Uno dei convegni sopra accennati e che arricchirono di pareri e argomenti il ricco dibattito realizzato a latere rispetto ai lavori delle varie Sottocommissioni dell’Inchiesta sullo stato della Scuola fu quello svoltosi fra il 31 Agosto e il 4 Settembre 1948 presso il Convitto Nazionale “Maria Luigia” di Parma. In quella circostanza illustri esperti in materia di scuole rurali/pluriclassi collaborarono per fare il punto su questo settore dell’insegnamento. Per comprendere la scansione dei lavori di questo Convegno teorico‐
pratico sui problemi della scuola unica pluriclasse, basti scorrere il programma delle
giornate di studio: Lunedì 30 agosto: ore 10, Francesco Bettini (relazione introduttiva):
Impostazione generale del problema della scuola unica pluriclasse; ore 16, Giovanni
Gozzer: Il problema della scuola pluriclasse in relazione alla situazione attuale della scuola
elementare; ore 17, Giorgio Gabrielli: Il metodo attivo, fondamento della scuola pluriclasse. Martedì 31 agosto: a.m.: lezioni pratiche; ore 16, Alberto Bertolini: Lezioni ed occupazioni nella scuola pluriclasse; ore 17, Giulio Marchesoni: La preparazione dell’insegnante della scuola pluriclasse; Mercoledì 1 settembre: a.m.: lezioni pratiche; ore
16, Felice Socciarelli: Il problema della Scuola pluriclasse nel Mezzogiorno e nelle Isole; ore 16.30, Carmelo Cottone: Edilizia, attrezzatura, mezzi e sussidi didattici della scuola
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Ib. p. 263. 316 G. G
100 pluriclasse; ore 17.15, Tommaso Bozza: La bibliotechina nella scuola pluriclasse; Giovedì 2
settembre: a.m.: lezione pratiche; ore 11.30, Guglielmo Banal: Compilazione dell’orario e
preparazione alle lezioni nella scuola pluriclasse; ore 12, Serafino Mazzarocchi: Educazione fisica ed igiene nella scuola unica pluriclasse. Venerdì 3 settembre: a.m.:
lezione pratica. Ore 16, Pierina Boranga: Lo studio della natura mediante l’osservazione
dell’ambiente; ore 17, Luigi Arnaud: Ambiente naturale e ambiente sociale della scuola rurale pluriclasse; Sabato 4 settembre: ore 8, Attilio Menapace: Le fasi per la realizzazione della scuola unica pluriclasse nella nostra organizzazione scolastica; ore 11.30, Gino
Belardinelli: Conclusione dei lavori e discorso finale.
Gli interventi furono introdotti da una magistrale “lezione” del ministro Gonella, che inizia con il sottolineare l’importanza del Convegno sulle pluriclassi, arrivando a dire che si tratta per la Scuola di un “avvenimento storico”. «La scuola pluriclasse – chiariva Gonella – è una necessità pratica là dove l’esiguo numero di alunni non consente che le autorità scolastiche assegnino più di un insegnante. Ma se la scuola pluriclasse, ossia la scuola a più sezioni affidate contemporaneamente a un solo insegnante, corrisponde ad un bisogno obiettivo, essa è, nello stesso tempo, una scuola possibile ed attuabile, dal punto di vista pedagogico. Essa è, infatti, la risultante di motivi e principi che differenziandola dalla scuola comune e imprimendole una impronta propria, la inseriscono come elemento nuovo, come esperienza di scuola viva ed attiva, nel tradizionale organismo scolastico»317. Il convegno ha pertanto per finalità quella di accertare quale sia l’“originalità” di queste scuole, quali i requisiti dell’insegnante (autentico “maestro dell’arte”), quali i mezzi che consentano l’attuazione piena dei fini istruttivi in questo contesto operativo.
Tutti i piccoli centri abitati hanno bisogno della Scuola. «È quindi indispensabile che i fanciulli viventi in tali località siano messi in grado nella loro età scolastica di acquisire gli elementi formativi e propulsivi di tale vita318. La scuola colà deve offrire un sevizio che vada oltre i soli 3 anni d’istruzione, con orari ridotti. Il problema dell’analfabetismo, evidenzia Gonella, è ancora presente, soprattutto nella sua veste “di ritorno”.
317 Id., Atti del Convegno di studio teorico‐pratico sui problemi della scuola unica pluriclasse. Parma,
Convitto Nazionale “Maria Luigia”, lunedì 30 agosto – sabato 4 settembre 1948, in «La Riforma della
Scuola», cit., p. 3. 318 Ib., p. 4.
