All‟interno dell‟opera di Niceta Coniata si trova per tre volte un riferimento a Tereo. Questi, fratello di Atreo, si era macchiato di una tremenda colpa: dopo aver violentato la cognata, per impedirle di narrare l‟accaduto le aveva tagliato la lingua. Ella era stata poi trasformata in rondine dagli dei, commossi dalla sua sorte. Nella sesta orazione, lamentandosi per la morte del figlio, Niceta chiede ηίο βάξβαξνο θαὶ ζεξηζηὴο ἀπάλζξσπνο Τεξεὺο θζέγκα ρειηδόλνο ἀθεῖιελ νὕησο δύ838; nella dodicesima, composta come gioco retorico per dimostrare che l‟inverno è meglio della stagione estiva, descrivendo l‟estate afferma ηνῦην ἔζηηλ ὁ ἀλαηδὴο Θξᾶμ ηέκλσλ ηὴλ γιηηαλ ηο ρειηδόλνο θαὶ ηὴλ ἀεδόλα δεηθλὺο πεξόξηνλ (…)839. Infine, nell‟ottava lettera, rivolta a Teodoro Irenico, dichiara che l‟amico non oltrepassa i limiti impostigli, sapendo che anche la natura divina si muove spinta dall‟amore per gli uomini θαὶ ηὰο ἀεδόλαο θαὶ ηὰο ρειηδόλαο ὁξλ, θἂλ κή ηηο αηαῖο παξαβαιεῖ ηεξθζεζόκελνο θαὶ ηλ θαηλλ ηεξεηηζκάησλ ἀθνπὸο ὀθζεζόκελνο, ηὰο κὲλ κειεαδνύζαο, ηὰο δὲ πεξηηξπδνύζαο θαὶ πεξηπαζο ὀδπξνκέλαο ηὰ κὴ ζεκηηὰ ηνῦ Θξᾳθὸο ἀλδξίζκαηα840. Come si può vedere dal testo dei passi, pur ricordando lo stesso personaggio Niceta utilizza un lessico molto diverso nei singoli casi, senza dare l‟impressione di rifarsi a una fonte specifica.
In apparato si trovano due rimandi: uno al passo di Sofocle che sto analizzando e uno alla Biblioteca di Apollodoro (3.194.4), in cui si legge che Tereo, avendo abusato di Filomela (Filomene), ηὴλ γιζζαλ ἐμέηεκελ αηο. La storia di Tereo, Procne e Filomene, però, doveva essere ben nota: si trova infatti negli
Scolii a Esiodo841, in Libanio842, in Achille Tazio (dove l‟intera vicenda viene presentata come soggetto di un quadro)843, in Procopio retore844, in Eustazio845, in un epigramma funerario di Agazia846. In particolare, si può osservare che alcuni dei termini inseriti da Niceta in questi passi ritornano anche in altri autori: è quello che accade per il verbo ἀθαηξέσ, che si trova negli Scolii a Esiodo – mentre in Libanio leggiamo l‟affine πεξηαηξέσ – e per πεξηηξύδσ, il cui composto ἀκθηπεξηηξύδσ viene utilizzato da Agazia in riferimento al verso lamentoso delle rondini.
La diffusione del mito e la stessa varietà con cui Niceta lo inserisce nelle proprie opere, utilizzando termini che non possiamo far risalire a una sola fonte, fanno pensare che egli si rifacesse alla propria generica conoscenza del racconto. Anche dal punto di vista contestuale sembra che non sia tanto la vicenda mitica, ad interessare all‟autore, quando le analogie che permette di creare con le situazioni reali che egli vuole rappresentare. Niceta avrebbe quindi utilizzato questi riferimenti per sottolineare nel primo caso il dolore provocato dal vuoto lasciato dalla voce del figlio morto, nel secondo la desolazione dell‟estate, che zittisce la rondine e allontana gli uccelli per il caldo, nella lettera, infine, per sottolineare la bontà di chi è disposto ad
837 I frammenti del Tereo di Sofocle, che vanno dal 582 al 595 della raccolta del Radt, non presentano nessuna affinità lessicale con i
passi di Niceta qua esaminati. Ho preferito pertanto ometterne i testi.
838 “Quale barbaro Tereo, crudele mietitore, ha sottratto la voce così dolce della rondine?”
839 “Questo è il Trace senza vergogna, che taglia la lingua della rondine e rende l‟usignolo straniero.”
840 “Vedendo le rondini e gli usignoli, anche se nessuno sta loro vicino per divertirsi o per ammirarle ascoltando i vani lamenti, mentre le
prime si lamentano e i secondi cinguettano intorno e piangono di cuore le azioni non lecite del Trace.”
841 Schol. in Hes. Op. 568b. Pertus3. 842 Liban. Progymn. 2.18.1-3. 843 Ach. Tat. Leuc. Et Clitoph. 5.3-5.
844 Proc. Reth. Declamat. 1.11: ἐθζόλεζελ αηῆ θαὶ θσλο, θαὶ νδὲ γιηηαλ ἀθθε ηῆ θόξῃ. 845 Eustath. in Hom. Od. II, 215 r. 32 Stallbaum.
