Ai suoi primi passi l’Italia è un Paese eminentemente contadino, arrivato con serio ritardo all’Unità statuale, carico di tensioni interne dopo il 1861 e con gravosi dislivelli socio‐ economici da gestire. La scuola e l’esercito sono considerati dai governanti l’anima di quest’impresa amalgamante, nella quale cercare di combinare modus vivendi pre‐unitari all’interno di un unico sistema nazionale centralizzato. Si trattava, scrive Franco Cambi, di «dotare i neocittadini di una coscienza comune e condivisa, di renderli partecipi di una storia collettiva, di una visione partecipata di ideali e di valori nazionali, e di una nazione
202 Cfr. D. B
ERTONI JOVINE, Storia della scuola popolare in Italia, Einaudi, Torino 1954.
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Cfr. G. SPADAFORA (a cura di), Verso l’emancipazione, Carocci, Roma 2010, pp. 34‐35. 204 Cfr. R. M
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che, fin lì, si era vissuta come tale soprattutto attraverso la cultura. Su questa frontiera si assesta, in particolare, il lavoro della scuola, il suo farsi “sistema scolastico nazionale”»205. Varie e importanti, seppur caute per taluni versi, le riforme che nei primi quattro decenni unitari hanno segnato il cammino della nostra scuola elementare. Se poi andiamo a guardare il segmento dell’istruzione rivolta ai contadini notiamo che non mancano pubblicazioni e interventi per innalzare il loro livello culturale medio. Sarà però solo il diffondersi di un’ottica pedagogica differente, ai primi del Novecento, che lentamente ma inesorabilmente farà apparire come obsoleto il mero nozionismo positivista della seconda metà del XIX secolo. È in questo spirito di rinnovamento che l’impulso delle “scuole nuove” (di cui il movimento delle scuole rurali è un aspetto particolare206) e della “didattica attiva”, due facce della stessa medaglia pedagogica dell’Attivismo, riescono a soppiantare un modo ormai ritenuto inadeguato di intendere l’insegnamento207.
Uno sguardo d’insieme alla pubblicistica in materia di scuole rurali, nell’arco di tempo che va dagli anni ’70 dell’Ottocento agli inizi del XX secolo, ci rende partecipi di una lenta mutazione di prospettive e di tutta una serie di indirizzi ed attenzioni per ciò che veniva allora avvertito come indispensabile per istruire i bambini residenti nelle campagne. In questa scorsa rinveniamo un particolare interesse per i sillabari (per scuole elementari, serali, domenicali, festive, complementari e rurali), ma al contempo non mancano libri sui rudimenti di agricoltura per “il buon coltivatore”, testi di igiene, letture graduali, nozioni su diritti e doveri, qualcosa sull’ordinamento di queste scuole, volumi di aritmetica, letture con metodo fonico‐radicale, nozioni e compendi di geografia, racconti storici. Con l’entrata in vigore del R.D. 25 settembre 1888, n. 5724, ispirato alle idee pedagogiche di Aristide Gabelli208, le case editrici impegnate per le scuole rurali si attrezzano quindi per dare ai propri testi un’impronta ancor più marcatamente positivista, basata sull’osservazione e l’esperienza diretta. Continuano pertanto ad essere pubblicati
205 F. CAMBI (a cura di), Sul canone della pedagogia occidentale, Carocci, Roma 2009, p. 31. 206 Cfr. M. LAENG, I contemporanei, Giunti ‐ Barbera, Firenze 1979, p. 189. 207 Al di là di un classico come A. F
ERRIÈRE, La scuola attiva, Giunti, Firenze 1973, cfr. F. CAMBI, L’avventura
dell’attivismo, in Id., Le pedagogie del Novecento, Laterza, Roma‐Bari 2010, pp. 14‐36; M. FERRACUTI,
L’attivismo pedagogico, in Id., Pedagogia per educare, Cleup, Padova 2001, pp. 167‐195; G. CHIOSSO, Il
movimento per l’educazione nuova, in Id., Novecento pedagogico. Profilo delle teorie educative contemporanee, La Scuola, Brescia 1997, pp. 53‐117.
208
Su figura e metodo “intuitivo‐oggettivo” (o naturale) dello studioso cfr. F. CAMBI, Cultura e pedagogia
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soprattutto i nuovi sillabari (illustrati e con relative letture a compimento), copiosi i libri di lettura, v’è qualcosa sui musei scolastici e s’insiste sul metodo oggettivo‐sperimentale nonché critico. Proseguono le edizioni sulle nozioni di geografia e ricordi storici (la “patria dell’Italiano”), libri di aritmetica, alcuni compendi di storia sacra, letture graduali con metodo intuitivo e ciclico, racconti di storia antica e patria, libri di “catechismo agrario”, nozioni sul Comune, la Provincia e la Nazione, saggi sulla ginnastica educativa, guide pratiche per lo svolgimento dei programmi, qualcosa sul problema della frequenza di queste scuole di campagna, libri sul podere e sul “buon coltivatore”, regole di ortografia e letture pratiche, grammatica intuitiva ed esercizi di Italiano ed ortografia, manuali di didattica e di cognizioni con domande e risposte.
È solo al volgere del secolo che ci si comincia a chiedere, pur lentamente, “quale dovrebbe essere la vera scuola rurale” e come vive il campagnolo in zone come l’Agro romano (ma non solo). Nasce, quindi, un’idea (in verità ancora in nuce) di far scuola in campagna puntando a prestare più attenzione alle peculiarità delle persone lì stanziate. Nella letteratura di settore del primo decennio del ‘900 rintracciamo, quindi, testi incentrati su alcune osservazioni e proposte per la scuola unica rurale, libri di lettura di Italiano (prima conformi ai programmi del 1894, poi a quelli del 1905), altri sulla biblioteca della scuola rurale, ma anche focalizzati sui piccoli studenti‐agricoltori, manuali di lettere “utili per la scuola e la vita” (primi segnali di quella continuità‐comunione che Lombardo‐Radice, Gentile ed altri pedagogisti valorizzeranno in quegli anni con sempre più incisività), appunti di geografia locale, storia, diritti e doveri. Nel 1905 la normativa darà un nuovo impulso a tutto l’insegnamento elementare e non a caso vengono pubblicati testi miranti a sottolineare il diffondersi di un certo clima di “apostolato educativo” fra quelle folte schiere di cittadini, bambini e adulti, residenti in aree sensibilmente disagiate e così tanto bisognosi di istruzione. Si parla, quindi, di “missione” dei maestri nelle scuola rurali, di buoni esempi da seguire e un appello che dà il segno del mutamento di prospettiva è di “uscire al sole”!
Aria nuova, valorizzazione delle immense risorse educativo‐didattiche offerte dalla natura circostante, non più vista/vissuta esclusivamente come luogo materiale da cui trarre il pur indispensabile frutto per il quotidiano desinare, ma piuttosto come “cibo spirituale”, per promuovere processi di crescita umana e civile nei fanciulli. Da citare
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altresì i primi diari didattici e il valido suggerimento di Lucia Latter, amica ed ispiratrice di Alice Hallgarten Franchetti209, di educare i bambini anche tramite l’arte del curare un giardino210. Testo, quest’ultimo, apprezzato da Lombardo‐Radice e da lui definito come la «più bella guida per l’insegnamento del comporre illustrato in una scuola rurale»211.