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Nel 1948/49, i dati riportati dal ministro della P.I. dicono che le realtà scolastiche “con un solo insegnante esistenti in Italia raggiungono circa il 50%”; il che voleva dire ben 815.000 alunni impossibilitati (a meno che non si spostassero in paesi limitrofi) a svolgere tutti e cinque gli anni di corso elementare. La scuola deve dare “sicure e radicate” cognizioni di base a tutti i futuri membri della collettività nazionale”, nessuno escluso. Sulla questione dell’obbligo scolastico dai 6 ai 14 anni d’età, il Nostro pensa che la scuola rurale potesse funzionare sino all’11° anno in loco, così da non trasportare i bambini altrove rispetto alla loro abitazione. Per la scuola post‐elementare, dagli 11 ai 14 anni, invece, egli proponeva scuole inter‐frazionali, o inter‐comunali. Resta, però, centrale nella crescita del bambino la fase di formazione elementare.
Al fine di fugare ogni perplessità latente, Gonella successivamente passa a trattare il problema dell’insegnamento rurale, spesso connotato dalle classiche lamentele di alcuni docenti che denunciavano e denunciano un carico didattico a volte quintuplicato. «Grava sulla pluriclasse un pregiudizio comune e diffuso, anche se infondato: essa è considerata come la scuola in cui l’insegnante è costretto a vedere davanti a sé cinque classi, a svolgere cinque programmi, a correggere cinque pacchi di esercizi, a preparare cinque serie di lavori, ad effettuare cinque contemporanee preparazioni»319. Se fosse davvero e inequivocabilmente così si dovrebbe concludere l’analisi con un giudizio negativo, senza appello. A questo punto Gonella nel controbattere le tesi opposte argomenta le sue posizioni rimarcando un concetto, l’individualizzazione dei processi di insegnamento, che lo pongono quasi in sintonia con le correnti pedagogiche attuali più accreditate. In verità, dice, nessun insegnante con una sola classe può pensare di aver davanti bambini livellati sugli stessi standard. I bambini sono individui tutti diversi: “Le conquiste della pedagogia moderna e le esperienze delle scuole più note tendono perciò a sostituire sempre più al concetto di classe quello di individuo e di comunità ed a valorizzare, in luogo dell’insegnamento collettivo, l’insegnamento individualizzato per il quale si considera realmente la classe come un insieme di elementi diversi e caratteristici, non come complesso eguale e indifferenziato»320. Se si accetta il concetto di “insegnamento individualizzato”, quindi, occorre dire che la pluriclasse è una realtà difficile, ma
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Ib., p. 5. 320 Ib.
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affrontabile, gestibile. La scuola pluriclasse non è un “agglomerato di classi”, ma “diventa una comunità di individui di diversa età, di diverso livello intellettuale, di differenti conoscenze che lavorano insieme con compiti diversi, con occupazioni complementari, sotto la guida del maestro. Che lavorano: ecco il segreto della pluriclasse, non un maestro che voglia far tutto, che pretenda di dirigere direttamente una schiera di allievi, così disparata, spiegando, parlando, gestendo o concentrando su di sé tutta l’attività della scuola; ma gruppi di alunni che lavorano per conto loro guidati, stimolati, aiutati; che conquistano attraverso l’interesse e l’osservazione i vari elementi del sapere, che operano costantemente, che non ripetono ma scoprono, quanto giorno per giorno vengono imparando”. Si tratta di guidare bene la pluriclasse ad una “armoniosa sintesi di lavoro”. Un autentico passo di pedagogia da far leggere, tutt’oggi, a coloro che in una pluriclasse vedono solo ostacoli insormontabili! Se nella monoclasse ci sono dei vantaggi, ricorda Gonella, la scuola rurale pluriclasse ha i suoi: «la vita scolastica collettiva di alunni diversi per età, per esperienza, per livello mentale costringe l’insegnante a non contare più sul lavoro mnemonico e cattedratico; gli impone di non “fare” la sua lezione, ma di stimolare il lavoro dei singoli alunni. Accogliendo il principio della scuola attiva da una parte e quello del lavoro a gruppi dall’altra, e fondendoli in sintesi armoniosa, essa configura la sua fisionomia caratteristica di scuola‐comunità, in cui l’insegnante partecipa, coordinandolo, al lavoro collettivo, stimola questo lavoro, e, soprattutto, mette a disposizione dei vari gruppi quel materiale che, destando interesse, sviluppa l’attività dell’alunno»321.
