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La relazione tra la disciplina dei prezzi di trasferimento e le libertà d

Una questione che l’arm’s length solleva specificamente nel contesto del diritto dell’UE, è quella concernente l’interazione tra le normative nazionali sul transfer pricing e le libertà fondamentali previste dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione.

Per principio giurisprudenziale consolidato, infatti, sebbene la materia delle imposte dirette ricada nella competenza esclusiva degli Stati membri, essi devono esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione Europea e, in particolare, delle libertà fondamentali del mercato interno131.

Come noto, il Trattato sancisce la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e pagamenti all’interno del mercato unico europeo.

Per quanto riguarda la libera circolazione delle merci, essa è assicurata dalle disposizioni sull’unione doganale (artt. 28 ss. TFUE)132, sul divieto di imposizioni interne discriminatorie o

protezionistiche (art. 110 TFUE) e sul divieto di restrizioni all’importazione e all’esportazione e delle misure di effetto equivalente (artt. 34 ss. TFUE).

131 Ex multis, Corte di Giustizia, Commission v France, C-270/83, sentenza del

28 gennaio 1986.

132 L’art. 28 TFUE sancisce il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali

all'importazione e all'esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente e prevede l'adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i Paesi terzi.

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Quanto alla libera circolazione delle persone, essa è declinata nella libertà di movimento dei lavoratori, nella libertà di stabilimento e, più in generale, nel diritto di ogni cittadino europeo di muoversi e di soggiornare liberamente negli Stati membri dell’Unione.

Per quanto attiene alla libertà di movimento dei lavoratori subordinati, l’art. 45 e seguenti del TFEU proibisce trattamenti fiscali discriminatori in base alla nazionalità.

Ai sensi dell’art. 49 e seguenti del TFEU, la libertà di stabilimento trova applicazione tanto nei confronti delle persone fisiche quanto delle persone giuridiche. Le persone fisiche hanno il diritto di esercitare la propria attività economica autonoma in uno Stato membro diverso da quello di origine senza subire discriminazioni né restrizioni rispetto ai cittadini di quello Stato. Le persone giuridiche hanno il diritto di condurre la propria attività economica in un altro Stato Membro e di costituire e gestire agenzie, succursali e filiali (cd. diritto di stabilimento secondario).

L’art. 21, inoltre, sancisce il diritto generale di ogni cittadino dell’Unione (compresi i soggetti inattivi) di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

L’art. 56 garantisce la libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione vietando, anche in questo, discriminazioni nei confronti dei cittadini europei stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.

Infine, la libera circolazione dei capitali e pagamenti è prevista dall’art. 63 TFUE che proibisce le restrizioni ai movimenti di capitali non solo nei rapporti tra Stati membri, ma anche tra Stati membri e Paesi terzi.

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Nell’applicazione delle libertà fondamentali, un ruolo centrale è svolto dal principio di non discriminazione, in relazione al quale la Corte di Giustizia ha svolto una considerevole attività interpretativa. Dalle disposizioni sopra richiamate, infatti, essa ha ricavato non solo il principio di non discriminazione ma anche il divieto di qualsiasi misura avente l’effetto di ostacolare, restringere o rendere più oneroso l’esercizio delle libertà di circolazione133.

L’obbligo di rispettare le libertà fondamentali implica il divieto per gli Stati membri di trattare differentemente le situazioni transfrontaliere e le situazioni puramente domestiche che siano oggettivamente comparabili o di trattare allo stesso modo situazioni simili, oltre che il divieto di adottare qualsiasi misura non discriminatoria ma ugualmente restrittiva delle libertà medesime.

Ciò premesso, è sorta la necessità di valutare se le normative di transfer pricing di alcuni Stati Membri, che siano applicabili solo alle transazioni cross-border e non anche alle transazioni interne tra parti correlate (c.d. transfer pricing interno), possano essere considerate discriminatorie.

La Corte di Giustizia dell’Unione è stata chiamata a chiarire se sussista una discriminazione laddove l’obbligo di rispettare l’arm’s length principle sia imposto unicamente al contribuente che svolga

133 Per un’analisi approfondita dell’evoluzione del principio di non

discriminazione si rimanda a G.BIZZIOLI in DI PIETRO-TASSANI (a cura di), I

principi europei del diritto tributario, Padova 2014, p. 201 ss.; G.BIZZIOLI in SACCHETTO (a cura di), Principi di diritto Tributario europeo e internazionale, 2011 p. 99 ss, F. AMATUCCI, Il principio di non discriminazione fiscale, Padova, 2003, pp. 185 ss.; G.TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 2003, pp. 356 ss., L.DANIELE, Diritto del mercato unico europeo, 2005, pp. 75 ss.

