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Capitolo II La traduzione

I. II Rappresentare la corte

La dittologia «court and palace» apre un’altra problematica strettamente legata alla scomparsa della cornice, quella della rappresentazione della società cortese. Si è detto come la combinazione di dedicatorie e novelle restituisse un’immagine idealizzata della corte rinascimentale e garantisse anche la veridicità delle storie narrate329; i traduttori europei sfruttano la parvenza cronachistica dei

327 «Beholde the first Acte of this Tragedy […] And this was the second Acte of this Tragicall

Historie. […] but needes must finish the last act of Bologna hys Tragedy by losse of hys Lyfe». PP, II.23. Ulteriori esempi: «Behold here one of the effects of humane follie: this was the firste acte of the Tragedie, wherein loue maketh this brainlesse man to playe the first and principall parte vpon the Stage». PP, I.41; «she was conueyed out of the Castell, and ledde to the common place of execution, where a Scaffolde was prepared for hir to play the last Acte of thys Tragedy». PP, II.24; «beholde thapproch of the second desaster or tragedye of the vnhappe MONTANINO». PP, II.30.

328 PP, dedica vol. I; PP, To the Reader, vol. II. 329 Cfr. supra.

112 racconti a scopo didattico, mentre ignorano completamente la dimensione della brigata cortese. La scena cortigiana era stata il centro unificante della raccolta volutamente disordinata di Matteo Bandello, ma la struttura antologica adottata dai traduttori non poteva rendere il complesso sistema originale, né probabilmente era volontà dei riscrittori – sia italiani che europei – trasmettere questa peculiarità. Se si può ragionevolmente dubitare dell’interesse dei lettori italiani della seconda metà del Cinquecento per i personaggi che avevano animato la vita cortigiana all’inizio del secolo, è altrettanto legittimo attribuire il medesimo disinteresse al pubblico europeo.

Tuttavia, se i singoli Lucio Scipione Atellano o Ippolita Sforza Bentivoglio potevano risultare estranei ai lettori inglesi, non si può dire lo stesso della riflessione sulla corte in generale. Nel 1561 Thomas Hoby aveva tradotto il Cortegiano, che era stato percepito dai suoi connazionali «as a guide to contemporary conduct, not to the values of a past age»330; il successo del modello cortigiano italiano è testimoniato non solo dalla fortuna della traduzione del libro di Castiglione, ma anche dall’importazione di opere affini nello stesso periodo331. A questa popolarità va affiancandosi però l’idea delle corti italiane come luoghi di degenerazione morale e il modello del cortigiano ipocrita, secondo la diffusa lettura dell’opera e della figura di Machiavelli che originerà il tipo teatrale del Machiavillain. L’ambivalenza trova riscontro anche nel Palace: la dimensione cortigiana non è più al centro della raccolta di novelle, ma il tema viene affrontato con prospettive diverse in più di un’occasione, a cominciare dalla dedica del secondo volume:

Your worship I haue chosen for the firste person of this boke, and the protector of the same (the matter moste specially therin comprised, treating of courtly fashions and maners, and of the customes of loue’s gallantise, and the good or yll successe therof,) because you be an auncient Courtier, and one of the eldest Trayne, and such as hath bene imployed by sundry our Princes, in their affayres of greatest wayght and importance, and for that your selfe in your

330 BURKE 1998.

331 Vengono tradotti il Galateo di Giovanni Della Casa (Robert Peterson, Galateo of Maister Iohn

Della Casa, Ralph Newbery, London 1576); la Civil conversazione di Guazzo (George Pettie, The Civile Conversation of M. Steeven Guazzo, Imprinted at London By Thomas East, 1586); un inserto degli Ecatommiti di Giraldi, Dell’allevare et ammaestrare i figliuoli nella vita civile (Ludovic Bryskett, A Discourse of Civill Life, Edward Blount, London 1606). Cfr. MARFÈ 2015:36.

