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Il commissariamento giudiziale come alternativa alla sanzione

Sezione II: Le sanzioni interdittive

7. Il commissariamento giudiziale come alternativa alla sanzione

Il legislatore ha tenuto conto del fatto che l’applicazione delle sanzioni interdittive può cagionare effetti che travalicano l’ambito dell’ente e incidono negativamente su soggetti del tutto estranei all’illecito.

In tali circostanze, l’art. 15 dispone la prosecuzione dell’attività dell’ente da parte di un commissario giudiziale “se sussistono i presupposti per

l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attività dell'ente”. La misura è disposta “per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata”.

La disposizione non richiede che la sanzione sostituita dalla prosecuzione commissariale sia tassativamente l’interdizione dall’esercizio dell’attività, prevista dall’art. 9 coma 2 lett. a).

In linea con la finalità di evitare che su terzi estranei al fatto ricadano le conseguenze negative derivanti dall’applicazione della sanzione, è irrilevante il tipo di sanzione irrogata ed è significativa solo la ripercussione fattuale dell’interruzione dell’attività.

Il commissariamento giudiziale dell’ente si atteggia come una sanzione sostitutiva, che si applica al posto delle sanzioni interdittive. Già la legge

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La Relazione ministeriale al d.lgs. 231/2001 afferma che “a differenza dell'ordinaria

conversione, quella disposta in executivis determina un aumento della sanzione pecuniaria. Ciò dipende dall'ovvia necessità di non incentivare condotte strumentali dell'ente, che potrebbe altrimenti monetizzare a costo zero la sanzione maggiormente afflittiva”.

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delega304 prevedeva tale misura, in sostituzione della sola misura dell’interdizione dall’esercizio dell’attività. Unicamente tale sanzione poteva essere sostituita con “l’eventuale nomina di altro soggetto per l’esercizio vicario

della medesima quando la prosecuzione dell’attività è necessaria per evitare pregiudizi a terzi”. La formulazione normativa “pregiudizi ai terzi” era stata

oggetto di particolari contrasti interpretativi, rilevati anche nella Relazione governativa305.

Interpretato alla lettera, il criterio di delega avrebbe sancito la sostanziale inapplicabilità della sanzione interdittiva dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, posto che la sua irrogazione provoca quasi sempre un pregiudizio a terzi.

Inoltre, la previsione non sembrava prendere in considerazione il fatto che analogo pregiudizio avrebbe potuto scaturire anche dall’applicazione di altre sanzioni, quali, ad esempio, la sospensione o la revoca di autorizzazioni, idonee a comportare una paralisi notevole dell’attività dell’ente306.

Al legislatore delegato, quindi, era affidato il compito di introdurre una fattispecie che, da un lato, non svilisse l’efficacia delle sanzioni interdittive, e, dall’altro, circoscrivesse la nozione di “pregiudizio a terzi” alla protezione di interessi sociali particolarmente rilevanti.

L’art. 15 d.lgs. 231/2001 ha realizzato il bilanciamento auspicato. Nonostante la legge delega facesse riferimento soltanto all’interdizione

304 La l. n. 300/2000, all’art. 11, comma 1, lett. l), n. 3. parlava di “interdizione anche

temporanea dall'esercizio dell'attività ed eventuale nomina di altro soggetto per l'esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione dell'attività è necessaria per evitare pregiudizi ai terzi”.

305 La Relazione ministeriale al d.lgs. 231/2001 afferma sul punto che il riferimento “pregiudizi a

terzi” ,“denota se interpretato alla lettera, un’orbita applicativa troppo ampia e tale da vanificare l’applicabilità delle sanzioni interdittive che precludono l’esercizio di un’attività”, dal

momento che qualsiasi sanzione è potenzialmente in grado di produrre ripercussioni negative verso terzi.

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PIERGALLINI C., “Sistema sanzionatorio e reati previsti dal codice penale” in Dir. pen. proc., 2001 p. 1359, afferma che una simile interpretazione avrebbe consacrato “la sepoltura delle

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dall’esercizio dell’attività, la disposizione ha previsto la misura in sostituzione di qualunque sanzione interdittiva che determini l’interruzione dell’attività.

La parte più originale della disposizione, poi, è la limitazione del commissariamento ai soli casi in cui il pregiudizio verso terzi assuma un particolare spessore307.

