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Il consolidamento dell’arm’s length principle nel modello d

Dopo la seconda guerra mondiale, la Lega delle Nazioni venne sostituita dalla Nazioni Unite, al cui interno venne costituito una Comitato Fiscale che venne presto dismesso (1954).

same interests, and as result, of such situation there exists, in their commercial or financial relations, conditions different from those which would have been made between indipendent enterprise, any item of profit or loss which should normally have appeared inthe accounts of one enterprise, but which has been, in this manner, diverted to other enterprise, shall be entered in the accounts of such former enterprise, subject to the rights of appeal allowed under the law of the State of such enterprise”.

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La leadership del coordinamento delle problematiche di fiscalità internazionale passò, dunque, alla neonata Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

Nel 1963, l’OCSE elaborò un modello di Convenzione contro le doppie imposizioni all’interno del quale il separate entity approach, frattanto comunemente denominato arm’s length principle, veniva proposto come unico metodo di allocazione del profitto.

L’art. 9 del nuovo modello di convenzione conteneva una previsione sostanzialmente analoga a quella contenuta nell’articolo 5 del precedente modello di convenzione delle Società delle Nazioni. Esso trovava applicazione quando un’impresa di uno Stato partecipa direttamente o indirettamente nell’amministrazione, nel controllo o nel capitale di un’impresa di un altro Stato o entrambe sono partecipate direttamente o indirettamente dalle stesse persone e nei loro rapporti reciproci sono applicate o imposte condizioni difformi da quelle che sarebbero state applicate da imprese indipendenti42.

Anche in questo caso, l’articolo era accompagnato da un commentario in cui veniva ribadito che le autorità fiscali potevano modificare il profitto contabile qualora questo, in conseguenza della speciale relazione intercorrente tra le società, non risultasse

42 Cfr.: “Where a) an enterprise of a Contracting State participates directly or indirectly in the managment, control or capital of an enterprise of the Contracting State, or b) the same persons partecipate directly or indirectly in the managment, control or capital of an enterprise of a contracting state and an enterprise of the other Contracting State, and in either case conditions are made or imposed between the two enterprises in their commercial or financial relations which differ from those which would be made between indipendent enterprises, then any profits which would, but for those conditions, have accrued to one of the enterprises, but, by reason of those conditions, have not so accrued, may be included in the profits of that enterprise and taxed accordingly.”

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essere il reale profitto tassabile prodotto in una determinata giurisdizione.

Analogamente, il principio di attribuzione del profitto in caso di stabile organizzazione veniva ripreso dall’art. 3 del precedente modello e trasfuso nell’art. 743.

L’attribuzione dei profitti fu anche uno dei principali argomenti di discussione del modello di convenzione OCSE del 1977.

In questo nuovo modello il testo dell’art. 9 fu ripreso interamente con l’aggiunta di un nuovo paragrafo che sottolineava la necessità di effettuare i c.d. corresponding adjustments al fine di evitare la doppia tassazione. Tali aggiustamenti, infatti, si rendono necessari per evitare la doppia imposizione quando uno Stato rettifica in aumento (primary adjustment) il profitto di una transazione cross- border. Se a tale aggiustamento in aumento non fa seguito un corrispondente aumento in diminuzione (corresponding adjustment) nell’altro Stato, la stessa parte di profitto viene tassata due volte determinando di fatto una doppia imposizione.

Il commentario del paragrafo 2 dell’art. 9 specificava, però, che il corresponding adjustment non operava in maniera automatica ma presupponeva necessariamente che lo Stato contraente considerasse fondato il primary adjustment operato nell’altro Stato sia dal punto di vista della pretesa che della quantificazione44.

43 Cfr.: “Where an enterpise of a Contracting States carries on business in the other Contracting State through a permanent establishment situated therin, there shall in each Contracting State be attributed to that permanent establishment the profits which it might be expected to make if it were a distinct and separate enterprise engaged in the same or similar activities under the same or similar conditions and dealing wholly independently with enterprise o f which it is a permanent establishment.”

44 Il paragrafo 2 dell’art. 9 del modello di Convenzione OCSE recitava: “Where a Contracting State includes in the profits of an enterprise of that State- and taxes accordingly-profits on which an enterprise of the other Contracting State

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La formulazione dell’art. 9 con l’aggiunta del paragrafo 2 contenuta nella Convenzione OCSE del 1977 è rimasta invariata fino ai giorni nostri.

