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Sezione III: L ’ordinamento spagnolo

4. Il sistema sanzionatorio: la multa

Il codice penale spagnolo prevede all’art. 33 comma 7 uno specifico catalogo di pene applicabili alle persone giuridiche, e all’art. 129 un catalogo di misure accessorie (consecuencias accesorias) destinate agli enti privi di personalità giuridica. Queste ultime in realtà devono considerarsi pene in senso stretto, perché determinano una privazione di diritti fondamentali e costituzionali.

Tra le pene applicabili alle persone giuridiche ricordiamo la multa, lo scioglimento della persona giuridica, la sospensione dell’attività, la chiusura dei

184 DE SIMONE, La responsabilità da reato degli enti: natura giuridica e criteri (oggettivi)

d’imputazione, in www.penalecontemporaneo.it.

185La Corte afferma testualmente: “a partir del análisis acerca de si el delito cometido por la

persona física en el seno de aquella ha sido posible, o facilitado, por la ausencia de una cultura de respeto al derecho, como fuente de inspiración de la actuación de su estructura organizativa e independiente de la de cada una de las personas físicas que la integran, que habría de manifestarse en alguna clase de formas concretas de vigilancia o control del comportamiento de sus directivos y subordinados jerárquicos, tendentes a la evitación de la comisión por estos de los delitos enumerados en el Libro II del Código Penal como posibles antecedentes de esa responsabilidad de la persona jurídica”.

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locali o degli stabilimenti, l’interdizione dall’esercizio dell’attività, le incapacità e il commissario giudiziale.

La pena pecuniaria rappresenta nell’ordinamento spagnolo la sanzione penale principale applicabile alle persone giuridiche: a differenza delle altre sanzioni, infatti, la multa si applica obbligatoriamente all’ente (ex art 33.7 c.p.)186.

Il modello di commisurazione della pena pecuniaria è generalmente quello proporzionale, in virtù del quale l'importo si determina in proporzione al beneficio ottenuto per sé o per altri, al danno cagionato, al valore o alla quantità del provento ottenuto fraudolentemente o indebitamente.

È prevista anche la possibilità di sostituire la multa proporzionale con una multa per quote irrogata alla persona giuridica quando non sia possibile determinare correttamente gli importi della multa stessa (ciò accade, ad esempio, in materia ambientale, ove il legislatore ha privilegiato un modello di commisurazione per quote giornaliere).

4.1. Il modello proporzionale di commisurazione della pena pecuniaria.

La durata relativa al pagamento della multa dipende dalla durata della pena detentiva che sarebbe possibile imporre alla persona fisica. L’ art. 52.4 del codice penale spagnolo dispone infatti l’applicazione di una “a) multa da due a

cinque anni, se il delitto commesso dalla persona fisica è punito con pena detentiva superiore a cinque anni; b) multa da uno a tre anni, se il delitto commesso dalla persona fisica è punito con pena detentiva superiore a due anni; c) multa da sei mesi a due anni in tutti gli altri casi”.

Il pagamento della multa deve avere per oggetto l’intera somma calcolata e deve essere eseguito in un’unica soluzione; il giudice può tuttavia, in

186 Le altre misure sanzionatorie previste dall’ordinamento spagnolo che sono invece facoltative: unica eccezione è l’art. 570 quater c.p. in ambito di reati di associazione per delinquere e associazione con finalità di terrorismo, che impone obbligatoriamente lo scioglimento del sodalizio criminoso.

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via eccezionale e per una causa giustificata, consentire all’ente un pagamento frazionato (fino a un massimo di cinque anni) quando il suo importo rappresenti un pericolo per la sua sopravvivenza o per i posti di lavoro, o quando ci siano ragioni di interesse generale (art. 53.5 c.p.).

Infine, qualora dopo la pronuncia mutino in peius le condizioni economiche del condannato, il giudice può, in via eccezionale e a seguito delle adeguate indagini, ridurre l’importo della multa entro le cornici edittali del reato, oppure consentire un pagamento prolungato senza prevedere un limite massimo (art. 52.3 c.p.).

