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Il caso atestino

II. Analisi delle forme del culto

II.1 Il settore Meridionale

II.1.1 Il caso atestino

Per cercare di ricostruire una sorta di pantheon atestino, più che dalla tradizione storiografica, si può iniziare un ragionamento notando il numero ragguardevole dei luoghi di culto individuati dalla ricerca archeologica e la loro peculiare distribuzione, oltre che l’entità cospicua e abbastanza diversificata di donari in essi rinvenuti.

È stato già notato come le intense attività di ricerca, che si sono susseguite nell’arco di un secolo nella zona dell’abitato antico di Este, abbiano messo in luce in totale cinque luoghi di culto, tutti con la medesima dislocazione, al di là dell’area occupata dall’insediamento e, in generale, anche al di là della zona destinata alle necropoli.167 Allo stato attuale delle ricerche, il centro dell’insediamento risulta privo di rinvenimenti di carattere sacro, ma è difficile credere che questa situazione sia dovuta soltanto al numero esiguo dei luoghi dai quali è stata tratta la documentazione, dal momento che i punti totali indagati all’interno dell’abitato antico e datati all’età preromana non sono decisamente pochi.168

I luoghi di culto di Este sono disposti a raggiera, a corona intorno all’area dell’insediamento. I terreni esterni alla fascia delimitata dai santuari sono contraddistinti da particolari aspetti topografici e geomorfologici che ne connoterebbero una destinazione a campagna aperta, differenziata per ciascun luogo di culto da uno specifico paesaggio. La scelta locazionale dei santuari atestini acquisterebbe quindi un preciso significato in relazione

166 Capuis 1991 in ACl, p.1207. 167 Cfr. supra, p.23.

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alla frontiera tra spazio urbano e spazio rurale, secondo una precisa strategia di controllo delle principali direttrici viarie e fluviali in arrivo e in partenza dalla città. Ciascuno di questi infatti si rivolge verso specifici settori del territorio extraurbano e la loro attivazione si ascrive generalmente al periodo di tempo compreso tra la seconda metà del VI secolo a.C. e la prima metà del V secolo a.C. E’ lo stesso periodo in cui si hanno attestazioni per quanto riguarda i primi impianti viari urbani che si innestavano, molto probabilmente, su altri percorsi stradali extraurbani preesistenti. A questo clima di rinnovamento urbanistico della città corrisponderebbe quindi anche una più vasta riorganizzazione viaria e dei territori destinati alle colture e al pascolo, i cui rapporti con il centro propulsore sarebbero sanciti dalla funzione strategica di protezione svolta dai santuari. Quindi, dal momento che le prime attestazioni archeologiche risalgono tutte all’incirca al medesimo periodo, questo è parso potesse rispondere a una primaria funzione di tutela dei santuari nei confronti del centro abitato, in un periodo in cui si ha il consolidamento delle strutture cittadine.169

Per quanto riguarda i culti praticati, in base allo studio dei materiali rinvenuti, il santuario che è parso essere quasi esclusivamente dedito a pratiche religiose legate alla sanatio è quello riconosciuto nel sito di Morlungo. Qui, infatti, sono stati quasi unicamente ritrovati ex voto raffiguranti genitali maschili e, in numero minore, femminili.170 È da tener presente come tali tipi di offerte siano anche stati visti come legati a rituali di fertilità in senso lato e in particolare come donari offerti a una divinità

169 Maggiani in Este preromana 2002, p.78. 170 Cfr. supra, p.30.

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collegata alla fecondità e alle capacità generative, forse connessa con riti della fertilità agraria.171

Altri esempi di tali tipi di donari e, quindi, ulteriori manifestazioni di tale pratica cultuale, sono stati rinvenuti nel santuario individuato in località Caldevigo e in quello nel fondo Baratella. In questi luoghi di culto, le consistenze numeriche di questi materiali sono inferiori rispetto alla percentuale totale dei ritrovamenti, ma sono comunque significative della presenza di tali pratiche religiose. Nel primo caso, sono state trovate solamente due lamine bronzee raffiguranti occhi umani,172 mentre nel santuario del predio Baratella gli esemplari raccolti sono presenti in forme più varie e in numero più sostanzioso.173

