III. I dati delle iscrizioni
III.1 Le iscrizioni atestine
L’analisi appena eseguita ha messo in evidenza un quadro sostanzialmente uniforme per quanto riguarda l’oggetto, le modalità e le pratiche cultuali degli abitanti dell’antica Este. Tali dati possono essere a questo punto integrati con quelli che vengono forniti dai documenti iscritti ritrovati nei luoghi di culto, in maniera tale da meglio comprendere la funzione svolta dai singoli santuari all’interno della vita comunitaria, oltre che la natura della divinità venerata. Con una sola eccezione, quella del sito di Morlungo, i luoghi di culto atestini hanno tutti conservato quello che è
103
parso essere il nome della divinità oggetto del culto. Tale denominazione, però, non è mai la stessa: in ogni luogo, sembra che l’appellativo della divinità rifletta le prerogative e le caratteristiche che le vengono attribuite in quello specifico contesto e per le quali è fatta oggetto del culto.
In una tale prospettiva, il santuario principale per questa parte di territorio è stato riconosciuto in quello del fondo Baratella.230 La divinità venerata in questo luogo di culto era sicuramente una divinità femminile il cui nome, nei casi riscontrati, è indicato al dativo secondo il formulario consono per le iscrizioni di questo tipo.
In ventisette casi è stato letto il nome di Reitiai, in sei Sainatei Reitiai, in uno Sainatei Reitiai Porai, in uno Sainatei Porai, in uno Vebelei Porai e in un altro Porai.231 Il nome primario della dea è stato riconosciuto in Pora. Il nome Pora è stato collegato sia al verbo latino pario, che significa “partorire, generare”, sia al termine greco πòρος, che significa “guado, passaggio, porto”: quando indicata con questa denominazione, sarebbe quindi una divinità “opifera”, “puerpera”, “dea del guado”, “dea del passaggio”, “dea del porto”. In quest’ottica, l’interpretazione ben si addice sia all’ubicazione topografica del luogo di culto, nei pressi del fiume e di importanti vie commerciali, sia ai tipi di culti qui praticati, pensando ai rituali di iniziazione. In questo caso, sarebbe allora una dea che aiuta a trovare il passaggio, a trovare la via sia in senso figurato come divinità di tutti i “passaggi”, di età, di vita/morte, di procreazione, del mondo animale e vegetale/agrario, sia in senso proprio, cioè come dea preposta a un elemento, il fiume, sicuramente primario nell’economia del centro urbano e quindi vedendola come “dea del porto”, “dell’emporio”.
230Oltre che per l’ingente quantità di materiali rinvenuti, è stato dedotto anche dall’abbondanza dei
documenti iscritti riportanti il nome della divinità. Cfr. supra, pp.42-43.
104
La denominazione principale usata per la divinità si presenta usata spesso in associazione con altri nomi che fungono quindi da attributi, specificando, di volta in volta, a quale aspetto della divinità si rivolgesse il devoto. Uno degli epiteti è Sainate, La tematica concernente queste denominazione riporta principalmente due interpretazioni: o si tratta di un epiteto formato dalla base di un verbo corrispondente al latino sanare; oppure si ha una seconda spiegazione fondata sul dato morfologico del suffisso –ati- formante di etnici che farebbe del nome un richiamo alla popolazione dei Sanates.232 Dati i non pochi ex voto anatomici rinvenuti in questo luogo di culto, questo epiteto è stato più facilmente collegato al verbo latino sanare, che significa “sanare, guarire”: le volte in cui il devoto si sia rivolto alla divinità appellandola in tal modo, sicuramente l’avrà fatto cercando aiuto e conforto nel potere sanante a lei attribuito.
Il nome che, numericamente parlando, si trova più spesso in associazione con Pora è Reitia, che in un imprecisato momento diviene poi teonimo primario: le etimologie che sono state proposte gli assegnano un significato connesso ai concetti del diritto/giustizia, oltre che dell’aiuto nel facilitare i parti, dello scorrere dell’acqua, e quindi del fiume. L’epiteto Reitia è stato anche collegato alla parola che in venetico indica la scrittura: questo si lega inevitabilmente agli ex voto qui rinvenuti e che riproducono modelli bronzei di tavolette alfabetiche e ha fatto vedere in un’altra ottica anche il significato dato a quelli che sono già stati definiti aghi crinali o spilloni rituali.233 E’ in questa la chiave interpretativa che questi ultimi sono stati visti piuttosto come modelli di stili scrittori e sono stati quindi associati ai modelli delle tavole alfabetiche.234