4.1.1. Il modello di commisurazione della pena pecuniaria per tassi giornalieri.

Con riferimento al modello dei tassi giornalieri, adottato per esempio nei reati ambientali, l’importo della quota giornaliera va da un minimo di 30 euro a un massimo di 5.000 euro (art. 50.4 c.p.)187.

Qualora l’importo finale risulti eccessivo rispetto alla gravità del fatto commesso, è obbligatorio ridurlo e questo vale sia per la persona giuridica sia per la persona fisica188.

Nel modello per quote non si distingue tra variazione della situazione economica in melius ovvero in peius, come invece accade nel modello proporzionale; l’art 51 c.p. prevede infatti che “qualora dopo la pronuncia della

sentenza mutino le condizioni economiche del condannato, il giudice o il

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L’importo della pena pecuniaria per le persone giuridiche oscilla così tra un minimo di 5.400 euro (6 mesi x 30 giorni x 30 euro) ed un massimo di 9 milioni di euro (5 anni x 360 giorni x 5.000 euro).

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Questa modulazione non è ragionevole perché sembra presupporre una sorta di responsabilità condivisa tra la persona fisica e quella giuridica, in contrasto con l’art 31 bis.2 c.p. che dispone chiaramente che “la responsabilidad penal de las personas jurídicas será exigible siempre que se constate la comisión de un delito que haya tenido que cometerse por quien ostente los cargos o funciones aludidas en el apartado anterior, aun cuando la concreta persona física responsable no haya sido individualizada o no haya sido posible dirigir el procedimiento contra ella”.

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tribunale possono, in via eccezionale e a seguito di adeguate indagini sulla situazione concreta, modificare sia l’importo delle quote giornaliere che i termini per il loro pagamento”.

Nonostante ciò, nei casi di variazione in melius, al giudice non sarà consentito aumentare le quote o ridurre i termini per il pagamento, perché che tale aggravamento equivarrebbe a una disparità di trattamento rispetto al modello di commisurazione proporzionale.

Il giudice determinerà l’estensione temporale della pena pecuniaria all’interno della cornice edittale prevista per ciascun reato189 sulla base della gravità dell’offesa e della colpevolezza, e dovrà determinare l’importo delle quote giornaliere tenendo in considerazione esclusivamente la situazione economica del reo. Quest’ultima sarà dedotta da elementi quali il suo patrimonio, le sue entrate, i suoi debiti e carichi familiari, o altre circostanze personali190. Nel sistema delle quote giornaliere la regola è che il pagamento deve avere per oggetto l’intera somma calcolata e deve essere effettuato in un’unica soluzione; tuttavia il giudice può, in via eccezionale, concedere la facoltà di pagamento frazionato (art. 53.5 c.p.). Se la persona giuridica condannata non adempie l’obbligo di pagamento della pena entro il termine stabilito, il giudice potrà infine disporre l’amministrazione giudiziaria fino al pagamento (art. 53.5 c.p.).

4.2. Le altre sanzioni.

Le altre sanzioni individuate dal legislatore sono le seguenti sanzioni interdittive.

189Il giudicante opera secondo le regole dettate dall’ art. 50.5 c.p.

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Queste ultime sono chiaramente espressioni pensate per le persone fisiche, che il legislatore dovrebbero rivedere per la particolare la natura e la migliore adattabilità del modello alle persona giuridica.

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a) Lo scioglimento della persona giuridica è la più grave delle sanzioni applicabili perché oltre a determinare la c.d. morte civile della stessa, pregiudica i diritti dei terzi, quali i lavoratori. L’art 66 bis dispone che l’applicazione della stessa tenga conto di “sus consecuencias

económicas y sociales, y especialmente los efectos para los trabajadores”, ma ciò non sembra comunque sufficiente a contenere la

gravità della misura.

b) La sospensione dell’attività della persona giuridica ha carattere temporaneo e non può superare i cinque anni. Poiché “ogni

sospensione dell’attività costituisce un’interdizione temporanea, non si comprenderebbe perché il legislatore non abbia riunito in un’unica previsione tutte le ipotesi di interdizione”191.

c) La chiusura dell’impresa, dei suoi locali o dei suoi stabilimenti è necessariamente temporanea e la sua durata non può superare i cinque anni.

d) L’interdizione dall’esercizio dell’attività può essere definitiva o provvisoria. La differenza che sussiste tra la sospensione dell’attività della persona giuridica e il divieto di esercitare attività sociali si apprezza solo nel caso in cui questa seconda misura sia temporanea: la sospensione ha un limite massimo di cinque anni, l’interdizione invece può arrivare fino a quindici anni.

e) Il commissariamento giudiziale può avere ad oggetto l’intera organizzazione o solo alcune sue sedi.