Parlando invece di riti legati a passaggi di età e, quindi, di cerimonie di iniziazione, nel santuario in località Caldevigo sono state individuate due serie tipologiche di donari rimandanti a tali forme di culto: la prima, quella delle lamine bronzee raffiguranti singole figure di guerrieri in armamento oplitico, nuova condizione sociale con cui i giovani entrano nel corpo sociale, e figure di donne riccamente abbigliate, forse in costume nuziale o significativo del nuovo status acquisito; la seconda, quella degli oggetti miniaturizzati che rappresentano principalmente lance e scudi, per quanto riguarda le dediche legate all’universo maschile, e cinture e dischi decorati, per quanto riguarda invece quelle legato a quello femminile.174 Un’interpretazione legata a tali tipi di cerimonie per questi oggetti è particolarmente pregnante soprattutto in relazione all’ubicazione topografica del luogo di culto, sul confine tra centro urbano e spazio incolto e non civilizzato, uno spazio che è stato riconosciuto come parte integrante

171 Maggiani in Este preromana 2002, p.81, nota 40. 172 Cfr. supra, p.28.

173 Cfr. supra, p.39. 174 Cfr. supra, pp.27-28.

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dei riti di iniziazione all’età adulta e all’integrazione nel corpo sociale.175 In una tale chiave interpretativa è sembrato anche non essere casuale il fatto che le figure degli opliti siano rappresentate tutte rivolte nella medesima direzione e gradienti, come a voler indicare che tutte stanno compiendo uno stesso percorso.176

Nel luogo di culto individuato in località Meggiaro, invece, oltre alle lamine raffiguranti singole figure di guerrieri, che anche in questo caso sono qualificati chiaramente come opliti dal tipo di armamento indossato, e i molti scudi miniaturistici, sono stati ritrovati numerosi pendagli a cestello e a secchiello, armille e non poche bullae.177 Eccezion fatta per le lamine e gli scudi miniaturistici, che sono oggetti riferiti chiaramente a un dedicante maschile, per quanto riguarda le altre classi di donari è difficile indicare se si tratti di materiali specificamente maschili o femminili, ma non è stata messa in dubbio una loro interpretazione quali elementi allusivi a riti legati ai passaggi di classi di età e quindi alle cerimonie di iniziazione. Sono stati infatti analizzati frammenti provenienti da alcuni campioni prelevati all’interno di alcuni pendagli bronzei e i risultati hanno mostrato come si trattasse di resti di natura umana, portando a pensare che si possa trattare di un offerta caratteristica, appunto, dei riti iniziatici.178

Nel santuario riconosciuto nel fondo Baratella, oltre che da quelle già nominate, questo aspetto del culto traspare anche da classi di materiali più variegate e peculiari. Le offerte che rinviano in particolare a cerimonie di iniziazione maschili sono rappresentate dai numerosi bronzetti e dalle numerose lamine bronzee che rimandano ad attività marziali raffigurando

175 Gambacurta-Zaghetto in Este preromana 2002, p.286, nota 22.

176Alcune figure di opliti, per di più, sono accompagnate da figure vegetali, cosa che nell’arte delle situle

sembra indicare un’ambientazione extraurbana. Gambacurta-Zaghetto in Este preromana 2002, p.289.

177 Cfr. supra, p.33.

178 Maspero, Lazzaro, Cattaneo, Lovisolo in Este preromana 2002, pp.204-205; Ruta Serafini-Sainati in Este preromana 2002, p.223, nota 25.

