• Non ci sono risultati.

Servizio pubblico e servizio di interesse generale

III. Il servizio pubblico nell’ordinamento europeo

5. Servizio pubblico e servizio di interesse generale

Alla luce di queste coordinate, è possibile domandarsi se la nozione europea di servizio di interesse generale sia sovrapponibile a quella di servizio pubblico, come delineata nei capitoli precedenti, oppure se si tratti di due nozioni distinte.

A questo proposito, una parte della dottrina ha rinvenuto nella nozione europea di SIEG una conferma della correttezza, sul piano interno, della concezione oggettiva di servizio pubblico. Tale impostazione si fonda principalmente sulla constatazione che il diritto dell’Unione europea consente, ma non impone l’applicazione di una disciplina derogatoria delle regole della concorrenza ai servizi di interesse economico generale. Da ciò consegue che potrebbe esservi un’attività di SIEG svolta in regime pienamente concorrenziale, senza alcun atto di investitura da parte dei poteri pubblici. Muovendo da queste premesse, taluni autori hanno concluso che, nel diritto europeo, «l’attività di prestazione dei pubblici servizi spetti alle imprese in modo del tutto indipendente dalla loro natura soggettiva pubblica o privata» e che «detta attività si svolge in un mercato regolato dove l’unica condizione che legittima riduzioni o eliminazioni della concorrenza è data dall’ipotesi in cui l’applicazione delle rispettive regole sia di impedimento al

49 Tribunale UE, 12 febbraio 2008, T-289/03, BUPA, par. 179. 50 Tribunale UE, 22 ottobre 2008, T-309/04, TV2, par. 108.

raggiungimento della missione di servizio pubblico assegnata all’impresa che presta servizi di interesse economico generale»51.

Altra parte della dottrina, invece, ha criticato questa impostazione52. Pur condividendo l’assunto per cui, ai fini del diritto europeo, è irrilevante la natura pubblica o privata del soggetto che eroga il servizio, taluni autori hanno infatti sottolineato come la definizione di un’attività quale servizio di interesse generale presupponga pur sempre l’assegnazione ad un’impresa di una missione di servizio pubblico. E tale incarico, evidentemente, non può che avvenire per mezzo di un atto discrezionale dei pubblici poteri53. Dunque, secondo questo approccio, è pur sempre «un soggetto pubblico, sebbene limitato nelle sue scelte, a conferire la qualifica di servizio pubblico ad una data attività, confermando pertanto la rilevanza dell’elemento soggettivo», sebbene «in modo del tutto indipendente rispetto al sistema di gestione o dalla stessa titolarità del servizio»54.

A parere di chi scrive, la risposta a tale quesito va ricercata in una soluzione intermedia. Infatti, se è condivisibile l’affermazione – prospettata dai sostenitori della teoria soggettiva – secondo cui, ai fini della qualificazione di un’attività come SIEG, non è sufficiente l’imposizione di un insieme di obblighi minimi in capo a tutti gli operatori all’interno di un mercato regolato55, ma è necessaria altresì l’assegnazione di una

51 L. PERFETTI, Contributo ad una teoria dei servizi pubblici, Padova, 2001, 325, ma la stessa teoria è ribadita in più parti della monografia.

52 V. tra gli altri R. VILLATA, Pubblici servizi: discussioni e problemi, Milano, 2008, 39 ss. E. SCOTTI, Il

pubblico servizio, cit., 221, afferma che il concetto di servizio di interesse generale non pare esaurire la sua

rilevanza sul piano oggettivo e funzionale: «il servizio d’interesse economico generale in tanto esiste come tale in quanto gli Stati membri o la Comunità, nel delineare il livello minimo dei bisogni che intendono garantire ai propri cittadini, abbiano previsto come doverosa la prestazione di determinate utilità definendo una specifica missione pubblica. Non è in altri termini requisito sufficiente per poter configurare il servizio d’interesse generale la connessione tra una data attività e un bisogno d’interesse generale – pur fondamentale o valutato come essenziale dalle carte costituzionali – ma è altresì necessario che tale connessione sia valutata come doverosa da parte di un soggetto pubblico e che si traduca in obblighi specifici ed individuati».

53 Sulla nozione di incarico nell’art. 106, par. 2 TFUE, v. D. GALLO, I servizi di interesse, 138 ss.; E. SCOTTI,

Il pubblico servizio, cit., 221 ss.