113

lustiest tyme (euer bred and brought vp in Court,) haue not ben vnacquainted with those occurrants332.

Painter sembra voler accostare la propria opera al genere dei manuali di comportamento cortigiano di origine italiana. Nel Second tome sono effettivamente presenti delle novelle bandelliane di argomento più strettamente cortigiano, tradotte direttamente dall’originale (II.4, II.21); tuttavia, il tema è più spesso toccato in maniera collaterale all’interno dei racconti, attraverso brevi digressioni, commenti o allusioni. Mentre le novelle a tesi trattano grandi argomenti come cortesia, liberalità e magnanimità, i riferimenti interni assumono sempre una connotazione negativa. La corte può essere, nella migliore delle ipotesi, sede di insidie amorose e di generale mollezza di costumi:

hee thought with Courtlike allurements, to appease her, which had her wittes to well sharpened to be twise taken in one trap.

Now consider hir personage being sutch, her easy life and delycate bringing vp, and hir daily view of the youthly trade and manner of Courtiers lyfe, whether she felt hir self pryckt wyth any desire, which burned hir heart the more incessantly, as the flames were hidden and couert.

But so great and feruent was the loue that he bare vnto his Lady, as he thought it impossible forhim to liue one houre without hir, and yet iudged it not best to haue hir with him to the court, for auoidinge of further Charges incydente to Courtyng Ladyes, whose Delight and Pleasure resteth in the toyes and trycks of the same, that cannot be wel auoyded in poore Gentlemen, without theyr Names in the Mercer's or Draper's Iornals, a heauy thyng for them to consyder if for their disport they lyke to walke the stretes333.

Gli estratti testimoniano la potenziale influenza corruttrice dell’ambiente cortigiano: Didaco tenta di sedurre Violenta attraverso «Courtlike allurements»; la provenienza aristocratica della duchessa di Amalfi è indicata come causa della sua inclinazione amorosa; Ulrico teme che l’esempio delle «Courtyng Ladyes» possa mutare la natura della sua onestissima moglie.

332 PP, dedica vol. II.

114 Più spesso, invece, Painter menziona i pericoli connessi alla corte, lodando come saggi coloro che tentano di allontanarsi dal quel mondo di inganni e dissimulazioni. Un caso specifico su cui si ritornerà è quello di Antonio Bologna che, terminato il servizio presso Federico d’Aragona, «went home to his house to lyue at rest and to auoyd trouble, forgetting the delicates of Courtes and houses of great men»334, ma è costretto a riprendere la vita di corte su richiesta della duchessa di Amalfi. Nell’ottica dell’autore «court» vuol dire «trouble», come testimonia anche il commento nell’apertura della novella di Alessandro de’ Medici:

I wil omit a good company of the sage and wyse, which haue appaysed the troubles of Citties, the inquietations of Palaces, the cries of Iudgement seates, the dissimulation and deceiptfull flatteries of Courts, the carefull griefs which the householder by gouernment of his house and family doth sustaine and feele, of purpose more frankly to retire to the study of sapience, which alone is able to make a man happy, and worthy to be partaker of the diuinity335.

Significativo in questo estratto è il riferimento alla dissimulazione e alle lusinghe, caratteristiche tipiche della degenerazione negativa del cortigiano, il «Courtly Ruffyan». L’adulatore – altro personaggio tipico del teatro del primo Seicento, si pensi al Fawn di John Marston336 – era una figura già contemplata da Bandello, il quale dedica una lunga digressione nella novella II.37 alla condanna dei cortigiani «tristi». La traduzione del racconto compare nel primo volume del

Palace, mediato attraverso Boaistuau, in entrambe viene riportata una versione

edulcorata e sfoltita della critica ai cortigiani inglesi337, ma non la lunga invettiva

