Le interviste confluite in questo studio sulle Scuole rurali/pluriclassi sono state realizzate sia diacronicamente con insegnanti in pensione, tre in Sicilia e altrettanti in un’area al confine fra la Toscana e l’Umbria, sia sincronicamente tramite l’incontro con 25 insegnanti in servizio nella Provincia di Palermo nell’A.S. 2010/11. In quest’ultimo caso
483 In uno studio della pedagogista sono stati infatti raccolti oltre 400 titoli relativi all’uso del metodo biografico; cfr. S. CHISTOLINI, Indicazioni bibliografiche, in R. CIPRIANI (a cura di), La metodologia delle storie di
vita. Dall’autobiografia alla life history, Euroma‐La Goliardica, Roma 1995, pp. 437‐509. Si ricordino in tal
senso anche altri volumi come quelli di E. BIFFI (a cura di), Educatori di storie. L’intervento educativo fra
narrazione, storia di vita e autobiografia, F. Angeli, Milano 2010; A. MARRADI, Raccontar storie. Un nuovo
metodo per indagare sui valori, Carocci, Roma 2008; L. CORRADINI, A noi è andata bene. Famiglia, scuola,
università, società in un diario trentennale, Città Aperta, Troina (EN) 2008; P. ALHEIT, S. BERGAMINI, Storie di
vita. Metodologia di ricerca per le scienze sociali, Guerini, Milano 1996; D. DOLCI, Conversazioni, Einaudi, Torino 1962.
484 S. C
HISTOLINI, La scuola raccontata dai maestri. Dalla intercultura alla cittadinanza, Edizioni Kappa, Roma 2010, p. 11. In relazione alle ragioni teoriche del dar voce alle narrazioni dei protagonisti del fare educazione cfr. della stessa A., L’asilo infantile …, op. cit., pp. 123‐141, nonché Id., La pedagogia secondo
150
non poche sono state le volte in cui il colloquio si è svolto alla presenza degli alunni, consentendo una rapida comparazione fra comportamenti professionali e propositi educativi. Numerose occasioni di “osservazione (quasi) partecipante”, dunque, hanno permesso allo scrivente di approcciarsi alla realtà in analisi con una maggiore chance di captare alcune parti dell’universo culturale e simbolico in cui quotidianamente queste realtà istruttive sono calate ed operanti. Nel caso delle interviste diacroniche sono state effettuate sia interviste “a due” (nel caso dei maestri siciliani) che “collettive” (per i maestri tosco‐umbri). Per quanto concerne, invece, i colloqui con gli insegnanti del Palermitano in servizio nel medesimo anno scolastico ci si è avvalsi prevalentemente di un approccio “a due”. Le domande che hanno dato sostanza all’intervista, in aderenza alla matrice paradigmatica “non direttiva” o “in profondità”, hanno cercato di far emergere nel corso del colloquio un quadro valoriale e professionale riconducibile allo specifico del tipo di Scuola in cui questi docenti hanno fatto esperienza. Il discorso ha avuto pressoché inizio sempre con domande‐stimolo del tipo: Quali i punti nevralgici del fare scuola in
campagna/montagna o comunque in situazioni pluriclassi? Quali i vantaggi e gli svantaggi di insegnare ed apprendere in questa realtà istruttiva/educativa? Il dispiegarsi
dell’argomento, poi, ha consentito all’intervistatore di gestire il colloquio nella direzione prefissata dalle esigenze di ricerca, ovvero al fine di individuare talune caratteristiche educativo‐didattiche peculiari. I quesiti‐stimolo, quindi, solo appena accennati all’interno dell’architettura dei colloqui intessuti, hanno mirato a portare a trattazione soprattutto temi come il concetto di cittadinanza, il rapporto di questi allievi con la natura, la collaborazione con le famiglie e le Istituzioni, la valorizzazione della risorsa‐territorio485 in cui il plesso è inserito. La dimensione dell’ascolto ha spinto l’intervistatore a situarsi, nella maggior parte delle situazioni, su una linea di mera produzione di “segnali” tesi a rassicurare l’altro sui livelli di attenzione concessi alla sua testimonianza professionale. Chi intervista, come scrivono Fideli e Marradi, guida il discorso solo in modo indiretto486; pone la domanda iniziale e lascia che l’intervistato dica liberamente quel che pensa; la sua presenza, o meglio le sue poche ma mirate domande (solo apparentemente scevre da
485 Cfr. F. D
E BARTOLOMEIS, Scuola e territorio. Verso un sistema formativo allargato, La Nuova Italia, Firenze 1983. Sui tre significati del termine “territorio”, che fanno riferimento a strumenti legislativi e a tipi d’intervento diversi, cfr. ib., pp. 27‐31.
486 R. F
151
vicinanza/comunanza tematica o di gradualità contenutistica487) e i suoi segnali di assenso invitano l’altro a proseguire, a dire senza eccessivamente auto‐reprimere quel che di profondo soggiace a determinate scelte. Non si tratta di scandagliare l’universo axiologico o la visione del mondo dell’intervistato, ma di consentire a questi di mettere in forma tracce d’esperienza vissuta. L’intervistatore nella sua non direttività è quasi come un’eco, che agevola il prosieguo del discorso mostrandosi capace di esortare l’intervistato a ri‐ aprire strade interrotte e/o di schiuderne altre. Un ultimo aspetto, infine, è quello che ha riguardato la concessione delle interviste. In letteratura si ricorda come l’accettare di essere chiamati a dar voce ad una richiesta di approfondimento per motivi di studio possa ricondursi sostanzialmente a considerazioni pertinenti il valore o attinenti allo scopo. Nel primo caso si distinguono le seguenti motivazioni: a) gratificazione derivante dal fatto di poter dare un contributo a una ricerca scientifica, alimentata anche dal prestigio dell’istituto che promuove lo studio; b) curiosità per un’esperienza nuova o inconsueta; c) desiderio di avvalersi di un’occasione di interazione. Nel secondo caso, invece, accettare un’intervista è frutto di un calcolo utilitaristico, tale cioè che possa giovare alla condizione dell’intervistato488. Confrontarsi con gli insegnanti di queste Scuole rurali/pluriclassi ha significato qualcosa di più e di diverso. Essi hanno accettato di aprire i loro ricordi, le loro esperienze, i loro successi e passi falsi solo perché animati da un fortissimo senso del dovere verso quegli scolari che amano qualificare nella quasi totalità “semplicemente” come bambini. C’è tutto un mondo nelle loro parole e nei loro gesti, persino quando appaiono stanchi della poca considerazione del compito affidatogli o sfiduciati sulle ricadute della loro prassi educativa. Si tratta di donne e uomini che, nella maggior parte dei casi, nonostante tutto riescono ancora con entusiasmo a vedere dinanzi a sé “fiori” da coltivare con estrema cura nel giardino che costeggia il sentiero di campagna in cui sorge la “loro” piccola‐grande Scuola. 487 Sulla successione delle domande cfr. ib., p. 78. 488 Cfr. ib., pp. 78‐79.
152