Nell’immediato dopoguerra la situazione scolastica era davvero seria. Occorreva ricostruire il Paese e adottare tutte le misure possibili per ridar corpo ad una Scuola “ammalata nello spirito e scompaginata nel corpo”302 dalle forzature ideologiche impresse dalla dittatura e dalle devastazioni, non solo fisiche, apportate dagli eventi bellici. La parola d’ordine adesso è: ricostruzione! Nel suo discorso d’insediamento al ministero della P.I. del 15 luglio 1946, Guido Gonella, rivolgendosi ai docenti, chiedeva proprio a loro un grande contributo per risollevare le sorti del Paese. Queste le sue parole: «L’Italia rinascerà dalla scuola. Dobbiamo ricostruire le coscienze nel tempo stesso in cui ricostruiamo le case, e per questo fine supremo rivolgo un accorato e fidente appello alle forze morali della scuola. Siano i nostri educatori i primi artefici della rinascita; infervorino le nuove generazioni con l’esempio e con la parola; risveglino le sopite energie spirituali; risollevino gli animi all’esercizio della libertà, al culto del dovere e alla fede del domani della Patria»303.
È un periodo amaro, di transizione, ancora segnato da forti tensioni e macerie dappertutto, ma anche di grandi propositi politici e civili, in cui personalità di alto spessore morale e culturale riusciranno a dar vita ad una Costituzione che sarà il volano della nuova Italia democratica. La Carta costituzionale, infatti, non solo sarà la base su cui l’Italia crescerà rapidamente nel consesso delle nazioni più avanzate dal punto di vista
301 G. B OTTAI, La scuola rurale …, in «La radio rurale», cit., 27/1/1940, p. 6. 302 Cfr. G. GONELLA, Cinque anni …, vol. 1, cit., p. 26. 303 G. G ONELLA, Cinque anni al Ministero della Pubblica Istruzione, vol. 2, Giuffré, Milano 1981, p. 118.
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economico, ma informerà di sé l’intera vita sociale di tutti gli Italiani, a cominciare dalla Scuola, orientandone operato e finalità civiche. «La Costituzione – scriveva Gonella – postula l’azione della Scuola e insieme la condiziona. Innanzi tutto essa definisce gli ideali che debbono animare e guidare la società nazionale, e che principalmente per mezzo della Scuola possono entrare a svolgersi nell’animo dei giovani, e ispirarne il costume. Questi ideali costituiscono nello stesso tempo la norma secondo cui la scuola deve organizzarsi ed operare»304. La Costituzione, dunque, come bussola per un “risorgimento della Scuola” nella democrazia, improntata al valore della persona umana305.
Un decreto del Capo provvisorio del Capo dello Stato Enrico De Nicola del 12 Aprile 1947, così, istituisce la Commissione Nazionale d’Inchiesta per la Riforma della Scuola306. Presieduta dal ministro della P.I. Guido Gonella la stessa vedeva fra i suoi componenti ex ministri come il dr. Leonardo Severi, il prof. Giovanni Cuomo, il prof. Guido De Ruggiero (quest’ultimi due, però, di lì a poco verranno mancare), il prof. Vincenzo Arangio Quiz e l’ avv. Enrico olè. La Commissione era quindi suddivisa in varie Sottocommissioni (il cui segretario era il prof. Giovanni Gozzer) e si avvaleva di un Ufficio Centrale. È lo stesso Ministro della P.I. Guido Gonella che, nell’illustrare i compiti e le finalità della Commissione Nazionale d’Inchiesta da lui presieduta, in un passo del suo discorso del 27 gennaio 1948 affermava: «Tutto ciò che ha relazione con la scuola ci avvicina veramente alle pure sorgenti umane della Patria, in quanto la scuola è, in ogni suo atto e momento, ansia e volontà di avvenire, esigenza e programma di spirituale paternità, sollecitudine e 304 Id., Cinque anni … , vol. 1, cit., p. 189. 305 Valga sempre l’appello del ministro Gonella rivolto alle Scuole di ogni ordine e grado il 1° gennaio 1948, giorno dell’entrata in vigore della Costituzione, per la cui consultazione cfr. G. GONELLA, Il rinnovamento
della Scuola secondo i principi della Costituzione della Repubblica, in id., Cinque anni …, vol. 1, cit., pp. 185‐
201. Per una riflessione sul rapporto Costituzione/Educazione civica, intesa come “disciplina” tesa a porre in connessione dialettica Scuola e Vita (civile), cfr. D.P.R. 13/6/1958, n. 585; direttiva M.P.I. 8/2/1996, n. 58 e il relativo “Documento allegato alla direttiva”; D.P.R. 10/10/1996, n. 567; Circ. M.P.I. 25/10/1996, n. 672; si vedano, inoltre, L. CORRADINI (a cura di), Cittadinanza e Costituzione, Tecnodid, Napoli 2009; S. CHISTOLINI (a cura di), Cittadinanza e convivenza civile nella scuola europea, Armando, Roma 2006; G. DEIANA, Insegnare
l’etica pubblica. La cultura e l’educazione alla cittadinanza: una sfida per la scuola, Erickson, Trento 2003, L.
