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Capitolo II La traduzione

5. William Painter, The Palace of Pleasure

5.4 L’edizione italiana

Prima di arrivare a un’analisi comparativa delle traduzioni di Painter dall’italiano e dal francese è necessario tentare di chiarire su quale edizione delle

Novelle si sia basato il lavoro dei traduttori europei. I primi tre volumi dell’opera di

Bandello erano stati pubblicati a Lucca presso Busdrago nel 1554; sei anni dopo comparve la seconda edizione, a cura di Ascanio Centorio degli Ortensi285, che presto soppiantò quella lucchese. Nell’edizione centoriana le lettere dedicatorie vengono sostituite da una serie di sensi morali – ovvero delle brevi introduzioni in cui si specifica la chiave di lettura del racconto –, inoltre, alcune novelle sono escluse e vengono cassati quei riferimenti che fungevano da raccordo tra novella e cornice. Le caratteristiche appena elencate fanno pensare a un’operazione non così lontana da quella dei traduttori europei; inoltre, se si considera l’edizione milanese

283 «Io non voglio dire come disse il gentile ed eloquentissimo Boccaccio, che queste mie novelle

siano scritte in fiorentin volgare, perché direi manifesta bugia, non essendo io né fiorentino né toscano, ma lombardo. E se bene io non ho stile, ché il confesso, mi sono assicurato a scriver esse novelle, dandomi a credere che l’istoria e cotesta sorte di novelle possa dilettare in qualunque lingua ella sia scritta» (N, Ai candidi e umani lettori, prima parte). L’affermazione di Bandello è una presa di distanza dai modelli toscani e un rifiuto di omologarsi ai canoni del classicismo volgare imposti dalle Prose della volgar lingua.

284 MIGLIOR 1967:28.

285 Nella tascrizione dall’edizione centoriana ho provveduto a modernizzare l’ortografia attraverso

l’uso attuale di apostrofi, accenti e punteggiatura; ho modificato la u in v se usata in sua vece, sciolto il titulus per la nasale ed eliminato la h in posizione iniziale. Le citazioni si rifanno agli esemplari conservati presso la Österreichische Nationalbibliothek (38.J.38.), da questo momento verranno indicati attraversi l’abbreviazione NC.

97 alla stregua di un rifacimento286, stabilire se i traduttori si siano avvalsi dell’originale o della riscrittura diventa una questione di fondamentale importanza. Nel caso delle versioni francesi la questione è relativamente semplice: il primo volume delle Histoires Tragiques viene pubblicato nel 1559, cinque anni dopo l’edizione lucchese dell’opera bandelliana e un anno prima di quella milanese. Dunque, Boaistuau e Belleforest avevano utilizzato la prima edizione delle Novelle e non c’è ragione quindi di credere che il secondo si sia avvalso di un’edizione diversa per i volumi successivi. Il caso inglese risulta più complesso: la diffusione delle Novelle va di pari passo con quella delle Histoires Tragiques, dunque tutti i traduttori d’Oltremanica dispongono di un intermediario su cui basare il proprio lavoro. L’unico a lavorare su novelle ancora prive della mediazione francese è William Painter, che traduce nove racconti direttamente dall’italiano, certificando quindi la circolazione di una versione originale della raccolta di Bandello in Inghilterra. Secondo Sergio Rossi è difficile stabilire di quale edizione italiana si sia servito Painter poiché «parafrasando i passi più difficili anziché tradurli correttamente, lascia poco spazio per capire quale testo abbia seguito. Alcuni punti, tuttavia, farebbero pensare alla edizione milanese curata da Ascanio Centorio degli Ortensi»287; né Rossi né altri studiosi forniscono dettagli o esempi specifici al riguardo.