334 PP, II.23. 335 PP, II.15.

336 John Marston, Parasitaster, or The Fawne (1606).

337 «Ora vi dico che quei cortegiani che stavano appo il re Odoardo non erano de la buona scola, ma

erano adulatori ed uomini di poco giudizio e pessima natura, perciò che senza pensar troppo a la fine de le cose tutti bandirono la croce contra il conte Ricciardo, moglie, figliuoli, figliuola, e chi più disse di male da più si tenne e pensò molto saggiamente aver parlato. Che forse quando il conte o i suoi figliuoli vi fossero stati presenti, molti di quelli averebbero tenuta la lingua ne la strozza e fra’ denti, e come proverbialmente si dice, messa la coda fra le gambe, e non sarebbero stati osi d’aprir bocca. Ora la conchiusione fu che la maggior parte di loro essortò il re a mandar per forza a pigliar Aelips e menarla al palazzo, e mal grado di lei far di lei ogni sua voluntá, dicendo che non stava bene che una femina devesse schernirsi del suo re e ai desiderii di quello non le convenisse mostrar tanta schivezza. Vi furono ancora di quelli che venduto il pesce avevano, i quali s’offersero d’andar eglino in persona a prenderla, e non volendo ella di grado venire, tirarnela per i capegli» (N, II.37); «Les courtisans, ennuyez du martire de leur maistre et n’ayans egard qu’à luy gratifier et luy preparer du Plaisir, conspirerent tous en general contre la famille du Comte, donnans à entendre au Roy que c’estoit le plus expedient, puis les choses estoient ainsi deplorées, de faire mener Aelips à son palais

115 che il novelliere italiano fa pronunciare a Giulio Basso, in cui si dipinge il ritratto di «quelli che cortegiani oggidí si chiamano, – io parlo dei tristi e non dei buoni, – nessun’altra cosa hanno di corte se non che in corte vivono»338. Molte delle caratteristiche di questa categoria si ritrovano nella raccolta di Painter: si è già menzionata la condanna del «mortifero veleno» dell’adulazione, ma viene ripresa anche l’accusa di fingere virtù che non si possiedono, in particolare in ambito guerresco339, come pure il tema dell’invidia.

Adulazione e invidia sono problematiche connaturate alla vita cortigiana, Painter lo sottolinea nel rubricare la novella di Ariabarzane. Il traduttore ne riassume il contenuto nell’introduzione al lettore del secondo volume in questi termini:

ARIOBARZANES telleth the duty of a subiect to his Prince: and how he ought not to contende with his souerayn in matters of curtesy, at length also the condition of courting flatterers: and the poison of the monster Enuy340.

L’oggetto viene diviso tra una parte normativa positiva, in cui vengono definiti i limiti del rapporto tra cortigiano e signore, e una esemplare negativa, in cui si esamina la piaga dei cortigiani corrotti che avvelenano la corte. Si tratta di un racconto a tesi che nelle Novelle ricopre il ruolo di manifesto, come testimonia la strategica collocazione in apertura del primo volume e la tematica che rimanda chiaramente al Cortegiano341. Qui Bandello descrive i precari equilibri su cui si

et la prendre par force» (HT, 1); «The Courtiers offended with the martyrdome of their master, and desyrous to gratifie and seeke meanes to doe hym pleasure, conspyred all against the Earle’s familie, lettyng the kynge to vnderstande that it were most expedient, for that thinges were out of hope, to cause Ælips to be brought to his Palace, that there he might vse her by force» (PP, I.46).

338 N, II.37.

339 «Ché dove i veri e buoni cortegiani giá si dilettavano de l’essercizio de l’arme, […] questi tutto

il contrario fanno, e pur che facciano il «milite glorioso» con chi puote meno di loro, gli par esser grandi Tamberlani. Se i buoni cortegiani con l’essercizio si facevano agili, destri e prodi cavalieri, questi di cui io parlo, non d’essere, ma apparere con bella spada a lato si curano, tenendo piú conto che si dica che vagliano assai, che valere» (N, II.37). Cfr. «for commonly it is seene, that the Courtly Ruffyan backed on wyth such mates as he is himself, careth not what attempt he taketh in hand, and stares with hayre vpright, loking as though he would kil the deuyll, but when he is preast to seruyce of the field, and in order to encountre with his Prynce’s foe, vpon the small sway by shocke or push that chaunceth in the fight, he is the first that taketh flyght, and laste that standeth to the face of hys ennimy» (PP, II.5).