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guerrieri, a piedi o a cavallo, singoli o in parata.179 In merito a questo, è noto che presso molte comunità italiche e greche periodicamente si svolgevano parate in armi della gioventù nell’ambito di solenni feste per le principali divinità locali. Nel corso di queste cerimonie avevano luogo le iniziazioni maschili, il cui aspetto più importante era costituito dall’ingresso dei giovani nella classe dei guerrieri e quindi dell’esercito cittadino.180 La nudità dei guerrieri, così come sono rappresentati in questi ex voto, è considerata quale dato caratteristico di cerimonie di questo tipo ed è ciò che induce a ritenere che si tratti di offerte fatte in simili occasioni. Le lamine con parate di soldati potrebbero quindi riferirsi al momento in cui comparivano in pubblico per la prima volta coloro che avevano completato il tirocinio militare. Numerosa è poi la classe dei materiali riferiti alla tessitura e alla filatura, quali rocchetti, fusaiole o pesi da telaio.181 E’ probabile che questi fossero materiali dedicati in connessione con l’ingresso alla maggiore età e al matrimonio da parte delle donne, data la funzione propedeutica per questa nuova fase della vita rivestita dall’arte della filatura e della tessitura.182 Altri oggetti che sono stati collegati a cerimonie di iniziazione femminile sono poi le fibule e gli aghi crinali. Per quanto riguarda le fibule, queste sono presenti a centinaia e la spiegazione più verosimile è che esse fossero offerte insieme alla veste dalle giovani che accedevano alla maggiore età.183 Le fanciulle, nel giorno della loro iniziazione, deponevano e dedicavano la veste virginale e ne assumevano una nuova, che simboleggiava il nuovo status raggiunto. Sempre nel corso di queste cerimonie di passaggio, le giovani apparivano per la prima volta

179 Cfr. supra, pp.40-41.

180 Maioli-Mastrocinque 1992, p.24, nota 34. 181 Cfr. supra, pp.38-39.

182 Maioli-Mastrocinque 1992, p.27, nota 57.

183 Dallo studio condotto su corredi coevi dell’Italia meridionale risulta che le ragazze giovani esibivano

ornamenti delle vesti, come ad esempio le fibule, mentre le donne esibivano ornamenti del corpo, quali armille od orecchini. Maioli-Mastrocinque 1992, p.25, nota 41. Certamente la fibula era un elemento anche dell’abbigliamento e probabilmente una tale offerta poteva esse fatta anche dai ragazzi.

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con i capelli recisi e adornati in particolari acconciature rituali. Alla preparazione e alla sistemazione di queste peculiari acconciature sono stati ricollegati i cosiddetti “chiodi”.184 Si tratta uno degli oggetti tipici di questo santuario e sono stati rinvenuti in quantità eccezionale, di diverse dimensioni e conformati in varie fogge. Sia gli esemplari piccoli che quelli più grandi hanno una delle due estremità appiattita e forata con uno, due o tre fori, per l’inserimento di anellini e pendagli.185 In alcuni casi, tali oggetti recano delle semplici decorazioni con lettere alfabetiche ripetute o delle vere e proprie iscrizioni. Si tratta esclusivamente di donne che donavano alla divinità simili oggetti in favore di altre donne ed è stato evidenziato come i nomi per cui sono eseguite le dediche non rechino il suffisso –na, tipico dei gamonimici veneti, per cui potrebbero essere ritenute nubili. Questi peculiari oggetti non possono sicuramente essere chiodi, in quanto gli esemplari qui presenti non hanno la capocchia e comunque non mostrano segni di battitura. E’ possibile anche ritenere valida l’ipotesi che esclude il fatto che tali oggetti possano essere interpretati come stili scrittori poiché, essendo oggetti dedicati esclusivamente da donne, si dovrebbe dedurre che a Este la scrittura fosse un’arte femminile legata alla vita religiosa del santuario: questo sarebbe un fatto più unico che raro, dal momento che nell’Italia antica, così come in altre aree del Mediterraneo, la scrittura era un’arte prettamente maschile e gestita principalmente dagli scribi.186 E’ da credere quindi che possa più probabilmente trattarsi oggetti utilizzati per creare acconciature: in particolare, asticciole per discriminare i capelli quelli di dimensioni maggiori (Fig. 73) e aghi crinali o ornamentali gli esemplari di dimensioni minori (Fig. 74), entrambi usati per preparare e adornare il capo delle giovani al momento delle cerimonie di iniziazione

