione veniva sollevata in merito a vari ricorsi di annullamento, proposti da un’amministrazione prefettizia greca, aventi a oggetto atti relativi al progetto di parziale deviazione del
corso dell’Aspropotamo, in Tessaglia74. Nella prima questione, il giudi-
ce del rinvio chiedeva alla Corte se l’articolo 13(6) della direttiva stabi- lisse unicamente un termine per l’elaborazione dei piani di gestione dei distretti idrografici, o se fissasse anche un termine specifico per la tra- sposizione di alcune disposizioni degli articoli 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 del- la direttiva. In risposta a questo primo quesito, la Corte ha dichiarato che il citato articolo 13(6) e l’articolo 24(1) devono essere interpretati nel senso che essi fissano, rispettivamente, al 22 dicembre 2009 la data di scadenza del termine impartito agli Stati membri per la pubblicazio- ne dei piani di gestione dei distretti idrografici, e al 22 dicembre 2003 la data di scadenza del termine massimo concesso agli Stati membri per
73 Si vedano: Symvoulio tis Epikrateias – Grecia, C-43/10, cit.; Bundesverwal-
tungsgericht – Germania, C-461/13, cit.; Općinski sud u Velikoj Gorici – Croazia, C-
686/15, cit.; Verwaltungsgerichtshof – Austria, C-529/15, cit.; Verwaltungsgerichtshof – Austria, C-664/15, cit.
74 In un primo momento, il Consiglio di Stato decise di annullare le decisioni ap-
provate dal Governo greco in merito ai parametri ambientali relativi al progetto, poiché esse non erano fondate su uno studio di impatto ambientale completo. Il Ministero del- l’Ambiente e dei Lavori pubblici predispose poi uno studio integrativo per la valutazio- ne di impatto ambientale del progetto, che venne successivamente approvato dal Go- verno. Tuttavia, il Consiglio di Stato annullò anche queste decisioni, poiché, a suo pare- re, il progetto non era inserito in un “programma di sviluppo sostenibile” delle risorse. Per superare questi vincoli posti dal Consiglio di Stato, fu dunque emanata una legge che dichiarava che il progetto era di vasta portata e d’interesse nazionale, e si decise così di proseguire i lavori. Contro quest’ultima decisione furono proposti i ricorsi og- getto della richiesta che il Consiglio di Stato sottopose da ultimo alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
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realizzare la trasposizione della direttiva, e segnatamente dei suoi arti-
coli 3(6), 9, 13 e 1575. Con le successive questioni, il giudice del rinvio
chiedeva se la Direttiva 2000/60/CE confliggesse con una norma nazio- nale che autorizzava, prima del 22 dicembre 2009, un trasferimento di acqua da un bacino idrografico a un altro o da un distretto idrografico a un altro quando ancora non fossero stati adottati dalle autorità nazionali competenti i Piani di gestione dei distretti idrografici interessati. Inoltre, il giudice del rinvio chiedeva, in sostanza, quali fossero, nel caso in cui la direttiva non pregiudicasse la validità di tale norma nazionale, le spe- cifiche condizioni da rispettare affinché tale trasferimento di acqua po- tesse aver luogo. La Corte ha risposto a queste domande dichiarando che la direttiva non osta, in linea di principio, a una norma nazionale che autorizzi, prima del 22 dicembre 2009 e quando ancora non siano stati adottati dalle autorità nazionali competenti i Piani di gestione dei distretti idrografici interessati, trasferimenti di acqua come quelli sum- menzionati, posto comunque che un tale trasferimento non deve com- promettere seriamente la realizzazione degli obiettivi prescritti dalla direttiva (fatte salve le deroghe previste dall’articolo 4(7) della stessa). Inoltre, la Corte ha precisato che l’impossibilità per il bacino idrografi- co o per il distretto idrografico ricevente di soddisfare con le proprie risorse idriche il proprio fabbisogno di acqua potabile, di produzione di elettricità o di irrigazione non è una condizione indispensabile affinché un simile trasferimento d’acqua sia compatibile con la direttiva, purché
siano soddisfatte le altre condizioni menzionate76. Infine, rispondendo
all’ultima questione posta dal giudice del rinvio in relazione alla Diret- tiva quadro, la Corte ha specificato che il fatto che un parlamento na- zionale approvi dei Piani di gestione di bacini idrografici, quali quelli controversi nel giudizio principale, senza che sia stata attuata alcuna procedura di informazione, consultazione o partecipazione del pubbli- co, non rientra nella sfera di applicazione dell’articolo 14 della diretti-
va, e in particolare in quella del paragrafo 1 di tale disposizione77.
