III. I dati delle iscrizioni
III.2 Le iscrizioni dell’area settentrionale
Le considerazioni per il momento esposte, per quanto possano aver aiutato nella comprensione delle espressioni dei sentimenti religiosi, non risultano però molto esplicative per quanto riguarda le indicazioni sul tipo di divinità venerata in questa parte del territorio del Veneto preromano. Tali dati possono però, anche per quest’area, essere arricchiti da quelli raccolti e desunti dai materiali iscritti. Il corpus epigrafico, in questa porzione di territorio non è particolarmente ricco, a eccezione di quello venuto alla luce a Lagole di Calalzo, ma è comunque risultato utile al fine della comprensione delle funzioni e delle caratteristiche sia dei santuari che della o delle divinità oggetto del culto.
Salvo il caso di Villa di Villa, in cui non è stata rilevata la presenza di nessun materiale iscritto, sia a San Pietro Montagnon che ad Altino sono stati trovati reperti recanti iscrizioni. In entrambi i contesti, le informazioni utili apportate al discorso non sono molte e arricchiscono di poco lo scenario delineato. In base ai pochi dati iscritti raccolti a San Pietro Montagnon, è stato possibile ipotizzare solamente che la divinità venerata nella zona avesse un nome iniziante per Ve- e che fosse maschile, dal
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momento che nell’unica dedica conosciuta è presente un’uscita al dativo in
–oi.242
Ad Altino, invece, sono stati trovati alcuni frammenti di pietra lavorata pertinenti, molto probabilmente, a monumenti diversi di natura non precisabile (Fig. 75) e datati tra V e IV secolo a.C. in base al confronto con il profilo della cornice modanata dei piedistalli votivi rinvenuti nel santuario di Este nel fondo Baratella.243 Uno dei frammenti reca un’iscrizione molto lacunosa che ha, però, permesso di ricostruire un quadro interessante. (Fig. 76). L’iscrizione può essere letta
] – kazriako .-. kvero . n244
Il nome riferibile alla divinità è stato riconosciuto nel primo termine che compare nell’iscrizione ed è stato suggerito di integrare la parte mancante con belatu-, da cui si ricaverebbe un nome derivante da quello divino del dio celtico della guerra, Belatucadro.245 Fino a ora, non si è avuto riscontro nell’onomastica veneta, né tantomeno in quella latina e greca, di un antroponimo che presenti una tale base onomastica; nel celtico invece questa è attestata ricorrentemente come secondo membro di un nome composto. Un dato comunque certo è che la parte leggibile presenta una morfologia derivante da una formazione anomala del patronimico. Infatti il suffisso –iako-, collegato alla base ]kadro-, è formato a partire da un appositivo femminile, fatto conosciuto nell’onomastica veneta in misura minoritaria. Il fatto che sia presente un’esplicita volontà di segnalare la discendenza da una donna ha portato ad attribuire al soggetto in questione uno status sociale probabilmente di origine servile. Accettando l’integrazione di origine celtica, il personaggio nominato sarà allora un servo del culto o un sacerdote o magistrato addetto al culto di Belatucadro.
242 De Min in Padova preromana 1976, p.205.
243 Marinetti in Orizzonti del sacro 2001, pp.105-106, nota 32. 244 Marinetti in Orizzonti del sacro 2001, pp.106-107.
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In seguito a tali integrazioni e interpretazioni, è stato quindi evidenziato come la divinità oggetto del culto in questa zona fosse una divinità maschile e anche come, grazie all’origine dell’onomastica di un tale nome, questa mostrasse conferme circa gli evidenti influssi e legami con il mondo celtico di questo luogo di culto.
I risultati più importanti sono invece stati riportati dagli studi condotti sul numeroso materiale rinvenuto a Lagole di Calalzo. Uno degli aspetti più suggestivi e insieme problematici che è derivato dalla scoperta di queste iscrizioni è stata l’acquisizione dei nomi della, o delle, divinità oggetto del culto in questo santuario. I possibili valori etimologici delle forme dei nomi, o degli epiteti, sono stati correlati con i dati materiali provenienti dagli scavi archeologici per cercare di ricostruire i contorni della figura divina, che tuttavia rimane ancora indeterminata. Per quanto riguarda le denominazioni ricorrenti nei materiali iscritti, si hanno attestazioni di
Trumusiati-, Tribusiati- e Sainati-.246
Per una semplice occorrenza numerica maggiore, il nome principale della divinità qui venerata è stato riconosciuto in Trumusiati-. Tale denominazione è analizzabile come Trumusio-/a + -(i)ati, in cui -(i)ati corrisponderebbe al suffisso latino usato per la formazione di nomi etnici e di appartenenza. In base alle regole latine, quindi, isolando tale morfema, si ricava la base di un nome che dovrebbe costituire la denominazione locale del sito di Lagole o un nome con funzione corrispondente a un toponimo.247 Quanto a una possibile etimologia per il toponimo, che sarebbe quindi Trumusio-/a, la prima parte della forma, tru-, è stata riconosciuta come la continuazione di un numerale, con il valore di