7.1. Le condizioni di applicazione della misura.

Affinché sia integrata la fattispecie complessa della nomina del commissario e della prosecuzione dell’attività, devono sussistere tutti gli elementi necessari per l’applicazione di una sanzione interdittiva che determini l’interruzione dell’attività dell’ente e quelli aggiuntivi e speciali indicati nell’art. 15 per la nomina del commissario.

Mentre per l’interdizione dall’esercizio dell’attività l’interruzione è una conseguenza implicita, che sussiste in astratto come effetto ex lege della sanzione, per le altre sanzioni interdittive la stessa conseguenza deriverà dalla valutazione concreta del giudice308.

L’art. 15 prevede che il giudice, verificate le condizioni per l’applicazione di una misura interdittiva che determina l’interruzione dell’attività dell’ente, disponga “la prosecuzione dell’attività dell’ente da parte di un commissario per

un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata

in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) che l’ente svolga un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione possa provocare un pregiudizio grave alla collettività, e b) qualora l’interruzione dell’attività, per le dimensioni dell’ente e le condizioni economiche del

307Cioè quando l’attività ha ad oggetto un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità,

la cui interruzione è suscettibile di riverberare effetti pregiudizievoli verso una collettività indeterminata di soggetti, oppure quando l’interruzione può provocare crisi occupazionali rilevanti, da valutare sulla base delle dimensioni dell’ente è del contesto territoriale in cui è collocato.

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In tal caso il giudice dovrà stabilire se, con riguardo all’attività cui è istituzionalmente dedicato l’ente, l’applicazione della sanzione impedisca oggettivamente la prosecuzione dell’esercizio dell’attività, operando quindi secondo un criterio di prognosi postuma.

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territorio in cui è situato, provochi ripercussioni rilevanti sull’occupazione. La deroga all’applicazione della sanzione interdittiva trova la sua ragion d’essere nella speciale tipologia di effetti negativi derivanti dall’interruzione dell’attività. Affinché sia integrata la prima fattispecie, è necessario che l’ente svolga uno dei servizi previsti nella norma e che l’interruzione possa cagionare un effetto gravemente pregiudizievole alla collettività.

L’interruzione dell’attività di un ente che svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità, impedirebbe alla collettività di fruire di servizi essenziali, quali, ad esempio, l’erogazione di acqua, gas energia elettrica o servizi di trasporto pubblico; per tale motivo si legittima la prosecuzione commissariale dell’attività.

Il giudice è quindi chiamato a controllare il dato formale consistente nel tipo di servizio prestato dall’ente, ma anche a valutare il risultato potenziale derivante dal mancato svolgimento dell’attività. Tale giudizio di probabilità dovrà fondarsi su criteri oggettivi di difficile individuazione. L’analisi richiederà una molteplicità di competenze e dati di fatto indispensabili, quali, ad esempio, il numero di utenti che fanno ricorso al servizio svolto, la disponibilità di servizi alternativi e il grado di fungibilità309.

Dall’altra parte “il pregiudizio alla collettività” dovrà essere “grave”. La specificazione ha un ruolo importante nella fattispecie: in sua assenza, la previsione dell’art. 15 si trasformerebbe in un automatismo, dato che qualunque interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità importa conseguenze pregiudizievoli per la collettività.

La seconda condizione richiesta ai fini della prosecuzione commissariale dell’attività, è che l’interruzione di attività possa comportare conseguenze negative sull’occupazione. L’apprezzamento di tale pregiudizio non è rimesso alla piena discrezionalità del giudice, bensì è ancorato ai parametri delle “dimensioni” dell’ente e delle “condizioni economiche del territorio”.

309 MUCCIARELLI F., Le sanzioni interdittive temporanee nel d.lgs. 231/2001, in Studi in onore di

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Con riferimento alle dimensioni dell’ente, il giudice valuta la possibilità di assegnare provvisoriamente i lavoratori addetti all’attività interdetta ad altri settori produttivi della stessa azienda: in tal caso, non si darà luogo alla sostituzione della sanzione interdittiva.

L’ambito economico in cui opera l’impresa rileva invece per l’impatto occupazionale che potrebbe avere l’applicazione della misura e per la possibilità di riassorbimento della forza lavoro da parte di altri enti, operanti nel medesimo contesto territoriale.

Il legislatore, attraverso queste due condizioni, ha ristretto la sfera di applicabilità della disposizione ai pregiudizi di notevole gravità che possono colpire l’intera collettività oppure un’ampia categoria di soggetti.

Una volta verificata la sussistenza di tali presupposti, deve ritenersi obbligatoria l’adozione della misura in vece della sanzione interdittiva310.

