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POESIALIRICAEDELEGIACA

Le citazioni di poeti lirici che troviamo all‟interno dell‟opera di Niceta Coniata sono in tutto una trentina, anche se, in particolare per Pindaro, molte occorrono in più passi. Abbiamo Saffo, Alcmane e Bacchilide (rappresentati da una sola citazione), Simonide e Archiloco, con due passi, Solone e Anacreonte con tre rimandi ciascuno, Teognide con quattro e Pindaro, richiamato in venticinque passi per un totale di quindici citazioni a cui si aggiunge un rimando agli Scolii alle Nemee. La presenza di questi autori nelle pagine di uno storico del XII secolo pone immediatamente il problema della tradizione testuale. Se è vero che non abbiamo testimonianza di raccolte interamente dedicate a un autore, eccetto per Pindaro, sappiamo che una parte della poesia antica doveva essere stata conservata in florilegi, testi scolastici e manuali di retorica, anche se non sono del tutto attendibili, come sostenuto da Pontani, le dichiarazioni di Michele Psello quando afferma di leggere e commentare passi poetici con i suoi studenti e quelle di Michele Italico che dichiara la presenza di Pindaro e Saffo tra gli autori letti dai suoi allievi461. Gli studiosi bizantini potevano quindi rifarsi alla tradizione indiretta, traendo le loro citazioni da autori che avevano menzionato versi antichi.

Per quanto riguarda Niceta sono già stati effettuati alcuni studi su singoli frammenti, in particolare su Archiloco fr.302 West, Solone fr.11 West e Saffo fr.117 Lobel-Page, mentre manca l‟analisi puntuale delle citazioni di altri poeti antichi.

ARCHILOCO Fr. 302 West2 Nic. Chon., Hist. 9, p. 230 r. 84.

Fr. 223 West2 Nic. Chon., Or. 8, p. 68 r. 22.

Fr. 302 West2 (citazione diretta)

Nel nono libro delle Cronache, descrivendo la difficile situazione politica in cui si trovava Bisanzio a causa dell‟eccessivo potere assunto dal protosebastor Alessio, Niceta afferma che le entrate del regno confluivano tutte verso l‟imperatrice – moglie del defunto Manuele e madre del giovane Alessio II Comneno – e il suo collaboratore, indicato come “favorito”. Poco prima Niceta aveva descritto la relazione amorosa tra la donna e il funzionario senza darla tuttavia per certa, almeno in apparenza. In questo passo, invece, proprio attraverso la citazione di Archiloco, manifesta chiaramente il proprio giudizio nei confronti dell‟imperatrice madre. Niceta scrive infatti: θαὶ ηὸ ηνῦ Ἀξρηιόρνπ ἄληηθξπο ἐπεξαίλεην, ὅ θεζηλ, εἰο ἔληεξνλ πόξλεο πνιιάθηο κεηαξξπΐζθεζζαη ηὰ ρξόλῳ θαὶ πόλῳ ζπιιεγέληα καθξῶ462.

461 Pontani 2001, p.235-7.

462 “E si realizzava davvero il detto di Archiloco che dice che spesso precipita rapidamente nel ventre di una prostituta quelllo che è stato

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Il frammento di Archiloco è giunto sino a noi, come indicato da West, grazie alla trasmissione indiretta, attraverso Eliano (Varia Hist. 4.14,1-3): πνιιάθηο ηὰ θαη‟ὀβνιὸλ κεηὰ πνιι῵λ πόλσλ ζπλαρζέληα ρξήκαηα θαηὰ ηὸλ Ἀξρίινρνλ εἰο πόξλεο γπλαηθὸο ἔληεξνλ θαηαξξέεη463.