340 PP, To the reader, vol. II.

341 Per un’analisi del rapporto fra Bandello e Castiglione rimando a PATRIZI 1985: 71-81 e CABRINI

116 regge il complesso sistema della corte: attraverso la gara di cortesia tra un suddito e il suo re vengono definiti i concetti chiave di liberalità, gratitudine e obbligo; la contesa assume la forma di una partita a scacchi, in cui ogni atto magnanimo è una mossa e i cortigiani costituiscono il pubblico giudicante – immagine che è lo specchio dell’ideale uditorio delle stesse Novelle. Infine, la risoluzione fissa i limiti del rapporto tra cortigiano e signore: se il primo non deve mai porsi in competizione frontale con il suo superiore, il secondo deve guardarsi dal dimostrarsi ingiusto con i propri sudditi – che sia per una questione di «sangue»342 o per l’influenza di cortigiani morsi dal «pungente e velenoso stimolo de la pestifera invidia»343.

Painter, dal canto suo, traduce la novella direttamente dall’originale bandelliano e la inserisce come primo racconto di questo autore nel Second tome. L’affinità tematica con il libro di Castiglione e l’influenza del genere del dialogo la rendono particolarmente congeniale al traduttore inglese: l’apertura che annuncia la questione trattata, le digressioni sul tema della cortesia e dei matrimoni misti, l’inserimento di una parabola per giustificare la condanna del protagonista, i riferimenti storici sono tutti elementi conformi allo stile del Palace. Si tratta di una delle traduzioni in assoluto più fedeli: gli interventi di Painter sono rari e generalmente poco significativi. In linea con la pratica generale del traduttore sono i tagli ai riferimenti all’oralità – la summenzionata chiusura in lode di Ippolita Sforza Bentivoglio e un breve paragrafo alla fine dell’incipit che invita la brigata a riprendere il dibattito dopo la narrazione344 – e l’aggiunta di casi storici analoghi per sottolineare l’esemplarità universale di un’affermazione345. In alcuni punti della novella il traduttore sembra voler smorzare la tensione agonistica tra Ariabarzane e

342 «Chi di queste varietá mo sia cagione, se non un certo temperamento di sangue tra sé conforme

da interna vertú celeste commosso, chi lo sa?». N, I.2.

343 IBIDEM.

344 «circa ciò quel che un valoroso re operasse intendo con una mia novella raccontarvi, la qual finita,

se ci sará dapoi alcuno che voglia piú largamente parlarne, io penso che averá campo libero di correr a suo bell’agio uno o piú arrenghi, come piú gli aggradirá». IBIDEM.

345 In questo caso Painter fa una sola aggiunta di questo genere: nell’incipit riporta per esteso

l’esempio di fedeltà del servitore di Marco Antonio nel rifiutare di tradire il proprio padrone anche sotto tortura, e cita come analoghi «the example of Mycithus, the seruaunt of one Anaxilaus Messenius, the fidelitye of the seruauntes of Plotinus Plancus, the faythful mayden called Pythias, that waited vpon Octauia, the chast Empresse and wife of that monster Nero, with diuers other». PP, II.4.

117 Artaserse346 – ad esempio non menzionando chiaramente la grave accusa di ingratitudine mossa al re prima dal senescalco, poi dai cortigiani, o omettendo la volontà di superamento del primo nei confronti del secondo347 – in modo da poter chiaramente proporre i due contendenti come esempi positivi e riservare la condanna ai cortigiani invidiosi348.