Le riscritture di Centorio e Painter hanno diversi elementi in comune: la tendenza ad accentuare lo scopo morale, l’eliminazione della cornice, l’esclusione delle novelle di motto e di quelle in cui compaiono personaggi appartenenti alla comunità religiosa288. Supporre che il traduttore si sia servito della seconda edizione implicherebbe una notevole restrizione del corpus da cui selezionare le novelle, dunque l’esclusione consapevole di una sola tipologia di racconto, la novella di beffa289. Più importante, Painter si sarebbe confrontato non con una cornice epistolare ma con una serie di sensi morali, dunque non avrebbe avuto alcuna

286 BRAGANTINI 2000:71.

287 ROSSI 1974:92. La medesima opinione viene riportata da MARFÈ 2015:70.

288 Tutte caratteristiche comuni anche ai traduttori francesi, salvo l’ultima: Belleforest traduce due

novelle con personaggi comprimari religiosi (I.9, 34) e tre in cui sono addirittura protagonisti (I.58, II.7, III.25).

289 Per novella di beffa in questo caso si intende quella che si rifà al modulo decameroniano,

connotata da una portata socialmente eversiva – nel caso di Bandello legata prevalentemente alla risoluzione positiva dell’adulterio – e da una comicità bassa, legata agli istinti del corpo.

98 percezione della strategia con cui Bandello risolve l’opposizione tra istanza didattica e narrativa attraverso la forma della conversazione cortese; al contrario, avrebbe riscontrato nel testo una premessa edificante forte, non sempre supportata dall’atteggiamento del narratore nel corso del racconto290. Quest’ipotesi spiegherebbe perché il traduttore non esprima mai un giudizio morale esplicito su Bandello, mentre non si perita di affermare che tra le novelle del Decameron «there be some (in my iudgement) that be worthy to be condempned to perpetual prison»291. Un indizio più concreto a favore dell’utilizzo della seconda edizione è l’incipit della novella di Sofonisba (II.7):

Se gli uomini pensassero bene avanti il fatto le sue cose, non incorrerebbono in quei sinistri, che tuttavia per causa di poca consideratione incorrono, e massimamente ove si tratta della continenza, e rispetto che dee essere in un vero e valoroso prencipe. Per Masinissa […] si descrivono le attioni di coloro, che non avendo riguardo a quello che più gli conviene, ma lasciando la ragione in preda all’appetito, si lasciano inviluppare. E talmente offuscare, che son poi condotti in amarissimi travagli, et in estrema rovina, divvenendo d’altri spesso acerbissimo essempio.

IF men would haue afore consideration of theyr owne doings, before they do attempt the same, or els premeditate and study the scope and successe thereof, I do verely beleeue that a numbre would not cast themselues headlong into so many gulfs of miseryes and calamityes as they do, specially Noblemen, and Prynces who oftentymes doe exceede in temerity and rashnesse, by lettynge the Raynes of theyr own Lustes, to farre to raunge at large, wherein they deepely Plunge thymselues to theyr great Preiudice and Dishonour, as teacheth thys goodly hystorie292.

La traduzione è piuttosto imprecisa: se nell’apertura Painter sembra ricalcare il «senso morale» di Centorio, nello svolgimento modifica significativamente il testo, pur esprimendo un pensiero affine a quello del revisore delle Novelle. Nell’originale bandelliano né l’autore nella dedicatoria, né il narratore nel corso del racconto sembrano ritenere necessario esplicitare l’insegnamento da trarre da una

290 Centorio appone i sensi morali ad ogni novella ed elimina i residui di oralità presenti nel testo,

ma, a differenza dei traduttori francesi, non aggiunge commenti personali all’interno dei racconti.

291 PP, To the reader. 292 NC, I.29; PP, II.7.

99 storia nota come quella di Sofonisba. È un caso unico: nessuna delle altre novelle tradotte direttamente dall’italiano riprende i sensi morali; si tratta dunque di un punto a favore dell’utilizzo della seconda edizione, ma non di una prova definitiva. La serie di elementi raccolti non è insomma sufficiente a provare che Painter si sia rifatto direttamente a Centorio; inoltre, alcuni riferimenti testuali e la presenza di un racconto in particolare sembrano indicare la prima edizione delle Novelle come fonte della traduzione inglese. Nel Palace (1567) infatti, compare il racconto di Faustina imperatrice (I.36), espunto da Centorio nella sua edizione293, e tradotto in francese solo nel quarto tomo delle Histoires Tragiques, uscito nel 1570. Si potrebbe obiettare che, trattandosi di una storia classica, Painter avrebbe potuto ispirarsi direttamente alla fonte, ma l’impianto della novella bandelliana è seguito fedelmente, come mostra ad esempio il confronto dell’apertura:

Vera e santissima, signora mia molto vertuosa, è stata la sentenza vostra, perciò che quando s’è detto e ridetto, non è al mondo donna, per grande, bella e vertuosa che si sia, che in questa vita possa aver il piú bel monile, il piú caro gioiello quanto è la candidissima perla de l’onestá; la quale è di tanto valore che essa sola senza altra vertú, pur che vizio non ci sia, rende la donna in

cui risplende, famosa e

riguardevole appo tutti.