Non è facile stabilire, però, se Niceta si sia rifatto a questo passo o piuttosto, come suggerisce nel suo articolo la Opelt, se abbia tratto il riferimento da un florilegio464. L‟autore conosceva certamente l‟opera di Eliano, come dimostrano altre numerose citazioni, ma in questo caso la distanza lessicale è comunque evidente, a partire dal verbo: Niceta ne utilizza uno di nuova formazione, che non si trova in nessun altro autore. È anche difficile definire quale delle due versioni in prosa sia più attinente al testo poetico perduto: la Opelt465 sostiene che Niceta abbia tramandato più fedelmente il passo archilocheo rispetto a Eliano, che appare, con l‟inserimento dell‟espressione θαη‟ὀβνιὸλ, più “prosaico e anacronistico”, mentre il nostro autore salvaguarderebbe, ad esempio, l‟espressione ρξόλῳ θαὶ πόλῳ che, essendo in rima, sembrerebbe poetica; la studiosa però sostiene anche che l‟espressione πόξλε γπλὴ inserita da Eliano sia più vicina ad Archiloco rispetto al semplice aggettivo sostantivato, che acquisterebbe una sfumatura eufemistica.

L‟analisi di queste espressioni può però approdare ad affermazioni diverse: in Archiloco (fr.328 W.) leggiamo ancora una volta il termine πόξλε: ἴζνο θηλαίδνπ θαὶ θαθ῅ο πόξλεο ὁ λνῦο466; in questo passo il poeta attacca ancora una volta l‟avidità e, dal contesto, sembra chiaro il significato assunto dall‟aggettivo sostantivato. D‟altronde anche il riferimento di Niceta non sembra ricercare eufemismi: conferma semplicemente quanto detto in precedenza, rafforzandolo attraverso le parole di un‟ auctoritas riconosciuta. Per quanto riguarda invece i termini ρξόλῳ θαὶ πόλῳ, che possono essere, come afferma la Opelt, di origine popolare o letteraria, va sottolineato che essi si trovano, inseriti all‟interno di un‟espressione molto simile a quella di Niceta, in Libanio467, che scrive: ἀιιὰ ζπεῖξαη ηὰ ρξόλῳ θαὶ πόλῳ ζπιιεγέληα δηὰ ηνηνύησλ γξακκάησλ. Anche se il contesto è molto diverso – si parla dei “guadagni” culturali che devono essere coltivati e diffusi, Libanio utilizza più volte questi due termini insieme; un‟espressione simile, ma più vicina a Eliano, si trova anche in Giovanni Crisostomo468: θαὶ γὰξ ὁ γεσξγὸο ἐπεηδὰλ ζπείξῃ ηὰ κεηὰ πνιινῦ ηνῦ

πόλνπ ζπιιεγέληα ζπέξκαηα, ρεηκ῵λα γελέζζαη εὔρεηαη. Incontriamo una struttura analoga anche in Appiano (Iber. 10,3): ηὰ δὲ ινηπὰ ζὺλ ρξόλῳ πνιιῶ θαὶ πόλῳ ιακβαλόκελα (...). Anche in questo caso il contesto è molto differente da quello che troviamo in Niceta o in Eliano, ma proprio questo fa pensare che la struttura utilizzata possa essere semplicemente entrata nell‟uso, senza che sia possibile chiarire se e in quale forma fosse presente nei versi archilochei.

È difficile quindi definire il livello di conservazione del testo originale all‟interno dei due passi, mentre è chiaro il concetto espresso. È possibile che Niceta sia ricorso al testo contenuto in un florilegio oggi perduto o che si sia basato su una conoscenza mnemonica, derivata dai propri studi: i testi dei poeti facevano parte, infatti, dei programmi scolastici, nei quali venivano presentati in raccolte antologiche. Non si può però

463 “Spesso, secondo il detto di Archiloco, i beni raccolti a poco a poco e con molta fatica vanno a finire nel ventre di una donna di facili

costumi”. Per il testo greco ho seguito l‟edizione Teubneriana (Claudii Aeliani Varia Historia, edidit Marvin R. Dilts, Leipzig 1974).

464 Opelt 1978. 465 Ibidem, p. 198.

466 “La mente simile a quella di un cinedo o di una malvagia prostituta” 467 Liban. Or. 63.15, 3-4.