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attività cross-border e non anche al contribuente che conduca attività puramente domestiche 134.

Prima di procedere ad esaminare la giurisprudenza comunitaria, occorre ricordare che la Corte segue uno schema logico argomentativo articolato in quattro passaggi per giudicare la compatibilità di una disposizione nazionale con le libertà garantite dal trattato (cd. rule of reason test)135.

In primo luogo, la Corte valuta se il caso rientri nell’ambito di applicazione della normativa sulle libertà fondamentali.

A tal fine, è richiesto che la disposizione contenga un elemento cross-border. Infatti, mentre la tassazione di attività puramente domestiche in linea di principio non rileva ai fini del diritto europeo, il rispetto delle libertà fondamentali impone, come detto, che non vi sia discriminazione tra attività domestiche e transfrontaliere.

In secondo luogo, la Corte verifica se la fattispecie cross-border sia comparabile con una fattispecie puramente domestica. Il principio di non discriminazione impone che situazioni comparabili non siano trattate in modo differente e che situazioni differenti non siano trattate allo stesso modo136. Se le situazioni

sono comparabili, perciò, la Corte valuta se le attività cross-border siano trattate in modo meno vantaggioso rispetto alle attività domestiche.

134 Cfr. Corte di giustizia, Lankhorst-Hohorst, causa C-324/00, sentenza del 12

dicembre 2002 e Corte di Giustizia, Test Claimants in the thin cap group

litigation, causa C-524/04, sentenza del 13 marzo 2007. 135 In questo senso vedi L

ANG/PISTONE/SCHUCH/STARINGER, Introduction to

European Tax Law on direct taxation, Linde 2018, pag 64 e seg.

136 In tal senso, v. Corte di giustizia, Kerckharert-Morres, causa C-513/04,

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Nel caso in cui la Corte di Giustizia riscontri che effettivamente una situazione cross-border è trattata in modo deteriore rispetto ad una situazione domestica in violazione del principio di non discriminazione, essa esamina se tale violazione possa essere giustificata da una ragione imperativa di interesse generale meritevole di essere riconosciuta e protetta.

Tra le giustificazioni in materia fiscale ammesse dalla Corte (nonostante l’assenza di codificazione nel Trattato)137 vale la pena

menzionare l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (balanced allocation of taxing power), stante la sua rilevanza nell’esame delle sentenze sul transfer pricing.

Questa giustificazione è stata accettata per la prima volta nel caso Marks & Spencer138 ma in combinazione con altre ragioni (l’esigenza di assicurare che le perdite non siano dedotte due volte e la prevenzione dell’evasione fiscale). In seguito, nel caso Oy AA139, la Corte ha accettato la giustificazione della ripartizione equilibrata del potere impositivo in combinazione con l’esigenza di prevenire l’evasione fiscale. Infine, nel caso X Holding140, la Corte

sembra essere andata oltre, avendo accettato apparentemente l’equilibrata ripartizione del potere impositivo come unica giustificazione della normativa nazionale.

137 Per una disamina più estesa delle cause di giustificazione vagliate dalla

Corte di Giustizia, cfr. LANG –PISTONE –SCHUCH -STARINGER,Introduction to European Tax Law on direct taxation, Linde, 2018, p. 86 ss.

138 Corte di giustizia, Mark & Spencer, causa C-446/03, sentenza del 13

dicembre 2005, par. 43-51.

139 Corte di giustizia, Oy AA, causa C-231/05, sentenza del 18 luglio 2007, par.

60.

140 Corte di giustizia, X Holding, causa C-337/08, sentenza del 25 febbraio

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Da ultimo, la Corte valuta se la normativa sia proporzionata allo scopo legittimamente perseguito. Nell’eseguire il c.d. proportionality test, la Corte valuta se sono soddisfatte tre condizioni. La normativa, infatti, deve essere idonea a proteggere il più alto principio considerato meritevole di protezione, deve essere necessaria (i.e. non deve risultare sostituibile da altra misura ugualmente idonea ma meno pregiudizievole per le libertà di circolazione) e non deve eccedere quanto necessario per realizzare tale protezione (cd. proporzionalità stricto sensu).

Nei paragrafi seguenti, si analizzeranno le sentenze della Corte di Giustizia che hanno affrontato la questione della compatibilità con le libertà previste dal Trattato delle norme nazionali di transfer pricing, in particolare di quelle che hanno implementato l’arm’s length standard.

Nell’analisi del Case Law si ripercorrerà lo schema argomentativo utilizzato dalla Corte come sopra descritto, nel tentativo di comprendere non solo quale sia la relazione tra il principio dell’arm’s length e le libertà fondamentali ma anche quale sia l’interpretazione del principio offerta dalla Corte.

3. I casi relativi al transfer pricing nella giurisprudenza della