TRUE and most holy is the

sentence, that the Lady,

Gentlewoman, or other wyght of Female kinde, of what degree or condition soeuer she be, be she fayre, fowle, or ylfauoured, cannot be endued with a more precious Pearle or Iewell, than is the neate and pure vertue of honesty: which is of sutch valour, that it alone without other vertue, is able to render her that glistereth in her

attire, most famous and

excellent294.

293 Per i criteri di eliminazione delle novelle rimando ancora una volta a BRAGANTINI 2000e LOI

2017. In generale si può dire che Centorio escluda tutte le novelle in cui compaiono personaggi appartenenti alla sfera religiosa, le novelle di motto e quelle che contenevano riferimenti politici potenzialmente critici. Il caso specifico della novella I.36 è particolare: trattandosi di un antico exemplum di impudicizia femminile non sembra rientrare nei criteri elencati: «ma se spostiamo la nostra attenzione dalla protagonista all’imperatore, […] riemerge in realtà la sfera politica. Marco Aurelio era sì il filosofo stoico dei Ricordi ben voluto dalla tradizione cristiana, ma dalla prima metà del secolo divenne soprattutto speculum di Carlo V […]: ragione più che bastante, visto l’episodio narrato (che di “stoico”, d’altronde, ha ben poco), per scartare la novella». LOI 2017: 60-61.

100 Painter riporta la stessa immagine di Bandello, spersonalizzando la frase in modo da eliminare il riferimento a Ippolita Sforza Bentivoglio. Il racconto prosegue con la lunga introduzione in cui si presentano vari casi di donne impudiche di schiatta illustre prima di arrivare alla novella vera e propria: si tratta di una struttura particolarmente congeniale a Painter, che segue l’andamento del racconto fedelmente pur inserendo qualche modifica personale.

Un altro tipo di riscontro è possibile esaminando la novella di Ariabarzane (I.2), anch’essa comparsa nel secondo tomo del Palace (1567) e raccolta da Belleforest nel quarto volume delle Histories (1570). Questa volta il racconto trova posto nell’edizione milanese, anche se il curatore è costretto a operare alcune modifiche. Renzo Bragantini ha sottolineato come in questa novella il legame tra cornice e racconto sia particolarmente stretto: oggetto di discussione è il ruolo della liberalità nel rapporto tra cortigiano e signore, un tema tipicamente castiglionesco che viene trattato ricorrendo alla forma del dialogo295. Tale struttura è richiamata nell’incipit da Silvio Savelli, narratore della novella, e nell’explicit tramite l’immagine dei gioielli che si conclude con la lode di Ippolita Sforza Bentivoglio:

E nel vero, ancor che queste due vertú, cortesia e liberalitá, in tutte le persone stiano bene, e senza quelle un uomo non sia veramente uomo, nondimeno assai piú convengono a’ ricchi, a’ prencipi ed a’ gran signori, e in quelli son come in finissimo e ben brunito oro gemme orientali e come in bellissima e gentilissima donna duo begli occhi e due eburne e belle mani, come sono, gentilissima signora, i begli occhi vostri e le mani senza parangone bellissime296.

Centorio elimina ogni residuo di oralità: il racconto inizia senza alcun preambolo, presentando direttamente la figura di Artaserse, mentre il finale si ferma alla prima comparazione297. Esaminiamo la chiusura di Painter:

to say the treuth, althoughe these two vertues of curtesie and Liberality be commendable in all persons, without the which a man truely is not he

295 «Funzionale alla prosopopea cortigiana è il legame struttivo tra il racconto e la quaestio […], che

del racconto è insieme cornice e oggetto». BRAGANTINI 2000:79.

