In materia di salute, sicurezza ed igiene, in ambito italiano e comunitario si sono evidenziate precipue esigenze di protezione ed informazione proprio per i lavoratori esternalizzati. La dove la flessibilità è ingente, secondo le statistiche INAIL, si concentrano infatti i maggiori rischi per la salute dei lavoratori133.
La gestione della sicurezza delle sempre più complesse organizzazioni aziendali si trova di fronte alla nuova dimensione disegnata dal massiccio incremento del ricorso all’outsourcing di servizi tecnici: ciò comporta uno spontaneo incremento dei rischi per la sicurezza e dunque la necessità per le aziende di far fronte in modo programmato anche a questa esigenza, soprattutto in occasione di contratti di appalto e sub appalto, con necessità di esercitare una particolare considerazione nei confronti dei sub-fornitori per quanto riguarda la sicurezza umana e la tutela preventiva dell'ambiente di lavoro.
In ambito comunitario, l’Art. 6, punto 4, della direttiva 89/391/CEE (Direttiva
quadro concernente l’attuazione delle misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, da recepirsi all’interno delle legislazioni degli Stati membri), sancisce il seguente
obbligo generale dei datori di lavoro: “fatte salve le altre disposizioni della
132 W. Sanguinetti Raymond, Las transformaciones del empleador y el futuro del derecho del trabajo, Revista de Actualidad Laboral, disponibile a: www.revista-actualidadlaboral.com/miscelanea/not_curso.htm, pag. 11. 133http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPag
presente direttiva, quando in uno stesso luogo di lavoro sono presenti i lavoratori di più imprese, i datori di lavoro devono cooperare all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute, e, tenuto conto della natura delle attività, coordinare i metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, informarsi reciprocamente circa questi rischi e informare i propri lavoratori e/o i loro rappresentanti”.
La sequenza di misure indicate dal legislatore comunitario costituisce la risposta prevenzional-protettiva al fenomeno della segmentazione, ovvero dell’articolazione e della conseguente esternalizzazione, di alcune delle fasi proprie di quello che un tempo era un interno ed unitario processo produttivo, nonché delle fasi o dei servizi accessori e collaterali eppure connaturati allo stesso processo ed anch’essi tendenzialmente eseguiti internamente ed unitariamente. Detto processo, attuato mediante l’integrazione funzionale fra imprese diverse sulla base di contratti di collaborazione più o meno stretta (ma, almeno sulla carta, tali da non intaccare la reciproca autonomia dei soggetti) ed avente, letteralmente, quale oggetto l’acquisizione dall’esterno di un servizio (o di un bene) che l’imprenditore principale realizzava direttamente, mediante la propria organizzazione o che, sin dall’origine, attribuiva all’esterno ad imprese terze, da attuarsi mediante i contratti tipici di appalto, subappalto, somministrazione, subfornitura o quelli atipici, ad esempio, di factoring, engineering, ecc., puo’ essere infatti foriero di specifiche problematicità.
Nel caso invero in cui l’esecuzione da parte dei terzi delle fasi accessorie o proprie del processo produttivo si realizzi promiscuamente all’interno di un medesimo luogo, stabilimento, struttura, con sovrapposizione delle diverse organizzazioni e dei diversi fattori di pericolo lavorativi ad esse connaturati, si genera il c.d. rischio interferenziale, sul presupposto di una maggiore
esposizione dei lavoratori impiegati in questo contesto al rischio di incorrere in infortuni sul lavoro.
La promiscuità lavorativa, ovvero la sovrapposizione, la commistione, l’interazione, la compresenza di più organizzazioni di lavoro insistenti in un medesimo luogo ed operanti per la realizzazione della propria attività produttiva, ciascuno con peculiarità di strumenti, attrezzature, sostanze, uomini e mezzi e, quindi, con specificità di pericoli e di esposizione ai rischi lavorativi tipici delle opere o dei servizi ad essi affidati, è, infatti, causa o concausa frequente di infortuni sul luogo di lavoro.
Tale situazione, infatti, determinando l’alterazione della connessione lineare che lega il datore di lavoro, l’ambiente e la prestazione lavorativa e che costituisce il presupposto per la sua autonoma gestione delle misure precauzionali e sopportazione del rischio infortunistico lavorativo, atteso che i lavoratori dipendenti dalle imprese datrici di lavoro esterne operano in un ambiente sempre diverso, spesso predisposto ed organizzato dall’impresa ospitante (committente), sovente utilizzando attrezzature messe a loro disposizione dalla stessa, agendo, pur sempre, in un ambito più o meno marcato di etero-direzione, impone l’estensione delle regole preventivo- protettive poste a tutela della sicurezza e della salute durante il lavoro e dei soggetti ai quali esse normalmente si rivolgono.
Il precetto comunitario di cui all’art. 6, punto 4, della direttiva 89/391, dispone, quindi, un obbligo nuovo nella formulazione, di grande rilievo e di pressante attualità in relazione alla grande diffusione dei fenomeni di esternalizzazione delle opere e dei servizi all’interno dei processi produttivi e dei luoghi in cui essi si realizzano, determinando un incrocio sempre più frequente e affollato di
organizzazioni di lavoro e di lavoratori, che vanno ben oltre il modello contrattuale più diffusamente utilizzato ovvero l’appalto (e il subappalto).
Ne consegue, pertanto, che per qualsiasi causa, si determini promiscuità lavorativa e con essa l’esposizione al pericolo interferenziale e, conseguentemente, si cagioni un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, dovranno essere rispettate misure di precauzione concertate e condivise, apparentemente in modo paritario, fra tutti i datori di lavoro delle imprese presenti nello stesso luogo.
In ambito italiano, con la modifica apportata dalla legge n. 123/2007 (e con l’approvazione del T.U. sulla sicurezza sul lavoro, Legge n. 81/2009), l’art. 7, d.lgs. n° 626/1994, ha aggiunto, in capo al datore di lavoro committente, alcune nuove responsabilità in caso di affidamento di lavori in appalto. È necessario poi evidenziare che anche un’altra modifica, operata dalla legge n. 123/2007 al d.lgs n° 231/2001, rende maggiormente necessaria una oculata gestione dell’appalto da parte del committente. Queste norme sono state dettate per colmare il vuoto di normazione relativa ai lavoratori in regime di appalto, molto spesso vittime di infortuni sul lavoro a causa della loro scarsa protezione ed informazione sui rischi delle lavorazioni che venivano inviati ad eseguire.
L’esemplificazione normativa sopra riprodotta testimonia quindi che i lavoratori esternalizzati sono sovente piu’ colpiti, in termini statistici, dagli infortuni sul lavoro, per cui è stato necessario approntare regimi specifici di tutela della loro integrità psicofisica.
Detta necessità è emersa poi in paesi come quelli latino-americani ove la mancanza di tutela specifica dei confronti del rischi interferenziale è
specialmente avvertita134; tuttavia, per il momento, adeguati assetti normativi siano stati predisposti.