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Il circolo vizioso e le politiche dei servizi

I contenuti delle Politiche di ricerca e innovazione. Errori da evitare, esperienze di successo

VII.4 Il circolo vizioso e le politiche dei servizi

Le difficoltà dal lato della domanda fa si che non entrino nel mercato operatori privati, creando così un circolo vizioso: le imprese non esprimono domanda pagante perché percepiscono eccessiva incertezza e d’altro lato non esprimono domanda per servizi gratuiti perché percepiscono bassa qualità; a fronte di queste condizioni strutturali della domanda non entrano operatori interessati a sviluppare un profilo di offerta innovativo.

Le vie di uscita da questo meccanismo che le politiche possono sostenere sono polarizzate attorno a due componenti:

ƒ la politica della domanda, basata essenzialmente sui voucher; ƒ il supporto all’offerta.

La politica della domanda è concentrata essenzialmente sui voucher per cui si tende a fidelizzare la domanda di servizi lasciando libera l’impresa di scegliere il proprio fornitore. Queste politiche presuppongono l’esistenza di un mercato dei servizi e la capacità dell’impresa di scegliere il fornitore migliore per il proprio problema. Richiedono cioè che le imprese abbiano una forte capacità di strutturare la propri richiesta di servizi. Questa capacità non è invece ovvia.

Dal lato del supporto all’offerta c’è invece un duplice problema: la qualità del servizio si degrada con velocità progressiva e si corre il rischio di intermediazione parassitaria di quei soggetti che “vendono” alla Pubblica Amministrazione l’accesso alle imprese.

Il punto nodale è quello dell’incrocio di questi due punti di vista: i modelli di policy europei sono pensati, infatti, per mercati funzionanti, in cui cioè esiste già una scheda di domanda e l’offerta che la soddisfa, mentre nella realtà delle politiche per i servizi all’innovazione questo meccanismo non funziona perfettamente ma i mercati vengono creati

ad hoc. I mercati sono molto imperfetti e le imprese arrivano alla domanda di servizi solo alla

fine di un percorso di cui all’inizio non hanno nessuna domanda, non sanno cosa vogliono e non sono disposti a pagare. Prima di sostenere il problem solving, le nostre politiche devono permettere di sviluppare il problem setting, la comprensione del problema.

La distinzione tra domanda e offerta contiene infatti una semplificazione che rischia di essere fuorviante: il mercato non esiste di per sé, deve essere creato.

La Figura VII.1 sintetizza la problematica26:

ƒ la parte preponderante delle piccole imprese non esprime alcuna domanda esplicita di innovazione, ancor meno di ricerca;

ƒ non ha le risorse interne per “strutturare i problemi” di competitività (problem setting) e identificare le opportunità di soluzione provenienti dalla ricerca;

ƒ la domanda di ricerca esterna (es. università) esiste solo per le imprese che svolgono ricerca al proprio interno (capacità di assorbimento);

ƒ le PMI adottano innovazione non basata sulla ricerca (non-R&D based innovation); ƒ la divisione del lavoro è limitata dalla dimensione del mercato.

Si può parlare di domanda di servizi solo alla fine di un processo che inizia con il

problem setting, con la definizione e chiarificazione del problema. Ad esempio l’impresa ha

26

Le Figure VII.1, 2 e 3 sono tratte dalla presentazione di A. Bonaccorsi, Servizi qualificati per l’innovazione, Roma, DPS, 11 novembre 2008. Si veda anche A. Bonaccorsi, È suonata la campana dell’ultimo giro. La programmazione dei Fondi Strutturali per obiettivi di Ricerca e Innovazione nelle Regioni italiane. Seminario con le Regioni, DPS, Roma, 26 febbraio 2007.

problemi di competitività, ma non ne riesce ad analizzare le cause; osserva un calo di ordini ma è incerta se attribuirla a prodotti insoddisfacenti, cambiamenti dei gusti, o ingresso di nuovi concorrenti, e così via. Soprattutto per le PMI il problem setting può essere del tutto paralizzante. Le imprese trascinano i problemi per molti anni senza risolverli perché non hanno guadagnato una prospettiva adeguata.

Figura VII.1 - Fasi di problem setting e problem solving nell’impresa

Problem setting

(awareness, comprensione del problema, diagnostica, valutazione del potenziale di cambiamento)

Valutazione delle alternative

(definizione delle alternative, ricerca informazioni, comparazione delle alternative, istruttoria, scelta)

Domanda di ricerca e innovazione

(utilizzo dei servizi, soddisfazione, riacquisto)

Nella fase di problem setting la disponibilità a pagare della impresa è nulla. Occorrono allora servizi di primo livello, che l’esperienza internazionale ha mostrato possono essere sussidiati dal settore pubblico e svolti in modo efficiente da fornitori specializzati, che hanno il compito di esplicitare la domanda (servizi di audit, di check up, di assessment del potenziale innovativo). Questi servizi si concludono con piani di azione all’interno dei quali l’impresa può decidere e cercare soluzioni specialistiche.