296 N, I.2.

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whereof hee beareth the name yet very fitting and meete for euerye ryche and welthie subiect, to beware how he doth compare in those noble vertues with Princes and great men, which beyng ryght noble and pereles vppon yearth canne abyde no Comparisons298.

Il traduttore inglese non riporta nessuno dei due paragoni e chiude il racconto ribadendo l’insegnamento che se ne deve trarre. Nell’apertura della novella, però, sembra voler restare molto più vicino all’ipotesto:

Questionato s’è piú volte, amabilissima signora e voi cortesi signori, tra uomini dotti ed al servigio de le corti dedicati, se opera alcuna lodevole, o atto cortese e gentile che usi il cortegiano verso il suo signore, si deve chiamar liberalitá e cortesia, o vero se piú tosto dimanderassi ubligazione e debito. Né di questa cosa senza ragion si contrasta, imperciò che appo molti è assai chiaro che il servidore verso il suo padrone non può tanto mai ogni giorno fare, quanto egli deve di molto piú. Ché se per sorte non ha la grazia del suo re, e pur vorrá, come fa chiunque serve, averla, che cosa deve mai lasciar egli di far quantunque difficil sia, a ciò che la desiata grazia acquisti? Non

veggiamo noi molti che, per

gratificarsi il lor prencipe, hanno a mille rischi e spesso a mille morti messa la propria vita?

[…] Ma perché qui ragunati non siamo per disputare, ma per

novellare, lasciaremo le questioni

da canto, e circa ciò quel che un valoroso re operasse intendo con una mia novella raccontarvi, la qual finita, se ci sará dapoi alcuno che

A QUESTION is mooued manye times among learned men and Gentlemen addicted to the seruice of the Court, whether commendable deede, or curteous and gentle fact done by the Gentleman or Courtier towardes his soueraine Lord, ought to be called Liberalitie and Curtesie, or rather Band and Dutie. Which question is not proponed with out greate reason. For so muche as ech man doth know, that a seruaunt do what he can for his Mayster, or lette him imploy the vttermost of his endeuour, al the labor and trauayle he bestoweth, all trouble and daunger which he sustayneth, is to little, yea and the same his very bounden duty. Haue wee not red of many, and knowne the lyke that to gratifye their prince and mayster, haue into a thousande daungers and like number of deaths, aduentured their own propre liues? […] but leauinge questions and

disputacion aside procede we to

that which this Nouel purposeth299.

298 PP, II.4. 299 N, I.2; PP, II.4.

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voglia piú largamente parlarne, io penso che averá campo libero di correr a suo bell’agio uno o piú arrenghi, come piú gli aggradirá.

L’introduzione di Silvio Savelli viene ripresa puntualmente, salvo qualche modifica: non viene menzionato il tema della grazia – ovvero quello che più evidentemente segna il raccordo con il Cortegiano –, ma Painter si sforza di trovare dei corrispettivi che rendano la funzione dei verbi tecnici usati da Bandello300. Il confronto non lascia dubbi sul fatto che questa novella sia stata tradotta dall’edizione lucchese, come quella di Faustina.

Gli elementi finora esposti non escludono la possibilità di una circolazione di alcune novelle sciolte dalla raccolta: ipotesi possibile ma non dimostrabile attraverso prove concrete. Inoltre, a sostegno dell’utilizzo della princeps, si può citare anche il suddetto giudizio di Painter sulla lingua di Bandello, «who being a Lombard, doth frankly confesse himselfe to be no fine Florentine, or trimme Thoscane»301. Sia i riferimenti all’origine lombarda che le attestazioni di modestia ricorrono esclusivamente nelle lettere dedicatorie302 e nelle introduzioni Ai candidi

e umani lettori del primo e del terzo volume, sostituite nell’edizione milanese dalla

doppia prefazione di Centorio e di Antonio degli Antonii303.

Si può dunque affermare che, allo stato attuale degli studi, l’ipotesi più verosimile è che Painter abbia lavorato sicuramente sulla prima edizione delle

Novelle e che abbia probabilmente avuto a disposizione anche la seconda. Il

confronto fra originale e traduzione dovrà quindi tenere conto della scelta

300 Come si può notare dai termini in corsivo Painter tende a sostituire il verbo con un nome. Il

traduttore riesce a trovare dei corrispettivi per questionare e disputare, mentre ricorre nuovamente a question per la resa del verbo contrastare. Interessante da notare è anche la trasformazione di veggiamo in red: il passaggio da vedere a leggere sembra rimandare al processo di rimozione della patina di oralità delle novelle bandelliane da parte del traduttore. Cfr, supra.