Per ciò che concerne il secondo rinvio pregiudiziale, la questione veniva sollevata in merito all’autorizzazione – rilasciata dall’autorità
75 Symvoulio tis Epikrateias – Grecia, C-43/10, cit., par. 1 del dispositivo. 76 Ibidem, par. 2 del dispositivo.
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federale competente – a incrementare la profondità di vari tratti del fiume Weser, situato nel nord-ovest della Germania, al fine di consenti- re il passaggio di navi da carico più larghe nei porti di Bremerhaven, Brake e Brema. Nella domanda di pronuncia pregiudiziale, che verteva sull’interpretazione dell’articolo 4(1)(a), da sub i) a sub iii), della diret- tiva, il giudice del rinvio chiedeva alla Corte se la direttiva fosse appli- cabile a una tale procedura di autorizzazione o se si limitasse a enuncia- re obiettivi di pianificazione di gestione. Il giudice chiedeva inoltre quali fossero, stando al sopracitato articolo, i criteri determinanti per valutare l’esistenza di un deterioramento dello stato di un corpo idrico. La Corte ha affermato che, in primo luogo, l’articolo 4(1)(a):
deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti – salvo concessione di una deroga – a negare l’autorizzazione di un parti- colare progetto qualora esso sia idoneo a provocare un deterioramento dello stato di un corpo idrico superficiale oppure qualora pregiudichi il raggiungimento di un buono stato delle acque superficiali o di un buon potenziale ecologico e di un buono stato chimico di tali acque alla data prevista da tale direttiva78.
In secondo luogo, in riferimento alla cruciale nozione di “deteriora- mento dello stato” di un corpo idrico superficiale, la Corte ha chiarito che essa:
dev’essere interpretata nel senso che si è in presenza di un deteriora- mento quando lo stato di almeno uno degli elementi di qualità, ai sensi dell’allegato V di tale direttiva, si degradi di una classe, anche se tale deterioramento non si traduce in un deterioramento nella classificazio- ne, nel complesso, del corpo idrico superficiale. Tuttavia, se l’elemento di qualità di cui trattasi, ai sensi di tale allegato, si trova già nella classe più bassa, qualunque deterioramento di detto elemento costituisce un «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, lettera a), sub i)79.
Riguardo al terzo rinvio, la questione veniva sollevata nell’ambito di una controversia insorta tra una società croata fornitrice dei servizi mu-
78 Bundesverwaltungsgericht – Germania, C-461/13, cit., par. 1 del dispositivo. 79 Ibidem, par. 2 del dispositivo.
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nicipali di distribuzione dell’acqua e una signora che si rifiutava di pa- gare la parte fissa del prezzo dei servizi idrici, quella cioè calcolata in- dipendentemente dal consumo effettivo. Il giudice del rinvio chiedeva, in sostanza, se la Direttiva 2000/60/CE dovesse essere interpretata in senso confliggente con una normativa nazionale per cui il prezzo dei servizi idrici fatturato al consumatore comprende non soltanto una parte variabile calcolata in funzione del volume di acqua realmente consuma- to dall’interessato, ma anche una parte fissa corrispondente ad altri one- ri tipici del servizio, come allacciamento, manutenzione, analisi, ecc. In risposta al quesito, la Corte ha innanzitutto fatto notare che la Direttiva quadro non persegue un’armonizzazione totale delle normative degli Stati membri in materia di acque: l’obiettivo della direttiva è quello di preservare e migliorare l’ambiente acquatico e la qualità delle acque al- l’interno dell’Unione; tuttavia, gli strumenti atti a raggiungere questo
obiettivo sono rimessi alla valutazione degli Stati membri80. Inoltre, una
tariffazione dell’acqua che includa una parte di prezzo variabile con- nessa al consumo effettivo e una parte fissa è prassi ricorrente tra gli Stati. Perciò, la Corte ha concluso che la Direttiva quadro non osta a una normativa nazionale come quella nel caso di specie.