Un’attenzione particolare va riservata, come annunciato nell’introduzione, al discorso finale di Ariabarzane. In una novella che celebra il trionfo della liberalità cortese, le parole del senescalco mostrano il possibile rovescio della medaglia, smascherando la precarietà degli equilibri su cui si regge la corte: l’umore del signore viene paragonato all’amore di una donna – sinonimo di incostanza per eccellenza – e le fortune del cortigiano non sono più garantite dalle sue virtù, ma dalle arbitrarie decisioni del sovrano. Mentre nel caso della novella di Aelips la digressione sui cattivi cortigiani era stata cassata, in questa occasione Painter traduce fedelmente il testo bandelliano con poche, ma significative, aggiunte:

Vi sará poi un sollecito diligente ed assiduo al servire, pratico in tutti gli essercizii di corte, e che vie piú le cose del suo signor curerá che la vita propria, ma il tutto fa indarno, perciò che mai non è rimeritato, e servendo senza mai aver premio si vede invecchiare.

an other within fewe dayes after, shall supplie the place of the other twaine, verye dyligent and careful to serue a man trained vp in courtly exercise, whose mindfull mind shall bee so caring ouer his lord’s affayers, as vpon the safegard and preseruation of his owne life: but all his labour is employed in vayne: and when the aged dayes of his expired life approch, for the least displeasure he shalbe thrust out 346 Strategia adottata anche da Centorio nella sua riscrittura eludendo la questione iniziale e

anticipando nel «senso morale» la felice risoluzione della vicenda. Rimando ancora una volta BRAGANTINI 2000:80.

347 Painter taglia la frase «E pareva al senescalco che il re li fosse ingrato, non volendo pigliar a

grado questi atti generosi che egli usava»; inoltre traduce «e tra’ baroni, chi lodava il re e chi nel segreto lo chiamava ingrato, sí come è costume de’ cortegiani» con «euery man secretly speking their mind either in praise or dispraise of the fact»; e «giudicava non convenirsi né essere punto condecevole che uno suddito e servitore si volesse non solamente agguagliare al suo signore, ma quello con opere cortesi e liberali obligare» con «he thought it not mete or decente that a Subiecte and seruant should compare with his lord and mayster».

348 Per il ruolo positivo attribuito al protagonista si confrontino i titoli: «Ariabarzane senescalco del

re di Persia quello vuol vincer di cortesia; ove varii accidenti intervengono» (N, I.2); «Ariobarzanes great steward to Artaxerxes king of Persia, goeth about to exceede his soueraigne lord and maister in curtesie: where in be conteyned many notable and pleasaunt chaunces, besides the great patience and loyaltie naturally planted in the sayd Ariobarzanes». (PP, II.4).

118

Vedi un altro dottissimo in qual si voglia scienza, e nondimeno in corte ei muor di fame, ove un altro ignorante e senza vertú è dal suo signore per appetito e non per merito fatto ricchissimo. Ma ciò

avviene non perché al signor non piacciono gli scienziati e i vertuosi, che tuttavia si vede che molti ne favorisce ed essalta, ma perché il genio di quello non convien col suo, e, come si dice, i sangui non si confanno insieme.

without reward for former trauel,

that right aptly the Common Prouerb may be applied: the common Courtier’s life is like a golden misery, and the faithfull seruant an Asse perpetuall. I haue

seene my selfe the right wel learned man to sterue in Court for want of meate, and a blockish beast voyde of vertue, for lust, and for merite, aduaunced and made a Gentleman:

but this may chaunce bicause hys Lord is not disposed to vertue, nought esteeminge those that be affected with good sciences, and that onely for lacke of carefull trayninge vp in youthfull dayes, or else for that his minde cannot frame with gentle spyrits, the closets of whose breasts be charged and fraught with infinite loades of learninge, and haue not bin noseled in trade of Courtes, ne yet can vse due courtly speech, or with vnblushinge face can shuffle themselues in presence of their betters, or commen with Ladies of dame Venus toyes: or race of birth not mingled with the noble or gentle Sire: for these causes perhaps that vertuous wighte cannot attain the hap of fortune’s giftes. Which person thoughe in Court he be not

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