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ascoltare lamenti che non procurano alcun piacere, simili a quelli della rondine e dell‟usignolo che piangono le turpi azioni di Tereo.
Trach. 555sgg847
Nell‟ottava orazione, rivolta a un anonimo avversario, Niceta inserisce un riferimento alla vicenda mitologica di Nesso, confrontando l‟atteggiamento del suo rivale con quello del centauro: εἴπνη δ‟ἄλ ηηο νθ ἀθαίξσο θαὶ ὡο θαηὰ ηὸλ Λέζζνλ ἐθεῖλνλ ηὸ ζὸλ ζόθηζκα. πιὴλ ὁ κὲλ πξὸο ἧξαθιένο βαιιόκελνο ν θαθο (ἢξα γὰξ ἔξνλ ἀζέκηηνλ) ᾧ θαξκάθῳ ἤλ ἀλαηξνύκελνο θαὶ ηὴλ πξὸο ζάλαηνλ ἀπαγόκελνο, ηνύηῳ ἐπηβνύισο ηὸλ βαιόληα κύλεην. ζὺ δὲ ᾧ βέβιεζαη θαηὰ θαξδίαο θαηξίσο θαὶ δηθαίσο ηνμεύκεαηη ὡο ἐλ πνιινῖο ζθαιιόκελνο δόγκαζη, ηνῦην ἀληηπέκπσλ ηὸ βικα ν δηαθξηβνύκελνο εἶ ηὸλ ηξώζαληα, ὡο ἐθεῖλνο ηὸλ ἀλεξεθόηα ἣξσα, ἀιι‟ἀπεξηζθέπησο θαὶ ὡο λπθηνκαρλ ἐλ κέζῳ θσηὶ ηνῖο ἐρζξνῖο ἐπηηνμεύεηο ηό θίιηνλ848. In apparato critico vengono ricordati due passi: quello di Sofocle e uno di Diodoro Siculo (Bibl.Hist. 4.36). Nel primo caso si tratta dei versi in cui Deianira racconta ai figli quello che il centauro Nesso le aveva detto in punto di morte, nel secondo del racconto dello scontro tra Eracle e Nesso e delle sue conseguenze. Il racconto delle vicende di Nesso ed Eracle si trova, però, anche in altri autori: innanzitutto nella Biblioteca
di Apollodoro (II, 151-2), ma anche in altri generi letterari, pagani e cristiani, come le Imagines di Filostrato (888), in cui si descrive un quadro che rappresenta questa vicenda, l‟orazione 60 di Dione Crisostomo, intitolata Λέζζνο θαὶ Γεηαλείξα, le Praepositiones Evangelicae di Eusebio (2.2.28). In tutti questi casi viene riportata l‟intera vicenda. Niceta poteva quindi conoscere il racconto non solo attraverso la tragedia, ma anche dalla lettura di altri testi; questo non esclude la possibilità che lo storico avesse letto anche le
Trachinie ma, in questo caso è molto difficile pensare che si sia ispirato proprio al testo sofocleo.
È importante, invece, sottolineare il valore del contesto: il confronto col mito, in questo caso, serve all‟autore per sottolineare la scelleratezza e la stoltezza del proprio avversario che, a differenza di Nesso, non ha nessuna giustificazione per averlo “pugnalato alle spalle”: il centauro, infatti, aveva vendicato la propria morte, badando a colpire il proprio nemico; quest‟uomo ha agito avventatamente, colpendo alle spalle un amico. Si può parlare quindi di una sorta di superamento del mito da parte del dato reale, anche se in chiave negativa: i sentimenti, le azioni umane, vengono rafforzate attraverso il confronto con la vicenda mitologica, o piuttosto grazie alla contrapposizione con il mito, che superano indifferentemente nel bene o nel male.
847 Non riporto il testo della tragedia perchè si tratta di un lungo monologo che non presenta nessun punto di contatto lessicale con il
passo di Niceta a cui si fa riferimento. L‟unico elemento in comune è, appunto, il rimando alla figura di Nesso, le cui vicende vengono narrate nella tragedia da Deianira e ricordate,”en passant”, da Niceta.
848 “Qualcuno potrebbe dire che il tuo artificio somiglia a quello di Nesso; con la differenza che quello, essendosi gettato contro Eracle,
non a torto (amava infatti di un amore illecito) con lo stesso veleno col quale fu ucciso e portava via quella con sè nella morte, con un inganno si vendicava dell‟uccisore. Tu invece, col colpo con cui hai colpito al cuore con precisione ed esattezza, come se avessi sbagliato nelle decisioni, gettandolo senza verificare esattamente il ferito, come quello con l‟eroe da uccidere, ma senza attenzione e come combattendo di notte hai colpito l‟amico al posto dei nemici.”