301 PP, To the Reader, vol. I.

302 Le attestazioni di modestia del trascrittore rispetto ai narratori ricorrono nella dedicatoria a

Prospero Colonna: «Ben mi duole non aver saputo imitar l’eloquenza del signor Silvio, che in effetto ne la sua narrazione mostrò grandissima; ma io son lombardo, ed egli romano»; e in quella a Giovanni de’ Medici premessa alla novella I.40: «Vi prego bene a considerare che messer Niccolò è uno de’ belli e facondi dicitori e molto copioso de la vostra Toscana e che io son lombardo». N, I.2.

303 Nelle prefazioni si parla del criterio di selezione delle novelle e dell’apposizione dei sensi morali,

l’unico riferimento alla lingua bandelliana è un breve cenno nella dedicatoria di Antonio degli Antonii del primo volume: «se ben le novelle del Bandello non giugnessero di lunga al segno, o non fossero dell’eccellenza di quelle del Boccaccio, non però saranno ingrate alle genti». NC, Alli lettori.

103 consapevole da parte del traduttore di omettere informazioni contenute nelle dedicatorie e di aver optato per un’interpretazione divergente da quella suggerita da Bandello nella cornice o da Centorio nei sensi morali.

5.5«OUT OF BANDELLO».

I’ay mis tout cecy en avant, pource que l’histoire que ie preten vous recitaer, porte deux exemples non vulgaires: l’un d’une grande amitié, et l’autre d’une recognoissance telle qu’il ne m’a ponit semblé bon quel es François fussent sans scavoir ceste histoire. Et que ceux seulment eussent le bien de la lire, qui entendent la langue Italienne, ains redondera le fruict et bien d’icelle, par tout le terroir de nostre France, à fin que chacun forme sa vie, sur ceux qui par les païs estrangers et loing de nous ont vescu vertueusement et sans reproche, qui peust souiller ou denigrer leur reputation.

I haue alleaged the premysses, bycause the History whych I purpose to recyte, aduoucheth two examples not Vulgare or Common, the one of very great Loue, and the other of sutch acceptation and knowledgyng thereof, as I thought it pity the same should lurk from the Acquayntaunce of vs Englysh Men. And that they alone should haue the Benefite thereof whych vnderstand the Italian tongue, supposing that it shall bryng some fruyct and commodity to this our Englishe Soyle, that ech Wyghte may frame their lyfe on those whych in straung Countries far from vs, haue lyued vertuously wythout reproch that might soyle or spotte theyr name304.

Le citazioni riportate provengono rispettivamente dal sommaire e dall’incipit della novella di Anselmo Salimbene (I.49) e documentano non solo il progetto alla base del lavoro dei traduttori, ma anche la stretta dipendenza di Painter dal suo modello francese. L’autore aveva già annunciato nell’introduzione dell’opera la volontà di rendere accessibili i «floures and fruites» dei racconti in altre lingue, di volerne svelare305 i segreti a beneficio dei propri connazionali, e nell’introduzione alla novella si appropria delle parole di Belleforest, limitandosi a sostituire la «nostre France» con il nostrano «Englishe Soyle». Già da questo breve estratto è possibile trarre delle informazioni generali sul lavoro di Painter come traduttore: viene sottolineata l’affinità di intenti con i mediatori francesi e, al contempo,

304 HT, 21; PP, II.30.

305 Letteralmente portare allo scoperto, come testimonia il lessico utilizzato: il ricorrente lurke, ma

104 ribadita l’origine italiana delle novelle; la fedeltà al testo si alterna con un principio di appropriazione; la traduzione si configura spesso come una parafrasi che modifica, seppur impercettibilmente, lo stile dell’autore originale. Questa sezione sarà dedicata all’analisi della pratica traduttiva dello scrittore inglese, dalle grandi modifiche strutturali fino ai cambiamenti stilistici.

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