Il giudice, con sentenza o successivo decreto può nominare il commissario, il quale tuttavia può essere modificato o sospeso in ogni momento (previo parere del commissario o del pubblico ministero). Rispetto alle altre pene la finalità del

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BACIGALUPO S., I criteri di imputazione della responsabilità penale degli enti collettivi e dei

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commissariamento giudiziale è quella di proteggere i diritti dei lavoratori: è questa la ragione per cui il medesimo non è previsto in relazione ai reati contro i diritti dei lavoratori (artt. 311-318 c.p.). La misura è prevista espressamente per i delitti in materia ambientale,e serve ad imporre all’ente, tramite la presenza di un soggetto esterno a ciò deputato, l’adozione di misure volte alla neutralizzazione del rischio-reato. Questa misura trova un riflesso comparatistico nella figura del commissario giudiziale, prevista nel nostro ordinamento all’art. 15 d.lgs. 231/2001.

4.3. Aspetti critici del sistema sanzionatorio spagnolo.

Il sistema sanzionatorio delineato dall’ordinamento spagnolo lascia adito ad alcune criticità.

Anzitutto le sanzioni idonee ad essere applicate all’ente in via cautelare sono la chiusura temporanea dei locali, la sospensione delle attività sociali e il commissariamento giudiziale. Seppure sia comprensibile che lo scioglimento dell’impresa non possa essere imposto in via cautelare per il suo carattere di definitività, non si comprende invece la ragione per la quale l’interdizione dall’esercizio di determinate attività sia esclusa dalla possibilità di rivestire un ruolo in direzione cautelare. Questa scelta del legislatore sembra immotivata e irragionevole.

La critica di maggior rilievo che è stata mossa al sistema delle consecuencias accesorias riguarda, però, l’eccessiva discrezionalità lasciata al giudice penale in ordine alla decisione sull’adozione delle misure in esame. Il giudice ha piena libertà di decidere sull’an, sul quantum e sul quomodo della misura da adottare.

L’unica guida presente nel testo legislativo è l’art. 129 c.p. che afferma solamente e genericamente che l’adozione delle misure deve essere finalizzata

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alla prevenzione di ulteriori illeciti e all’eliminazione delle conseguenze prodotte dalla condotta criminosa.

L’art 66 bis c.p. stabilisce che per decidere sull’applicazione e l’entità delle pene previste dall’art. 33, comma 7, lett. b-g il giudice dovrà considerare “a) Su necesidad para prevenir la continuidad de la actividad delictiva o de sus

efectos b) sus consecuencias económicas y sociales, y especialmente los efectos para los trabajadores. c) el puesto que en la estructura de la persona jurídica ocupa la persona física u órgano que incumplió el deber de control”, ossia la

necessità della pena per prevenire il protrarsi dell’attività illecita o dei suoi effetti, le conseguenze economiche e sociali e il ruolo rivestito dalla persona fisica o dall’organo che non ha rispettato l’obbligo di controllo.

Dal momento che il legislatore non definisce per legge il contenuto preciso e la durata di suddette pene e ciascuna di queste incide su diritti fondamentali della persona giuridica, è violato il principio di legalità, declinato in particolare nel principio di determinatezza del precetto penale.

La violazione di tale garanzia non può essere tollerata se si considera la natura sostanzialmente penale delle misure in questione. Queste ultime, infatti, conseguono ad un fatto di reato, sono accertate ed irrogate all’esito di un processo penale e sono tali da provocare una sorta di “morte civile” per la persona giuridica192.

192Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ammonito che anche le sanzioni di tipo non

penalistico, qualora presentino caratteri di afflittività, devono comunque rispettare un nocciolo duro di garanzie, sostanziali e procedurali, di tipo penalistico; v. Sent. Ozturk, 21.02.1984, in Riv. it. dir. proc. pen., 1985, con nota di PALIERO.

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CAPITOLO III

L’APPARATO SANZIONATORIO: PRINCIPI E FINALITA’

1. Premessa: l’occasio della disciplina sanzionatoria degli enti e il retroterra storico culturale di riferimento.

Il d.lgs. 231/2001 ha sancito il superamento del principio “societas puniri

non potest” e la creazione di un modello di responsabilità punitiva e diretta nei

confronti degli enti.

L’introduzione del nuovo tipo di responsabilità sanzionatoria, che ha rappresentato nel nostro ordinamento una “tappa fondamentale nel processo

di modernizzazione del diritto penale”193, affonda le proprie radici in un terreno politico-culturale già predisposto per il suo impianto.

Accanto ad impulsi internazionali ed esigenze di coordinamento con la maggior parte dei paesi europei, premevano ragioni di tipo politico-criminale: la pericolosità del reato d’impresa, l’inadeguatezza dei sistemi di controllo extrapenale e l’inefficacia di soluzioni che indirizzavano la punibilità solamente alle persone fisiche. Pene pecuniarie proporzionate alla gravità dei reati d’impresa, si rivelavano troppo elevate per essere sopportate da soggetti individuali, e solo se inflitte e parametrate all’ente potevano riequilibrare la lesione cagionata con il reato economico.

L’ordinamento italiano non prospettava, prima del 2001, misure repressive in grado di incidere direttamente nella compagine societaria: tale immunità costituiva un incentivo per le multinazionali straniere a dislocare in territorio italiano le operazioni industriali più pericolose per l’impatto ambientale o per la salute dei lavoratori.

193 DE MAGLIE C., Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1348.

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La riforma, secondo la relazione di accompagnamento, era “ormai

improcrastinabile”, perché troppe erano le ragioni che da tempo spingevano

per la criminalizzazione degli enti.

1.1. Alle origini della responsabilità delle persone giuridiche: la responsabilità sussidiaria del codice penale (art. 197) e quella indiretta della legge n. 689/1981.

Nel contesto antecedente la riforma del 2001, si profilavano per gli enti due aree di responsabilità: il modello di responsabilità sussidiaria, contenuto nell’art. 197 c.p., e lo schema di responsabilità solidale accolto dall’art. 6 comma 4 della legge n. 689/1981.

L’art 197 c.p.194 si riferisce a tutte le persone giuridiche ad esclusione degli enti territoriali e profila un modello di responsabilità oggettiva fondata sul mero collegamento tra l’autore del reato e l’ente.

Gli autori materiali del fatto sono individuati nella norma nei rappresentanti, amministratori e dipendenti dell’ente. La responsabilità sussidiaria però scatta “non solo quando il reato è realizzato dai c.d. vertici che indicano le linee di politica aziendale, ma anche da soggetti estranei al gruppo dirigente e legati alla societas da un collegamento puramente funzionale”195.

La fattispecie delinea una responsabilità sussidiaria della persona giuridica, che subentra esclusivamente dopo l’accertamento dell’insolvibilità della persona fisica.

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L’art. 197 c.p. afferma che “gli enti forniti di personalità giuridica [c.c. 12], eccettuati lo Stato,

le regioni, le province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza, o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta.

Se tale obbligazione non può essere adempiuta, si applicano al condannato le disposizioni dell'articolo 136 [Cost. 28]”.

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Questa obbligazione, di tipo solidale, è priva però di qualsiasi capacità dissuasiva, perché affiancata dal diritto di regresso per intero nei confronti dell’autore della violazione.

Nonostante la disposizione introdotta nel 1981 abbia operato un passo in avanti nel meccanismo di imputazione, arricchendosi del criterio dell’interesse della persona giuridica, l’applicazione giurisprudenziale è rimasta sempre minima. La norma non ha mai esercitato una vera pressione intimidatoria nei confronti della persona giuridica ed è rimasta lontana da un modello di corresponsabilizzazione diretta dell’ente.

