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La costituzione economica nella prima metà del Novecento

II. Il servizio pubblico nella costituzione economica italiana

3. La costituzione economica nella prima metà del Novecento

Si è visto come, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, vi sia stato in tutta Europa un aumento dei compiti attribuiti ai poteri pubblici in campo economico11. Questo

ampliamento della sfera di intervento statale era dovuto a diversi fattori di ordine politico, economico e sociale. Decisiva, in questo senso, fu la progressiva estensione del suffragio, a cui seguirono le prime affermazioni elettorali dei partiti di massa, d’ispirazione socialista e cristiano-sociale, portatori delle istanze delle classi popolari fino ad allora escluse dalla vita politica.

Dal punto di vista teorico, come detto, l’ampliamento delle attività economiche in mano pubblica inizialmente non determinò una cesura rispetto alla concezione dello Stato condivisa dalla classe dirigente dell’epoca. Il crescente interventismo statale, infatti, si innestava su un impianto teorico-dogmatico di matrice fondamentalmente liberale.

11 Per un’analisi dell’evoluzione storica della costituzione economica italiana, v. S. CASSESE (a cura di), La

nuova costituzione economica, cit., 7 ss., il quale distingue quattro periodi storici: il primo è quello che va

dal 1861 alla fine del secolo XIX; il secondo è quello che giunge fino agli anni ’20 del secolo XX; il terzo è quello che arriva fino alla metà del secolo XX; il quarto è quello che va dalla metà del secolo XX al 1970. A partire, quindi, da questa data si è assistito secondo l’A. all’affermazione della “nuova costituzione economica”, la cui premessa fondamentale è la nascita della Comunità europea.

Sulla scorta di questa impostazione ideologica, con il duplice scopo di giustificare e delimitare l’intervento statale, venne pertanto elaborata la distinzione dottrinale tra fini essenziali e fini non essenziali dello Stato. In quest’ultima categoria, in particolare, furono ricomprese le finalità di benessere, al cui perseguimento erano finalizzate le attività economiche dei poteri pubblici, le quali, a loro volta, erano considerate ipotesi eccezionali, a cui lo Stato poteva ricorrere per fare fronte, ad esempio, a fallimenti del mercato.

Dunque, la struttura fondamentale della costituzione economica di quest’epoca consisteva, sul piano dei fini, nella distinzione tra finalità essenziali (polizia, difesa e giustizia) e finalità eventuali (benessere economico, sociale e culturale dei cittadini); sul piano dei mezzi, nel principio di costituzione materiale della libera iniziativa economica privata12, suscettibile di subire limitazioni solo in casi eccezionali, rimessi alla discrezionalità del legislatore.

Questo impianto entrò in crisi, in tutta Europa, nel corso della prima metà del Novecento.

Nello specifico, per quanto riguarda la situazione italiana, a partire dagli anni ’20 si assistette alla nazionalizzazione di interi settori dell’economia, sottratti alla libera iniziativa privata mediante lo strumento della “riserva originaria”13. Questo processo riguardò ad esempio il servizio di trasporto marittimo (1922), il trasporto aereo (1923), la radiodiffusione (1927) e la gestione delle acque (1933). Al contempo, negli stessi anni, molte attività economiche passarono da un regime di libero accesso ad uno di accesso controllato, sottoposto ad autorizzazione pubblica14.

Dunque, per effetto della sottoposizione di interi settori economici al controllo, diretto o indiretto, dello Stato, risultò profondamente incrinato l’assioma, fino ad allora intoccabile, del libero mercato, dal momento che l’intervento pubblico nell’economia da eccezione si trasformò progressivamente in regola, divenendo il principio cardine della costituzione economica.

12 M.S. GIANNINI, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, 1986, 40. 13 Cfr. S. CASSESE (a cura di), La nuova costituzione economica, cit., 15.

Parallelamente, l’ampliamento dei fini dello Stato ricevette un riconoscimento formale nella Costituzione di Weimar del 191915, dove accanto ai tradizionali compiti dei poteri pubblici, venne sancito espressamente l’obbligo per il Reich di organizzare un sistema assicurativo volto a tutelare la salute e la capacità di lavoro, di proteggere la maternità e di prevenire le conseguenze economiche della vecchiaia, delle malattie e degli incidenti della vita (art. 161), di provvedere al sostentamento dei cittadini disoccupati (art. 163) e di assicurare all’intera classe dei lavoratori un minimo di diritti sociali comuni a tutti (art. 162).

Ma, ancor più che nel rapporto tra fini e mezzi costituzionali, le principali trasformazioni si manifestarono sul piano ideologico.

Il liberismo, che costituiva il fondamento dogmatico della forma di Stato ottocentesca, venne infatti progressivamente sostituito da ideologie di stampo sociale, sia pure con varie declinazioni a seconda delle diverse forze politiche in campo.

Un contributo determinante in questo senso provenne dalla crisi economica del 1929, che minò profondamente la fiducia dell’opinione pubblica nel mercato e nelle imprese private, specialmente se poste in regime di monopolio. Di conseguenza si cominciò a predicare un intervento imponente dello Stato nell’economia per correggere le storture del mercato, o perfino per sostituirsi ad esso, mediante la riserva in mano pubblica di attività economiche, quando la libera iniziativa privata si dimostrasse incapace di perseguire quelle finalità sociali a cui, secondo la nuova ideologia, essa era “funzionalizzata”16.

Il “nuovo corso” si tradusse nell’adozione di politiche pubbliche di stampo keynesiano, che determinarono l’espansione della presenza statale in tutti i settori economici.

In Italia, in particolare, questo indirizzo di politica economica ebbe la propria espressione principale nell’istituzione dell’IRI e nell’avvio del sistema delle

15 Sull’importanza assunta dalla Costituzione di Weimar, e dalla proclamazione dei diritti sociali in essa contenuta, rispetto all’evoluzione della forma di Stato, v. in particolare C. MORTATI, Introduzione alla Costituzione di Weimar, ora in ID., Raccolta di scritti, Milano, 1972, IV, 293 ss. Più di recente, un’analisi

comparata è svolta da S. GAMBINO, Dai diritti naturali ai diritti sociali. Un approccio storico-costituzionale

nella prospettiva comparatistica, in DPCE 1/2002.

partecipazioni statali, iniziato nel ventennio fascista e proseguito, in continuità con la precedente costituzione economica materiale, nella Prima Repubblica17.

Proprio in questa fase di trasformazione della forma di Stato, caratterizzata da un clima di sfiducia nei confronti del mercato e dell’impresa privata, si svolsero i lavori dell’Assemblea Costituente.

È pertanto alla luce di queste considerazioni che ci si deve accostare alla lettura dei dibattiti svoltisi in seno all’Assemblea.