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Il best interest nella giurisprudenza nazionale nell’ambito

3 La convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

3.3 I principi della Convenzione di New York e i minori stranieri non

3.3.2 Il diritto di esprimere la propria opinione nelle questioni che lo

3.3.3.2 Il best interest nella giurisprudenza nazionale nell’ambito

Grazie a ciò che abbiamo visto possiamo dire che il principio dell’art. 3 è una forma di tutela flessibile, ma anche innovativa, proprio perché grazie alla sua elasticità deve essere calata all’interno di situazioni pratiche e pragmatiche e sarà in tali condizioni che potrà esprimere al massimo la sua forza. Si tratta di una norma concreta, che di conseguenza andrà applicata ai casi concreti, nel fare questo i giudici italiani di merito hanno finito per scontrarsi con la giurisprudenza di legittimità. La prima sezione della Corte di Cassazione ha cercato di fare chiarezza sulla portata interpretativa del best interest, prima con la sentenza n. 22216/2006107, poi con una successiva pronuncia, la

sentenza n.21799 del 25 ottobre 2010 ed infine sul tema è intervenuto il Comitato dei diritti del fanciullo. Se guardiamo alla normativa108 del T.U

sull’immigrazione109 vediamo che gli interessi che vengono a scontrarsi con il

best interest sono principalmente l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza. Nella pratica, il best interest interviene soprattutto nei casi che riguardano il ricongiungimento familiare legati all’art. 31 del TU che consente di ottenere un permesso di soggiorno per il genitore, che ne sia privo, “per gravi motivi

107 Con tale sentenza la Corte cerca di fare chiarezza sulla questione del bilanciamento

tra best interest e unità familiare, in particolare la possibilità che un genitore rimanga con il minore per gravi motivi. La Corte intende con gravi motivi anche i danni psicologici derivanti dal distacco, mentre in precedenza si riteneva che dovesse sussistere una patologia per giustificare la mancata espulsione del genitore.

108 Per quanto riguarda i minori va detto che il Testo Unico prevede una disciplina

particolare, art. 28, comma 3: “in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’art.3, comma 1,della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989”, nonostante ciò va detto che non c’è un obbligo al ricongiungimento familiare, ma lo Stato è tenuto a valutare la domanda con umanità e diligenza.

64 connessi con lo sviluppo psicofisico [del minore] e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano”. È in relazione a tale previsione che sono nati i contrasti interpretativi tra i tribunali che concedevano l’autorizzazione al soggiorno e l’interpretazione della Cassazione, molto più restrittiva. La lettura della Cassazione a Sezioni Unite (prevalente) ritiene che l’autorizzazione al genitore dovrebbe essere concessa “solo per gravi condizioni di salute del minore”, nel senso che le condizioni previste nel menzionato art. 31 (consistenti nei gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico del minore stesso tenuto conto delle condizioni di salute e di età) sorgono solo quando sia accertata l’esistenza di un’ emergenza temporanea: ad esempio quella determinata da gravi motivi di salute o il caso in cui la mancanza o l’allontanamento improvviso del genitore pone in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore. Questo orientamento della Corte trova giustificazione nel fatto che una utilizzazione generalizzata della nozione di gravi motivi “finirebbe col legittimare l’inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l’infanzia” con conseguente elusione sistematica delle norme sull’immigrazione. L’altra interpretazione, frutto della dottrina prevalente e da una parte della giurisdizione di merito, appare molto più attenta al concetto di best interests of the child, poiché sceglie di interpretare in modo estensivo la nozione di “gravi motivi”, intesi questi ultimi, come l’insieme delle condizioni necessarie allo sviluppo psicofisico del minore; realizzando quindi una perfetta armonizzazione delle esigenze interne con i principi internazionali. Su queste basi l’autorizzazione al soggiorno non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti alla salute del minore, ma può essere connessa semplicemente alle necessità scaturenti dalla tenera età del minore. In sintesi si può affermare che la giurisprudenza ha dovuto scegliere: o dare centralità al superiore interesse del minore, privilegiando l’applicazione delle fonti internazionali, o, piuttosto, sostenere l’interesse pubblico alla sicurezza nazionale attraverso l’osservanza del controllo dell’immigrazione110.

110 DI PAOLO C., “Spunti critici in tema di effettività della Convenzione per i diritti

65 Per quanto riguarda altre Corti nazionali vediamo che il controllo dei flussi migratori resta sempre l’interesse che si scontra con il best interest. Il primo caso di rilievo nel Regno Unito è LD v Secretary of State for the Home Department111. Lo stesso problema torna in un altro caso, ZH (Tanzania) v

Secretary of State for the Home Department112 (che abbiamo già visto nel paragrafo precedente)113. In entrambi i casi il giudice sottolinea che il best

interst (nello specifico l’interesse dei bambini a rimanere con i genitori) è un principio fondamentale non solo per le decisioni che riguardano l’immigrazione, ma in ogni decisione che riguarda un bambino114.

Ancora sia le corti canadesi115 che australiane116 che neozelandesi117 hanno

riconosciuto che in ogni caso in cui sia prevista l’espulsione di un genitore, sia necessario tenere in considerazione il best interest del bambino118.

Per ciò che concerne la politica migratoria degli Stati Uniti, buona parte della dottrina sostiene che il principio del best interest non sia stato incorporato nella normativa, nonostante venga applicato cospicuamente in materia di diritto di famiglia. Riguardo ai giudici statunitensi e le loro statuizioni, questi tendono a seguire delle linee guida (Guidelines for Immigration Court Cases Involving Unaccompanied Alien Children stilate dall’ Executive Office for Immigration Review) in cui si dice che l’organo giudicante potrà applicare a sua discrezione il principio dell’art. 3 della Convenzione ONU119.

Il principio dell’art. 3 è quindi la chiave di volta sia della tutela del minore in generale, ma soprattutto della protezione del minore straniero non accompagnato, in quanto permette di poter riunire il minore con la famiglia,

111 Del 2 agosto 2010. 112 Del 1 febbraio 2011.

113 Per approfondimenti sulle vicende si prosegua nella lettura.

114 POBJOV J.M., “The best interest of the child as an indipendent source of

international protection” International and Comparative Law Quarterly, 64, (2015). pp 327-363 doi:10.1017/S0020589315000044, pagg 336 e ss.

115 Baker v Canada (Minister of Immigration and Citizenship), 1999, 2 SCR 817. 116 High Court of Australia in Minister for Immigration and Ethnic Affairs v Teoh,

1995, 183 CLR 273.

117 Ye v Minister of Immigration, 2009 NZSC 76.

118 Per un approfondimento sui casi si veda la sezione dedicata all’unità familiare. 119 BYRNE O., "Unaccompanied Children in the United States." A Literature Review.

66 qualora sia necessario o di tenerlo lontano dai suoi aguzzini, quando il motivo della sua “solitudine” sia la ricerca di protezione. Con la sua elasticità il best interest permette di coprire ogni necessità del bambino, perché si intreccia con gli altri diritti previsti nella Carta dandogli forza ed efficacia.

3.3.4 Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo nel Paese