Il Report OCSE Transfer Pricing and Multinational Enterprises del 1979 rappresentò il primo tentativo di fornire linee guida di dettaglio per la pratica applicazione dell’arm’s length principle. Tale report riprendeva ampiamente le US regulations che nel 1969, con l’introduzione della section 482, avevano adottato l’arm’s length principle nella legislazione domestica.

Nel tentativo di stabilire regole comuni per la determinazione dell’arm’s length range, il report proponeva per la prima volta metodi di calcolo del transfer pricing.

Il metodo del confronto del prezzo (CUP) era presentato come il metodo da preferire nello stabilire l’arm’s length.

Al contempo, veniva riconosciuto che, a causa di mancanza di informazioni, il metodo CUP non risultava essere sempre applicabile per cui erano menzionati altri metodi che presupponevano il confronto di margini lordi, quali il cost-plus method (CPM) e il resale price method (RPM).

Il report stabiliva per la prima volta anche la necessità di effettuare un’analisi funzionale al fine di determinare le funzioni svolte, i rischi assunti e gli assets utilizzati dalle parti coinvolte nella

has been charged to tax in that other State and the profits so included are profits which would have accrued to the enterprise of the first-mentioned State if the conditions made between the two enterprises had been those which would have been made between indipendent enterprises, then that other State shall make an appropriate adjustment to the amount of the tax charged therein on those profits. In determining such adjustment, due regard shall be had to the other provisions of this Convention and the competent authorities of the Contracting States shall if necessary consult each other”.

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transazione. Nell’avvallare l’utilizzo dell’arm’s length, il report rigettava l’impiego del formulary apportionment che, anche a causa di mancanza di informazioni sul profitto globale delle multinazionali, avrebbero potuto condurre a risultati contrastanti e incompatibili con l’arm’s length, favorendo (anziché risolvere) la doppia tassazione.

Il Rapporto del 1979 venne seguito da un altro studio nel 1984, afferente tre questioni specifiche: gli aggiustamenti corrispondenti ed accordi anticipati sui prezzi, la tassazione delle imprese bancarie multinazionali e l’allocazione dei costi di direzione centrale e dei servizi.

Nel 1995 l’OCSE pubblicò le prime Transfer Pricing guidelines for multinationals enterprises and tax admnistrations che incorporavano ed approfondivano il report del 1979 e gli studi del 1984.

Da notare che le linee guida si rivolgevano non tanto o non piu’ solamente alle Amministrazioni finanziarie dei paesi facenti parte dell’OCSE, ma anche (se non in particolare) alle imprese, indicando loro le regole essenziali da seguire per applicare correttamente il meccanismo del transfer pricing.

Infatti, le linee guida OCSE sono raccomandazioni che i governi, congiuntamente, rivolgono alle imprese multinazionali. Esse enunciano principi e standard di buone pratiche conformi alle leggi applicabili e alle norme riconosciute a livello internazionale. In questo senso, le nuove linee guida espandevano significativamente il concetto di analisi di comparabilità introducendo spiegazioni sui fattori di comparabilità che devono essere tenuti in considerazione nell’effettuare l’analisi.

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Per quanto riguarda i metodi, veniva effettuata una suddivisione tra i metodi tradizionali da una parte, in cui erano ricompresi i metodi CUP, CPM e RPM già trattati nel precedente report del 1979, e i metodi reddituali dall’altra, ove venivano introdotti il Transaction Net Margin Method (TNMM) e il Profit Split (PSM).

Le stesse linee guida specificavano che tali metodi reddituali dovevano essere considerati solo in via residuale, laddove i metodi tradizionali si dimostrassero inapplicabili.

Le linee guida OCSE vennero di nuovo aggiornate nel 2010. Le modifiche principali hanno riguardato, in particolare, il venire meno della gerarchia dei metodi prevista fino a quel momento e ora sostituita dalla regola del most appropriate method.

Inoltre, le nuove linee guida dedicavano un nuovo capitolo alle operazioni di business restructuring, analizzando in particolare la compensazione richiesta dalla perdita di funzioni e la remunerazione post-ristrutturazione.

Infine, come si analizzerà più nel dettaglio nel capitolo 3, una nuova versione delle linee guida è stata rilasciata nel 2017 per incorporare le modifiche apportate dal progetto BEPS.