246 Marinetti in Catalogo del Museo di Piave di Cadore, pp.61-73.
247L’iter che porta al teonimo deriverebbe dal nome del luogo, che darebbe il nome della comunità del
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“quattro”;248 invece, la seconda parte, musio/a-, è stata identificata come un elemento nominale che, oltre a presentare confronti nel mondo indoeuropeo in casi analoghi in cui si ha a che fare con acqua, ha un riscontro nel nome di un’importante via fluviale del territorio padovano che è il Muson. Secondo questa interpretazione, quindi, un toponimo
Trumusio-/a potrebbe avere un significato approssimativo del tipo “i
quattro laghetti”, richiamando uno scenario non lontano dall’aspetto che avrebbe effettivamente avuto il santuario di Lagole.
Il nome Tribusiati-, invece, sembrerebbe essere un nome diverso e anche secondario. Se si trattasse di un nome riferito a una divinità diversa, il significato può essere totalmente differente e sganciato da quello che è stato supposto per Trumusiati-; se invece si trattasse della stessa divinità, interpretata semplicemente secondo una diversa prospettiva linguistica e/o culturale, i due nomi devono essere legati per forma e/o per prossimità di contenuto. Pare però difficile pensare a due divinità differenti, destinatarie di atti di culto in contemporanea, ma prive di marche culturali autonome, che non sia solo il nome.
La tematica concernente il teonimo Sainati-, invece, precede la scoperta di Lagole ed è stata collegata alle dediche votive rinvenute nel santuario di Este nel fondo Baratella, ove il nome compare e di cui si è cercato di dare lettura fin dagli anni delle prime scoperte.249 Anche nel caso di Lagole il nome è stato collegato al verbo latino sanare, dal momento che non è sembrato strano il suo uso in forma di epiteto associato a una divinità venerata in un luogo in cui le acque venivano ritenute sacre e medicamentose. Per quanto attiene l’attribuzione del sesso, questa può essere fatta solo in base a considerazioni extralinguistiche, perché in questo caso specifico la morfologia non dà indicazioni a favore di una divinità
248 Marinetti in Catalogo del Museo di Pieve di Cadore, p.68, nota 30. 249 Cfr. supra, p.104.
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femminile o maschile. La frequentazione e la funzione del santuario o l’esito in età romana oppure, ancora, i principali tipi di ex voto che si trovano nel luogo di culto lascerebbero pensare a una divinità di tipo maschile.
Dalle iscrizioni di Lagole è stato possibile ricavare un ulteriore dato rilevante: in alcune occasioni è fatto esplicito riferimento alla presenza della teuta come soggetto agente nell’azione rituale. Il lessema teuta in tutto il mondo indoeuropeo è chiarissimo nella centralità semantica della “comunità”, del “popolo”, sempre e solo con connotazioni di carattere civico e non religioso, senza però avere, da solo, la capacità di rendere esplicito di quale tipo di organizzazione comunitaria si tratti, con quali dimensioni o con che livello di complicazione sociopolitica. In ogni caso, è un dato linguistico molto importante, che sottolinea la funzione di aggregazione del santuario in senso comunitario, un santuario federale centro di aggregazione di una vasta comunità.250
In base allo studio dei materiali iscritti è stato possibile mettere in luce anche altri importanti dati di natura extra linguistica. È stato evidenziato come il venetico in uso in quest’area presenti una netta differenziazione rispetto a quello usato in pianura e una prossimità, piuttosto, con aspetti delle lingue usate nelle zone d’oltralpe. A determinare questa differenza è stata sicuramente anche la presenza di una forte componente celtica già messa in evidenza anche da altri aspetti della cultura materiale. E’ probabile che la scrittura fosse arrivata a Lagole attraverso la mediazione delle genti atestine: si riscontra, infatti, un tipo di grafia che evidenzia una grande identità tra Este e questa parte di territorio. Per quanto riguarda una
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possibile datazione, è possibile affermare un attardamento dell’arrivo della scrittura in questa zona, dovuto alla perifericità rispetto al centro di irradiazione: mancano infatti iscrizioni attribuibili alla prima fase scrittoria, datata circa all’inizio del VI secolo a.C. La natura votiva dei testi si realizza poi secondo un formulario standardizzato, prossimo alla struttura tipica del venetico di area centrale, ma con soluzioni proprie sia nel lessico che nella scelta formulare. Tra le principali differenze fra Este e Lagole si nota una diversa formazione delle formule onomastiche: a Lagole si ha, infatti, l’uso pressoché esclusivo del morfema –(i)ko per formare l’appositivo, a fronte dell’uso di –io- del venetico centrale.251 Inoltre, è del tutto assente il modulo dell’iscrizione parlante: si tratta di iscrizioni in cui si ha sempre e solo la presenza della struttura nucleare del formulario votivo, cioè nome del dedicante e verbo di dedica, con l’eventuale aggiunta del destinatario cui questa dedica era rivolta.