184 Mastrocinque 1987, pp.117-121. 185 Cfr. supra, p.42.

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o del loro matrimonio.187 Che una donna dedicasse uno stilo scrittorio a favore di un’altra donna risulterebbe difficilmente comprensibile, mentre la dedica di un discernicolo rituale usato prima delle nozze sarebbe molto più comprensibile. Insieme agli aghi crinali, un altro oggetto peculiare di questo luogo di culto che è stato legato alle cerimonie di iniziazione sono le tavolette alfabetiche in lamina bronzea che, ad oggi, a eccezione di un analogo frammento rinvenuto a Vicenza, costituiscono un unicum nel mondo veneto.188 Anche questi particolari ex voto recano incise delle dediche alla divinità insieme ai nomi degli offerenti, che in questo caso sono prevalentemente maschili; la dedica stessa, invece, viene denominata “me”, secondo il formulario tipico delle iscrizioni parlanti, oppure con il sostantivo “vda”, che potrebbe significare “l’abbecedario”,” l’abbiccì”.189 Si tratta di oggetti interpretati come modelli votivi di tavolette scrittorie. Grazie alle iscrizioni che vi sono apposte, è stato possibile avanzare qualche ipotesi sul perché di questo tipo di offerte: in particolare, in una delle rarissime dediche fatte da una donna si legge che la tavoletta è stata dedicata op iorobos. Op significa “a motivo di”, mentre iorobos significa “gli anni”, “le primavere e le estati” oppure “ciò che è nato o che è stato prodotto durante tali periodi” e dunque “le annate”. Le tavolette alfabetiche potevano allora essere dedicate per il termine di un periodo di tempo, quindi in occasione di un rito di passaggio, oppure per una o più classi di età, cioè per tutti coloro, o per tutte le cose, che erano nati in anni determinati.190 Poiché le dediche sono soprattutto da parte di uomini in favore di altri uomini, è stata avanzata l’ipotesi che, nel corso delle

187 Secondo una credenza diffusa presso molti popoli della terra, la presenza di nodi, in particolare di

nodi nei capelli dei futuri sposi, poteva impedire loro di consumare il matrimonio. Mastrocinque 1987, p.121.

188 Cfr. supra, p.42.

189 v e d sono le prime due consonanti dell’alfabeto venetico. Mastrocinque 1987, pp.117-120.

190 Da ricordare come fosse proprio della mentalità italica il dover consacrare, tutto o in parte, ciò che

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cerimonie di iniziazione militari, fosse un uomo della famiglia a consacrare alla divinità un simile oggetto per un proprio familiare, che veniva così introdotto nella comunità degli adulti soldati. È stata proposta anche una particolare lettura che interpreta tali oggetti in chiave mantica, quali mezzi per predire il futuro selezionando casualmente dei gruppi di lettere e interpretandoli come parole presaghe dell’avvenire. Una tale interpretativa vede quindi l’alfabeto come uno strumento usato per mettersi in contatto con il mondo degli dei e, in tal senso, forse, una dedica op iorobos si potrebbe riferire a una consultazione dell’oracolo alfabetico della divinità in merito agli anni, forse quelli della vita o un periodo importante nella vita degli uomini e delle donne dell’antica Este. Si hanno esempi simili dal mondo greco, nel quale, presso i santuari, si dedicavano delle piccole lamine bronzee che riportavano i quesiti posti alle divinità oracolari e dal quale si ha anche testimonianza di un particolare tipo di divinazione basata sull’estrazione casuale di lettere alfabetiche, a ciascuna delle quali corrispondeva un breve responso oracolare e il fedele quindi sorteggiandone una sorteggiava anche il responso corrispondente. Esempi di speculazione magica sulla scrittura trovano confronti anche nel mondo etrusco, dal momento che le sedici caselle che si trovano sulle tavolette bronzee e in cui sono scritte le lettere AKEO sono tante quante le zone tracciate sul fegato bronzeo di Piacenza.191 Le sedici zone tracciate su tale oggetto recano incisi nomi di divinità, organizzati in modo da riflettere l’ordinamento del cielo secondo gli Etruschi e gli aruspici avevano il compito di interpretare il volere divino osservando segni particolari nel fegato dell’animale immolato, seguendo il fegato bronzeo come guida.

