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5. Esternalizzazione e compliance degli strandard internazionali del lavoro: possibili soluzion

3.4 IFAs firmati dai CAE

Come detto sopra, sino lal dicembre 2006, 12 dei 49 IFAs allora esistenti erano co-firmati dagli ITUFs e dagli EWC-CAE della relativa compagnia.

I CAE o EWC sono stati introdotti dalla Direttiva 94/45/EC del 22 settembre 1994 "riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo (CAE) o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensione comunitaria", che costituisce probabilmente la più importante iniziativa legislativa presa nel campo delle relazioni industriali a livello europeo.

La direttiva sui CAE rappresenta un tipo di risposta istituzionale, sul piano del diritto comunitario, al fenomeno della globalizzazione, una risposta che, pur nella sua incompletezza, può, almeno in parte, ridurre i rischi di dumping sociale, conseguente alla delocalizzazione della produzione, messa in atto

dalle società multinazionali, al fine di operare in paesi dove vi è meno forza sindacale e scarsa difesa dei diritti sociali.

Essa interessa tutti i paesi dell'Unione europea, comprese il Regno Unito di Inghilterra ed Irlanda, escluso all'atto dell'emanazione originario ed incluso successivamente nel 1997, con apposito atto di estensione della direttiva stessa. Interessa anche Norvegia, Islanda e Lichtenstein, paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo, ed anche le imprese o gruppi di imprese, la cui direzione centrale è insediata in paesi terzi (Usa, Canada, Giappone, Svizzera, ecc) a condizione che gli stabilimenti insediati nei paesi membri dell'Ue e in quelli appartenenti allo Spazio economico europeo soddisfino le soglie numeriche dei lavoratori occupati indicate nella normativa.

Scopo della direttiva CAE è il miglioramento dei diritti di informazione e consultazione dei lavoratori nelle società transnazionali operanti in Europa, diritti sanciti fondamentali nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata a Nizza nel 2000.

I diritti di informazione e consultazione, sostenuti e rafforzati dalla direttiva, hanno ricevuto in Italia una grande attenzione negli anni '70 con le prime parti dei contratti e negli anni '80 con la cosiddetta "stagione dei protocolli", ma il processo è rimasto incompiuto proprio negli anni in cui si affermava il fenomeno della globalizzazione dell'economia; i CAE sono stati l'occasione e lo strumento per riprendere e attualizzare il dibattito sulla partecipazione dei lavoratori, per estenderlo al ruolo delle multinazionali e alla loro responsabilità sociale, rivendicando al tempo stesso, in un'ottica di interdipendenza degli interessi, la parità dei diritti del lavoro rispetto a quelli, mai messi in discussione, del capitale.

L’istituzione dei Comitati Aziendali Europei risale ormai a 10 anni fa. Tuttavia, soprattutto la denominazione datane in lingua tedesca ”Europäische Betriebsräte“ (“Consiglio aziendale”) potrebbe dare origine a fraintendimenti con le tradizionali istituzioni sindacali. Il CAE, a differenza delle rappresentanze di interessi aziendali, come quelle attualmente diffuse in Italia – la RSU (Rappreentanza Sindacale Unitaria) –non dispone di alcun potete contrattuale in senso stretto. La definizione ” Betriebsräte“ – commissioni interne- è equivoca, in quanto il CAE – a differenza dei veri rappresentanti aziendali tedeschi ed austriaci – non ha alcun diritto di cogestione. La definizione italiana, invece, di ”Comitati aziendali europei“ è sufficientemente distintiva rispetto ad altre forme di rappre- sentanza aziendale dei lavoratori esistenti in Italia (RSU e delegati/RSA).

Il presupposto giuridico per l’istituzione dei CAE è, come visto, la Direttiva 94/45/CE del Consiglio di data 22 settembre 1994.

L’iniziativa della costituzione di un CAE può provenire dai seguenti soggetti: la direzione centrale aziendale; almeno 100 dipendenti (o dai loro rappresentanti) di almeno due imprese o sedi produttive che si trovino in due paesi in cui trova applicazione la Direttiva; le organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto collettivo in vigore nell’impresa o nel gruppo di imprese.

