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Il concetto di servizio pubblico nel diritto europeo

III. Il servizio pubblico nell’ordinamento europeo

2. Il concetto di servizio pubblico nel diritto europeo

Nei trattati europei l’espressione “servizio pubblico” ricorre soltanto una volta, all’art. 93 TFUE, in materia di aiuti di Stato nei trasporti. All’adempimento di una “missione di servizio pubblico” fa riferimento, poi, il protocollo n. 29 allegato al TFUE, concernente il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri. A parte questi richiami, tuttavia, si può affermare che la locuzione “servizio pubblico”, come elaborata nel diritto francese e poi circolata negli ordinamenti di altri Stati membri14, non abbia ricevuto un riconoscimento esplicito da parte del diritto dell’Unione europea.

Ciò non significa, tuttavia, che il concetto di servizio pubblico non sia presente nell’ordinamento europeo.

Gli articoli 14 e 106 TFUE, infatti, impiegano l’espressione “servizio di interesse economico generale” (SIEG), la quale da ultimo è stata ripresa anche dall’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Dall’impiego di tale locuzione, inoltre, possono essere ricavate indirettamente due ulteriori nozioni: da una parte, quella di “servizio di interesse generale non economico” (SIGNE)15, che si caratterizza per

l’assenza di rilievo economico della prestazione16; dall’altra parte, la nozione di “servizio

di interesse generale” (SIG)17, comprensiva di entrambe le predette categorie18.

14 Per la ricostruzione di questo processo si rinvia all’analisi effettuata nel Cap. I.

15 Ai servizi di interesse generale non economico è dedicato l’art. 2 del protocollo n. 26 sui “servizi di interesse generale”, il quale stabilisce che «Le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico».

16 Talvolta definiti anche servizi sociali di interesse generale. In merito a questi servizi, v. ex multis E. MENICHETTI, Servizi sociali e servizi economici di interesse generale, in S. SCIARRA, Solidarietà, mercato

e concorrenza nel welfare italiano. Profili di diritto interno e comunitario, Bologna, 2007, 109 ss.

17 Si noti che la nozione di SIG ha ricevuto, con il Trattato di Lisbona, un riconoscimento seppure indiretto a livello di diritto primario, nel protocollo n. 26 dedicato appunto ai “servizi di interesse generale”. Il riferimento alla nozione di “servizi di interessi generali”, tuttavia, si ritrova soltanto nel preambolo («Le Alte Parti Contraenti desiderando sottolineare l’importanza dei servizi di interesse generale»), mentre i due articoli sono dedicati rispettivamente ai servizi di interesse economico generale e ai servizi di interesse generale non economico.

18 La Commissione europea, nel Libro verde sui servizi di interesse generale, afferma: «l'espressione "servizi di interesse generale" non è presente nel trattato, ma è derivata nella prassi comunitaria dall'espressione "servizi di interesse economico generale" che invece è utilizzata nel trattato. È

La scelta dei trattati di non adoperare l’espressione di servizio pubblico è dovuta innanzitutto ad una ragione terminologica, ed è riconducibile al timore che le differenze sul piano semantico tra le diverse tradizioni degli Stati membri potessero ingenerare confusione e, quindi, un’applicazione non uniforme del diritto europeo19. Come si è visto in precedenza, infatti, non tutti gli ordinamenti europei attribuiscono all’espressione servizio pubblico un rilievo giuridico. Inoltre, anche in quegli ordinamenti in cui è presente, tale nozione non ha assunto un significato univoco, ma è stata ed è tuttora al centro di dibattiti dottrinali tra sostenitori dell’accezione soggettiva e di quella oggettiva20.

Ulteriormente, la decisione di fare ricorso ad una nozione originale di diritto europeo è anche il risultato di un compromesso tra due diverse tradizioni giuridiche presenti negli Stati membri: da un lato la tradizione francese di diritto amministrativo, in base alla quale le attività di service public sono sottoposte ad un regime giuridico, sostanziale e procedurale, di tipo pubblicistico; dall’altro, la tradizione di stampo anglosassone che non riconosce, almeno sul piano dogmatico, la specialità di queste prestazioni e pertanto le assoggetta al diritto comune, salvo poi imporre ai gestori di tali servizi alcuni obblighi volti ad assicurare la continuità dell’erogazione e l’uguaglianza degli utenti21.

un'espressione più ampia di "servizi di interesse economico generale" e riguarda sia i servizi di mercato che quelli non di mercato che le autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico».

19 In questo senso, il Libro verde della Commissione europea sui servizi di interesse generale, pubblicato nel 2003, afferma che «Nella discussione a livello europeo, le differenze terminologiche, le confusioni sul piano semantico e le diverse tradizioni degli Stati membri hanno determinato interpretazioni errate. Negli Stati membri, per i servizi di interesse generale, si utilizzano termini e definizioni diverse, frutto quindi di un'evoluzione diversa sul piano storico, economico, culturale e politico. La terminologia comunitaria cerca di tener conto di queste differenze».