La sanzione interdittiva idonea a cagionare l’interruzione dell’attività dell’ente deve essere temporanea ai sensi dell’art. 15, comma 5.

La disposizione prevede che “la prosecuzione dell’attività da parte del

commissario non può essere disposta quando l’interruzione dell’attività consegue all’applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva”. Ciò si

verifica nei casi, contemplati nell’art. 16, di applicazione in via definitiva delle sanzioni dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e del divieto di pubblicizzare beni o servizi.

La sanzione non potrà essere applicata nemmeno per la sanzione della revoca di autorizzazioni o concessioni , dato che la misura non prevede una durata a cui commisurare la prosecuzione dell’attività; tale durata è invece essenziale per la prosecuzione commissariale dell’attività.

310 Il giudice è obbligato a procedere alla sostituzione, e tale obbligatorietà è confermata dall’espressione “dispone” al posto di “può disporre”.

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7.2. I compiti e i poteri del commissario giudiziale.

Una volta accertata la sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 15, comma 1, il giudice, con sentenza che dispone la prosecuzione dell’attività, “indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica

attività in cui è stato posto in essere l’illecito da parte dell’ente”.

L’art. 15, comma 3 prevede espressamente che “nell’ambito dei compiti

e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” e “non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice”.

Il giudice individuerà i compiti e i poteri esercitabili dal commissario, modulandoli con riguardo alle caratteristiche dell’illecito e alla specifica attività nell’ambito della quale lo stesso si è verificato.

Il d.lgs. 231/2001 affida espressamente due compiti al commissario giudiziale: a) la cura dell’adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) gli atti di straordinaria amministrazione.

L’ente ha subito la condanna alla più grave tipologia sanzionatoria a causa di un deficit organizzativo che deve essere prontamente colmato attraverso l’intervento del commissario.

Di questa opera di riorganizzazione, il commissario è tenuto a dar conto nel rendiconto finale al giudice dell’esecuzione: ai sensi dell’art. 79 comma 2 infatti nel documento dovranno essere indicate “le modalità con le quali sono

stati attuati i modelli organizzativi”.

Al commissario spetta l’ordinaria amministrazione limitatamente al settore di attività in cui si è verificato l’illecito; il fatto che possano essere autorizzati anche atti di straordinaria amministrazione dimostra che il commissario non svolge solo una funzione preventiva di futuri illeciti, attraverso l’adozione di modelli organizzativi ai sensi della prima parte dell’art. 15, comma

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3, ma possa anche compiere atti che siano fonte di nuovi profitti. Ciò distingue la figura del commissario ex art. 15 da quella del custode o dal curatore nelle procedure concorsuali o liquidatore, che svolge funzioni meramente liquidatorie.

Il commissario giudiziale non può neanche definirsi pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, perché al medesimo non sono attribuiti poteri specifici diversi da quelli che spettano al soggetto ordinariamente legittimato ad agire in base alle norme di diritto privato: egli può essere quindi definito come un semplice amministratore di diritto privato, con l’unica peculiarità di derivare i propri poteri dalla nomina giudiziale.

L’art. 79 comma 1 dispone che la nomina del commissario sia affidata al giudice dell’esecuzione su richiesta del pubblico ministero; nessuna norma però specifica se la sua presenza importi qualche variazione negli organi amministrativi dell’ente.

Nel silenzio della legge, si esclude tale circostanza: deve concludersi che, sul piano formale, l’assetto della governance rimane invariato. L’architettura dei poteri e dei compiti necessari alla gestione dovrà essere ridisegnata dal giudice nel momento in cui decide la prosecuzione dell’attività da parte del commissario311.

La misura del commissariamento giudiziale si caratterizza per il fatto di avere un importante contenuto sanzionatorio: la sua durata è pari a quella della sanzione interdittiva che il giudice avrebbe inflitto; ai sensi dell’art. 15 comma 4 “il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività viene confiscato”. Si impedisce quindi che l’ente possa ricavare profitto dalla prosecuzione di un’attività disposta unicamente allo scopo di evitare pregiudizi alla collettività312 e non nell’interesse dell’ente.

311 MUCCIARELLI F., Le sanzioni interdittive temporanee nel d.lgs. 231/2001, in Studi in onore di

Giorgio Marinucci, Milano, 2006, p. 2525.

312 Sul punto, GENNAI S., TRAVERSI A., cit. p. 115, si vuole impedire all’ente di “lucrare un

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