Anche con lo schema di responsabilità amministrativa indiretta, previsto dall’art 6 della l. 689/1981196, il legislatore, seppur libero da restrizioni costituzionali, ha perso l’occasione per prevedere su un piano generale un modello di responsabilità diretta della persona giuridica.

A differenza della disposizione codicistica, la norma in questione traccia esclusivamente una responsabilità solidale, escludendo dunque la sussidiarietà: la persona giuridica è garante del pagamento della sanzione pecuniaria, con diritto di regresso per intero nei confronti dell’autore della violazione.

Anche tale fattispecie si rivela però inadeguata sul piano dell’effettività e insufficiente a fronteggiare l’aggressività della criminalità economica. Il requisito formale dell’esercizio di “funzioni o incombenze” è troppo limitato rispetto alle variegate manifestazioni dell’attività d’impresa. Inoltre, il fatto che

196L’art. 6 della legge 689/1981 afferma che “il proprietario della cosa che servì o fu destinata a

commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà. 2. Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all’altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell’autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto, impedire il fatto. 3. Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. 4. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.”

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soltanto soggetti investiti formalmente della qualifica di rappresentanti possano impegnare la responsabilità dell’ente, lascia fuori tutta l’area di illeciti che siano stati commessi da quegli individui che, pur non essendo formalmente investiti di tale ruolo, esercitino concretamente le funzioni apicali.

Inoltre, dal punto di vista commisurativo, il legislatore non predispone una pena pecuniaria distinta e rapportata alla persona giuridica, ma prevede un’unica sanzione parametrata alle condizioni individuali dell’autore materiale dell’illecito, che finisce per attenuare notevolmente qualsiasi pretesa general- e special-preventiva.

Tali incoerenze sono state riprodotte dal legislatore anche in materia bancaria e creditizia e in materia fiscale.

Il Testo Unico della legge bancaria del 1993197 prevede, all’art. 144, “altre sanzioni amministrative alle società o enti” in caso di violazione delle disposizioni impartite dalle autorità creditizie. Per l’individuazione dei soggetti destinatari della sanzione, la norma non adotta il criterio formale ma quello della “funzione” svolta, riferendosi a tutti i soggetti che in qualche modo hanno influenzato l’attività d’impresa.

L’art. 144 comma 5 del d.lgs. 385/1993 afferma che “le banche, le

società, e gli enti ai quali appartengono i responsabili delle violazioni rispondono del pagamento della sanzione e sono tenuti a esercitare il diritto di regresso verso i responsabili”, riproducendo il contenuto dell’art. 6 della legge n.

689/1981.

Anche l’art. 11, comma 1, del d.lgs. 472/1997 intitolato “Disposizioni

generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’art 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996 n. 662”

nell’art. 11 comma 1 contiene la stessa clausola198.

197 D.lgs. n. 385/1993.

198L’art. 11 comma 1 del d.lgs. 472/97 afferma testualmente che “nei casi in cui una violazione

che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo e' commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell'adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall'amministratore, anche di

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1.2. I semi per una responsabilità diretta degli enti in campo economico. I provvedimenti degli anni Novanta.

A queste forme di responsabilità indiretta dell’ente, il legislatore ha affiancato, negli anni Novanta, modelli di responsabilità amministrativa diretta, che considerano l’ente in primis soggetto destinatario di sanzioni, sia pure meramente amministrative.

Tali norme colpiscono, a livello sanzionatorio, direttamente la società, sono circoscritte all’ambito del diritto penale amministrativo ed irrogate da autorità amministrative indipendenti.

Queste fattispecie delineano un modello di responsabilità diverso dallo schema tradizionale della responsabilità sussidiaria o solidale di cui all’art. 6 della legge 689/1981, perché sono parametrate alla morfologia dell’ente, dotato di autonomi mezzi patrimoniali e attingono a settori fondamentali del mercato finanziario, in cui il rischio di commissione di illeciti si rivela più concreto: l’ambito della concorrenza, delle telecomunicazioni e del mercato mobiliare.

a) La c.d. legge Mammì, l. n. 223/1990, contenente la “Disciplina del