La domanda centrale, posta dalla gran parte dei docenti (ma non solo), è sempre la stessa: È possibile insegnare contemporaneamente a cinque classi? L’errore sta nel pensare che tutto poggi sull’insegnamento verbale; ma la parola non è l’unico veicolo della docenza! La pluralità di interessi dei bambini e la loro capacità di utilizzo e ricezione di più canali comunicativi, deve indurre a riflettere sul fatto che la pluriclasse possa e debba muoversi sulle seguenti linee operative: lavori per gruppi; promozione e gestione di “occupazioni complementari contemporanee”; il maestro sia fautore di attività in grado di suscitare i reali interessi e la collaborazione degli alunni; urgenza del rendere plastici orari e programmi; il lavoro del docente non sia una ripetizione di uno “schema modello”, badi piuttosto il maestro alla cognizione e non al procedimento. L’insegnamento delle
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pluriclassi, quindi, affianca al verbale un insieme di attività mentali, manuali, osservative, esperienziali dirette, tutte utili per arricchire l’apprendimento del bambino. Si eviti la pedanteria e la ripetizione meccanica. L’insegnante della pluriclasse non porge soluzioni da ripetere mnemonicamente, ma suscita interessi e favorisce così l’apprendimento. Come definire, quindi, la pluriclasse? Gonella dice: «È la scuola in cui l’insegnante semina”322. Del resto, che queste riflessioni favorevoli al buon impiego educativo‐ didattico della realtà‐necessità pluriclasse, non siano solo frutto di un’ottica limitata al caso italiano, lo comprovano le varie e riuscitissime esperienze pluriclassi della Svizzera, nello specifico del Ticino. Altri Paesi da citare: Svezia, Cecoslovacchia, Austria. In Francia, poi, ricorda Gonella tali scuole, definite “écoles à classe unique”, hanno una loro fisionomia sin dal 1923 e nel 1937 sono state riorganizzate. In Italia vanno apprezzate in particolar modo le scuole pluriclassi del Trentino. Il ministro chiarisce: «Benché scuola pluriclasse e scuola rurale, per lo stretto legame esistente tra loro, rappresentino due problemi connessi, non si devono confondere l’una con l’altra. Il problema della scuola pluriclasse è essenzialmente un problema di carattere tecnico‐didattico, il quale per altro si illumina e si colora dei riflessi derivanti dai problemi della scuola che sono di natura più squisitamente economico‐sociale. La scuola rurale ha spesso fra i suoi problemi, quello della pluriclasse, in quanto nella grande maggioranza dei casi le scuole nelle zone rurali sono di uno o due insegnanti, data la esiguità del numero degli alunni: il che implica automaticamente il problema dell’insegnamento contemporaneo a più classi o annate di fanciulli. Perciò è evidente che tutti i problemi connessi alla scuola rurale interessano direttamente la pluriclasse, che rappresenta la traduzione in termini didattico‐organizzativi del problema della scuola rurale»323.
La questione delle scuole rurali pone anche altri problemi che, anche se non direttamente, la interessano comunque per i riflessi che essi hanno sul suo operato. “Sono in altri termini gli aspetti sociali del problema della scuola nelle zone rurali, la cui approfondita e diffusa conoscenza avrebbe certo non scarsa importanza in questo particolare momento, ed aiuterebbe a comprendere molti fenomeni oggi verificatisi nelle
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Ib., p. 6. 323 Ib., p. 7.
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zone a carattere prevalentemente agricolo”324. I riflessi di cui sopra sono economici, sociali, psicologici. Caratteri universali e da tener in gran conto, come l’attaccamento alla terra, al villaggio natio, al desiderio di possesso dei contadini nei confronti della “loro” terra. Certo, il contadino appare anche non di rado come rude, aspro, scontroso. Ma è altresì “lavoratore tenace, d’una sanità morale solida, costituzionale, anche se con punte di apparente grettezza” e non ama esser contraddetto nelle sue apparenti verità. Il mondo rurale è complesso, poiché non vivono in aree rurali solo i contadini. Vi risiedono anche altre categorie che ne rendono sfaccettata la composizione.
Esiste una “civiltà contadina”325 che, come ricordava Gonella, gli artisti a volte hanno meglio evidenziato rispetto a sociologi ed economisti. La scuola rurale non deve restare indifferente a tutto ciò che gli orbita attorno; la scuola lì è elemento mediatore fra l’ambiente rurale e il ritmo della civiltà moderna, nella quale pure il cittadino di quelle zone deve inserirsi. Tale scuola non dovrà chiudersi nella sua “ruralità”, ma aprirsi in stretta connessione con il mondo intellettuale, economico‐sociale, artistico della nazione e del mondo. Questa scuola deve formare uomini, non contadini!