232 Marinetti in Catalogo del Museo di Pieve di Cadore, p.69, nota 45. 233 Cfr. supra, pp.85-88.
105
Infine, un solo caso riporta l’appellativo Vebele usato in associazione con
Pora: sembrerebbe un epiteto ascritto a una valenza di “tessitrice” della
divinità, nella sua accezione reale e metaforica. Tale collegamento della divinità con la tessitura è anche attestato dalla presenza, tra gli ex voto, di centinaia di pesi in terracotta che, escludendo una semplice interpretazione quali doni da parte di tessitrici, non è escluso che possano avere una valenza più ampia per forme di captatio benevolentiae nei confronti della divinità tessitrice della vita e della sorte.235
La preminenza di tale santuario rispetto agli altri individuati nell’area suburbana atestina è data quindi anche dal fatto che i dati delle iscrizioni sono risultati, come è stato appena sottolineato, particolarmente importanti per definire non soltanto il sesso della divinità, ma anche le sue specializzazioni cultuali e le sue caratteristiche, andando a incrementare il quadro offerto dalla semplice documentazione materiale raccolta. Da ciò risulta allora il prospetto di una divinità molto complessa, dalle molteplici e ben evidenti caratteristiche e funzioni. Reitia è quindi la dea che soccorre le donne nel parto, raddrizzando i nascituri, e per questo venerata soprattutto dalle donne; è la dea che guarisce le malattie, dominatrice delle fiere e generatrice di animali, preposta al succedersi delle stagioni; soprintende anche al fiume e ai commerci, alla scrittura, alla riproduzione e alla salute, è una divinità che presiede alle iniziazioni e ai matrimoni, era connessa con l’arte femminile della tessitura e l’arte maschile della guerra, era la dea delle lettere e della profezia.
Negli altri casi in cui sono state rinvenute iscrizioni che è sembrato conservassero nomi di divinità, è stato invece difficile ricostruire con sicurezza la forma completa del teonimo, ma sembra sempre si tratti di
235La tessitura, inoltre, è un’attività ampiamente esaltata a Este come attività elitaria anche in ambito
106
nomi maschili: così einaio a Caldevigo,236 alkomno a Casale e heno---toi a Meggiaro.
Non è stato possibile ricavare ulteriori interpretazioni per quanto riguarda la divinità oggetto di culto nel santuario di Caldevigo, mentre è stato sicuramente meglio chiarito il dato ricavato dall’iscrizione rinvenuta in quello della località Casale. 237 Il destinatario divino riconosciuto nella dedica incisa sulla coppa bronzea è stato accostato agli déi identificati dai Germani con i Dioscuri.238 In tale iscrizione si legge il termine alkomno, probabilmente la forma duale di un teonimo corrispondente agli Alces. Secondo una testimonianza di Tacito, “sed deos interpretatione romana
Castorem Pollucemque memorant, ea vis numini, nome Alcis”.239 Trattandosi di un oggetto rinvenuto non lontano dal luogo in cui in epoca romana è sorto il tempio dedicato proprio ai Dioscuri, un tale richiamo ha permesso di ipotizzare il tipo di culto qui praticato già in epoca paleoveneta e di accertare al contempo la sua continuità in epoca romana.
Dalla lettura dell’iscrizione apposta sulla lamina ritagliata a forma di imbarcazione rinvenuta nel santuario in località Meggiaro, invece, non è stato possibile ricostruire un quadro altrettanto chiaro.240 Nel termine
Heno---toi, che compare in ultima sede, è stato riconosciuto il nome del
nume venerato in questo luogo di culto dal momento che nelle iscrizioni venetiche rinvenute in area santuariale il nome che compare in tale posizione è sistematicamente quello della divinità.241 La lettura di questo teonimo risulta comunque difficoltosa, in quanto è incompleto nella sua
236 Cfr. supra, p.27. 237 Cfr. supra, p.32.
238 Locatelli-Marinetti in Este preromana 2002, pp.281-282 e Maioli-Mastrocinque 1992, p.33. 239 Tacito, Germania, XLIII, 16.
240 Cfr. supra, p.35.
241 In alcuni casi si può trovare il nome del beneficiario, anziché quello della divinità. Ma, se così fosse,
ci troveremmo di fronte a una formula onomastica anomala per quanto riguarda l’area atestina. In questa iscrizione infatti il nome compare privo di patronimico e questo sarebbe più consono per l’area patavina, ove è molto più frequente. Marinetti in Este preromana 2002, pp.180-184.
107
parte centrale; ma il fatto che presenti la terminazione del tema in –o dà la possibilità di affermare, quasi con assoluta certezza, che si tratti di un nome maschile. L’etimologia della prima parte potrebbe corrispondere a forme indeuropee con riferimento al “colpire, uccidere”, ma nulla di più certo è stato ipotizzato.