Nel caso l’iniziativa della costituzione parta dai dipendenti, 100 dipendenti o i loro rappresentanti di almeno due stati devono presentare una ”richiesta di apertura della negoziazione” direttamente alla direzione centrale oppure alla direzione locale di uno stabilimento o dell’impresa del gruppo.

Nella maggioranza dei casi il CAE si colloca a livello dei vertici del gruppo. Nel caso in cui, però, i rami aziendali del gruppo non abbiano nulla a che fare l’uno

con l’altro, è opportuno istituire le strutture di rappresentanza a livello più appropriato.

Un’importante motivazione a favore della costituzione di un CAE è il riconoscimento della sua reale efficacia. Il Comitato Aziendale Europeo:

- consente lo scambio di informazioni tra i rappresentanti dei lavoratori delle diverse sedi di gruppi multinazionali,

- contribuisce all’individuazione di omissioni (intenzionali o no) di informazioni da parte del management,

- agevola lo scambio di soluzioni modello, consente l’utilizzo di tutte le informazioni utili alle contrattazioni a livello di filiale,

- tende a impedire il dumping sociale (l’abbassamento degli standard sociali offerti),

- agevola l’elaborazione di iniziative comuni, ad esempio nell’ambito della formazione continua, e lo studio di alternative comuni alle decisioni assunte a livello dirigenziale,

- consolida i contatti internazionali ed i comportamenti solidali transnazionali. Va inoltre ricordato che in Europa ci sono strutture di rappresentanza a livello aziendale diversissime tra loro. Il Rappresentante Aziendale austriaco è per esempio (leggermente) diverso da quello tedesco, ed entrambe le tipologie di rappresentanza dei lavoratori possono essere solo parzialmente assimilate alle RSU. Quasi ogni paese europeo ha infatti la propria tipologia di rappresentanza aziendale o sindacale con differenti diritti e differenti competenze, diverse strutture interne e diverse tradizioni: i CAE sono un primo tentativo per dare una struttura uniforme, idonea ad operare in un mercato del lavoro soggetto alle influenze organizzative determinate dalla globalizzazione.

In quanto organi deputati allo scambio di informazioni tra i rappresentanti dei lavoratori delle diverse sedi di gruppi multinazionali e di soluzioni modelli, detti organi sono stati coinvolti nel processi di realizzazione degli IFAs.

Sempre più compagnie optano per questo approccio, principalmente nel settottore metalmeccanico; inoltre, va anche ricordato che storicamente il processo di negoziazione in diverse compagnie fu cominciato proprio all'interno dei CAE-EWC, anche se alla fine questi ultimi non hanno firmato l'accordo. In altri casi ancora i CAE hanno avuto un importante ruolo nel monitoraggio e implementazione dell'IFA. Questo sottolinea il fatto che il CAE è sempre più percepito dal management delle multinazionali come un legittimo, se non naturale, partner per le negoziazioni sindacali all'interno delle imprese UE. La negoziazione previa con il CAE-EWC rende più facili le negoziazioni dell'IFA perché vengono presi in considerazione dalla compagnia specifici argomenti e si creano più stabili e permanenti relazioni tra le parti, cosa che in effetti non è così facile per federazioni sindacali iternazionali la cui portata di attività è molto vasta.

Va ricordato che dal punto di vista legale la direttiva del '94 ha solamente limitato i poteri del CAE alla informazione e consultazione, non quindi rappresentzanza. IL CAE non dà quindi all’IFA un surplus in termini di legittimità dell’accordo. La valenza del CAE, all’interno delle negoziazioni per la realizzazione dell’IFA, rileva solo in relazione alla maggiore condivisione dell’IFA stesso a livello aziendale, ancorchè detta condivisione non rileva ai fini dei poteri dei signatari dell’accordo. In secondo luogo un ulteriore problema è che i CAE non rappresentano comunque i lavoratori delle filiali della holding che si trovano in territorio non europeo, e a maggior ragione il loro potere di rappresentanza non si estende agli appaltatori.

In ogni caso, combinando la legittimazione derivante dalla doppia firma (ITUFs e CAE) sembra essere una buona soluzione pragmatica per confermare la volontà dlele parti di stringere un accordo, nonstante la natura dell'IFA non venga minimamente modificata dall'esistenza della firma del CAE.