È importante quindi che le istituzioni mappino questi livelli di incertezza e che il loro intervento non intervenga solo nella fase finale come se le imprese sapessero già cosa vogliono; si può e si deve intervenire invece nella fase iniziale, quando le imprese non hanno ancora formulato la propria richiesta così da inserirle in percorsi virtuosi.

Esistono esperienze internazionali (recentemente studiate dal MERIT di Maastricht) di servizi di primo livello di audit tecnologico e organizzativo, assistito dalla creazione di database e di formulari standard per la diagnostica. Con questi strumenti si possono realizzare visite aziendali e check up di grande efficacia. Dopo lo svolgimento della fase gratuita di primo livello un sottoinsieme delle imprese decide di proseguire e chiede collaborazione per la fattibilità di progetti di ricerca o innovazione. Alcuni di questi sono poi finanziati, sia su bandi pubblici che, talvolta, con risorse proprie delle imprese. Questi strumenti sono associati ad una progressione piuttosto tipica:

ƒ 100 contatti aziendali; ƒ 50 visite;

ƒ 10 studi di fattibilità per progetti;

ƒ 3-5 progetti finanziati o cofinanziati dalle imprese.

Questi tassi di abbattimento sono riscontrabili anche nelle migliori esperienze italiane, come quelle condotte da Area Science Park a Trieste, da Firenze Tecnologia o da Treviso Tecnologia. Il fatto essenziale è che i contatti iniziali hanno costo basso (telefono, staff limitato), le visite scalano di costo ma restando entro limiti contenuti, mentre i costi diventano elevati solo per le imprese effettivamente interessati a dare un seguito, con gli studi di fattibilità e i veri propri progetti. Le migliori esperienze italiane segnalano che questi servizi si possono dopo 2-3 anni ripagare da sé (per l’ente pubblico finanziatore iniziale), perché i 3-5 progetti portati a termine con risorse private hanno tipicamente importi tali da recuperare l’investimento effettuato nelle prime fasi gratuite.

In questa prospettiva diventa possibile per una Pubblica amministrazione finanziare la Fase 1 (problem setting: contatti, visite) e in tutto o in parte la Fase 2 (istruttoria di progetti di innovazione) con risorse pubbliche ma con costi standard; secondo il seguente schema:

ƒ es. max 10.000 euro per impresa solo al raggiungimento della Fase 2 (report completo di assessment, prefattibilità di progetti di innovazione) con risultati certificabili;

ƒ contributo premiale per il raggiungimento della Fase 3 (attivazione di contratti con università o enti di ricerca; partecipazione a bandi di ricerca; assunzione di personale laureato).

Nelle fasi successive possono entrare in scena i servizi di mercato.

Muovendosi verso l’alto in Figura VII.2 si modificano infatti in modo progressivo i parametri fondamentali che influenzano la formazione della domanda di servizi:

ƒ si riduce l’incertezza sui problemi della impresa, passando da una incertezza estrema circa la propria situazione ad una di chiara definizione delle proprie forze e debolezze e dei piani di azione necessari;

ƒ aumenta la percezione di qualità del servizio, passando da una fase di percezione confusa e indistinta ad una di percezione corretta, del tutto gestibile con i normali rapporti contrattuali con i fornitori di servizi ai quali l’impresa è abituata;

ƒ aumenta la appropriabilità delle soluzioni offerte dai fornitori di servizi, passando da una fase di diagnostica che ha un grande valore iniziale ma scarso risultato appropriabile ad una fase finale in cui la risoluzione di problemi può produrre risultati direttamente trasferibili in termini di riduzione dei costi/ aumento dei ricavi.

Salendo verso l’alto si riduce l’incertezza e aumenta il valore percepito, cioè si creano le condizioni strutturali di emergenza del mercato privato. Prima che queste condizioni si vengano a creare il mercato privato non funziona in modo efficiente o non emerge affatto. Quindi il ruolo delle politiche pubbliche non è quello di sostituirsi al mercato ma di investire nelle fasi di maggiore incertezza, e creare le condizioni per la emergenza del mercato specializzato (market creation). Non bisogna dimenticare che la specializzazione, che aumenta la qualità dei servizi, è funzione della divisione del lavoro, ma questa è negativamente influenzata dalla ristretta dimensione del mercato. Per rompere il circolo vizioso occorre aumentare la dimensione del mercato, ma per fare questo occorrono forti investimenti pubblici nelle fasi iniziali del processo (Cfr. Figura VII.3).

Figura VII.2 - Evoluzione della incertezza e del valore percepito dei servizi alla innovazione

Incertezza Valore percepito

-+

+

-Figura VII.3 - Ruoli del settore pubblico e del mercato nella offerta di servizi qualificati per l’innovazione

Intervento pubblico