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Alcuni ulteriori ritrovamenti nei santuari individuati in località Meggiaro e nel fondo Baratella hanno permesso di far luce anche sulle modalità in cui tali aspetti del culto di natura religiosa venivano espletati dalla comunità atestina e sul modo in cui essa manifestava la propria fede e la devozione nei confronti della divinità. Tra i gesti cultuali che si svolgevano nel corso delle cerimonie sono stati in particolare identificati atti di libagione, offerte di cibo e sacrifici animali, cui seguivano banchetti rituali. Si tratta di azioni riconosciute in particolare grazie alla presenza di determinate forme ceramiche, di numerosi resti faunistici e, soprattutto, grazie alla presenza e all’individuazione di particolari aree destinate all’accensione di focolari. Nel santuario di Meggiaro, queste attività sono attestate per l’intera durata della sua frequentazione. Fin dall’attivazione del luogo di culto, era stata predisposta un’area per l’accensione di focolari nella quale venivano cotti e preparati cibi e vivande destinati poi al bacchetto rituale e all’offerta alla divinità e nella quale si bruciavano anche le offerte vegetali.192 Sono infatti stati trovati molti frammenti ceramici di forme e tipologie funzionali alla cottura, alla preparazione e alla conservazione dei cibi che mostrano, molto spesso, anche segni di focatura sulle superfici.193 Insieme a queste, sono state rinvenute anche forme rimandanti a rituali di libagione, che si dovevano svolgere nel medesimo settore dell’area sacra.194 Nel momento in cui l’area di cottura con i focolari venne obliterata, se ne deduce, come conseguenza, un cambio nelle modalità di rito e, stando all’analisi quantitativa dei reperti, si nota che infatti seguì un incremento della presenza di forme destinate alla libagione, a testimonianza della preminenza di tale pratica cultuale.

192 Cfr. supra, p.33.

193 Si ricordano olle e coppe per contenere sostanze solide durante la cottura, ma anche per la

preparazione e la presentazione del cibo; scodelloni e doli, rispettivamente per la cottura dei cibi e per la conservazione di sostanze usate nel corso del rituale. Gregnanin in Este preromana 2002, p.165, note 8-10.

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Anche per quanto riguarda il santuario del fondo Baratella, un’attività libatoria è documentata fin dalle prime fasi di frequentazione. Ciò che in questo caso distingue tale riconoscimento sono i documenti materiali che ne hanno lasciato traccia. In questo centro cultuale, l’atto della libagione è attestato sia per via diretta che indiretta: sono stati trovati molti frammenti ceramici, in particolare di coppe ad alto piede e di vasi potori sia d’uso che miniaturistici, quindi simbolici, come attestazione diretta di pratica cultuale; per contro, sono rimasti anche molti ex voto figurati, quali bronzetti e lamine, che ritraggono uomini e donne con coppe e brocche in mano, a ulteriore testimonianza di tale pratica.195 Le molte ossa animali rinvenute testimoniano, inoltre, come anche in questo luogo sacro si praticassero sacrifici animali come offerte alla divinità e banchetti rituali. In particolare, nei pressi del fiume è stata individuata la zona in cui si accendevano i roghi sacrificali, nella cui area circostante è stato anche documentato uno spesso strato di cenere contenente ceramica con segni di focatura e molti frammenti di ossa animali combusti.196 In più, dai resti dei roghi sacrificali è testimoniato come, insieme agli animali, i frequentatori di questo santuario fossero soliti offrire alla divinità anche parte del loro raccolto, in particolare sono stati trovati residui di miglio.197

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