Il quarto rinvio pregiudiziale concerneva la gestione di una centrale idroelettrica sul fiume Mürz, in Austria. Secondo il ricorrente – titolare di una licenza di pesca su un tratto di tale fiume – la gestione di tale centrale avrebbe provocato gravi danni all’ambiente e ai pesci che lo abitano. La gestione era però stata autorizzata conformemente alla leg- ge sul diritto delle acque del 1959, e questo, stando alla legge federale austriaca sulla responsabilità ambientale, avrebbe escluso la sussistenza di un danno ambientale. Il ricorrente sosteneva dunque di fronte alla Corte amministrativa austriaca che una tale normativa fosse in contrasto con la Direttiva 2004/35 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Corte amministra- tiva austriaca decideva così di rinviare la questione alla Corte di giusti- zia, chiedendo se la Direttiva 2004/35 confliggesse con una normativa nazionale che esclude la sussistenza del danno ambientale per il sol fat- to che l’attività incriminata è coperta da un’autorizzazione conforme al
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diritto nazionale. Per ciò che interessa il tema del presente volume, il giudice del rinvio chiedeva anche se, nel caso in cui fosse stata rilascia- ta un’autorizzazione in applicazione delle disposizioni nazionali senza l’esame dell’osservanza delle condizioni previste all’articolo 4(7) della Direttiva quadro sulle acque, il giudice medesimo dovesse verificare d’ufficio se ricorressero le condizioni previste da tale disposizione ai fini dell’accertamento della sussistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2(1)(b) della Direttiva 2004/35. In risposta a questo quesi- to, la Corte ha affermato che il giudice nazionale non è tenuto a verifi- care d’ufficio se le condizioni previste all’articolo 4(7) della Direttiva quadro siano state soddisfatte o meno, ai fini dell’accertamento di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2(1)(b) della Direttiva 2004/35. Quest’obbligo incombe sulle autorità nazionali competenti ad autoriz- zare un progetto prima del rilascio dell’autorizzazione. In altre parole, il giudice nazionale non è obbligato a sostituirsi all’esecutivo; ciò detto, nel caso in cui quest’ultimo non avesse effettuato il dovuto esame, può
sempre dichiarare l’illegittimità dell’atto impugnato81.
Il quinto e ultimo rinvio pregiudiziale verteva sull’interpretazione dell’articolo 4 della Direttiva quadro, congiuntamente all’articolo 9 del- la Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia am- bientale (la Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Unione europea e dai
suoi Stati membri)82. Il rinvio nasceva da una controversia insorta in
Austria tra un’organizzazione non governativa ambientalista (la Pro- tect) e un’Autorità di distretto in merito alla richiesta della prima di es- sere riconosciuta come parte in un procedimento relativo a una doman- da di proroga dell’autorizzazione concessa, in forza della normativa nazionale sulle acque, a un impianto di innevamento. Dopo che la do- manda e un primo ricorso erano stati respinti, l’organizzazione ambien- talista aveva adito la Corte amministrativa austriaca sostenendo che l’articolo 2(4)-(5) e l’articolo 9(3) della Convenzione di Aarhus le con- ferivano la qualità di parte nei procedimenti che si svolgono ai sensi della normativa in materia di acque, e di avere un interesse giuridico al
81 Verwaltungsgerichtshof – Austria, C-529/15, cit., parr. 38-40 della sentenza. 82 Citata anche infra, nel paragrafo 3.1 dedicato alla partecipazione del pubblico.
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rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di protezio- ne dell’ambiente, tra cui, in particolare, quelle della Direttiva quadro che il progetto di cui si trattava avrebbe violato in misura considerevo- le. Il giudice del rinvio chiedeva dunque se l’articolo 4 della Diretti- va 2000/60/CE, o la suddetta direttiva in quanto tale, dovessero essere interpretati nel senso che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, in forza dell’articolo 9(3) della Convenzione di Aarhus, dovesse avere la possibilità di impugnare dinanzi a un giudice una decisione di auto- rizzazione, disciplinata esclusivamente dalla normativa in materia di acque, di un progetto che non è sottoposto a una valutazione di impatto ambientale ai sensi della Direttiva 2011/92 concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. In ri- sposta al quesito, la Corte ha innanzitutto asserito che l’articolo 4(1)(a) della Direttiva quadro impone l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici e si rivolge agli Stati membri, e che l’effetto utile della direttiva nonché la sua finalità di tutela dell’ambiente richie- dono che i privati o, se del caso, un’organizzazione non governativa per la tutela dell’ambiente debitamente costituita possano avvalersene in
giudizio83. La Corte dunque ha affermato che:
l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione [di Aarhus] […] in combi- nato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali del- l’Unione, dev’essere interpretato nel senso che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debitamente costituita e operante conformemente ai requisiti previsti dal diritto nazionale deve poter impugnare dinanzi a un organo giurisdizionale una decisione di autorizzazione di un progetto che possa essere contrario all’obbligo di impedire il deterioramento del- lo stato dei corpi idrici quale imposto dall’articolo 4 della diretti- va 2000/60/CE84.