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escludere che il nostro storico conoscesse il passo di Eliano e lo abbia riutilizzato, modificandolo secondo le regole della variatio, per dare alla citazione un‟impronta maggiormente personale.

Fr. 223 West2 (88 Diehl)

τέττιγος ἐδράξω πτεροῦ469

All‟inizio dell‟orazione ottava, rivolta a un ignoto destinatario che Niceta accusa di calunnia e tradimento dell‟amicizia, leggiamo: “τέττιγα ἐκ τοῦ πτεροῦ συνείληφας” εἴπνηκ‟ἂλ ν὎θ ἀπαδόλησο ηὸ παξνηκη῵δεο ηνῦην (...)470 che sembra derivare, originariamente, da un breve frammento di Archiloco; il significato del passo è chiarito da Niceta stesso: il poeta – o l‟oratore – reagisce rispondendo con maggior forza alle calunnie che gli sono state mosse, come la cicala aumenta il volume del canto se viene presa per le ali. Il paragone tra la cicala e il poeta si mantiene anche nel paragrafo successivo..

È evidente che Niceta non si è ispirato direttamente alla poesia arcaica, in questo passo, ma ricorda piuttosto lo Pseudologista di Luciano471, come già sottolinea van Dieten in apparato; in quest‟opera abbiamo infatti un lungo passo in cui troviamo, con attribuzione ad Archiloco, il verso utilizzato da Niceta seguito da un‟ampia spiegazione; inoltre abbiamo lo stesso ordine delle parole e – anche se le due espressioni differiscono per l‟inserimento della preposizione in Niceta – riscontriamo in Luciano il verbo composto ζπιιακβάλσ, presente anche in Niceta: ηὸ δὲ ηνῦ Ἀξρηιόρνπ ἐθεῖλν ἢδε ζνη ιέγσ, ὅηη τέττιγα τοῦ πτεροῦ συνείληφας (...). ἐθεῖλνο ηνίλπλ πξόο ηηλνο η῵λ ηνηνύησλ ἀθνύζαο θαθ῵ο τέττιγα ἔφη ηὸλ ἄλδξα εἰληφέναι τοῦ πτηροῦ, εἰθάδσλ ἑαπηὸλ ηῶ ηέηηηγη ὁ Ἀξρίινρνο θύζεη κὲλ ιάιῳ ὄληη θαὶ ἄλεπ ηηλὸο ἀλάγθεο, ὁπόηαλ δὲ θαὶ ηνῦ πηεξνῦ ιεθζῆ γεγσλόηεξνλ βν῵ληη. È interessante osservare che, mentre Luciano dichiara la derivazione del passo da Archiloco, Niceta non menziona il poeta, ma ricorda l‟uso proverbiale dell‟espressione. A questo proposito già in apparato critico leggiamo che questa frase era divenuta un proverbio; come tale infatti si trasmise alla letteratura bizantina successiva: all‟interno della Σπιινγή del bizantino Michele Apostolio (XV sec.) la troviamo seguita dalla corrispondente spiegazione, senza alcun riferimento ad Archiloco: <τέττιγα τοῦ πτεροῦ ξυνείληφας:> ἐπὶ η῵λ ηὰ ζηόκαηα η῵λ ἀζπξνγιώζζσλ ππινύλησλ472.

Anche in questo caso è difficile stabilire con esattezza il percorso seguito da Niceta per arrivare alla citazione: sicuramente l‟autore conosceva il proverbio, ma allo stesso modo è molto probabile che avesse letto il testo di Luciano. L‟affermazione dell‟autore – in cui sostiene di seguire un detto proverbiale – non è attendibile, perchè era abitudine degli scrittori bizantini nascondere le proprie fonti dietro false dichiarazioni; inoltre, come sottolinea sempre van Dieten, nel corso di tutta l‟orazione Niceta si rifà più volte allo

Pseudologista, e spesso anche ad altri testi lucianei.