CORRADINI, G. REFRIGERI (a cura di), Educazione civica e cultura costituzionale, Il Mulino, Bologna 1999, L. SANTELLI BECCEGATO (a cura di), Bisogno di valori. Per un rinnovato impegno educativo nella società
contemporanea, La Scuola, Brescia 1991; N. GALLI (a cura di), Quali valori nella scuola di Stato, La Scuola, Brescia 1989.
306 Sulle finalità dell’Inchiesta cfr. l’appello del Ministro della P.I. agli educatori italiani in G. G
ONELLA, Cinque
anni …, vol. 1, cit. pp. 177‐184. Le parole in chiusura di questo discorso sintetizzano l’esigenza del
rinnovamento: «La nuova scuola italiana dovrà nascere dal meglio che ciascuno reca nel cuore come ansia di una più alta riedificazione democratica della nostra vita nazionale».
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amore dei figli che soli ci costituiscono padri e per i quali e nei quali la Patria diventa una realtà vivente»307. In un altro passaggio lo stesso responsabile del dicastero avanza la metafora fra “cultura e coltura” dicendo: «Anche noi piantiamo, fidenti, un albero, con il solo pensiero dei nostri figli ai quali è destinato»308.
Gonella sottolinea lo stato di scetticismo e frustrazione dei docenti in quegli anni, unito all’incidenza della guerra e ai suoi effetti. Poi cita la Costituzione: «La nuova scuola del popolo italiano, è condizionata dalla Costituzione non solo in virtù delle disposizioni ad essa specificatamente dedicate, ma anche per effetto del generale spirito animatore della Costituzione stessa, e delle nuove strutture sociali e politiche che questa predispone e nel cui quadro la scuola deve vivere ed operare, agendo sull’una e sulle altre e subendo la loro azione. Pur se la Costituzione non ce ne facesse un esplicito obbligo mediante gli articoli in cui essa formula e impone precise direttive al legislatore, noi ci troveremmo ugualmente di fronte all’imperativo non derogabile di riorganizzare la scuola, in quanto la sua forma e i suoi ideali non sono scindibili dalla forma e dagli ideali della società, e in quanto la Costituzione prestabilisce, appunto, una nuova forma della nostra società nazionale e ne chiarisce e svolge i già offuscati ideali»309. Oltre lo stesso aggiunge: «Noi vogliamo – e con questa affermazione credo di interpretare un profondo sentimento comune – noi vogliamo, dicevo, che libertà e cultura rinnovino la nostra vita di individui e di popolo, e se ci volgiamo con ansia e sollecitudine alla scuola è perché siamo sicuri che essa, più che ogni altro istituto della vita nazionale, può concorrere al compiersi di questa volontà. Per gli altri istituti questi due valori sono condizioni o risultati, per la scuola sono, invece, il fine e il metodo. Essa ne vive e li vivifica»310. L’Italia riprende il suo cammino politico‐civile, iniziando dalla Scuola.
Le suaccennate Sottocommissioni avranno come referente principale il prof. Giovanni Gozzer e perseguiranno principalmente tre obiettivi: raccogliere dati, ricercare criteri e proporre in conformità alle disposizioni normative vigenti. La Sottocommissione che si occupa dell’istruzione elementare, che qui ci interessa più dappresso, avrà 18 membri:
307 G. G ONELLA, La Costituente della Scuola, in «La riforma della scuola», 11, 1949, p. 12. 308 Ib. 309 Ib., pp. 13‐14. 310 Id., La Costituente …, in «La riforma della scuola», cit., p. 18.