Il giudice del rinvio chiedeva inoltre se, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il rispetto della Convenzione di Aarhus fosse garantito qualora uno Stato membro preveda un diritto di ricorso giurisdizionale contro la decisione amministrativa in oggetto, o se tale rispetto richiedesse inoltre che i diritti conferiti dalla Diretti-
83 Verwaltungsgerichtshof – Austria, C-664/15, cit., par. 34 della sentenza. 84 Ibidem, par. 1 del dispositivo.
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va 2000/60/CE possano già essere invocati nell’ambito del procedimen- to amministrativo. In risposta a questo ulteriore quesito, la Corte ha innanzitutto chiarito che tale questione è distinta rispetto alla preceden- te e dev’essere esaminata alla luce del solo articolo 6 della Convenzio- ne di Aarhus, che costituisce parte integrante del diritto dell’Unione. La suddetta disposizione conferisce al pubblico, in particolare, il diritto di partecipare “effettivamente al processo decisionale in materia ambien- tale”. Tuttavia, tali diritti di partecipazione si applicano solo nel caso di una decisione in merito ad attività elencate nell’Allegato I della Con- venzione, oppure che non sono ivi presenti, ma che possano avere un effetto significativo sull’ambiente. È in tale contesto che la Corte ha posto l’accento sull’articolo 14 della Direttiva quadro, che prevede per gli Stati membri l’obbligo di promuovere la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della stessa, e ha dichiarato che spetta al giudice del rinvio interpretare il diritto processuale in un senso che sia conforme all’articolo 14(1) della direttiva, al fine di consentire a una organizzazione per la tutela dell’ambiente come la Protect di parte-
cipare in qualità di parte nel procedimento85. Pertanto, la Corte ha con-
cluso che:
il combinato disposto dell’articolo 9, paragrafo 3, [della Convenzione di Aarhus] […] e dell’articolo 47 della Carta nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 dev’essere interpretato nel senso che osta a una normativa processuale nazionale che esclude, in una si- tuazione come quella di cui al procedimento principale, le organizza- zioni per la tutela dell’ambiente dal diritto di partecipazione, in quanto parte nel procedimento, a un procedimento di autorizzazione diretto ad attuare la direttiva 2000/60 e che limita il diritto di ricorso per impugna- re decisioni adottate in esito a tale procedimento alle sole persone aven- ti tale qualità86.
85 Ibidem, par. 80 della sentenza. 86 Ibidem, par. 2 del dispositivo.
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69 Tabella 2 - I rinvii pregiudiziali relativi alla Direttiva quadro sulle acque, per articolo interpretato
art. 4 art. 9 art. 13 art. 14 art. 24
Grecia C-43/10 (2012) art. 4(7) Croazia C-686/15 (2016) Grecia C-43/10 (2012) art. 13(6) Austria C-664/15 (2017) art. 14(1) Grecia C-43/10 (2012) art. 24(1) Germania C-461/13 (2015) art. 4(1)(a) da sub i) a sub iii)
Austria C-529/15 (2017) art. 4(7) Austria C-664/15 (2017) 2.2. La Direttiva alluvioni
Come già anticipato, la giurisprudenza della Corte di giustizia del- l’Unione europea relativa alla Direttiva alluvioni non si contraddistin- gue di certo per densità. Difatti, i ricorsi per inadempimento in merito
alla direttiva in esame sono soltanto due87. Gli Stati membri convenuti
nei due ricorsi per inadempimento sono, rispettivamente, la Francia e la Polonia. In entrambi i casi, la Commissione aveva chiesto alla Corte di dichiarare che, non avendo adottato tutte le disposizioni legislative, re- golamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, e, in ogni caso, non avendo comunicato alla Commissione tali disposi- zioni, gli Stati in causa fossero venuti meno ai propri obblighi derivanti
dall’articolo 17(1) di detta direttiva88. In nessuno dei due casi, però, la
87 Commissione c. Francia, C-597/10, cit.; Commissione c. Polonia, C-20/11, cit. 88 L’art. 17(1) recita: “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislati-
ve, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 2009. Essi ne informano immediatamente la Commissione”.
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Corte è arrivata a sentenza, poiché la Commissione ha rinunciato a pro- cedere. In entrambi i casi, tuttavia, gli Stati membri hanno garantito l’entrata in vigore delle disposizioni interne attuative soltanto in seguito al ricorso da parte della Commissione, che dunque ha chiesto, e ottenu- to, che le spese fossero poste a carico delle parti convenute in giudi-
zio89.
3. Le principali questioni relative all’attuazione