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3.4 Il caso di Amsterdam e della Wibautstraat

3.3.1 Il Citizen Data Lab

Il Citizen Data Lab (CDL) è un laboratorio di ricerca del Dipartimento di Digital Media and Creative Industries dell’Hogeschool van Amsterdam, che riunisce ricercatori/trici e studiosi/e in scienze sociali, informatica e urbanistica per raccogliere e analizzare dati che provengono dalla città. La mission centrale del CDL sta nel cogliere le opportunità offerte dall’ondata di dati che caratterizza la contemporanetà digitale per ottenere una comprensione migliore di ciò che accade in alcune zone della capitale olandese. Il lavoro del Lab copre tutto il ciclo produttivo dei dati: dallo sviluppo delle applicazioni per la raccolta, all’organizzazione di eventi per coinvolgere la cittadinanza, fino all’analisi quantitativa e la diffusione dei dati attraverso il Web. I dati raccolti, infatti, sono messi a disposizione come open data per rendere i cittadini più consapevoli della realtà urbana in cui vivono. Citando le parole di Sabine Niederer, fondatrice del laboratorio, il CDL punta a uno “shift from smart cities to smart

141 citizens” (Majcher 2014, p. 1), cioè vuole sviluppare e fare uso di strumenti tecnologici per rendere i cittadini e le cittadine più consapevoli dei pregi e difetti della propria città.

Effettivamente, il coinvolgimento attivo dei cittadini è centrale in tutti progetti di ricerca del CDL, sia nella fase di sviluppo delle applicazioni, sia in quella di raccolta dei dati. Raccogliere e analizzare dati prodotti dalle persone permette infatti di ottenere informazioni sulla città rispettando il punto di vista di chi ha una esperienza diretta dei luoghi studiati. Per questo il laboratorio sviluppa strumenti e metodi di mappatura partecipativa in grado di sfruttare le conoscenze contestuali e specialistiche delle persone, per comprendere l’ambito locale in tutte le sue sfumature. D’altra parte, i cittadini possono dire e dare agli studiosi molto sui luoghi in cui vivono o che frequentano per le più svariate ragioni: possono ad esempio comunicare informazioni sul loro stato d’animo in una certa strada o piazza, su cosa valutano positivamente o negativamente di un luogo, su cosa farebbero per migliorare una certa situazione vissuta negativamente. Ciò va molto oltre le possibilità offerte dai sensori dell’Internet of Things, che monitorano la nostra vita quotidiana e gli spazi in cui viviamo estendendo Internet agli oggetti che ci circondano. I sistemi di sensori, seppure innovativi, si limitano infatti a svolgere compiti ripetitivi e relativamente semplici, come la memorizzazione degli accessi a un edificio o la misurazione del livello di inquinamento in una zona urbana: nulla a che vedere con le complesse capacità interpretative e cognitive delle persone. Ciò ha spinto il CDL a fare affidamento su quello che è stato da loro stessi definito uno dei migliori “sensori” disponibili: l’essere umano (Groen, Meys 2015).

Bisogna ammettere che chiedere idee, suggerimenti e opinioni a grandi gruppi di persone non è una novità perché è il cuore dei diversi progetti e strumenti di

crowdsourcing (Doan, et al. 2011). Il crowdsourcing, parola inglese composta da crowd

(folla) e sourcing (ottenere qualcosa da una fonte), è un paradigma di reperimento delle informazioni basato sulla condivisione della conoscenza su larga scala per realizzare progetti di vario tipo, spesso accomunati da due caratteristiche:

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1) the partecipants are not involved in deciding what will be measured and 2) the retrieved data is only for professionals to act on, instead of also allowing the citizen to act on the data (Groen, Meys 2015, p. 2).

Sono proprio questi gli elementi che distinguono il metodo di ricerca del Citizen Data Lab dal crowdsourcing. Il Lab tiene conto dei bisogni e delle priorità dei cittadini fin dalle prime fasi progettuali, in cui decide quali aspetti della città indagare. Durante incontri appositamente organizzati, i cittadini possono influenzare le sorti di un progetto esprimendo le proprie opinioni e facendo richieste. Allo stesso tempo, i cittadini sono il target finale di ogni progetto: quando possibile, i dati che provengono dalle ricerche sono messi a disposizione sul Web in modo da restituire alle persone informazioni potenzialmente utili per prendere decisioni più informate. Gli utenti possono visualizzarli, analizzarli e confrontarli con altri open data per trarre conclusioni su varie questioni e agire di conseguenza, magari facendo alle istituzioni richieste documentate.

Da una parte, dunque, vediamo che la partecipazione attiva dei cittadini a progetti di mappatura del territorio può portare a diversi vantaggi, ma dall’altra comprendiamo che questa implica anche coinvolgere una grande varietà di persone, cosa spesso non facile. Per affrontare questa sfida, si sta cercando di motivare i cittadini creando un senso di appartenenza all’area urbana in cui vivono e di cura dei dati che da quell’area provengono (de Lange, de Waal 2013). Gli smart citizens immaginati da Sabine Niederer sono infatti anche cittadini che provano un sentimento di appartenenza a un luogo collettivo e che hanno la volontà di condividere conoscenze e informazioni sulla città per consentire agli altri di agire in modo più consapevole.

Non esistono soluzioni concrete per motivare i cittadini e le cittadine a fare questo, ma alcuni studi hanno mostrato l’esistenza di diversi sistemi utili a spingere le persone a collaborare in modo attivo, che il CDL ha fatto propri. Innanzitutto, coinvolgere i cittadini fin dai primi stadi della ricerca, e tenere conto delle loro priorità e dei loro bisogni in sede di decisione degli obiettivi, dà alle persone un ruolo molto rilevante (McCall, Dunn 2012). Durante gli eventi organizzati a questo scopo, infatti, i cittadini non sono trattati semplicemente come fonti di informazioni utili, ma, in termini semiotici, sono considerati veri e propri Aiutanti della ricerca. Il che si fa sia

143 per raccogliere informazioni di cui i cittadini hanno effettivamente bisogno, sia per creare in loro un vissuto di coinvolgimento che può spingerli a partecipare ulteriormente.

Un secondo modo per motivare le persone sta nel restituire loro i dati in modo comprensibile e intuitivo per informarle e incrementare il loro interesse sulle situazioni studiate (Aronson, Wallis et al. 2007). A tal fine il Citizen Data Lab produce e diffonde forme di data visualisation che permettono una comprensione più immediata delle situazioni descritte dai dati. Grazie a queste infografiche si tenta di semplificare il processo interpretativo e l’identificazione di fenomeni e tendenze, invisibili a una prima analisi dei dati non rappresentati visivamente e graficamente.

Per ottenere una partecipazione massiccia della cittadinanza è infine consigliabile chiedere alle persone un impegno limitato in termini sia di tempo, sia di sforzo cognitivo. I compiti da svolgere non devono richiedere tempi troppo lunghi o essere eccessivamente complessi, e le interfacce degli strumenti informatici per la raccolta dei dati devono essere intuitive. In quest’ottica, il Lab ha sviluppato alcuni strumenti informatici per dare la possibilità ai cittadini di mappare e condividere informazioni sulla propria città in modo semplice e veloce, spesso attraverso lo smartphone.