20 A questo riguardo, la Commissione europea, nel Libro verde sui servizi di interesse generale ha sottolineato che, nella prospettiva comunitaria, l’espressione servizio pubblico non ha un significato preciso, poiché «in alcuni casi si riferisce al fatto che un servizio è offerto alla collettività, in altri che ad un servizio è stato attribuito un ruolo specifico nell’interesse pubblico, e in altri ancora si riferisce alla proprietà o allo status dell’ente che presta il servizio».

21 Per un’analisi comparata della nozione di servizio pubblico negli ordinamenti degli Stati membri, si rinvia a Cap. I, par. 5.

Dall’incontro tra queste due tradizioni, dunque, scaturisce una nozione nuova22, la quale mutua dal service public francese la preordinazione delle prestazioni al soddisfacimento di esigenze di interesse generale, e dalla public utility di origine inglese l’assoggettamento dei servizi alla disciplina comune, salve le eccezioni motivate dalle specifiche missioni di interesse generale che queste sono volte a soddisfare23.

Il fatto che la nozione di servizio di interesse generale sia di origine europea, tuttavia, non significa che se ne possa fornire una definizione esclusivamente sulla base del diritto europeo. Quest’ultimo, infatti, non contiene un’indicazione positiva di cosa debba intendersi per servizio di interesse generale o per servizio di interesse economico generale. In questo senso, la stessa Corte di Giustizia ha osservato che «è giocoforza constatare che, nel diritto comunitario, e ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza del Trattato CE, non esiste né una definizione a norma di regolamento chiara e precisa della nozione di missione SIEG, né un concetto giuridico consolidato che fissi in modo definitivo le condizioni che debbono essere integrate perché uno Stato membro possa validamente invocare l’esistenza e la protezione di una missione SIEG»24.

È ben vero che dall’analisi delle normative di settore ed alla luce dell’opera armonizzatrice della Corte di Giustizia, è possibile identificare alcuni principi comuni, quali le regole di continuità, adattabilità ed accessibilità delle prestazioni – già elaborati dalla dottrina francese del Novecento (c.d. Lois de Rolland)25 e quindi attratti a livello comunitario – i quali costituiscono il nucleo centrale della disciplina europea dei servizi di interesse generale26. Si tratta, tuttavia, soltanto di un contenuto minimo comune, che non esaurisce la questione definitoria.

22 V. P. BAUBY, Public service: forging a european conception, in G. HAILBACH (a cura di), Services of

general interest in EU: reconciling competition and social responsibility, Maastricht, 1999, 49 ss.

23 Sulle ascendenze nazionali della nozione di servizio di interesse economico generale, v. N. RANGONE, I

servizi pubblici, Bologna, 1999, 19 ss.; D. SORACE, Servizi pubblici e servizi (economici) di pubblica utilità, in Dir. pubblico, 1999, 374 ss.; D. GALLO, I servizi di interesse, cit. 234 ss.

24 Tribunale UE, 12 febbraio 2008, T-289/03, BUPA, par. 165. 25 V. cap. I, par. 4.

26 In merito all’esistenza di un “nucleo essenziale” di obblighi di servizio pubblico, v. D. GALLO, I servizi

Per la definizione della nozione di servizi di interesse generale, dunque, occorre avere riguardo al diritto degli Stati membri, poiché, nelle materie di relativa competenza, essi sono gli unici titolati a stabilirne contorno e contenuti.

D’altra parte, è lo stesso diritto europeo a rimettere agli Stati membri la determinazione di aspetti essenziali di questa materia. A questo proposito, è possibile citare l’art. 14 TFUE, il quale stabilisce che «l'Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti, […] fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi». Analogamente, il protocollo n. 26 allegato al TFUE ha ribadito il «ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti»27.

Da queste disposizioni emerge che:

a) spetta all’Unione e agli Stati membri, nell’ambito delle proprie competenze, stabilire i principi e le condizioni di funzionamento dei servizi di interesse economico generale, in modo da consentire loro di assolvere i propri compiti;

b) in ogni caso, resta ferma la competenza degli Stati membri di fornire, commissionare e organizzare i servizi di interesse economico generale, oltreché di provvedere al loro finanziamento.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, si tratta di un’applicazione del modello di amministrazione indiretta adottato generalmente dall’Unione europea, il quale si concretizza nella distinzione tra la disciplina della funzione, che è attratta a livello europeo, e la sua attuazione, che è rimessa alle istituzioni degli Stati membri, secondo il principio di sussidiarietà verticale. Ne consegue che, anche laddove l’Unione sia competente a definire le missioni di interesse generale ed i corrispondenti obblighi di servizio pubblico, spetta agli Stati membri l’onere di organizzare e di finanziare l’erogazione dei SIEG.

Con riferimento invece al primo punto, si è detto che i trattati attribuiscono all’Unione e agli Stati membri il potere di definire, nelle materie di rispettiva competenza, il perimetro della nozione di servizio di interesse economico generale ed il relativo contenuto. Più nello specifico, l’azione definitoria della nozione di SIEG si svolge su due fronti: da una parte, essa riguarda la distinzione tra i servizi di natura economica e quelli non di natura economica; dall’altra parte, essa attiene all’individuazione ed alla conseguente assegnazione delle missioni di interesse generale.