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Agosti Marco, Badaloni Maria, Belardinelli Gino, Bettini Francesco, Bianchini Laura, Calò Giovanni, Capobianco Alberto, Chizzolini Vittorio, Durante Antonio, Da Villa Tommaso, Gabrielli Giorgio, Jervolino Maria, Menapace Attilio, Mestica Guido, Sarchioto Salvatore, Taviani Ferdinando, Tega Renato, Tonello Tommaso. Essa operò fra il 6 e il 9 aprile 1949, dopo aver ricevuto, come le altre, i risultati dei 10.000 questionari complessivi, per i quali furono interessati 211.000 insegnanti, fra elementari, medi e universitari; vi presero parte, però, anche 85.000 persone esterne all’Amministrazione scolastica. I questionari vennero somministrati in tutta Italia il 1° ottobre e il 30 dicembre 1948 e nel contempo si realizzarono 7 convegni nazionali ed altri 257 a carattere locale/provinciale su vari punti d’interesse dell’Inchiesta. Per ciò che attiene allo specifico delle Scuole rurali, alle ore 9 di venerdì 8 aprile 1949 la deputata costituente Laura Bianchini311 ebbe l’incarico di farsi relatrice dei lavori svolti sull’argomento. Dai resoconti emerge così che le informazioni raccolte sulla scuola rurale misero «in luce il generale desiderio, da parte dei compilatori delle risposte, di vedere incrementata e sviluppata la scuola rurale, consentendole un ordinamento didattico autonomo ed elastico, rispondente non solo alle sue particolari esigenze numeriche e ambientali, ma soprattutto alle caratteristiche delle popolazioni rurali e della economia delle varie zone. Oggetto di particolare attenzione fu l’opinione, espressa nella maggior parte delle risposte, che il maestro della Scuola rurale debba essere preparato tecnicamente e didatticamente così da poter assolvere al proprio compito in modo concreto ed efficace»312. La scuola rurale, quindi, anche nel periodo di passaggio è ancora avvertita come importante per l’istruzione pubblica, tanto che gli interessati, ne richiedono l’ampliamento del servizio, ma soprattutto più attenzioni per la formazione di personale specifico.
Le conclusioni generali, tratte dai risultati dell’Inchiesta per la Riforma della Scuola, ci dicono per le Scuole Rurali che esse «poste in località rurali, avranno ordinamenti didattici, calendari, orari e attrezzature adeguati alle esigenze dell’ambiente. Il maestro di
311
Cfr. G. MORETTI, Laura Bianchini, Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2009; M.C. BASILE, Le donne
democristiane alla Costituente, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2008; Le 21 donne alla Costituente, in
«La Domenica del Corriere», 4/8/1946, n. 19, p. 3; M.T.A. MORELLI, Le donne della Costituente, Laterza, Roma‐Bari 2007.
312
La riforma della scuola. Le conclusioni dell’inchiesta nazionale per la riforma della scuola, IPZS, Roma 1950, p. 40.
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tali scuole deve essere posto nelle migliori condizioni perché possa vivere stabilmente accanto al popolo e possa interpretarne gli interessi, ai quali deve far corrispondere la sua opera educativa»313. Ne traiamo che le conclusioni sottolineano la specificità dell’attività educativa e didattica nell’ambiente particolare in cui tale scuola opera, che scuola rurale è quella che si realizza in “località rurale”, ma soprattutto che il maestro rurale continua ad essere chiamato a dare un alto contributo sociale ed educativo nel contesto in cui lavora. La Repubblica, quindi, prosegue nelle sue attenzioni a quest’ambito dell’istruzione, fuori visuale ma ancora ritenuto molto importante per le sorti di tutti i cittadini.