54 V. DE FALCO, Il servizio pubblico, cit., 180.

55 In questo senso peraltro si è espressa anche la giurisprudenza europea, laddove ha affermato che l’interesse generale o pubblico invocato dallo Stato membro «non deve riassumersi nel bisogno di

missione di servizio pubblico da parte dei poteri pubblici, occorre tuttavia considerare che la scelta dei poteri pubblici di assegnare ad una o più imprese una missione di servizio pubblico non è libera, ma incontra due ordini di limiti. Da una parte, infatti, siffatta investitura deve riguardare un’attività che ricopra effettivamente un interesse generale; dall’altra, la discrezionalità dei poteri pubblici incontra un limite di tipo positivo, nell’obbligo di apprestare le misure necessarie per garantire quantomeno un livello minimo di prestazioni a tutti gli utenti che ne fanno richiesta ed indipendentemente dalla convenienza economica della prestazione medesima.

Anche in questo frangente, dunque, si ripresenta quella «corrispondenza biunivoca»56, cui si è fatto riferimento nei capitoli precedenti, tra il soddisfacimento di un interesse generale e l’assunzione, da parte dei poteri pubblici, di una missione di servizio pubblico57. Poiché, infatti, è carattere proprio dei servizi pubblici quello di essere funzionali al perseguimento di un interesse generale, e il soddisfacimento di un interesse siffatto è un compito che incombe sugli enti pubblici in virtù della posizione di garanzia da questi ricoperta nell’ordinamento; di conseguenza spetterà ai poteri pubblici l’assunzione di quegli obblighi di servizio pubblico funzionali al soddisfacimento degli interessi ad essi sottesi.

A questo proposito è bene ribadire che tale assunzione non si traduce necessariamente nella titolarità pubblica del servizio (ovvero nella sua erogazione diretta da parte dei soggetti pubblici, o indiretta per mezzo di concessione), né in uno specifico regime giuridico (riserva, regolazione o libera iniziativa economica), bensì esclusivamente in un’obbligazione di risultato, che consente ed in taluni casi impone ai poteri pubblici di intervenire ogniqualvolta il regime giuridico prescelto si riveli inadeguato a soddisfare l’esigenza di interesse generale sottesa all’erogazione della prestazione.

assoggettare il mercato considerato a talune regole o l’attività commerciale degli operatori interessati ad un’autorizzazione dello Stato. Infatti, la circostanza che il legislatore nazionale imponga, nell’interesse generale in senso lato, talune regole di autorizzazione, di funzionamento o di controllo all’insieme degli operatori di un settore non è di per sé, in linea di principio, costitutiva di una missione SIEG» (Tribunale UE, 12 febbraio 2008, T-289/03, BUPA, par. 178; cfr. Corte di Giustizia, 13 dicembre 1991, C-18/88, RTT

c. GB-Inno-BM, par. 22).

56 G. CAIA, I servizi pubblici, in L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, tomo II, Bologna, 2005, 157.

Ne consegue che, anche nel diritto europeo, al pari di quanto osservato nel capitolo precedente con riferimento al diritto interno, l’elemento discretivo della nozione di servizio di interesse generale non può essere identificato né nella titolarità del servizio in capo ad un soggetto pubblico (criterio organico), né nella sottoposizione dello stesso ad un regime giuridico speciale (criterio materiale), bensì unicamente nella preordinazione teleologica della prestazione al soddisfacimento di un interesse generale (criterio funzionale)58.

In conclusione è possibile affermare che la nozione europea di servizio di interesse generale consista in quelle prestazioni funzionali al soddisfacimento di bisogni di interesse generale, che gli Stati membri, nelle materie di relativa competenza, assoggettano ad obblighi di servizio pubblico, conformemente al proprio ordinamento costituzionale, e sotto il controllo delle istituzioni europee nei limiti dell’errore manifesto di valutazione.

Si può dunque stabilire l’equivalenza tra la nozione europea di servizio di interesse generale e quella di servizio pubblico costituzionale, così come definita nel capitolo precedente.

Su queste basi, fermo restando l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri nel definire le missioni di servizio pubblico, è ora opportuno procedere ad analizzare i limiti dettati dal diritto europeo con riguardo agli strumenti da adoperare per l’assolvimento delle missioni medesime.

58 Cfr. in questo senso D. GALLO, I servizi di interesse, cit., 238 ss. Alle stesse conclusioni giunge anche N. RANGONE, I servizi pubblici, cit., 28.