L’inchiesta della Commissione, però, non assolse solo un compito informativo, ma anche ispettivo. Furono in tal modo visitate ben 325 sedi scolastiche per l’istruzione elementare, per sondare le reali condizioni della Scuola italiana a quella data. Tra gli aspetti presi in esame dalla “Commissione Ministeriale d’accertamento delle condizioni della Scuola italiana”, presieduta dal prof. Giovanni Calò, due voci interessano la presente ricerca: quella sulle Scuole elementari statali, a classi plurime, affidate ad un solo
insegnante e l’altra sulle Scuole elementari sussidiate. Sulle prime appena leggiamo: «È
nota comune in tutte le relazioni: la scuola pluriclasse è accettata dai maestri come necessità contingente, e non incontra la loro simpatia, né li trova sempre preparati; riluttanza perciò a prolungare il corso scolastico fino alla 5 classe, tendenza a dividere le classi anche a costo di prolungare, senza compenso, l’orario scolastico. E questa separazione di alunni per classi è già in atto, sia pure arbitrariamente, in molte Scuole pluriclassi. Si pensa che, con opportuni mezzi dimostrativi, si riuscirà a fugare i pregiudizi e a rendere convinti i maestri della efficacia pedagogico‐didattica e sociale della pluriclasse. Si pensa anche che si potranno compensare i maestri con speciali vantaggi economici e di carriera. Tranne qualche scuola pluriclasse, nella quale la genialità e l’entusiasmo dell’insegnante hanno prodotto il solito benefico effetto, la generalità delle Scuole ha avuto ed ha un funzionamento molto modesto. Si prescinde dalle scuole pluriclassi del Trentino che hanno una lunga e nobile tradizione e attrezzature speciali: l’Ispettore centrale per le Tre Venezie non ha potuto, per mancanza di tempo, estendere le sue indagini al Trentino ed Alto Adige, ma visitato le Scuole pluriclassi di Stupizza in Val Natisone, e di Ruriz in provincia di Gorizia, a pochi passi dal confine con la Jugoslavia, e ne
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ha riportato la più favorevole impressione»314. Per le Sussidiate, invece, si annotava: «Istituite nei luoghi in cui la popolazione scolastica obbligata alla Scuola, dal 6° al 14° anno di età, non raggiunge i 15 fanciulli, le Scuole sussidiate ormai in tutta Italia non superano il migliaio, anche perché molte di esse già istituite in località dove gli obbligati erano effettivamente più 14, sono già state trasformate in Scuole statali. Sono inegualmente distribuite nel territorio nazionale, in relazione ai vari bisogni ed alle caratteristiche locali. Ve ne sono relativamente molte nel Piemonte, specie in Valle d’Aosta, in cui raggiungono il numero di 68; ve ne sono pochissime in Lombardia e nel Veneto e in altre Regioni; non ve ne sono in Sardegna; ve ne sono ben 665 in Sicilia. Premesso che gli insegnanti delle scuole sussidiate possono non essere abilitati, e che essi hanno, da parte dello Stato, diritto ad un premio per ogni alunno promosso alla 1 alla 2 e dalla 3 alla 4, devesi notare: 1° che il personale non abilitato tende a diminuire; ma in Valle d’Aosta su 68 Scuole sussidiate, 63 sono ancora affidate a personale non abilitato, quantunque riconosciuto idoneo dal Sovrintendente agli studi; 2° che in Piemonte, in Toscana e nelle Marche vi sono Comuni e anche Province che concedono sovvenzioni agli insegnanti, quantunque inadeguate ai bisogni della vita; 3° che in Lombardia i Comuni preferiscono istituire scuole proprie nelle loro piccole borgate, anziché ricorrere alla Scuola sussidiata; 4° che la Sicilia, con decreto legge del 29 settembre 1947, n. 53, ha emanato un provvedimento già predisposto dal Ministero nel 1946, col quale le Scuole sussidiate, mutata la loro denominazione in sussidiarie, hanno una diversa e migliore organizzazione di quella vigente nel Continente, e tale nuova organizzazione assicura all’insegnante un trattamento giuridico ed economico più confacente e più decoroso e mette la Scuola in migliori condizioni di funzionamento ed estende il beneficio di essa anche ai fanciulli che hanno compiuto il corso elementare inferiore; 5° che non sempre il locale è adatto e non sempre o quasi mai l’arredamento è sufficiente; 6° che la Scuola sussidiata ha bisogno di urgente riforma, costituendo essa in fondo la tipica Scuola pluriclasse, specie se, come è necessario, si accoglieranno in essa anche i fanciulli che vanno dalla 4 alla 8 classe; 7° che la istituzione della Scuola sussidiata non deve essere lasciata soltanto alla libera iniziativa di Enti e privati; se tale iniziativa manchi, lo Stato
99 dovrebbe avere l’obbligo di sostituirvisi»315. C’era molto da fare e le Scuole rurali, a vario titolo uniche pluriclassi e sussidiate, hanno ancora tanto da dare per far sì che il dettato dell’art. 34 della Costituzione, di una Scuola “aperta a tutti” fosse pienamente realizzato, anche in campagna. Il 12 ottobre 1949 Guido Gonella così si espresse dinanzi all’Aula di Montecitorio: «Fra le esigenze nuove poste dalla Costituzione, esigenze di cui dobbiamo far fronte con nuove iniziative, vi è in primo luogo quella della scuola aperta a tutti, cioè l’esigenza della diffusione più larga possibile dell’istruzione di base. Si tratta di giustizia sociale – ricordava il ministro ‐ , di progresso educativo; si tratta di non considerare più la scuola, come fu nel passato, un privilegio per classi superiori»316.